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Lecce: un detenuto tunisino di 24 anni si impicca in cella
La Gazzetta del Mezzogiorno, 8 febbraio 2006
Ancora un suicidio in carcere. È il secondo nel giro di un mese e mezzo. Stavolta si è tolto la vita un tunisino di 24 anni. Mohamed Faleb è stato trovato impiccato nella sua cella. Il ritrovamento del cadavere risale all’altra sera. Ogni tentativo di soccorso è stato inutile. Il magistrato di turno, il sostituto procuratore Paola Guglielmi, ha disposto l’autopsia che è stata affidata al medico legale Alberto Tortorella. L’esame sarà eseguito questa mattina. Accanto all’inchiesta aperta dalla Procura, c’è anche un’indagine interna, avviata dall’amministrazione penitenziaria. Gli accertamenti potrebbero essere utili per fare luce sul suicidio del magrebino. A quanto se ne sa, il tunisino non condivideva la cella con nessuno. E, se corrispondono al vero le notizie fin qui raccolte, pare che il suicidio sia stato scoperto solo un paio di ore dopo. Il nuovo suicidio riporta in primo piano la questione del supercarcere. La struttura è sovraffollata. La situazione allarmante ha trovato eco anche nella relazione del presidente della Corte d’Appello in occasione della cerimonia di apertura del nuovo anno giudiziario. A Lecce, nella struttura di borgo San Nicola, ci sono 1231 detenuti. Sulla carta ce ne dovrebbero essere poco più di 510. Gli stranieri sono più del dieci per cento. E sempre secondo i dati forniti dal presidente della Corte d’Appello le presenze stranieri si aggirano intorno ai 170. Dal sovraffollamento deriva l’allarme, lanciato dal presidente del Tribunale di Sorveglianza, sulle ridotte possibilità di assicurare ai detenuti un buon trattamento intramurario ed un’adeguata assistenza sanitaria (sono ricorrenti le patologie per infezioni di Hiv). Il suicidio del giovane tunisino - come si diceva - segue di una quarantina di giorni quello avvenuto alla fine di dicembre. Risale fra Natale e Capodanno il suicidio di un detenuto di Bitonto che si è impiccato nella cella dove si trovava rinchiuso per una rapina compiuta nel Barese. Per togliersi la vita, Gaetano Maggio, 34 anni, aveva usato la cintura dei pantaloni. A dare l’allarme era stato un agente di polizia penitenziaria, ma ogni soccorso fu inutile. Roma: i numeri del "Piano cittadino permanente per carcere"
Redattore Sociale, 8 febbraio 2006
Protocolli d’intesa per la cura dei detenuti con problemi di salute mentale; sostegno psicologico, sanitario e legale per le detenute transessuali; circa 1.500 detenuti (oltre il 35% della popolazione carceraria del Comune e della Provincia di Roma) raggiunti con le attività di formazione, sociali e culturali. Presentati questa mattina in Campidoglio i risultati del primo monitoraggio del Piano cittadino per il carcere 2004/2006. Il Piano, primo in Italia, è stato elaborato grazie alla collaborazione con la Consulta penitenziaria cittadina composta da circa 220 delegati di Istituzioni, Enti locali, Terzo settore, detenuti. Aperte diverse case di accoglienza: 5 per detenuti adulti, 3 per detenuti immigrati, 1 per detenuti giovani adulti, 3 per le madri con figli, 35 posti per chi può usufruire di permessi premio. Il primo periodo di sperimentazione del Piano cittadino, quindi, ha registrato risultati positivi; i lavori sono stati svolti da 4 Commissioni tecniche composte dai delegati, a cui sono state assegnate le aree Formazione e lavoro, Salute e servizi sociali, pari opportunità, Cultura e spettacolo, Minori. Gli interventi finora realizzati hanno dato priorità alle persone più deboli tra i detenuti: tossicodipendenti, stranieri, transessuali, minori, donne, madri con figli da 0 a 3 anni, anziani e malati. Nel dettaglio, sono stati consegnati 1.600 "kit delle 48 ore", materiali di prima necessità (da informazioni a strumenti pratici per la vita quotidiana, come i biglietti dell’autobus e la tessera telefonica, gli oggetti per l’igiene personale e una piantina della città) per gli ex detenuti nei primi giorni di libertà, che all’uscita dal penitenziario si trovano in condizioni di disagio sociale ed economico. Inoltre il Comune capitolino ha facilitato il diritto dei detenuti di effettuare pratiche burocratiche all’interno del carcere, grazie all’ingresso dietro le sbarre dell’Ufficiale di stato civile; una delle procedure rese possibili, ad esempio, è il riconoscimento di paternità. Inoltre 564 detenuti ed ex detenuti hanno potuto usufruire dei servizi offerti dal Pronto intervento detenuti (Pid), che prevede l’accompagnamento presso i servizi sociosanitari, il sostegno per un reinserimento sociale e lavorativo, ecc. Infine per il biennio sono stati assicurati ai minori sottoposti a procedimenti penali tutti gli interventi sociali e formativi.
