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Indulto: Dap; finora usciti in 23.216, rientrati in carcere 764
Ansa, 27 settembre 2006
Dal primo agosto ad oggi sono stati 23.216 (14.476 italiani e 8.740 stranieri) gli ex detenuti che hanno beneficato dell’indulto. Di questi, 20.876 stavano scontando una condanna definitiva, mentre 2.340 hanno ottenuto la revoca di una misura cautelare. Ai 23.216 usciti vanno poi aggiunti 202 minori e 3.988 adulti che già beneficavano della semilibertà. Dalla rilevazione giornaliera del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) emerge dunque che nelle carceri italiane - fino alla scorsa estate affollate come non mai negli ultimi 15 anni tanto da aver toccato quota 60mila - ci sono ora 37.830 detenuti. Per 764 beneficiari dell’indulto (433 italiani e 331 stranieri) si sono riaperte le porte del carcere perché tornati a delinquere. L’indulto ha dunque riguardato un numero maggiore di detenuti rispetto ai circa 15.000 inizialmente stimati dal ministero della Giustizia. E questo perché - spiegano al Dap - sulla base della scelta discrezionale dei magistrati l’indulto è stato applicato anche in situazioni "miste", vale a dire a favore di persone che avevano una condanna definitiva e una misura cautelare provvisoria. Indulto: Mastella; meno ingressi in carcere rispetto al 2005
Ansa, 27 settembre 2006
"Dal primo agosto a ieri sono entrate nelle carceri italiane 6.637 persone, contro le 6.923 dello stesso periodo dello scorso anno": il dato è stato riferito poco fa dal ministro della giustizia Clemente Mastella, che durante il question-time alla Camera ha così risposto all’interrogazione di Maroni e altri parlamentari leghisti, presentata da Carolina Lussana. "Il numero dei reati non è dunque aumentato in seguito all’indulto, come si vorrebbe far sembrare". La Lega infatti ha denunciato non soltanto "la scarcerazione di oltre 20.000 detenuti, al ritmo di 1.00 al giorno" e "lo svuotamento delle carceri", ma anche "un alto tasso di reiterazione del reato da parte di coloro che hanno usufruito del provvedimento di clemenza". I parlamentari leghisti hanno inoltre espresso preoccupazione per la sorte dei "moltissimi processi in corso per i reati coperti da indulto, che si concluderanno con una sanzione penale poi coperta dall’indulto medesimo" e hanno pertanto chiesto chiarimenti al ministro in merito all’ipotesi che "attraverso un provvedimento di amnistia, sia azzerata questa pletora di processi, ripartendo da zero". Una possibilità negata fermamente dal ministro Mastella, il quale ha chiarito che "nessuno vuole fare alcuna amnistia e ha ricordato che "l’indulto è divenuto norma grazie all’approvazione di un’estensione parlamentare composta da rappresentanti della maggioranza e dell’opposizione" L’indulto in cifre..., di Luigi Manconi e Andrea Boraschi
L’Unità, 27 settembre 2006
Cominciamo a trarre i primi, provvisori bilanci. E parliamo d’indulto, il tanto vituperato provvedimento di clemenza, che ha sollevato l’indignazione di molti, ha dato corso a polemiche aspre, ha messo in luce interpretazioni opposte, eppur coesistenti nella medesima area politica, di cosa debba essere uno stato di diritto e la stessa concezione della pena. Fatte salve le questioni di principio, tenuti a mente i riflessi che quello psicodramma legislativo ha avuto sull’opinione pubblica, bisognerà cominciare, con buona volontà e senza pregiudizi, ad analizzarne gli effetti concreti. Le carceri sono infine agibili (seppure non ancora vivibili) come mai lo sono state dal lontano 1991 (all’indomani dell’indulto del ‘90): al 31 agosto 2006, sono 21.411 (di cui 1.044 donne) le persone che hanno riacquistato la libertà grazie all’indulto. Al 30 giugno scorso i detenuti presenti erano 61.246; oggi sono 38.847. Per alcuni questi dati suoneranno confortanti; per altri costituiscono fonte di allarme. Ma questo è il primo effetto che si intendeva produrre, dichiarato e apertamente perseguito: ovvero ripristinare condizioni strutturali di detenzione, compatibili con le nostre leggi e i nostri regolamenti penitenziari; e riaffermare la legalità negli istituti di pena. Lo stato non può recludere 62.000 suoi cittadini (tra cui molti in attesa di giudizio, dunque presunti innocenti) in spazi nominalmente destinati a 40.000. Ci sono altri effetti determinatisi all’indomani di quel provvedimento e per sua conseguenza? Verrebbe da rispondere di no, ché l’indulto è stato approvato solo e solamente per le finalità appena ricordate. È così: e, tuttavia, non ci si vuole sottrarre a ulteriori considerazioni. La prima. Si è scritto con preoccupazione che, di quei 21milla restituiti alla libertà, alla fine di agosto erano tornati in cella "già" 340. Come "già"? Le persone nuovamente arrestate perché accusate di aver commesso un reato dopo la scarcerazione, costituiscono circa l’1,6% di coloro che hanno beneficiato del provvedimento di clemenza. Sono molti? Sono comunque troppi: ma tutti gli studi sulla recidiva ci dicono che negli anni successivi alla liberazione