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Giustizia: il decreto sicurezza, un rischio per il Governo
La Repubblica, 10 novembre 2007
Ricorre a un proverbio, Clemente Mastella: "La gatta frettolosa ha fatto i gattini ciechi, nel senso che per la fretta di approvare al Senato la norma anti omofobia si è fatto riferimento a un articolo del Trattato di Amsterdam, il numero 13, che in realtà nulla ha a che vedere con l’omofobia". Questa volta Mastella parla nel suo ruolo di Guardasigilli, non di leader cattolico dell’Udeur che ha minacciato la crisi di governo se nel decreto sicurezza il riferimento alle discriminazioni per "tendenza sessuale" fosse rimasto. Ma ora lo scontro politico e ideologico tra la sinistra e i cattolici integralisti s’intreccia con il brutto pasticcio tecnico-giuridico acuiva posto rimedio. Al più presto. E se il governo si era impegnato con l’Udeur e i teodem a cancellare la norma anti omofobia entro la fine dell’anno nel decreto cosiddetto "mille-proroghe", si trova adesso davanti a un dilemma: cambiare subito il testo, rischiando di far saltare definitivamente il decreto sicurezza (che dovrebbe poi tornare al Senato), o mettere in imbarazzo il Quirinale con una norma non-sense? È il rebus. Oltre alla questione politica che resta un macigno sulla strada dell’Unione e nel Partito democratico dopo lo strappo della teodem Paola Binetti che non ha votato la fiducia a Prodi per marcare tutta la sua contrarietà alla norma anti omofobia. Mastella è categorico: "L’emendaménto alla Camera dovrà essere cancellato, anzitutto perché con la sicurezza la norma voluta strumentalmente dalla sinistra non c’entra nulla. Poi perché si tratta di una norma generica e giuridicamente errata nella sua formulazione. Ma soprattutto questioni sensibili che investono la coscienza dei singoli vanno affrontate senza furbesche scorciatoie, sulla base di discussioni approfondite e non sotto il ricatto dei voto di fiducia". Ammette il sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento, Giampaolo D’Andrea: "Al Senato è un delirio, l’errore anche procedurale è dietro l’angolo". Su "come" rimediare lo scontro si riapre. La sinistra vuole una correzione, ma non è disposta a cancellazioni. "Noi difenderemo quella norma a qualsiasi costo", fa sapere il segretario del Pdci, Oliviero Diliberto. Alt da Roberto Villetti, leader dello Sdi: "Va cambiata perché è sbagliata, ma il principio deve rimanere". Cesare Salvi, di Sd, presidente della commissione giustizia di Palazzo Madama, spiega che dai suoi uffici era uscito il riferimento esatto, ovvero all’articolo 13 del Trattato istitutivo dell’Unione europea poi recepito da un altro articolo del Trattato di Amsterdam. Ancora più agitate le acque nel Pd. Anna Finocchiaro, la presidente dei senatori democratici, riconosce che c’è "un dibattito surreale, la norma anti omofobia è nulla perché contiene un riferimento normativo errato". Però il tema delle discriminazioni per tendenza sessuale "resta" e "la questione politica innanzitutto nei Pd c’è". Finocchiaro non intende passarci sopra, tanto che con il vice capogruppo al Senato Luigi Zanda incontrerà Veltroni e Franceschini sul "caso Binetti". Al ministro Beppe Fioroni, altro leader cattolico del Pd, manda a dire che certo i cattolici sono co-proprietari nella creazione del partito nuovo ma senza interdetti e radicalismi e nel rispetto dell’autonomia della politica. Giustizia: morti bianche; carcere per chi non rispetta regole
La Repubblica, 10 novembre 2007
Arriva l’arresto per l’imprenditore che violerà in maniera grave le norme sulla sicurezza sul lavoro. Lo prevede la legge delega che il governo punta a far entrare in vigore nei primi mesi del prossimo anno. Nessuna legislazione di emergenza, sotto la spinta della tragedia torinese, ma una accelerazione dei tempi per l’operatività della nuova disciplina varata ad agosto. "Vedremo se sarà necessario spingere o anticipare l’approvazione di alcuni aspetti del ddl Damiano", ha annunciato il premier Romano Prodi da Lisbona. Ma a gennaio arriveranno anche 300 nuovi ispettori del Lavoro che si affiancheranno agli oltre mille assunti nell’ultimo anno. Tutti destinati a uscire dagli uffici e a setacciare il territorio, insieme ai carabinieri e agli ispettori delle Asl. È questa la linea del governo. Indicata da Prodi e confermata dal titolare del Lavoro, Cesare