Di Mauro (Consulta penitenziaria): "La nostra azione riesce a raggiungere un numero ristretto di detenuti"
"La nostra azione riesce a raggiungere un numero ristretto di detenuti rispetto alle migliaia che popolano i grandi istituti della città di Roma e Provincia: 4.269 al gennaio 2006, di cui 1.185 tossicodipendenti e 1.713 stranieri. Se ciò richiede sul piano esterno un diverso impegno economico e programmatico, non di meno sarà importante superare alcune esitazioni, dubbi e temporeggiamenti riguardo alla validità di un intervento che vuole essere anche critico nei confronti di un sistema sanzionatorio prevalentemente repressivo verso i nuovi e crescenti livelli di devianza sociale". Lo ha rilevato Luigi Di Mauro, presidente della Consulta penitenziaria capitolina e coordinatore del Piano cittadino per il carcere 2004/2006, del quale stamani in Campidoglio è stato presentato un primo bilancio. "Nel luglio 2002 il Sindaco di Roma, in una seduta straordinaria del Consiglio comunale, nominò simbolicamente le carceri cittadine XXI Municipio", ha ricordato Di Mauro, evidenziando che il nodo ancora da sciogliere completamente, attraverso il Piano, è "quello che determina l’esclusione della grande maggioranza dei detenuti dai programmi di reinserimento. La ragione di questa esclusione noi la individuiamo principalmente nell’inaridimento legislativo della legge Gozzini. Lo stravolgimento delle regole dettate dalla riforma penitenziaria, la trasformazione multietnica della popolazione detenuta, gli effetti sociali restrittivi e di esclusione dai benefici introdotti dalla legge Bossi-Fini e, da ultimo, il colpo di grazia portato alla legge Gozzini dalla legge cosiddetta ex-Cirielli, hanno determinato il collasso dell’intero sistema penitenziario". Nelle carceri – ha riferito il presidente della Consulta penitenziaria – "abbiamo portato programmi che non promettono di risolvere i problemi del reinserimento, del lavoro, della formazione e dello studio con un tanto di magia verbale; ci siamo occupati della percorribilità sociale di progetti nei quali la verifica della personalità e della pericolosità della persona detenuta che deve accedere ai benefici è il prodotto sociale del progetto a tutela e a garanzia della collettività. Verso tutti i detenuti ci siamo rivolti proponendo progetti di scolarizzazione, formazione professionale, corsi culturali e di apprendimento di mestieri". Tra i progetti in cantiere, interventi di aggiornamento professionale degli operatori penitenziari e del personale che a vari livelli interviene nel carcere: volontari, imprese e azioni a favore dei famigliari dei detenuti. Di rilievo anche i nuovi corsi di formazione professionale innovativi e sperimentali, come quelli per operai specializzati in scavi archeologici e addetti ad aree verdi storiche. Ma il Piano carcere e la Consulta penitenziaria hanno promosso anche azioni e proposte a garanzia dei diritti dei detenuti: come la petizione popolare a sostegno di modifiche alle leggi Bossi Fini e Finocchiaro "perché nessun bambino varchi più la soglia di un carcere", realizzata con l’associazione "A Roma Insieme" e la Comunità di Sant’Egidio, il Forum Nazionale per la tutela della salute dei detenuti e delle detenute, a cui aderiscono tutte le organizzazioni nazionali del volontariato, sindacali, professionali, le istituzioni, i garanti dei detenuti, che ha già realizzato importanti azioni a sostegno della legge 230/99 e il primo monitoraggio sull’attuazione della legge stessa. "Sono oltre 200 i progetti realizzati dal Piano con accordi di programma, per evitare la