Rassegna stampa 21 gennaio

 

Giustizia: quando la cronaca nera diventa razzista

 

Affari Italiani, 21 gennaio 2007

 

In meridione c’è violenza e criminalità, ma anche al Nord non si scherza: Erba, Cogne, Legnano... Solo che quando si muore al Sud i giornali ne parlano come se fosse scontato, come se al Nord non accadesse mai nulla.

Se l’omicidio del 15enne napoletano ha indignato tutta la popolazione italiana, scatenando nuovamente il problema della criminalità che affligge il sud, il nord ha pensato bene di rispondere per le rime. È notizia di oggi l’omicidio di un uomo a Legnano, nel Milanese, e quello di un edicolante di Verona.

La vittima di Legnano, 33enne senza precedenti penali, è stata raggiunta da diversi colpi di arma da fuoco mentre si trovava nei pressi della sua macchina; l’edicolante veronese, 50enne, è stato invece ucciso a coltellate nel centro di Verona.

Questi due ultimi episodi dovrebbero far riflettere tutti coloro che, dopo l’omicidio del giovane napoletano, avevano sparato a raffica contro il Sud degradato e violento. Sono stati sufficienti 3 giorni perché il Nord tirasse fuori il suo lato peggiore con 2 omicidi che per, metodo e situazione, ricordano gli anni dell’America dei gangster.

Uccidere un uomo fermo davanti alla sua macchina è un’azione degna dei peggiori episodi di guerra fra clan mafiosi, mentre il fatto che l’edicolante sia stato ucciso in pieno centro di una grande città come Verona (il cadavere è stato ritrovato da un passante), testimonia il fatto che ormai non si può stare sicuri in nessun luogo.

Il Sud è sicuramente pieno di problemi con la camorra, la ‘ndrangheta, la mafia, la microcriminalità etc. etc. ma il Nord, con il delitto di Cogne, il piccolo Tommaso, le bestie di Satana, Erika e Omar, fa di tutto per non essere da meno.

Giustizia: Calderoli (Lega); è sempre "allarme sicurezza"

 

Apcom, 21 gennaio 2007

 

La Lega rinnova l’allarme sicurezza per i cittadini italiani, a giudizio del vicepresidente del Senato Roberto Calderoli causato dal provvedimento varato dal Parlamento.

"Purtroppo - afferma Calderoli - quello che temevamo si sta verificando: l’indulto, e l’apertura delle carceri, è equivalso ad una sorta di scoperchiamento del vaso di Pandora. Nella sola provincia di Bergamo, nel primo semestre del 2006, si era verificata una riduzione dei reati, mentre da luglio in poi, e quindi in coincidenza con l’indulto avvenuto i primi di agosto, si è registrata un’impennata dei reati con un incremento complessivo del 5% e temo che questo dato sia simile in tutte le province".

"Purtroppo, in questa escalation di reati - prosegue il coordinatore delle segreterie leghiste - una delle voci più ricorrenti è quella dei furti ma soprattutto delle rapine, quindi un reato che va a coinvolgere non solo i beni materiali ma anche le persone che si trovano ad essere vittima di queste brutali e violente aggressioni. E a tutto questo si aggiunge un non contrasto dell’immigrazione clandestina e, paradossalmente, pure l’apertura alla libera circolazione dei cittadini della Bulgaria e della Romania, ovvero Paesi che certamente non ci manderanno la parte migliore della loro società ma quella peggiore". "Dalla tolleranza zero - conclude Calderoli - si è passati all’avanti tutta, con un conseguente allarme sicurezza, e a subire come al solito è il povero cittadino onesto".

Giustizia: Squeri (Confcommercio); non abbassare guardia

 

Apcom, 21 gennaio 2007

 

"Gli episodi di cronaca di queste ultime 48 ore, le rapine di Catania, Garbagnate, Verona, ci ricordano che è necessario non abbassare la guardia contro un fenomeno, quello della criminalità che colpisce gli operatori economici del terziario fin nelle loro case". È il commento di Luca Squeri, Presidente della Commissione di Confcommercio sulle Politiche per la Sicurezza.

"Non è accettabile che chi svolge il proprio lavoro - sottolinea Luca Squeri - debba mettere in conto di dover rischiare la propria vita, e trovandosi a difendere quella dei propri cari, compiere gesti irreparabili: la sicurezza è un diritto che deve essere garantito, nelle case e nelle attività commerciali."