Damiano. "In Italia - dice il ministro - ci sono ottime leggi per la tutela e la sicurezza del lavoro: dalla 626 al testo unico approvato la scorsa estate. Ma non basta l’azione repressiva. Contemporaneamente bisogna sviluppare un’attività di prevenzione che passa anche attraverso una nuova cultura del lavoro da parte delle imprese. La sicurezza deve essere concepita come un elemento della qualità. Ma, dall’altra parte, serve che i sindacati facciano delle condizioni di lavoro uno degli assi portanti della loro strategia contrattuale, proprio come accadde negli anni 70". Al dicastero del Lavoro stanno proprio definendo, in coordinamento con gli altri ministeri competenti, le fattispecie per le quali sarà previsto un inasprimento delle pene: dalle sanzioni amministrative (fino a 100 mila euro) a quelle penali (fino a tre anni di carcere). Ma è difficile pensare, per esempio - spiegavano al ministero - che non rientrerà nell’applicazione della sanzione penale chi non avrà adeguatamente attrezzato la propria azienda di estintori funzionanti. Poi ci vuole la prevenzione. Le piccole e medie imprese che investiranno in sicurezza e salute saranno premiate con sgravi sostenuti dall’Inail, per esempio con la soppressione dei trasferimenti passivi ai enti disciolti come l’Enaoli e l’Enpi. Una pacchetto di semplificazioni burocratiche faciliterà i passaggi amministrativi per adeguarsi alla nuova normativa. È stata rivista sull’assegnazione degli appalti pubblici: le spese destinate alla sicurezza nei posti di lavoro non saranno considerate. E per l’accesso alle agevolazioni e ai contributi a carico della finanza pubblica entra in gioco anche il fattore sicurezza perché saranno "premiate" le aziende più virtuose. Tutte le norme saranno applicate a tutela di qualsiasi lavoratore, indipendentemente dal contratto di lavoro che ha firmato. Si ferma, in sostanza, l’esclusione a danno del mondo del lavoro atipico. I lavoratori precari o flessibili saranno trattati come quelli che hanno un contratto standard a tempo pieno e indeterminato. La salute e la sicurezza si studieranno anche sui banchi di scuola: entreranno a far parte dei programmi scolastici e universitari con l’obiettivo di informare e sensibilizzare anche le più giovani generazioni. L’idea del governo è quella di realizzare il massimo coordinamento tra i soggetti che si occupano di salute e prevenzione (dai ministeri di Salute e Lavoro, e enti come l’Inail e l’Ispel) mettendoli tra loro in collegamento informatico. Importante anche il ruolo del sindacato. Il rappresentate per la sicurezza arriverà anche nelle piccole imprese con l’elezione a livello di sito produttivo. Infine l’attività ispettiva. Una partita difficile da giocare per la composizione della struttura produttiva italiana fatta di piccole, piccolissime imprese. Così di fronte a circa 4 milioni di aziende, spesso con uno o due dipendenti, l’esercito degli ispettori sfiora le seimila unità, considerando tutti i soggetti non solo quelli che dipendono dal ministero del Lavoro. Già quest’anno si è tentato di intensificare i controlli, spostando sul campo la maggior parte degli ispettori. Al Lavoro - per esempio - si è passati da un 40 per cento impegnati sul territorio a circa il 70 per cento. I controlli, rispetto al 2006, sono cresciuti del 35 per cento circa. E in poco più di un anno sono stati emessi oltre 2.800 provvedimenti di chiusura di imprese che occupavano almeno il 20 per cento della manodopera in nero. Circa 190 mila i lavoratori emersi, dei quali più della metà extracomunitari e giovani, con il recupero di oltre 60 milioni di contributi previdenziali. Ma non basta: nei primi nove mesi - dati Inail - erano già 774 i morti sul lavoro. Cifre provvisorie, però. Giustizia: Istat; 69% di stupri sono commessi dai partner
Affari Italiani, 10 novembre 2007