frammentazione", ha dichiarato Raffaela Milano, assessore capitolino alle Politiche sociali e Promozione della salute, citando tra gli altri i protocolli d’intesa siglati per la cura dei detenuti con problemi di salute mentale, il corso per i detenuti piantoni che aiutano i compagni di cella disabili "e che, una volta usciti dal carcere, li abilita al lavoro di assistenza e di cura, tanto richiesto". Se Carmelo Cantone, direttore della Casa Circondariale di Rebibbia Nuovo Complesso, ha evidenziato la collaborazione e "mobilitazione di diversi attori nelle iniziative messe in atto, un impegno trasversale all’interno del carcere con un ritorno in termini di risultati", don Sandro Spriano, cappellano a Rebibbia e presidente dell’associazione Caritas "Vic" (Volontari in carcere) ha ribadito la necessità di investire maggiormente nell’accompagnamento all’uscita dal carcere: spesso gli ex detenuti si ritrovano poveri e soli, con molte difficoltà nella ricerca di un lavoro e di una casa. Una condizione che rischia di essere un ritorno alla devianza. Cagliari: il carcere di Is Arenas sarà restituito alla Sardegna
Sardegna Oggi, 8 febbraio 2006
La colonia penale di Is Arenas, nel cagliaritano, sarà restituita alla Regione Sardegna; detenuti sardi potranno scontare la pena nell’isola; e gli agenti di polizia penitenziaria isolani potranno fare rientro in Sardegna. Sono solo alcuni dei punti del protocollo d’intesa siglato, nel pomeriggio, tra il Ministero di Giustizia e la Regione per la regolamentazione dei rapporti di collaborazione in ambito penitenziario di adulti e minori. Hanno presenziato il presidente della Regione Renato Soru e il sottosegretario alla Giustizia Luigi Vitali. Il ministero della Giustizia: nessuna remora nel restituire la colonia penale di Is Arenas, nel Cagliaritano, alla Regione, a patto che si trovi una soluzione alternativa ai 200 detenuti ospitati nella colonia penale. Chiaro e coinciso il sottosegretario alla Giustizia Luigi Vitali a margine della firma del protocollo d’intesa con il presidente della Regione Renato Soru per la regolamentazione dei rapporti di collaborazione in ambito penitenziario di adulti e minori. Durante l’incontro il Presidente Renato Soru ha ribadito la volontà che la Regioni torni in pieno possesso anche dell’Asinara, non solo della colonia de Is Arenas. Asinara, precisa nel suo intervento Renato Soru, per la quale è già stato avviato il recupero con mezzi propri della Regione. Una risposta al progetto del sottosegretario alla Giustizia, per destinare una quota di affidati al servizio sociale per effettuare lavori di manutenzione e controllo delle strutture nell’isola. Che ratifica "nessuna iniziativa verrà attuata contro la volontà della Regione". Il futuro dell’Asinara? Vitali spiega "che non vi è assolutamente la volontà di farvi tornare alcuna forma di detenzione e di espiazione della pena". Nell’intesa siglata nel palazzo di via Trento, è prevista la territorializzazione della pena. I detenuti sardi potranno scontare nell’isola le condanne. Come loro rientreranno nell’isola gli agenti della polizia penitenziaria che lavorano nella penisola e per i quali verranno costruite nuove abitazioni. L’accordo prevede l’avvio di attività di formazione professionale in carcere. Sono state individuate, inoltre, misure di intervento per la tutela della salute nelle carceri in particolare dei tossicodipendenti, degli alcolisti e dei sofferenti psichiatrici. Nel carcere minorile di Quartucciu verrà istituita, infine, una sezione femminile. Pannella: ora è necessaria la più ampia e importante amnistia...