commette nuovi reati il 75% degli scarcerati (e, sia detto per inciso, appena il 15% di coloro che hanno goduto di misure alternative alla detenzione). Dunque, fatta salva la presunzione d’innocenza fino a condanna definitiva, siamo ancora incomparabilmente lontani dai livelli fisiologici di recidiva. Ma andiamo avanti e arriviamo al 18 settembre. A quella data, i reingressi in carcere di chi ha beneficiato dell’indulto hanno raggiunto quota 609. Di questi, 271 sono stranieri; a 118 tra loro è stato contestato esclusivamente il reato di inottemperanza all’obbligo di allontanamento dal territorio dello Stato. Un mero illecito amministrativo: quei "recidivi" non hanno rubato, aggredito alcuno, commesso delitti che possano suscitare allarme sociale. Se sottraiamo a quel totale di 609 i 118 stranieri sprovvisti di permesso (giacché la legge sull’immigrazione andrà riscritta quanto prima), avremmo, tra i beneficiari dell’atto di clemenza, un tasso di recidiva dell’1,8%. Ed ecco il dato più significativo. Dal 1 agosto al 1 settembre 2006 sono entrate in carcere 6.337 persone, fra le quali quelle beneficiarie dell’indulto, mentre nello stesso periodo del 2005 erano state 6.923. Si tratta, in tutta evidenza, di dati provvisori, riferiti al primo periodo di applicazione della legge, destinati prevedibilmente a modificarsi in senso negativo. Tuttavia, le proiezioni che è possibile fare consentono di prevedere che, molto probabilmente, si resterà al di sotto degli ordinari livelli di recidiva, tradizionalmente registrati in assenza di provvedimenti di clemenza. E ciò grazie anche (o soprattutto) a quella norma del provvedimento, che prevede la revoca dell’indulto per chi commetta nuovi reati nei successivi cinque anni. Ci sono poi altri dati, ancora parziali, sull’andamento della criminalità nelle grandi città italiane, dei quali anticipiamo brevemente il senso. Confrontando l’andamento della criminalità nella aree metropolitane, nei mesi di luglio e agosto del 2006, con i dati relativi allo stesso periodo del 2005, si registra un trend sostanzialmente stabile. E una certa tendenza alla riduzione dei reati diffusi, così detti di microcriminalità, per i quali, più di ogni altra fattispecie, si temeva un aumento considerevole a seguito delle scarcerazioni per indulto. Cifre parziali, anche queste - lo ripetiamo - e riferite a un arco temporale limitato. Pure utili per un primo - provvisorio, provvisorissimo - bilancio. Certamente degno della massima considerazione e meritevole di essere affrontato con strategie radicali: ma da non piegare a polemiche piccine. E crudelmente strumentali: per Caino come per Abele. Giustizia: Camera; arriva il "difensore civico" dei detenuti
Ansa, 27 settembre 2006
Dal prossimo gennaio potrebbe arrivare anche in Italia il garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, una sorta di "difensore civico" di chi sta in carcere. Oggi la commissione Affari Costituzionali di Montecitorio ha infatti adottato il testo base sull’argomento proposto dalla relatrice, Graziella Mascia (Prc). Il Garante dei diritti è costituito da un presidente, nominato d’intesa dai presidenti di Repubblica, Senato e Camera e da quattro membri eletti a maggioranza assoluta dei componenti, due da Montecitorio e due da Palazzo Madama. Rimane in carica per quattro anni. I componenti del Garante devono avere esperienza pluriennale nel campo dei diritti umani, delle persone detenute o private della libertà personale e formazione nel campo giuridico o in quello dei diritti umani. È prevista l’incompatibilità con cariche elettive, governative e istituzionali e con qualsiasi altra attività lavorativa o ricoprire incarichi per conto di associazioni o partiti. Tutti detenuti possono rivolgersi a questo organismo e il Garante ha l’obbligo di presentare rapporto all’autorità giudiziaria competente ogni volta venga a conoscenza di fatti che possano costituire reato. Esercita la vigilanza diretta ad assicurare che l’esecuzione della custodia dei detenuti, degli internati, dei soggetti sottoposti a custodia cautelare in carcere o in altre forme di limitazione della libertà personale, sia attuata in conformità alle norme e ai principi stabiliti dalla Costituzione, delle convenzioni internazionali sui diritti umani ratificate dall’Italia, dalle leggi dello Stato e dai regolamenti. Giustizia: Antigone; "difensore civico" è necessario e urgente
Ansa, 27 settembre 2006
"Quella del difensore civico per i detenuti è una figura la cui introduzione sollecitiamo da circa dieci anni. L’inizio dell’iter parlamentare del provvedimento è una buona notizia. Ora speriamo che si arrivi presto alla sua approvazione". Ad affermarlo è Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione "Antigone" che si batte per i diritti nelle carceri. Gonnella, dopo aver ricordato che l’Italia avendo firmato il protocollo alla convenzione Onu contro la tortura è obbligata a istituire il Garante dei detenuti, sottolinea come questa figura sia diventata tanto più necessaria "essendo progressivamente mutata la figura del magistrato di sorveglianza, sempre meno garante della legalità interna al carcere". "Auspichiamo ora - aggiunge il presidente di Antigone - che il testo passi nella sua forma più ampia tanto da consentire visite ispettive e controlli oltre che nelle carceri, anche nei centri di permanenza temporanea, nelle caserme e nei commissariati in quanto è soprattutto in questi luoghi che è maggiore il rischio di maltrattamenti" Roma: Rebibbia; libro per ricordare Giovanni Paolo II