In Italia impera lo stereotipo dell’immigrato che violenta la donna italiana, ma non è questa la più grande violenza contro le donne italiane: secondo l’Istat il 69% degli stupri è opera dei partner, mariti o fidanzati e solo il 6% degli estranei. "Se anche considerassimo che di questi estranei il 50% sono immigrati - ha spiegato Linda Laura Sabbadini, direttore centrale Istat per le indagini su condizione e qualità della vita, nell’ambito del Global forum sulle statistiche di genere in corso presso la sede dell’Istat - ciò vorrebbe dire che si arriverebbe al 3% degli stupri, e se anche ci aggiungessimo il 50% dei conoscenti al massimo si arriverebbe al 10% del totale degli stupri opera di stranieri. E invece l’immagine che viene fuori è quella di stupri in strada ad opera di immigrati". Secondo Sabbadini il "non fare i conti con le statistiche esistenti nel Paese può portare ad orientare in modo errato le priorità e il tipo di politiche"; spesso i reati di cui sono autori gli immigrati sono rivolti contro propri connazionali ma - nota Sabbadini - "di questo si parla ancora poco". La realtà è invece che gran parte delle violenze più gravi subita dalle donne è domestica e quindi nella maggior parte dei casi è opera dei partner italiani". Per avere un quadro obiettivo della realtà bisognerebbe condurre indagini con metodologie adeguate e per questo servono secondo la direttrice centrale dell’Istat misurazioni in un ottica di genere. Giustizia: a Caltanissetta processi più veloci, Perugia ultima
Ansa, 10 novembre 2007
Va agli uffici giudiziari di Caltanissetta la palma d’oro per i processi più veloci: ogni cento nuovi procedimenti, se ne definiscono 187 nel civile e 113 nel penale, con una riduzione del 16% dell’arretrato. La maglia nera va a Perugia, dove ogni dieci procedimenti nuovi, se ne riescono a definire solo 6. La città siciliana rappresenta un’isola felice, insieme con pochi altri casi, ma il quadro generale descrive una "paralisi dei tribunali che sembra ineluttabile". Lo scrive il settimanale "Panorama" pubblicando nel numero in edicola da domani i dati del rapporto del ministero della Giustizia sull’attività e la velocità dei processi nelle 29 corti d’appello italiane nel 2006. Ogni anno il numero dei processi civili e penali cresce del 10,5% aumentando un arretrato "che nessuna riforma riesce a smaltire". Le Corti più lente, oltre a Perugia, sono Bari e Ancona: definiscono da 60 a 67 nuovi processi ogni cento. L’ arretrato in questo modo aumenta: +34% a Potenza, +29% a Milano, +23% a Firenze, +17% a Napoli. "Il problema primario - dice Francesco Ingargiola, presidente della Corte di Appello di Caltanissetta - è far lavorare e motivare i giudici. È arrivato il momento che i magistrati inizino a fare mea culpa. Se la giustizia è al capolinea non è colpa solo di leggi farraginose ma anche perché molti colleghi non lavorano a sufficienza". Dal rapporto emerge che non solo i magistrati ma anche i cancellieri giocano un ruolo chiave: la media è di 74,7 procedimenti esauriti pro capite. Ma si va dal super lavoro dell’Aquila (132 a testa), Venezia (115), Roma (108) e Firenze (101), al fanalino di coda di Reggio Calabria con 36 processi a testa, superata di poco solo da Bolzano (38) e da Bari (42). Nel civile, la media nazionale è di 142 cause per ogni dipendente con i picchi di Firenze e Napoli (239). Giustizia: Boato (Verdi), in Opg degrado e assenza controlli
Ansa, 10 novembre 2007
Situazioni di illegittimità costituzionale, violazioni dei diritti e dell’integrità della persona, evidenti condizioni di assoluto degrado, assenza di una efficace assistenza terapeutica con un forte ricorso alla somministrazione di psicofarmaci, inesistenza di protocolli. È quanto ha denunciato il deputato dei Verdi Marco Boato, presentando una interpellanza urgente in merito alle condizioni degli ospedali psichiatrici giudiziari. Boato chiede al Governo quali orientamenti intende esprimere in ordine alla definizione di un progetto obiettivo del ministero della Salute e di un piano esecutivo di azione dell’amministrazione penitenziaria per porre rimedio allo stato di "abbandono civile ed etico cui sono sottoposti gli internati" e, conseguentemente, quale posizione intenda assumere rispetto alla proposta di un progetto nazionale concordato in sede di Commissione Stato-Regioni, tra il ministero della Giustizia, il ministero della Salute e le Regioni italiane, con la consultazione delle organizzazioni sindacali confederali e delle associazioni del terzo settore. Firenze: progetto "IdentiKit", per favorire il reinserimento
In Toscana, 10 novembre 2007