Agenzia Radicale, 8 febbraio 2006
"Occorre l’amnistia, occorrono l’amnistia e l’indulto più importanti, più estesi dall’inizio della Repubblica". Lo ha detto Marco Pannella, ospite alla puntata di ieri sera di Radio Carcere, in cui ha ribadito e ha rilanciato l’iniziativa per arrivare ad una concreta riforma della giustizia italiana. "Noi sappiamo – ha spiegato nel corso della trasmissione - che questa azione di amnistia più indulto, deve essere la più ampia della storia della Repubblica", da farsi ad esempio "per il 2 giugno, è in effetti necessaria perché la prossima legislatura affronti poi il problema di fondo della crisi della giustizia". Pannella infatti aveva premesso che "sono, siamo tutti d’accordo nello stabilire che la crisi della giustizia, e poi quindi anche la crisi della detenzione, è ufficialmente per condanne internazionali, una crisi senza precedenti e di una gravità inaudita, e nessuno propone uno strumento per superare questa crisi tremenda. Vanno da una emergenza all’altra questi potenti, che sono solo degli impotenti che in modo prepotente negano sempre la speranza che altri offrono loro come forza. L’Unione su questo non ci dà nessuna garanzia". Da Radio Carcere Pannella ha ringraziato "tutti coloro che hanno partecipato nei luoghi di detenzione ma ovunque a questi giorni di Satyagraha nonviolento. Io personalmente – ha affermato - lo continuo come sciopero della fame. l’ho già annunciato. Nel senso che io ritengo che questa Unione che ha fatto pena sulla amnistia, sulla riforma della giustizia e su tante altre cose e che, ritenendo ormai che la cosa più pericolosa che l’Italia può vivere è la conferma dell’attuale presidente del consiglio e della sua maggioranza", dunque "faccio parte di questa squadra, che poi non so che squadra è. Mi pare sarebbe pure simpatica se fosse una piccola armata brancaleone, invece no". Il grazie va ai detenuti che sono stati in grado di "affidare speranza e ottimismo non solo della volontà ma anche dell’intelligenza nel praticare la nonviolenza. È stato un elemento fondamentale, forse più nelle carceri che altrove, che pur essendo per sua definizione un luogo chiuso, nel chiuso di questo luogo la forza della nonviolenza dei rapporti umani fondati sulla nonviolenza è maturata prima che altrove. E forse più solidamente". "A mo’ di ringraziamento – ha proseguito Pannella - devo dirvi cosa penso di fare. Da una parte io continuo il mio sciopero per "quello che è giusto è giusto" e quello che è ingiusto va corretto. Come d’altra parte per l’amnistia così adesso per questo problema di legalità e un minimo di decenza e di libertà e di diritto, durante le prossime elezioni". La campagna elettorale si svolgerà senza che si sia riusciti ad ottenere la correzione del grave errore della nuova legge elettorale. "Io vado avanti - aveva premesso Pannella - perché ciò sia riconosciuto. Ho chiesto che formalmente l’Unione si scusi e spieghi". Della condizione illegale della competizione elettorale "la responsabilità maggiore è dell’Unione. Perché il nostro obiettivo di correggere gli errori direi più infami di questa legge antidemocratica e anticostituzionale, è stato possibile, questo risultato, perché il governo ha continuato a proporre la sua posizione, mentre più della metà di deputati e senatori della maggioranza di centrodestra ha corrisposto evidentemente un po’ alla nostra iniziativa, al nostro Satyagraha, ma quello che è stato determinante è il valore aggiunto o il disvalore aggiunto del governo più