Asca, 27 settembre 2006
Ricordare tra le sbarre di un carcere romano l’attenzione che Giovanni Paolo II ha rivolto al mondo carcerario ed alle sue problematiche: è l’intento di una giornata organizzata nel carcere di Rebibbia martedì 3 ottobre prossimi. All’incontro parteciperanno il direttore della casa circondariale, Carmelo Cantone, mons. Slowomir Oder, postulatore della causa di beatificazione di Giovanni Paolo II, Angelo Scelzo, sottosegretario della pontificia commissione per le comunicazioni sociali ed i giornalisti Gustavo Selva e Filippo Anastasi, senatore e vice direttore del giornale radio Rai: Gino Manfredi leggerà alcuni scritti del Papa scomparso e Amedeo Minghi canterà la canzone composta per ricordare il Papa polacco. Durante l’incontro sarà anche presentato in anteprima il libro del giornalista Franco Bucarelli "Giovanni Paolo II. I segreti di un Pontificato", che racconta inediti retroscena di eventi che riguardano il Papa polacco, quali l’attentato ad opera di Ali Agca, che è stato detenuto a Rebibbia, il fallito tentativo di uccidere Lech Walesa durante la visita a Roma ed i veri motivi che si opposero alla visita di Karol Wojtyla a Mosca. Giustizia: Forum Salute; invece degli Opg rete di piccole strutture
Ansa, 27 settembre 2006
Superare gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (Opg) e sostituirli con una rete di piccole strutture da realizzare in ogni regione, ciascuna con una diversa intensità della misura di custodia: questa l’idea del "Forum per la salute in carcere" che è stata presentata questa mattina nel corso di un convegno a Montelupo Fiorentino, sede di un Opg, sul tema "Diritto alla salute delle persone detenute. Superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. Ruolo delle Regioni". Tra gli interventi quello di Luigi Manconi, sottosegretario al ministero della Giustizia, che ha definito la proposta del Forum "pragmatica, dato cerca una soluzione partendo dallo stato di fatto. I tempi di realizzazione del progetto non sono brevi, nell’attesa è necessario che le strutture inizino percorsi e progetti di reinserimento sociale. Detto questo è urgente che le Istituzioni ed in particolare la Commissione per la riforma del Codice Penale si mettano a lavoro". Nel corso del convegno, a cui hanno partecipato circa 300 persone, promosso dal Forum, dalla Regione Toscana, dalla provincia di Firenze e dal comune di Montelupo, sono state infatti formulate proposte di riforma degli Opg. Quella avanzata dal Forum prevede una maggiore delocalizzazione delle strutture ed una partecipazione importante delle Aziende Sanitarie nella loro gestione, per "intraprendere la strada del recupero sociale - spiega il presidente del Forum, Leda Colombini -, e far cambiare le condizioni di curabilità delle persone". Massimo De Pascalis, provveditore regionale dell’ Amministrazione Penitenziaria per la Toscana, ha proposto di estendere anche all’ Opg di Montelupo le sperimentazioni di carcere alternativo attualmente in atto per altre realtà come Volterra, Prato o Massa Marittima. Indulto: Silvia Baraldini libera; gioia a sinistra, critiche della Cdl
La Repubblica, 27 settembre 2006
Condannata a 43 anni di carcere negli Usa nel 1983, estradata in Italia nel 1999, oggi libera grazie all’indulto. Silvia Baraldini, attivista comunista attualmente agli arresti domiciliari per reati di terrorismo, è tornata in libertà. "Sono finalmente una donna libera - ha detto agli amici - Sono felice. Stasera andrò a cena fuori come gli adulti". Alla gioia della Baraldini fa da contraltare la polemica politica: la notizia ha infatti riacceso lo scontro sull’indulto. Il Dipartimento di Giustizia statunitense, per ora non fa commenti, ma si ripromette comunque di discutere la questione con le autorità italiane. A rendere noto il ritorno in libertà della Baraldini è stato Giovanni Russo Spena, il capogruppo del Prc al Senato. "Provo una gioia enorme per la liberazione - ha commentato - Ho appreso la notizia da lei stessa, ancora incredula, grata al Parlamento per aver votato un provvedimento che finalmente, dopo anni di detenzione prima nelle carceri americane e poi, dopo che gli Usa hanno concesso l’estradizione, in quelle italiane, le restituisce la libertà". Felice anche Vladimir Luxuria, parlamentare di Rifondazione e una delle prime persone ad apprendere la notizia. "Ho ricevuto la telefonata di Silvia intorno alle 17.30 - racconta - Mi sono sentita liberata da un fardello, da un’ingiustizia, un accanimento nei confronti di una donna che non ha mai ammazzato