Un kit per aiutare chi viene dimesso dal carcere, che contiene biglietti per l’autobus, una piantina della città e buoni pasto, ma non solo. È il progetto "IdentiKit" realizzato dall’associazione Ciao (Centro Informazione Ascolto Orientamento) con il contributo dell’assessorato all’accoglienza e integrazione, del Cesvot e in collaborazione con l’Associazione Volontariato Penitenziario, l’associazione Pantagruel e la Caritas "Il Samaritano", oltre alla Direzione di Sollicciano. Lo scopo del progetto, presentato ieri a Firenze, è quello di aiutare chi viene dimesso dal carcere, offrendo i riferimenti essenziali sul territorio e gli strumenti per affrontare le emergenze relative all’alloggio, al vitto, agli spostamenti e ad altre eventuali urgenze. "Si tratta di un progetto sperimentale, innovativo, il primo in Toscana - ha spiegato l’assessore all’accoglienza e integrazione Lucia De Siervo - che cerca di sopperire alle nuove esigenze che si sono venute a presentare dopo l’indulto. Si tratta di cose semplici, che vengono offerte a chi è in carcere e sta uscendo, che però sono molto utili per favorire il reinserimento nella comunità. Un aspetto fondamentale di questo progetto è quello della relazione, grazie ai colloqui che si svolgono al centro Attavante. Il progetto infatti non si vuole caratterizzare esclusivamente con la consegna di oggetti, ancorché importanti, ma anche con un sostegno ed un segnale di vicinanza a queste persone, che non devono sentirsi sole al momento dell’uscita, ma che vengono seguite fino ad un inserimento sul territorio". Durante la presentazione del kit, contenente importanti informazioni e tradotto in albanese, arabo e rumeno, è stato ricordato che è molto importante il momento dell’uscita, infatti circa il 20% dei detenuti hanno problemi di carattere psichico, il 40% sono persone con problemi di tossicodipendenza e il 65% sono stranieri. Il progetto si concretizza con il primo colloquio con il detenuto già nel periodo precedente la scarcerazione, che si svolge al Centro Attavante. Quindi gli viene offerto, al momento dell’uscita, un kit di prima necessità: biglietti bus, piantina della città e indicazione dei servizi da contattare. Altri interventi di aiuto per i giorni immediatamente successivi alla scarcerazione riguardano la consegna di indumenti e buoni pasto, la possibilità di pernottamento, i biglietti per spostamenti, bolli per documenti, farmaci e altre urgenze che verranno rilevate al momento del colloquio. Infine, verrà data la disponibilità a seguire la persona in percorsi di orientamento e di accompagnamento per il periodo di stabilizzazione successiva. L’iniziativa "IdentiKit" è rivolta quindi a persone in condizioni di estrema difficoltà al momento dell’uscita dal carcere, soprattutto quando questa avviene in tempi imprevisti o anticipati rispetto alle previsioni. Per informazioni rivolgersi a: Associazione AVP (Associazione Volontariato Penitenziario) Via Attavante n° 2 - 50127 Firenze (Zona via Pisana) Tel/fax 055.7364043 e-mail: attavante@hotmail.it orario apertura: lun-sab ore 15-21. Associazione C.I.A.O. (Centro informazione Ascolto Orientamento) Via San Zanobi 104/r -50129 Firenze (Zona S. Marco-Fortezza) Tel. 055.4633523 - 055.4630876 e-mail: cc.centroservizi@email.it orario apertura: lun-ven ore 9.30-13.00, Caritas (Centro di accoglienza "Il Samaritano") Via Baracca 150/r Firenze (Zona ingresso nord autostrada), Tel. 055.3438680. Orari apertura: lun-ven 9.00 - 17.00. Associazione Pantagruel Via Tavanti n 20 Firenze (Zona Poggetto-Careggi,) tel. 055.473070. Firenze: Sollicciano, giovane tunisino denuncia pestaggio
Ansa, 10 novembre 2007
Picchiato, deriso e offeso da sei guardie penitenziarie del carcere fiorentino di Sollicciano. È quanto denuncia, in un esposto presentato oggi alla procura della Repubblica, un giovane tunisino di 27 anni. I fatti risalirebbero allo scorso 20 novembre e il giovane sarebbe stato picchiato per diversi minuti con pugni e calci, e poi minacciato perché non raccontasse nulla di quanto successo. Quando ha chiesto un medico, infine, sarebbe stato accompagnato in infermeria dove, però, erano presenti solo due infermieri. Il giovane, il giorno seguente, avrebbe raccontato tutto alla fidanzata, durante un colloquio, chiedendole di avvisare l’avvocato. Solo sette giorni dopo, grazie all’intervento del suo difensore, il tunisino sarebbe stato visitato e i medici avrebbero riscontrato segni obiettivi di contusioni in diverse parti del corpo. "Ho trasmesso quanto di mia competenza alla procura", ha detto il direttore del carcere Oreste Cucurri, raggiunto al telefono, preferendo, però, non commentare la denuncia del giovane.