il comportamento dell’Unione, non di tutti dell’Unione, ma è stato determinante a far passare questo abominio. Quindi c’è qualcosa che non va". La riforma della giustizia e la legalità della competizione elettorale sono le iniziative, le riforme che "se saremo parlamentari della Rosa nel Pugno, se avremo successo, se voi stabilirete che votare significa ragionare anche, e anche mettere alla prova se stessi, ancora prima degli altri" saranno portate avanti. "Altro sono le posizioni politiche, quelle per il quale il compagno e amico Cento ci invita a non illudere i detenuti perché voi detenuti siete una massa di cretini, che potete essere presi in giro da chiunque, mentre sappiamo che voi sapete che quando si ingaggia una lotta come quella che noi ingaggiamo, se è vera lotta e non posizioni eleganti di Fausto, eleganti di Massimo, eleganti di Francesco... sono posizioni. Nelle loro giornate che ci metteranno? Una volta 10 minuti una volta due del proprio tempo per parlare di questo problema. Se uno invece dà corpo del proprio tempo e della propria vita vuol dire che davvero la cosa importa". "Abbiamo fatto – ha aggiunto Pannella - il possibile e l’impossibile, abbiamo ringraziato, perché andavano ringraziati i 193 parlamentari del governo che non sono andati o al Senato o alla Camera a votare per questa legge infame, per questo errore tremendo, per questa legge infame che ci mette molto in difficoltà. Se così è la parola è a voi", ai detenuti, "che sapete da sempre, che in realtà noi saremo quelli che più di ogni altro dovranno lottare anche per emettere dei suoni. E per riuscire a far ricordare che cosa è in gioco con la nostra elezione o no". Pisa: Adriano Sofri di nuovo all’ospedale, per grave anemia
Ansa, 8 febbraio 2006
Adriano Sofri, 63 anni, è nuovamente ricoverato presso l’ospedale Cisanello di Pisa, nel reparto di pneumologia, diretto dal dottor Nicolino Ambrosino. L’ex leader di Lotta continua è stato sottoposto ad una serie di esami di controllo, oltre che a trasfusioni di sangue, rese necessarie da "un serio stato di anemia". È quanto rende noto un comunicato dell’Asl di Pisa. "Resta possibile, quando le condizioni generali del paziente lo permetteranno, un nuovo intervento chirurgico a livello pleurico", informa il bollettino medico diffuso dall’ospedale di Pisa. Il figlio Nicola ha spiegato, inoltre, che Sofri è stato ricoverato due giorni fa per controlli già previsti. Gli esami a cui sarà sottoposto, ha proseguito, serviranno anche a capire se e quando dovrà affrontare un nuovo intervento chirurgico per eliminare l’infezione al polmone. Nel caso in cui i sanitari decidessero di effettuare l’intervento la settimana prossima, Sofri potrebbe rimanere ricoverato fino a quel momento. Colpito dalla sindrome di Boerhaave (dal nome del medico che per primo nel 1724 la descrisse) che si manifesta con la rottura dell’esofago, l’uomo dapprima era stato ricoverato nel reparto di rianimazione dell’ospedale Santa Chiara. Trasferito in seguito a quello di pneumologia di Cisanello, era stato dimesso dall’ospedale il 17 gennaio scorso, dopo 52 giorni di ricovero, conseguenza del malore avvertito in carcere, a Pisa, nella notte fra il 25 e il 26 novembre scorsi. A Sofri è stata allora concessa la sospensione della pena per sei mesi a causa dei suoi motivi di salute. È stato dunque scarcerato e l’autorità penitenziaria non eserciterà più i propri controlli sul suo ricovero ospedaliero. Ancona: non ha i denti per mangiare, fatelo uscire dal carcere...