nessuno e aveva gravi problemi di salute. Non mi vergogno di dire che ho pianto. Stasera ci vedremo e brinderemo insieme". La liberazione della Baraldini ha subito scatenato reazioni polemiche nel centrodestra. Ignazio La Russa, capogruppo di An alla Camera, ha accolto negativamente la notizia. "Quando arrivò in Italia - ricorda - Silvia Baraldini trovò un ministro della Giustizia della Repubblica italiana che la passò a prendere all’aeroporto con i fiori in mano. Oggi uscendo dal carcere, probabilmente non ha trovato nessun ministro ad attenderla e la notizia della sua scarcerazione è stata diffusa solo a cose fatte. Vogliono far dimenticare che con gli effetti dell’indulto si stanno rimettendo in libertà il peggio della criminalità, del terrorismo e del paraterrorismo". "Non è la prima terrorista ad essere uscita - gli fa eco il leghista Roberto Calderoli - Sono cose che si sono già verificate. Da noi i terroristi escono e quelli che li hanno arrestati vengono arrestati". Più serena la reazione di Carlo Giovanardi, deputato dell’Udc: "Stiamo parlando di una questione che riguarda il passato remoto. E poi, in ogni caso, cambia poco perché alla libertà sostanziale di cui godeva già si è aggiunta la libertà formale". Gaetano Pecorella, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia alla Camera, fa un’obiezione di merito: "È assolutamente incomprensibile il provvedimento con cui Silvia Baraldini è stata scarcerata. È evidente che l’indulto non poteva essere concesso in relazione a condanne inflitte da uno Stato straniero, anche se l’esecuzione avviene in Italia, e che comunque tra i reati esclusi dal beneficio vi sono quelli di terrorismo per i quali la Baraldini è stata condannata". Dagli Stati Uniti, per ora, non sono giunti commenti sulla vicenda. Il Dipartimento di Giustizia americano ha comunque annunciato che chiederà maggiori informazioni e discuterà la scarcerazione con le autorità del nostro Paese. ttivista comunista, Silvia Baraldini ha operato negli anni ‘60, ‘70 e ‘80 negli Stati Uniti come membro di un partito eversivo (Black Panther Party), che combatteva per i diritti civili dei neri. Fu condannata nel 1983 a una pena cumulativa di 43 anni di carcere negli Usa per concorso in evasione, associazione sovversiva, due tentate rapine e ingiuria al tribunale. Nel 1999, grazie alle pressioni del governo italiano, fu estradata e rientrò in patria. Gravemente malata, nel 2000 ottenne il differimento della pena per potersi curare. Nell’aprile 2001 arrivarono gli arresti domiciliari per motivi di salute. Avrebbe finito di scontare la pena nel 2008. Per effetto dell’indulto, la libertà è arrivata con un paio di anni di anticipo. Indulto: Cagliari; uno Sportello informazioni per ex detenuti
Redattore Sociale, 27 settembre 2006
Uno sportello al quale fare riferimento per chiedere consiglio, per riuscire a orientarsi nella nuova società che gli ex detenuti del carcere cagliaritano, beneficiari dell’indulto, rivedono ora dopo tanti anni di clausura. E riadattarsi dopo un lungo periodo a una realtà così diversa non è per niente facile. Per aiutare gli ex carcerati, da domani 28 settembre, sarà attivo lo Sportello Informazione attivato presso il Sert della Asl 8 di Cagliari in via dei Valenzani. Il progetto, sostenuto dall’Ufficio Esecuzione penale esterna del Provveditorato regionale generale dell’Amministrazione penitenziaria e dalla Asl 8, è stato presentato alcuni giorni fa nel corso di una conferenza stampa sulla sicurezza sociale. In città sono 180 le persone che hanno beneficiato dell’indulto, prima detenute nel carcere di Buoncammino. "Queste persone - afferma Rossana Carta, dirigente dell’ufficio Esecuzione penale esterna - sono state inserite in città senza progetti mirati. Molti sono recidivi e senza lavoro, senza una casa e spesso con problemi di tossicodipendenza, rifiniscono velocemente in carcere". Lo scopo dell’iniziativa sarà quello di accogliere le richieste e i bisogni degli ex detenuti - dei quali il 30 per cento è in trattamento presso il Sert - offrendo un servizio di orientamento, informazione e sostegno. Lo sportello, curato dai volontari ex art. 78 O.P. (Ordinamento Penitenziario) autorizzati dal Ministero della Giustizia che hanno ricevuto una preparazione finalizzata al servizio, risponde infatti al crescente bisogno di informazioni corrette ed esaustive nell’ambito dell’esecuzione penale esterna. "In particolar modo lo sportello cercherà di agevolare il reinserimento dei condannati, fornendo informazioni chiare e precise circa l’esecuzione della pena in carcere e l’accesso alle misure alternative alla detenzione - si legge nel progetto presentato dal ufficio Esecuzione penale esterna - fornendo consulenza in relazione ai diritti di tutela giuridica, anche con il coinvolgimento delle famiglie". Alla funzione di informazione giuridica, si affiancherà anche quella di reinserimento lavorativo, di aggiornamento sui corsi professionali e sulle possibilità lavorative. Lettere: Massa; finalmente libero, e ora che devo fare?