"Questo è l’appello che Confcommercio rivolge al Governo - prosegue il Presidente per le politiche sulla Sicurezza - insieme alla richiesta di un incontro urgente con il Ministro dell’Interno Giuliano Amato al fine di individuare, anche alla luce della situazione creatasi con l’indulto, un piano di interventi mirati".

Cassazione: non è reato scaricare musica e film dal web

 

Gazzetta del Sud, 21 gennaio 2007

 

Scaricare film da internet non è reato a patto che non ci sia "finalità di lucro". Non scatta la condanna penale nemmeno se l’opera scaricata dal web è coperta da copyright. Lo ha stabilito la Terza sezione penale della Cassazione che ha accolto il ricorso di Eugenio R. e di Claudio F., due studenti torinesi che erano stati condannati per aver "duplicato abusivamente opere cinematografiche", giochi per psx, video cd e film, "immagazzinandoli" su un server del tipo File transfer protocol "dal quale potevano essere scaricati da utenti abilitati all’accesso tramite un codice identificativo e relativa password. Secondo la Suprema Corte, che ha annullato la sentenza impugnata "perché il fatto non è previsto dalla legge come reato", deve essere "escluso che la condotta degli autori della violazione sia stata determinata da fini di lucro, emergendo dall’accertamento di merito che gli imputati non avevano tratto alcun profitto economico dalla predisposizione del server FTP, mentre dalla utilizzazione dello stesso traevano sostanzialmente profitto i soli utenti del server medesimo". Il principio è fissato nella sentenza 149 redatta dal consigliere Alfredo Maria Lombardi.

La Corte d’appello di Torino, marzo 2005, aveva condannato rispettivamente Eugenio R. a tre mesi e dieci giorni di reclusione oltre a 320 euro di multa e Claudio F. a venti giorni e 300 euro di multa per "aver creato, gestito e curato la manutenzione di un sito Ftp mediante un computer dell’associazione studentesca del Politecnico di Torino sul quale venivano scaricati programmi tutelati dalle norme sul diritto d’autore".

Successivamente, si legge nella sentenza, "tali programmi potevano essere prelevati da determinati utenti che avevano accesso al server in cambio del conferimento a loro volta di materiale informatico". Inoltre lo studente con la condanna più alta era accusato di "aver detenuto presso la sua abitazione programmi destinati a consentire o facilitare la rimozione di dispositivi di protezione applicati ai programmi per elaboratore".

La Cassazione, ha dunque giudicato "fondata" la protesta del primo studente che lamentava che "i giudici di merito hanno erroneamente attribuito all’imputato una attività di duplicazione dei programmi e di opere dell’ingegno protette dalla legge sul diritto d’autore, poiché la duplicazione avveniva ad opera dei soggetti che si collegavano con il sito FTP e da esso in piena autonomia e nello stesso ne scaricavano altri".

In ogni caso, ha rilevato ancora con successo la difesa, "doveva essere esclusa l’esistenza di un fine di lucro da parte di Eugenio R., non potendosene ravvisare gli estremi nella mera attività di scambio dei file posta in essere". E quindi "la condotta dell’imputato, quanto meno con riferimento alle opere musicali e cinematografiche potrebbe ritenersi solo attualmente sanzionata dalla legge 128 del 2004".

Relativamente poi al programma che lo studente teneva a casa sua, "doveva escludersi la detenzione a fini commerciali e lucrativi dello stesso, scopo in ordine al quale, peraltro, nulla è stato affermato dai giudici di merito". Accolto anche il ricorso del secondo studente, la difesa del quale ha rilevato che il fine di lucro "deve concretizzarsi nel perseguimento di un vantaggio economicamente apprezzabile". Cosa da "escludersi visto che è stato accertato che lo scambio di software avveniva esclusivamente a titolo gratuito, né era connesso a forme di pubblicità o ad altra utilità economica che ne potessero trarre i creatori del sito FTP".