Corriere Adriatico, 8 febbraio 2006
Marcello Di Paola non ha i denti per mangiare, il suo legale lancia un appello ai giudici del Tribunale del Riesame chiedendo la scarcerazione per il suo assistito, chiuso da sei mesi nel casa circondariale di Montacuto ad Ancona. Di Paola è finito in carcere a fine agosto 2005 con Andrea - l’altro fratello Alberto è latitante - con l’accusa di porto di materiale esplodente e furto aggravato per i due assalti agli sportelli bancomat fruttati quasi 83 mila euro alla Banca delle Marche di Rosora e alla Bcc di Ostra Vetere. "Ha gravi problemi di salute, la legge prevede che sia applicata una misura meno restrittiva", spiega l’avvocato Davide Toccaceli che per convincere i giudici ha evidenziato che "le esigenze cautelari vanno scemando, le indagini volgono al termine e sono condotte con metodo scientifico per cui il Di Paola non può inficiarle". Deciderà il collegio del Riesame presieduto dal giudice Mario Vincenzo D’Aprile se accogliere il grido d’aiuto di Marcello Di Paola, che aveva chiesto che gli fosse applicata la protesi dentaria al personale sanitario del carcere. "Non è stato possibile - riprende l’avvocato Toccaceli -. Così non può mangiare e ha già perso cinque chili". L’accusa per i fratelli Di Paola, che quando sono scattate le manette dovevano rispondere di porto di materiale esplodente e furto aggravato, si è appesantita con l’associazione per delinquere, ritenendo la procura che la loro fosse una banda organizzata, con divisione di ruoli e abilità collaudate. È quanto contestato dal pm anconetano Andrea Belli nell’atto in cui chiedeva un incidente probatorio per interrogare Matteo Marzocchini, secondo gli inquirenti il quarto componente della gang dei bancomat. Il cambio di rotta del magistrato parte dopo la confessione di Matteo Marzocchini, arrestato il 19 febbraio dell’anno scorso dopo la rapina nella filiale di Serra dè Conti della Bcc di Ostra Vetere. Con una bombola di gas e una pesante mazza di ferro i ladri svaligiarono nel cuore della notte lo sportello bancomat nella frazione Osteria. Le intercettazioni ambientali nella sala colloqui del carcere di Montacuto, dove vengono spiati i dialoghi tra Marzocchini e i visitatori, in particolare la fidanzata Delia B., mettono i carabinieri sulla strada giusta. Poi Marzocchini vuota il sacco e tira in ballo i Di Paola, confermando le accuse nel corso del recente interrogatorio davanti al Gip di Ancona. Giustizia: Castelli; magistrati indipendenti, ma rispettino leggi
Agi, 8 febbraio 2006
Quando comincia a parlare di droga il Ministro cambia il tono della voce, fino ad allora scherzoso e si fa serio. "Oltre il 40% dei detenuti sono in prigione a causa della droga. E di questi una buona metà è sieropositiva. Non drogatevi mai, è una strada verso l’inferno", ammonisce il ministro e aggiunge: "vorrei che nelle scuole si affrontasse a fondo il problema, si facessero piani di prevenzione". Si comincia con i magistrati: devono essere indipendenti? Domanda un ragazzo dall’aria furbetta. "I magistrati sono indipendenti quando giudicano, ma sono obbligati a seguire le leggi. Leggi - puntualizza il Ministro - che fa il Parlamento. Io ho fatto una legge sulla quale loro non sono d’accordo e sono cinque anni che facciamo baruffa". Cosa dobbiamo fare per aiutare la giustizia? Chiede una studentessa. "Potete e dovete essere dei buoni cittadini. Tu per esempio - le suggerisce Castelli - potresti fare il magistrato. Ce ne sarebbe bisogno, visto che le donne sono senz’altro più brave degli uomini". Sarà per le polemiche dei mesi scorsi che hanno occupato a lungo giornali e televisioni, ed ecco saltar fuori il problema della concessione della grazia ai detenuti. "È una questione che verrà risolta una volta per tutte da una sentenza della Corte Costituzionale che credo verrà emessa a giugno. Fino a ieri - spiega il ministro - c’era bisogno di un accordo tra il Capo dello Stato e il Guardasigilli. Con il caso Sofri, Ministro e Presidente della Repubblica non si sono trovati d’accordo. Vedremo cosa deciderà la Corte Costituzionale". È d’accordo