www.informacarcere.it, 27 settembre 2006
E si, proprio così, non si direbbe ma a volte succede che qualcuno soffra di ansia pensando alla libertà. Strano ma vero, quest’ansia travolge la maggior parte della popolazione detenuta perché, fino a quando si è detenuti, i pensieri sulla libertà diventano come un sogno. Quindi ognuno di noi si proietta a modo suo nel domani. Tutti noi viviamo la detenzione con la speranza quotidiana di uscire e di quello che faremo una volta scontata la pena, ma in realtà poi, quando veramente si avvicina questo tanto atteso giorno, iniziano le paranoie: "E ora che farò?" Sembra strano che una persona rinchiusa possa temere l’uscita, ma vi assicuro che nella stragrande maggioranza dei casi è così. Intanto diciamo che effettivamente la detenzione, così come oggi viene scontata, non ha alcun valore, se non quello di averci insegnato il vero valore della parola "sofferenza"; qualcuno potrebbe rispondermi che in galera certamente non si viene per giocare e divertirsi, effettivamente in galera si viene perché autori di qualche reato grosso o piccolo che sia, poi però, pur dando ragione e codesti, mi viene in mente l’art. 27 della Costituzione che, in sintesi, enuncia la detenzione come periodo transitorio durante il quale si ha un programma trattamentale sull’individuo affinché ritorni, dopo aver scontato la propria pena, alla società come persona reinserita nei canoni normali, cioè quelli civili e non più delinquenziali. Pressappoco il nostro art. 27 dice così. Allora, essendo io una di quelle persone che attualmente vive sulla propria pelle gli effetti di questo articolo, credo di poter dire francamente che due sono le alternative da valutare. La prima è che, nonostante io abbia letto tante volte quest’articolo, non sono riuscito a capirne il vero significato; oppure, la seconda, è che a leggere questo articolo siamo solo noi detenuti e non i nostri governanti. Potrei stare ore a parlare e spiegare come si vive in carcere, a cosa serve la prigionia, cosa facciamo, in che modo viene scontata una pena, ma questo sarebbe troppo elementare perché credo che tutti sappiano che il nostro sistema penitenziario è malato, e sembrerebbe anche che nessuno abbia voglia di trovare la cura per renderlo sano ed efficiente. Quindi diciamo tranquillamente che una persona che sconta una pena non ha imparato niente, se non aver assimilato norme giuridiche e aver dato alla propria fantasia uno spazio illimitato. Per questo, quando poi si avvicina il momento della libertà, si inizia ad avere paura, non tanto per quello che dovremo fare, ma per quello che la società ha già imposto per noi, cioè la classica etichetta di "cattivi", e tutti sappiamo che i cattivi vengano emarginati, li si lascia abbandonati a se stessi, che se hanno sbagliato una volta lo faranno anche la seconda, terza e così via, che di buono in una persona che è stata in carcere non vi è nulla e tanti altri pregiudizi che, messi tutti insieme, porteranno all’individuo la consapevolezza che dal carcere non si esce mai: una struttura piccola e di cemento apre le porte e quella sociale chiude. Chiudo questo mio breve scritto con una frase di Giordano Bruno che mi ha sempre colpito e credo che faccia proprio al nostro caso: "Farà più paura a voi pronunciare la mia condanna che a me udirla". Pesaro: indulto, "solo" uno su quindici non ce la fa
Il Messaggero, 27 settembre 2006
L’aria del carcere doveva mancare proprio tanto. A meno di sessanta giorni dall’applicazione dell’indulto, infatti, per 6 dei 93 detenuti fino ad ora usciti dalla casa circondariale di Villa Fastiggi, è già tempo di tornare dietro le sbarre. Microcriminalità. Ossia furtarelli, scippi e piccoli reati che hanno riportato dentro vari istituti penitenziari italiani i sei ex "ospiti" del carcere pesarese. Persone che si sono ritrovate di colpo libere senza alcun orientamento e con poche alternative se non quella di riprendere da dove avevano in precedenza lasciato. Nessun arresto, invece, tra quelli usciti dal penitenziario di Fossombrone. In totale sono 21 gli ex detenuti dell’istituto forsempronese, rilasciati in seguito all’indulto, 4 dei quali stranieri. Mentre dalla casa circondariale pesarese tra i 93 detenuti liberati, ci sono 37 non italiani e 7 donne. Ben tredici quelli usciti dalla struttura di Macerata Feltria, dipendente dalla direzione di Villa Fastiggi. Numeri che fanno del carcere pesarese, quello con il più alto numero di scarcerazioni dovute all’indulto, delle Marche. Un discutibile record che, anche grazie agli altri