Il Garante dei detenuti: non accettabile tentativo di coprire l’episodio
"Non è accettabile che ci sia il tentativo di coprire l’episodio; è questa la cosa più grave così come è grave che non ci sia invece il desiderio di rendere trasparente quello che in un carcere accade". Lo ha detto Franco Corleone, garante del Comune di Firenze per i diritti dei detenuti, riferendosi al pestaggio da parte di sei guardie, denunciato nel carcere di Sollicciano da un giovane tunisino. "Sull’episodio - ha aggiunto - è stata avviata una indagine interna che non so se si sia già conclusa. Mi riservo di tornare quanto prima a Sollicciano per verificarne i risultati. So che il detenuto ha indicato con precisione gli agenti coinvolti e credo che l’indagine possa appurare i responsabili e ricostruire quanto accaduto. Ho parlato col direttore del carcere che mi ha assicurato che a Sollicciano non c’ è intenzione di coprire alcun fatto grave che possa esservi accaduto e mi ha comunicato di avere trasmesso all’autorità giudiziaria il referto medico e la segnalazione del caso". Corleone ha aggiunto di avere appreso la notizia dall’avvocato e di essersi attivato, "assieme all’avvocato, perché il detenuto fosse visitato". "L’esame - ha detto Corleone - ha rivelato che il giovane, ad una settimana dai fatti da lui denunciati, aveva ancora conseguenze ad un occhio e alle gambe e gli è stata diagnosticata una prognosi di quattro giorni". Catania: detenuto morì in carcere a giudizio quattro medici
La Sicilia, 10 novembre 2007
Quattro medici lo visitarono in carcere senza capire cosa avesse. Pietro Sangiorgi, catanese, 50 anni, detenuto nella casa circondariale di Nicosia, morì il 3 maggio del 2006. Adesso il sostituto procuratore Luca Cestaro della Procura della Repubblica del tribunale di Nicosia, ha chiesto il rinvio a giudizio per omicidio colposo nei confronti dei quattro medici che in quattro diverse occasioni lo esaminarono. Secondo il pubblico ministero, i quattro medici in cooperazione tra loro avrebbero cagionato la morte di Sangiorgi "per negligenza e imperizia consistite nel non avere effettuato né prescritto alcun esame o approfondimento diagnostico di segno cardiologico nonostante che Sangiorgi presentasse una sintomatologia dolorosa epigastrica di dubbia interpretazione". I quattro medici imputati sono Mario Calantoni, 47 anni, di Nicosia, Pietro Salvatore Lo Campo, 49 anni, originario di Enna ma residente a Villarosa, Michela Caroppo, 47 anni, di Nicosia e Lorenzo Giulio, 53 anni, anch’egli di Nicosia. Dovranno difendersi il 13 dicembre, davanti al gup di Nicosia in udienza preliminare, dall’accusa di omicidio colposo in cooperazione tra loro. Al processo si sono costituti parte civile i familiari di Sangiorgi, assistiti dall’avvocato Matteo Bonaccorsi del Foro di Catania. Gli imputati sono, invece, difesi dagli avvocati Ones Benintende, Maria Rosa Vitale, Francesca Rupe e Antonino Montaperto tutti del Foro di Nicosia. Sangiorgi, che era stato arrestato l’ultima volta l’11 novembre del 2005 a Catania per spaccio di marijuana (nella sua abitazione di San Cristoforo furono sequestrati 800 grammi di "erba"), era stato visitato in carcere il 10, il 14, il 19 e il 22 aprile ogni volta da uno dei quattro medici imputati (Caroppo e Giulio erano in servizio di guardia medica). Foggia: Corbelli denuncia dramma di disabile in carcere
Ansa, 10 novembre 2007
Ha 25 anni, è disabile al 100%, costretto a vivere su una sedia a rotelle ed è rinchiuso nel carcere di Foggia perché in attesa di giudizio. "Un fatto indegno di un Paese civile e di uno Stato di diritto" sostiene il leader del Movimento Diritti civili, Franco Corbelli, che in una nota segnala di aver ricevuto dal legale del detenuto un appello-denuncia perché la situazione del giovane starebbe diventando drammatica. Andrea B., foggiano, è stato trasferito con un furgone blindato nell’ottobre scorso dal carcere di Reggio Calabria a quello di Foggia, dove vive in una cella sulla sedia a rotelle. "Il giovane disabile - aggiunge Corbelli - deve essere sottoposto ad una Tac per accertare la causa della sua malattia. Non può lavarsi o vestirsi, ha bisogno di chiedere aiuto ad altri detenuti per mettersi a letto, non ha materasso antidecubito, non può andare in bagno da solo e non può essere curato adeguatamente in carcere". Corbelli sottolinea che del caso si sono interessati anche il Papa e il presidente della Repubblica, e critica il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, "per il suo silenzio e mancato intervento". Vicenza: incontro su giustizia e carcere con Piero Grasso
Giornale di Vicenza, 10 novembre 2007