Il nocciolo della questione, spiegano gli ermellini sta nella interpretazione del termine scopo di lucro, "adoperato nel testo delle norme vigenti all’epoca dei fatti", rispetto all’espressione scopo di profitto, "introdotto dalla legge di riforma". Ebbene, secondo piazza Cavour, quando si parla di fini di lucro "deve intendersi un fine di guadagno economicamente apprezzabile o di incremento patrimoniale da parte dell’autore del fatto, che non può identificarsi con un qualsiasi vantaggio di altro genere; né l’incremento patrimoniale - scrivono ancora - può identificarsi con il mero risparmio di spesa derivante dall’uso di copie non autorizzate di programmi o altre opere dell’ingegno, al di fuori dello svolgimento di un’attività economica da parte dell’autore del fatto, anche se di diversa natura, che connoti l’abuso". L’interpretazione offerta dalla Cassazione, rilevano gli stessi ermellini, "trova riscontro nella stessa legge sul diritto d’autore che non attribuisce rilevanza penale alla duplicazione, acquisto o noleggio di supporti non conformi alle prescrizioni della medesima legge a fini meramente personali, allorché la riproduzione o l’acquisto non concorrano con i reati previsti dall’art. 171 e seg. e non sia destinato all’immissione in commercio di detto materiale".

Nel caso in questione, "viene escluso dall’ambito della fattispecie criminosa il comportamento dettato dalla mera finalità di un risparmio di spesa, che indubbiamente deriva dall’acquisto di supporti duplicati o riprodotti abusivamente". In definitiva, la Cassazione esclude che l’attività compiuta dai due studenti sia stata svolta per perseguire fini di lucro, "emergendo dall’accertamento di merito che gli imputati non avevano tratto alcun vantaggio economico dalla predisposizione del server FTP, mentre dalla utilizzazione dello stesso traevano sostanzialmente profitto i soli utenti del server medesimo".

Inoltre, "anche con riferimento alla detenzione da parte di Eugenio R. di un programma destinato a consentire la rimozione o l’elusione di dispositivi di protezione di programmi non emerge dall’accertamento di merito la finalità lucrativa cui sarebbe stata destinata la detenzione, e tanto meno un eventuale fine di commercio della stessa". I due studenti, quindi, sono stati "prosciolti perché il fatto non è previsto dalla legge come reato". Da qui l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.

Venezia: il Patriarca; il carcere è laboratorio di nuova civiltà

 

Gente Veneta, 21 gennaio 2007

 

L’anno precedente, dopo la messa, i detenuti si sono intrattenuti a parlare col Patriarca del possibile indulto. L’indulto c’è stato, ha ridato la libertà a migliaia di ospiti delle carceri italiane e, contrariamente alle attese, la percentuale di quanti fino ad oggi sono rientrati per aver commesso nuovi reati è stata minima. Sono invece il dialogo interreligioso e le strade per costruirlo a partire dal carcere l’argomento che i detenuti hanno scelto quest’anno di approfondire con il Patriarca.

 

Patriarca, in carcere siamo musulmani, cattolici e ortodossi: come possiamo camminare verso un autentico dialogo tra le religioni, sia tra cattolici e ortodossi che tra cristiani e islamici?

Le vostre testimonianze mostrano che questo luogo, anche se luogo di pena, di fatica, dolore e sofferenza, è un luogo in cui lentamente si sta costruendo la nuova civiltà, la civiltà del Terzo Millennio, che sta passando attraverso un grande mescolamento di popoli, di culture, di uomini di diverse religioni. Proprio per indicare il mescolamento doloroso che la nuova civiltà domanda, io parlo sempre di meticciato di civiltà e culture. Cinque, dieci anni fa qui non ci sarebbero stati uomini provenienti da diversi Paesi, diverse tradizioni e razze, differenti religioni. Questo luogo di detenzione è in piccolo come il mondo di oggi. Succede qui quello che succede nei nostri paesi, nei nostri quartieri, nelle nostre famiglie... in Italia. Questo deve richiamarci alla responsabilità di una conoscenza reciproca, di un’accoglienza reciproca, di una stima reciproca, affinché lentamente venga fuori l’uomo nuovo, l’uomo del Tremila, un uomo inedito. L’alternativa al rispetto che scaturisce dalla conoscenza reciproca, dal dialogo, è per forza la difesa, e la difesa prima o poi genera violenza. Se io comincio a marcare i miei confini... tu marchi i tuoi e alla fine nascono incomprensioni e la tentazione di cedere alla violenza è grande.

 

Ma le differenze tra di noi possono essere anche molto grandi...