due istituti, può vantare pure la provincia di Pesaro-Urbino. Sono infatti 127 le persone rilasciate dalle tre carceri della nostra provincia, contro le 320 di tutte le Marche. Oltre un terzo. Cifre che impressionano, soprattutto se confrontate con una realtà relativamente piccola, come quella pesarese: "Questo - spiega Aldo Di Giacomo, segretario regionale del Sappe - è un dato eloquente ma se all’indulto non seguirà un potenziamento dell’organico di polizia penitenziaria, il boccone amaro che i cittadini hanno dovuto ingoiare non servirà a nulla. A Pesaro ad esempio gli agenti convivono con una carenza cronica ormai da anni. Una situazione complicata anche dai difficili rapporti sindacali con la direzione del carcere". A questo poi si aggiungono gli effetti di natura economica. L’indulto, infatti, estingue anche le pene pecuniarie, fino a 10.000 euro. Pene che nel 2004 e nel 2005 tramite il Tribunale di Pesaro hanno portato allo Stato, incassi rispettivamente di 610.000 e 638.000 euro. Soldi che, per i reati compiuti prima dell’entrata in vigore del provvedimento e non ancora passati in giudicato, non dovranno essere più versati. Non solo: i processi penali che si concluderanno con una sentenza di condanna inferiore ai tre anni, perciò immediatamente condonata (il 90% dei casi per il Tribunale di Pesaro secondo fonti interne) dovranno essere in ogni caso svolti, bloccando inutilmente l’attività giudiziaria. Palermo: ex detenuti bloccano il traffico e chiedono lavoro
La Sicilia, 27 settembre 2006
Centosettanta ex carcerati stanno manifestando in viale Fante, una delle arterie principali di Palermo. La protesta, oltre che creare disagi alla circolazione, sta creando problemi anche a forze dell’ordine e vigili del fuoco. Gli ex detenuti che da due settimane occupano gli uffici comunali nel cosiddetto "Pallone" di viale del Fante, a Palermo, hanno bloccato questa mattina il traffico su questa arteria rovesciando cassonetti sulla carreggiata e appiccando il fuoco. Le forze dell’ordine controllano la situazione sul posto, ma la protesta sta causando una paralisi del traffico su uno degli assi più importanti per la mobilità cittadina. Gli ex reclusi con le loro famiglie - in tutto circa 170 persone ,compresi i bambini - sono gli stessi che in agosto avevano occupato la Cattedrale. La richiesta è quella di un posto di lavoro e il leader degli ex detenuti Filippo Accetta, ha detto stamani che si attende dal Comune di Palermo e dalla Regione risposte positive entro questa settimana. In caso contrario, ha minacciato forme di protesta ancora più aspre. Treviso: città e carcere minorile, un legame che si rafforza
Tribuna di Treviso, 27 settembre 2006
Continua l’impegno del carcere minorile di Treviso a dialogare con la città. Lo dimostrano due importanti appuntamenti in settimana: il ritrovo, domenica mattina, con gli scout di Camposampietro che hanno organizzato un campo estivo in Ipm e una rappresentazione teatrale dal titolo "Io amici non ne ho". Ai ragazzi padovani i giovani detenuti consegneranno l’ultimo numero del giornale dell’Istituto "Innocenti Evasioni":" La cosa più bella del campo è stata la continuità - si legge nella riflessione da loro pubblicata- Le feste sono belle ma durano poco, invece con gli scout abbiamo dialogato di più e ci siamo conosciuti bene. Non erano invadenti, ci hanno fatto sentire partecipi e non esclusi". Ad alcuni sono sembrate strane la divisa, i distintivi, i giochi e i bans. "Alla fine ci siamo commossi ma non lo abbiamo fatto vedere, la nostra tristezza dipendeva dalla fine dell’esperienza e dal ritorno alla vita -normale- qui dentro". L’estate ha portato in Ipm anche un laboratorio teatrale . Lo spettacolo che hanno allestito racconta la storia di Ranco, "uno e nessuno dei migliaia di stranieri che arrivano in Italia per i motivi più diversi: chi fugge dalla guerra, dalla fame, chi insegue sogni di ricchezza e di benessere", spiegano Valentina Baronetto e Nicola Mattarollo dell’associazione Nats, responsabili del laboratorio. "Nel gruppo degli attori ci sono rumeni, marocchini, ragazzi provenienti dalla Tunisia , dall’Albania oltre che dall’Italia. L’interazione tra culture diverse non è stata semplice anche se i problemi maggiori dipendevano dalle difficoltà di tipo linguistico", oltre che da motivi organizzativi a causa dell’indulto di questa estate. Attualmente in carcere sono detenuti 12 ragazzi, per lo spettacolo ne vengono coinvolti 7, quelli che hanno seguito tutto il percorso o sono riusciti a rientrarvi nei tempi opportuni. "Il