Nei confronti della giustizia o della legalità la tendenza è di parlarne come di calcio: al bar. Gli approfondimenti sono affare di qualcun altro. L’arrivo a Vicenza di Piero Grasso, capo della Procura nazionale antimafia, promette di smuovere qualcosa. È questo il viatico di Davide Bellante, di Progetto Jonathan, associazione che assieme a Lembo del Mantello, Giovanni XXIII, Agricoltura Biologica, Biblioteca Bertoliana, ecc. cerca ogni giorno all’interno del carcere di San Pio X di risolvere quell’equazione sempre aperta che si chiama ipotesi di riabilitazione, reingresso a pieno titolo nella vita una volta scontata la prigione. L’iniziativa che porta il magistrato Grasso a Vicenza rientra nell’ambito di Ri-Esistenze, una serie di faccia a faccia col problema, di cui Davide Bellante è coordinatore, cominciata con la mostra alla Cooperativa Insieme in novembre ed ora alla vigilia di una serie di quattro serate (la prima, con Grasso, è in programma venerdì 14 dicembre alle 20,30) che vanno in agenda poi il 20 febbraio, il 18 aprile, e l’ultima tra maggio e giugno in data da stabilire. Gli obbiettivi di chi si occupa del carcere, dice Bellante, non sono di stare dalla parte di qualcuno, ma di trovare davvero, se è possibile, il modo per rimediare ad uno stato di quotidianità forzatamente ammalata che chiede interventi molto seri per non propagare all’infinito i suoi stessi effetti negativi. Perché rivolgersi a Grasso e come è stato possibile ottenerne la presenza? Il sì è arrivato per l’intervento di Gigi Tellatin, ex parroco di Sant’Andrea, oggi responsabile per il Veneto dell’associazione Libera, emanazione in partenza del gruppo Abele di don Ciotti e composta da oltre 250 associazioni in tutta Italia. Il perché, dice Davide Bellante, è legato a tre punti chiave: Grasso è un personaggio simbolo, attira la gente: il problema delle carceri deve essere conosciuto; Grasso, mestiere e vocazione, è capace di parlare dell’illegalità diffusa, non solo della maxi illegalità del grande crimine, ma anche di quella che ci striscia attorno tutti i giorni, dallo scontrino fiscale non dato alla ricevuta del professionista non richiesta causa sconto; Grasso, infine, perché le attività mafiose sono pur sempre dappertutto e che qui si vedano meno che altrove è soltanto casuale, forse perfino momentaneo. Tutto questo serve a spiegare perché il gruppo di lavoro che ogni due mesi incontra direttrice di San Pio X, responsabile delle guardie e responsabile dell’area educativa, si è accorto che proprio in questo contesto è bene far uscire il carcere perlomeno dall’icona che viene rappresentata soltanto nel momento dell’indulto o di un fattaccio di cronaca. L’appuntamento con Piero Grasso (62 anni, procuratore nazionale antimafia dal 2005) è per venerdì sera. Tutto il progetto che ci sta attorno è finanziato dal Centro di servizio del Volontariato di Vicenza e provincia. Palermo: recupero dei detenuti passa anche per il teatro
Il Velino, 10 novembre 2007
Il teatro per ricominciare a vivere, a pensare, a progettare un futuro. Ripartire dalla scena con la sola arma della fantasia, pronti a ritornare nel mondo. Gli istituti penali per minorenni di Bologna, Catania, Palermo e Milano si uniscono per ospitare il primo festival di teatro itinerante con protagonisti i ragazzi detenuti. Il progetto parte da Palermo dove l’associazione Euro ha portato avanti il progetto "Ipm di scena" cui si è unito in corsa un secondo progetto "On stage"- entrambi finanziati dal Fondo sociale europeo nell’ambito del programma Equal. Il primo è rivolto ai giovani detenuti tra i 14 e i 21 anni, degli istituti di pena di Palermo (carcere Malaspina), Milano (Cesare Beccaria) e Bologna (Pietro Siciliani); il secondo, a livello regionale, coinvolge i ragazzi del Malaspina e due altri istituti di pena siciliani, di Acireale e Catania Bicocca. In ogni istituto lavorano già da alcuni anni associazioni e cooperative che adesso hanno curato i progetti: Bloom cultura teatri a Bologna, cooperativa Dioniso a Palermo, associazione Puntozero a Milano e Centro Kerè a Catania e Acireale. Dopo due anni di lavoro, 25 laboratori e oltre 200 ragazzi coinvolti si è arrivati alle battute finali. A Bologna, dal 4 al 16 dicembre al teatro del Pratello andrà in scena Fool Bitter Fool, spettacolo di Paolo Billi e Valentina Fulginiti di Bloom cultura teatri. Segue a ruota Catania-Bicocca dove l’11 dicembre aprirà proprio uno spazio teatrale all’interno del carcere minorile: una struttura da ottanta posti, gradinate e impianti tecnici che ospiterà per l’inaugurazione, un Romeo e Giulietta in dialetto siciliano ridotto dagli stessi ragazzi con l’aiuto di Mario Bonica del centro Kerè. "Da anni ci occupiamo del reinserimento dei giovani a rischio, che hanno avuto problemi con la giustizia attraverso diversi progetti - spiega Eugenio Ceglia, presidente dell’associazione Euro - riteniamo che le attività teatrali siano tra le più importanti per il recupero dei ragazzi, che impegnano il proprio tempo e le proprie energie scoprendo capacità che non pensavano di possedere. Imparando la disciplina e a relazionarsi con gli altri. E, spesso, anche un nuovo mestiere". Roma: teatro-carcere; "Il giovane criminale", di Jean Genet
Ansa, 10 novembre 2007