La strada del dialogo interreligioso è prima di tutto conoscerci reciprocamente. È stato molto bello il gesto dei due giovani musulmani che hanno regalato al Patriarca il Corano. Dobbiamo conoscerci. Nel conoscerci dobbiamo raccontarci le nostre esperienze, e voi qui avete l’occasione per farlo. Uno di voi, nella sua testimonianza, ha detto: "In cella dialogo spesso di temi religiosi coi miei compagni di religione islamica, perché abbiamo un unico Dio anche se religioni diverse. In loro ho trovato persone rispettose e umili: questo ci aiuta a confrontarci serenamente". Un altro dice: "Ho conosciuto detenuti di altre religioni, soprattutto islamici. Chiamiamo Dio in modo diverso, ma Dio è uno solo. Non vogliamo alzare muri".

 

Quali sono i temi religiosi più importanti?

Sono quelli che interessano la vita di ogni giorno: gli affetti prima di tutto. Se uno crede in Dio, ama in maniera diversa. Poi il lavoro, la giustizia, la pace...: tutto questo è il contenuto dell’esperienza di ogni uomo che Dio, mediante le religioni, ci invita a conoscere ed approfondire.

 

Ci sono punti comuni tra cristiani e musulmani?

In comune abbiamo l’unico Dio, come ci ha ricordato il Papa Benedetto nel suo recente viaggio in Turchia. Questo è il punto di forza tra cristiani e musulmani. Tra l’altro i musulmani hanno incontrato nel Corano le figure di Gesù e di Maria. Il presepio - è molto bello quello che avete fatto voi in maniera così artistica - è un segno anche per i musulmani. Così come noi siamo diventati attenti al ramadan, al loro modo di pregare.... Se abbiamo in comune Dio, abbiamo il punto di riferimento essenziale che spiega perché tutti gli uomini hanno la stessa dignità: questo diventa il fondamento per cercare insieme la pace. La pace non è soltanto l’assenza della guerra, ma l’assenza della guerra è la conseguenza della pace che viene dal cuore e dai nostri rapporti più diretti. Tutto quello che non mette in gioco subito la mia persona, non è vero. Il cambiamento o inizia qui e ora: o inizia da me o non ci sarà.

 

E per quanto riguarda il resto della nostra vita?

Abbiamo in comune anche l’esperienza umana. Tutti gli uomini e le donne di qualunque religione amano, lavorano, soffrono, vivono gioie e dolori, si ammalano, muoiono. Noi che crediamo in Dio speriamo nella vita futura: questo cambia il presente. Allora conoscerci, stare insieme, approfondire questi aspetti... è il modo per costruire la pace.

 

Che fare di fronte alle differenze?

Le differenze sono da accogliere, da accettare, non da negare o sottovalutare. Meticciato non vuol dire confusione, non vuol dire mettere insieme tutto in un gran frullato. Proprio perché siamo stimolati dalla presenza dei nostri fratelli ebrei, i-slamici, cristiani... dobbiamo approfondire meglio e capire meglio ognuno la propria fede. I cristiani devono sapere cosa vuol dire essere cristiani: quello che ci ha insegnato Cristo sulla nascita, sulla morte, sul lavoro, sulla giustizia, sulla pace, sull’uso dei beni. I musulmani devono approfondire quello che insegna il Corano su questi grandi temi... Gli ebrei devono sapere cosa insegna la grande tradizione dell’alleanza del primo Testamento... Il vero dialogo tra le religioni è proprio il contrario del fare una grande confusione. Presuppone la necessità di andare ognuno a fondo della verità della propria fede, perché solo questo permette un incontro costruttivo con gli altri. Il dialogo interreligioso diventa cosi uno strumento necessario per costruire la pace.

 

Ma ognuno prega nel suo luogo di preghiera e poi agisce secondo le sue convinzioni...

A questo proposito bisogna superare un equivoco che è molto diffuso in Italia e nelle nazioni europee. Si dice: siccome adesso in Italia ci sono cattolici, ortodossi, musulmani, ebrei, scintoisti, confuciani..., allora la religione deve diventare un fatto privato, della coscienza. È un affare tuo, privato: quando si entra nella società, via ogni religione, tutto lì deve essere neutro. Eliminiamo tutto ciò che è religioso dalla vita, così non si litiga e si rispetta il diritto di tutti: questo si dice. Ma il diritto di che cosa? Cosa vuol dire neutro? Un uomo non vive mai in modo neutro. Per vivere deve mettere in campo il suo modo di amare, di lavorare, di soffrire, di concepire il presente, il futuro, l’uso dei beni... La religione non aiuta a vivere proprio queste cose?, come faccio allora a ridurla a un fatto privato? Allora devo fare il contrario. Devo, in maniera rispettosa degli altri, mettere nel confronto pubblico tutte le mie convinzioni. Dopo, la democrazia creerà degli strumenti, delle procedure per rispettare la volontà sovrana del popolo circa il modo in cui si attuano diritti e doveri certi, attraverso leggi appropriate. Ma prima bisogna lasciare che ogni uomo manifesti pubblicamente il suo modo di vivere.