laboratorio teatrale è uno spazio dove è possibile comunicare in forme diverse e scaricare le tensioni - spiegano i due referenti -. Lo spettacolo è il risultato di momenti di improvvisazione e condivisione di storie personali, ma anche di competenze tecniche, come l’uso del computer per la stesura dei copioni." In carcere minorile è infatti attivo un laboratorio di informatica dove sono stati realizzati diversi materiali , volantini e brochure, non ultimo l’opuscolo informativo sulle droghe in collaborazione con il Dipartimento per le Dipendenze dell’Ulss 9. La rappresentazione teatrale allestita dai Nats si gioca sul confine tra bene e male dove buoni e cattivi si confondono in un intreccio di storie ed di emozioni. "Abbiamo tentato di svincolare ciò che accade sulla scena dal giudizio (o pre-giudizio?), dando più semplicemente vita alla vita". Inoltre quest’anno è stata coinvolta nel progetto una scuola, il liceo scientifico Da Vinci con il suo gruppo di teatro. Immigrazione, Amato; a ottobre pronto nuovo testo di legge
Reuters, 27 settembre 2006
Il ministro dell’Interno Giuliano Amato ha detto oggi che prevede di presentare la nuova legge sull’immigrazione entro il mese prossimo, e ha indicato tra le modifiche principali la creazione di un collocamento dei lavoratori migranti direttamente nei paesi esteri e centri di permanenza differenziati per i clandestini che hanno commesso reati e per chi chiede asilo. Nel corso di un’audizione presso la commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, il ministro ha detto anche che "a oggi" sono stati 16.000 circa gli immigrati sbarcati a Lampedusa, 3.000 in più dello stesso periodo del 2005, anche se ha precisato che "il trend di crescita sembra (comunque) essersi attenuato". "Prevedo che il testo verrà fuori nel corso di ottobre", ha anticipato Amato parlando coi giornalisti. Amato ha detto che intende "mantenere fermo il principio dell’ingresso (degli immigrati) legato al lavoro" come nell’attuale legge, la cosiddetta Bossi-Fini varata dal precedente governo di centrodestra, ma distinguendo tra "lavoratori altamente qualificati" e "personale non qualificato". I primi entrerebbero in Italia su chiamata nominale diretta, mentre i secondi verrebbero selezionati dai datori di lavoro sulla base di "un sistema di collocamento all’estero" con liste di lavoratori immigrati nei consolati italiani in quei paesi da dove parte l’emigrazione. Il ministro ha anche accennato alla possibilità che le richieste di lavoratori immigrati vengano anche da "sponsor" che si impegnino, col versamento di fideiussioni, a sostenere gli stranieri fino a che non trovino un lavoro in Italia.
Rimpatri volontari, oltre alle espulsioni
Per quanto riguarda il capitolo delle espulsioni, il capo del Viminale ha detto di continuare "a prevedere reati per la violazione delle norme sull’immigrazione, ma non vedo la ragione che siano reati di un diritto penale aggravato come se fossero reati mafiosi". In sostanza, Amato intende "ricondurre a normalità penale" i reati commessi dai clandestini, che oggi invece subiscono nel giudizio un aggravante. Il ministro ha detto anche che intende introdurre un sistema di rimpatri volontari, "a partire dagli espulsi meno graditi", perché l’obiettivo deve essere allontanare soprattutto queste persone". "Per noi gli indesiderabili sono quegli espulsi che sono stati tali non soltanto perché hanno violato la durata del permesso di soggiorno, ma perché hanno commesso reati", ha spiegato Amato. "Il costo per il contribuente italiano (per finanziare i rimpatri volontari) è molto inferiore a quello per trattenerli nelle nostre carceri...", ha aggiunto il ministro. La misura del rimpatrio volontario - finanziato da un fondo nazionale che sarebbe alimentato anche dai datori di lavoro che assumono manodopera immigrata - si applicherebbe anche a coloro che non hanno commesso reati, ma che intendono avviare "una attività" nel proprio paese d’origine, ha detto Amato, aggiungendo che a essi potrebbe andare un incentivo economico, "non una buonuscita (dall’Italia) ma una buona entrata nel loro paese". Infine Amato ha illustrato la proposta di differenziare i Cpt, i centri di permanenza temporanea, la cui presenza è contestata dalla sinistra radicale, che vorrebbe abolirli. Il ministro ha prospettato dei centri "con caratteristiche semi-detentive" per immigrati che hanno commesso reati, espulsi o in via di espulsione, e "dei veri e propri centri di accoglienza" per le persone appena arrivate, come nel caso di madri con bambini, e per quelle che chiedono asilo. Il ministro ha anche detto che i Cpt "restano essenziali" anche per motivi di salute pubblica, perché alcuni clandestini potrebbero avere malattie infettive, come scabbia, malaria o tubercolosi, e dunque vanno controllati prima. Usa: guadagni di miliardi di dollari usando detenuti come cavie