Nell’ambito della rassegna "Teatro e carcere 07/08", il Teatro Libero di Rebibbia si impossessa di un opera di Jean Genet dal titolo "Il giovane criminale". "Il giovane criminale" venne commissionato al noto scrittore Jean Genet nel 1948 dalla Radio francese ma non venne mai portato sul palcoscenico. Nello spettacolo in scena al Piccolo Eliseo di Roma, il testo viene interpretato da Sasà Striano, un ex-criminale che ha trovato nell’arte il suo personale riscatto. Grazie alla sua intensa rilettura, capiamo come Genet voglia realmente indagare la natura del criminale facendo appello al fascino magnetico del male, dell’avventura e della pigrizia. Il suo intento è quello di dare voce a chi non riesce ad averla. Non è un gratuito lamento ma un vero canto di gloria. Per tutta la durata dello spettacolo, si cerca di avvicinare il mondo paradossale del carcere a chi non ci ha mai messo piede, smontando i pregiudizi attraverso un tono sfrontato e diretto. Alle volte, l’adattamento fa emergere una leggere insofferenza verso l’inattualità del sistema carcerario, la sua difficile, incompatibile collocazione nell’atmosfera morale, culturale dei nostri tempi. Il carcere oggi è anacronistico, superato oltre che negativo, dannoso. Il suo aspetto è più quello di un riformatorio. La rappresentazione ha la forza di far sentire escluso ed emarginato lo spettatore. Il distacco di quest’ultimo nei confronti del mondo parallelo al nostro è così forte da farci scoprire (come fosse la prima volta) le privazioni così lunghe ed estenuanti del detenuto da esaurirlo in quanto persona capace di pensieri e sentimenti. Si riduce soltanto al suo corpo, alla sola materia di esso ed alla sua durata in quanto tale. La provocazione è molteplice. Non solo viene rivendicato l’eroismo di chi trasgredisce la legge ma anche sottolineata la difficoltà di convivere con un ruolo doppio. Il criminale vive da sempre un profondo conflitto tra la maschera che gli viene affidata dalla società e quella che deve portare in quanto galeotto. "Per poter giudicare - scrive Genet - bisogna innanzitutto essere stati colpevoli e condannati". Per questi motivi, nessuno può interpretare meglio di un ex-galeotto, esperto del dolore carcerario, la parte di un giovane criminale. Siracusa: mandorle e zucchero... il sapore della libertà
www.terre.it, 10 novembre 2007
"Dolci evasioni", non solo per chi le gusta ma anche per chi le fa: la linea di prodotti di pasticceria realizzata all’interno del carcere di Siracusa infatti, diffonde per tutto il braccio del penitenziario un profumo di mandorla e zucchero. Il laboratorio è attivo tutto l’anno, ma ogni stagione ha una produzione specifica: "I biscotti piacciono più d’inverno, per l’estate invece produciamo il panetto per il latte di mandorla" racconta Giovanni Romano, presidente della cooperativa L’Arcolaio, che ha dato vita al progetto. Tutto rispetta rigorosamente le tradizioni locali e i valori di giustizia in cui la cooperativa crede. "Nel latte di mandorla, ad esempio - dice Romano -, le mandorle sono siciliane, vengono da produzioni biologiche locali. Lo zucchero di canna (ne usiamo parecchio, i nostri prodotti non sono dietetici!) viene dal circuito del commercio equosolidale. E la ricetta è la stessa di quella che faceva mia nonna: si tritano le mandorle pelate (nel laboratorio c’è una raffinatrice, mia nonna lo faceva a mano nel mortaio) insieme allo zucchero. Ne esce una sorta di farina che viene mischiata con acqua e un po’ di sciroppo di frumento. Si lascia poi riposare per alcune ore e infine si filtra: il risultato è un panetto, tipo una saponetta. Questa è la base per fare il latte di mandorla, una bevanda molto rinfrescante, diffusissima in Sicilia, ma poco conosciuta nel continente". Si tratta di una bibita anche molto energetica: la mandorla contiene infatti una significativa percentuale di proteine, vitamine del gruppo B1 e B2, magnesio, ferro e calcio. Nei supermercati si trovano dei surrogati, tipo lo sciroppo di mandorla, ma a detta di Romano e di molti siciliani, non hanno niente a che vedere con quello preparato con il panetto. "Se qui vai in un bar e ti fanno il latte di mandorla con lo sciroppo è quasi un insulto - dice senza usare mezzi termini -: quello fatto fresco non ha paragoni. In Sicilia la tradizione delle paste di mandorla o del latte è molto diffusa. Prepararli richiama gesti quotidiani e familiari". Una volta che si ha il panetto, basta scioglierlo nell’acqua e si ottiene il latte. Può poi essere bevuto così com’è oppure essere utilizzato per granite o gelati. "L’idea di un laboratorio di pasticceria in carcere è nata negli anni ‘90 e si è trasformata nel corso del tempo - racconta Romano -. Con il consorzio di cooperative Con.solida.s, lavoriamo all’interno della casa circondariale di Siracusa, con attività formative come corsi di giardinaggio, pittura e yoga. Nel 2003 abbiamo pensato di dare vita a un’attività produttiva: così è stato creato un panificio". Il progetto tuttavia non è decollato: era difficile vendere tutta la merce alla clientela locale. Il panificio