 

Quali sono i punti comuni e le differenze tra cattolici e ortodossi?

Abbiamo in comune quasi tutto. La Sacra Scrittura, i sacramenti, in forma diversa anche la liturgia. C’è solo una differenza legata alla figura e alla funzione del successore di Pietro, il Papa. Ed è su questo che bisogna continuare a dialogare.

 

Il carcere può far qualcosa per contribuire all’incontro tra le religioni nella società?

La realtà del carcere è una parte importante della nostra società, come voi stessi avete dimostrato questa mattina. Non è facile trovare gente che pone questi problemi e discute di queste cose. Siete in questo senso un punto avanzato. Che la nostra società italiana sappia che dentro il carcere si vivono queste cose, è molto importante. Importante per educare coloro che credono di essere liberi e finiscono invece per essere meno liberi. Grazie di cuore per questo bel momento di lavoro comune che mi avete concesso.

Roma: Papillon; Pietro Ingrao incontra la cittadinanza

 

Associazione Papillon, 21 gennaio 2007

 

In occasione della "Giornata della Memoria", la nostra associazione sta organizzando nel Teatro di Torbellamonaca un incontro tra Pietro Ingrao e i Cittadini di questa parte della periferia romana. Durante l’incontro verrà presentato il libro "Volevo la luna", dello stesso Ingrao.

L’incontro è stato da noi ideato come "Una lezione di Storia che guarda al futuro" e vorremmo sia rivolta a tutti i Cittadini di ogni orientamento politico e religioso, ma soprattutto ai tanti giovani che popolano questa parte della periferia romana: dagli studenti dell’Università Tor Vergata e delle scuole del Municipio VIII, ai giovani dei centri sociali, a quelli delle parrocchie, a quelli delle tante associazioni culturali e sportive, e via via fino a quei giovani che vivono una condizione di emarginazione e di incultura che troppe volte li spinge verso idee e comportamenti distruttivi e/o autolesionisti (illegalità, violenza, razzismo, tossicodipendenza, ecc.).

Abbiamo scelto di organizzare questo incontro con Pietro Ingrao perché, a nostro avviso, la sua figura e la sua opera riescono senz’altro ad esemplificare la necessità di non dimenticare i drammi prodotti dal nazifascismo, soprattutto in un periodo in cui il clima e l’ideologia della guerra entrano quotidianamente, con sconcertante disinvoltura, nelle case di centinaia di milioni di Cittadini di ogni parte del mondo. Di più, noi siamo convinti che egli possa rappresentare per tanti giovani anche un esempio del fatto che sempre e dovunque vale la pena di battersi, dentro le Istituzioni e in ogni ambito della società, per superare le tante ingiustizie sociali, senza mai rinunciare ad uno spirito che sia senz’altro critico e combattivo ma anche autocritico.

L’incontro sarà diretto dal Direttore del quotidiano "Liberazione", Piero Sansonetti, che all’inizio dell’incontro intervisterà Pietro Ingrao e in seguito permetterà ai Cittadini di rivolgergli direttamente domande e osservazioni.

La partecipazione straordinaria del Presidente della Fondazione "Musica per Roma", Gianni Borgna, già Assessore alla Cultura del Comune di Roma, permetterà di spiegare ai tanti Cittadini che saranno presenti il significato della "Giornata della Memoria" e la necessità di utilizzare - ovunque, ma soprattutto nelle grandi periferie urbane - le tante forme di espressione della Cultura come antidoto all’intolleranza, alla violenza e al razzismo. Ciò che in fondo significa semplicemente descrivere e spiegare alcuni tratti importanti del decennale impegno del Presidente Borgna nel mondo della Cultura e nelle Istituzioni.

 

Il coordinatore della Associazione Papillon, Vittorio Antonini

 

 

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