www.altrenotizie.org, 27 settembre 2006
In un rapporto pubblicato il 13 luglio, l’Accademia delle Scienze usa ha ribadito che bisogna aggiornare le regole sulla sperimentazione clinica nelle carceri, selezionando accuratamente i soggetti da coinvolgere nei test e fornendo loro informazioni dettagliate sugli eventuali rischi. Secondo Laurence Gostin, co-autore del rapporto, l’etica medica prevede la tutela della salute degli esseri umani senza distinzioni di sorta e ai reclusi coinvolti nella ricerca andrebbe riservata forse qualche attenzione in più, visto che il tasso di malattie contagiose nei penitenziari è molto più alto che nel mondo esterno. Gostin ritiene anche che alla base della sperimentazione medica debba esserci comunque la spinta a migliorare la vita degli uomini, ma resta il fatto che negli Stati Uniti continuano ad essere invece ignorate persino le più elementari regole di sicurezza. È vero che i farmaci testati su esseri umani hanno contribuito a debellare molte malattie perniciose e contagiose come la malaria, ma la strada è stata lunga e costellata di morti. Nel 1915, i 12 detenuti di una casa di pena in Mississippi ai quali erano stati somministrati dal dottor Goldberg farmaci atti a curare le alterazioni del sistema nervoso morirono tutti e, nel 1942, molti dei 400 reclusi di Chicago ai quali era stato iniettato a loro insaputa il virus della malaria, non riuscirono a sopravvivere. L’America ha spesso evitato di attenersi al Codice di Norimberga, varato dopo la seconda guerra mondiale per regolare la sperimentazione medica e, nel caso dei detenuti, ai ricercatori è stata lasciata carta bianca. Nel 1952, il dottor Southham, oncologo del Kettering Institute, usò gli uomini rinchiusi in un carcere dell’Ohio per osservare il progredire delle cellule cancerogene che aveva iniettato nei loro organismi senza neppure informarli. In tempi più recenti, la Cia ha autorizzato il programma Mukultra che prevedeva test a base di allucinogeni nei penitenziari. I detenuti sono stati usati per ogni tipo di sperimentazione, da quella per osservare l’evolversi dell’epatite C al cancro, passando per il colore e le malattie della pelle. Ma oggi la ricerca si serve anche di bambini, immigrati, malati di mente, ecc. In molti casi si tratta di soggetti inconsapevoli dei gravi danni che vengono procurati al loro organismo. Nel reparto oculistico del Brooklyn Hospital, i medici che sperimentavano farmaci contro le malattie della retina iniettarono una terapia a base di ossigeno al piccolo Daniel Burton, causandogli una cecità permanente. Per osservare gli effetti del Seroquel, che rientra nel gruppo delle medicine psico-tropiche, i ricercatori del Massachussets General Hospital si servirono di pazienti la cui età media era di quattro anni. Il Seronquel è prodotto da Big Pharma ma il "lavoro sporco" viene affidato a strutture al di sopra di ogni sospetto. In Florida, è la stessa Università di Miami a condurre i test farmacologici, approfittando in questo caso dell’indigenza degli immigrati clandestini di origine ispanica. La facoltà di Medicina realizza anche dei volantini in spagnolo per reclutare il maggior numero possibile di cavie umane, alle quali verranno corrisposti 25 dollari al giorno. Una cifra allettante per chi è senza lavoro e molti accettano di partecipare anche a più progetti pur di sopravvivere. Resteranno tutto il giorno nelle stanze simili a piccole corsie d’ospedale lasciando che i medici osservino gli effetti che i farmaci producono sul loro organismo. Il regolamento vieta l’accesso ai giornalisti nelle unità dove avviene la sperimentazione. Per ironia della sorte, i soggetti sui quali vengono sperimentati i farmaci non hanno accesso alla sanità, riservata ai "regolari". Per 25 dollari al giorno possono al massimo scegliere se ingoiare una pillola contro la schizofrenia o farsi iniettare sostanze per la terapia dell’Alzheimer. Se tutto va bene usciranno dopo otto ore trascorse a letto con i tasca i soldi sufficienti a pagarsi un pasto. Forse senza sapere che la Bsc Inc., multinazionale della sperimentazione medica, guadagna ogni anno sulla loro pelle 14 miliardi di dollari.
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