si è così trasformato in una biscottificio/pasticceria. I prodotti possono essere conservati e trasportati su tutto il territorio nazionale. "Oggi l’attività ha ancora dei grossi sbalzi - continua il presidente dell’Arcolaio -. Ci sono mesi, come quelli invernali, in cui riusciamo a fatturare fino a 20mila euro, altri come lo scorso agosto che non arriviamo neanche a mille". Il progetto dell’Arcolaio ha però trovato molti sostenitori: "Dal consorzio delle cooperative Con.solida.s. con cui abbiamo trovato il nome ‘Dolci evasioni’, a Banca Etica che ci ha dato il primo finanziamento rimborsabile in 10 anni. Senza scordare Ctm-Altromercato, che ci aiuta nella distribuzione. Dall’inizio dell’estate solo attraverso la loro rete abbiamo venduto circa mille panetti", che si trovano anche presso le botteghe milanesi della cooperativa Chico Mendes, a 3,70 euro l’uno. Da pochissimo, poi, i prodotti dell’Arcolaio sono in vendita in alcuni autogrill. Nel laboratorio lavorano tutto l’anno tre detenuti, con un contratto a tempo indeterminato, ma nei periodi di maggiore produzione la cooperativa riesce a offrire una decina di contratti di collaborazione. "Dal biscottificio passano persone con storie di vita anche molto complesse con percorsi carcerari lunghi e difficoltà di inserimento e di relazioni - spiega Romano -. Noi però cerchiamo sempre di creare un clima di umanità, di accoglienza, quasi di famiglia. Affrontiamo i problemi cercando di dare loro ascolto. E i risultati riabilitativi sono tangibili: si vedono le persone trasformate". Per questo, allargare il mercato per i prodotti della pasticceria significa "sottrarre dall’avvilimento altri detenuti, dare loro una possibilità di cambiamento concreto" conclude Romano. Varese: giovedì 13 un concerto natalizio per i detenuti
Varese News, 10 novembre 2007
Il Comune di Varese ha promosso con i City Angels e la Camerata dei Laghi, il tradizionale concerto nel carcere dei Miogni, un momento di serenità per i detenuti che si svolgerà giovedì 13 dicembre alle ore 15.30. Ad esibirsi, la Camerata dei Laghi che, come spiega il direttore Sandro Pignataro, "da sempre crede nella valenza culturale e aggregante della musica, ed è per questo che ha accettato con entusiasmo la proposta di andare a suonare al concerto tradizionale di Natale presso la casa circondariale di Varese". "Come è d’abitudine per gli appuntamenti organizzati da OCL - continua il direttore - il filo conduttore è Incontr…Arti. È per questo che ad intervallare i brani eseguiti al pianoforte da Mariadele Bua Odetti e al violino dal direttore artistico in persona Sandro Pignataro verranno raccontati dei brevi racconti natalizi recitati da Don Natale Monza con cui la Camerata dei Laghi ha già proposto spettacoli dove si intrecciavano musica e parole. Le musiche scelte andranno da estratti di Sonate per violino e pianoforte di Brahms, per continuare con tanghi argentini, danze ungheresi, valzer in una proposta che vuole toccare i vari linguaggi e che per alcuni brani lasceranno la scelta direttamente al pubblico. Non mancheranno ovviamente i brani tradizionali natalizi. Ringraziamo il direttore delle carceri per l’occasione". Venezuela: rivolta in carcere, 15 detenuti morti e 12 feriti
Associated Press, 10 dicembre 2007
Una rivolta in una prigione del Venezuela si è conclusa con la morte di 15 carcerati e il ferimento di altri 12. Gli scontri sono scoppiati quando un gruppo di detenuti della prigione di San Cristobal, vicino al confine con la Colombia, ha tentato di prendere il controllo dell’istituto penitenziario. Lo ha riferito lo stesso ministro della Giustizia, Pedro Carreno. Iraq: colpi di mortaio contro carcere, morti sette detenuti
Agr, 10 dicembre 2007
Almeno sette detenuti sono morti e altri 23 sono rimasti feriti nel carcere di Bagdad per i colpi di mortaio lanciati contro l’edificio. Lo hanno reso noto fonti ospedaliere e di polizia. Le autorità locali, che stanno indagando su quanto accaduto, hanno comunicato che il carcere è composto da diversi blocchi di celle, ognuno dei quali è riservato a prigionieri accusati di crimini di terrorismo o di reati comuni. Ciad: francesi di una Ong detenuti in sciopero della fame
Agr, 10 dicembre 2007
I sei detenuti francesi, membri della Ong francese "Arche de Zoé" arrestati in ottobre con l’accusa di rapimento di 103 bambini, hanno cominciato venerdì uno sciopero della fame per protestare contro il modo in cui la giustizia ciadiana starebbe affrontando il caso. La protesta è rivolta anche alla Francia, che a detta dei legali della difesa avrebbe abbandonato i propri assistiti. Il processo dovrebbe cominciare nei prossimi giorni. Gli imputati sostengono che i 103 bambini sarebbero profughi di guerra darfurini, destinati a finire in adozione temporanea in Francia. Una versione però contraddetta dalle autorità ciadiane e dalle agenzie Onu, secondo cui la maggioranza dei bambini sarebbe ciadiana e non orfana.
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