con la legge sulla legittima difesa? "Certo, l’ho fatta io", taglia corto Castelli. Ma vedendo il ragazzo perplesso aggiunge: "Difendere la propria vita è un principio inalienabile. La legge nasce da questa necessità". E a proposito di difesa i ragazzi vogliono sapere come mai un Ministro va sempre in giro con la scorta. "Se fossimo in un Paese dove tutti rispettano gli altri non ce ne sarebbe bisogno. Invece c’è ancora chi pensa che bisogna fare del male al proprio avversario politico. E poi c’è la criminalità, il terrorismo, la mafia. Per questo - dice Castelli - c’è bisogno della scorta". I ragazzi sembrano soddisfatti delle risposte e ascoltano il ‘bilancio’ di un Ministro che "si avvia verso la fine della sua legislatura". Cinque anni di "duro lavoro, all’opera per oltre dodici ore al giorno". Un lavoro - spiega - "molto faticoso, pieno di responsabilità, ma anche ricco di soddisfazioni. Soprattutto se si riesce a far vivere un po’ meglio i cittadini. E qualche volta ci siamo riusciti". Il Ministro ha terminato la sua lezione, i ragazzi applaudono e i giornalisti si avvicinano per intervistarlo. Non le danno fastidio i giornalisti invadenti? Domanda una ragazza. "I giornalisti non sono invadenti, fanno il loro mestiere. Purtroppo ce ne sono parecchi che raccontano delle bugie". E i flash dei fotografi? Insiste la studentessa. "Quelli a volte sì ma a un politico - confessa Castelli - dà molto più fastidio quando i fotografi non ci sono...". L’ordinamento dello Stato e il "duro lavoro" del Ministro all’opera per "oltre dodici ore al giorno". Carceri, droga, legittima difesa e naturalmente il "difficile" rapporto con i magistrati. Più che l’annunciata lezione di "educazione civica", quella del Ministro di grazia e giustizia ai ragazzi della scuola media di Pontida è una "lezione di vita". Si comincia dalle carceri: "Non è vero che ci sono troppi detenuti in Italia. È un luogo comune. Sono 170mila le persone condannate a pena detentiva e solo 60mila sono in prigione. Gli altri - spiega Castelli ai ragazzi che lo ascoltano con attenzione - sono in libertà a vario titolo perché giustamente tende a prevalere il principio del perdono. Ma bisogna fare attenzione - avverte il Ministro - a non offendere la sete di giustizia delle vittime e dei cittadini". Droghe: Castelli; purtroppo le carceri non ne sono impermeabili
Agi, 8 febbraio 2006
Il carcere "dovrebbe essere assolutamente impermeabile" al traffico di droga. "Purtroppo non lo è" nonostante "noi facciamo una grandissima sorveglianza". Così il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, nella trasmissione di Maurizio Costanzo "Tutte le mattine". Il Guardasigilli, che si è attivamente occupato di far luce sulla morte di un giovane ragazzo di 26 anni, Cristian, morto di overdose nel carcere di Montorio nel luglio del 2004, ha anche detto: "È un problema grave. Sappiamo che esiste. Cerchiamo di combatterlo nel modo più fermo possibile". Secondo Castelli, per il quale bisogna intervenire "sempre più concretamente sulla situazione penitenziaria", la legge ex Cirielli e le nuove norme sulla droga "hanno un effetto, sicuramente non voluto verso i tossicodipendenti. Bisogna - ha detto il ministro - coniugare la necessità di dire che la droga è un male, con un atteggiamento di recupero verso i tossicodipendenti. Droghe: la Liguria al primo posto in Italia per il consumo
Progetto Uomo, 8 febbraio 2006
I dati dell’Osservatorio epidemiologico regionale sulle dipendenze rivelano una situazione allarmante. Nei giorni scorsi l’assessore alla Salute della Regione Liguria Claudio Montaldo ha presentato una indagine, condotta dall’Osservatorio epidemiologico regionale sulle dipendenze, dalla quale emerge un dato allarmante: la regione Liguria è al primo posto in Italia per il consumo delle droghe. In proporzione alla popolazione, i giovani liguri superano tutti i loro coetanei italiani nel consumo di spinelli, cocaina, amfetamine, allucinogeni, eroina e alcool: un ligure su cinque ha provato a fumare uno spinello almeno una volta nella vita, uno su venti ha provato la cocaina. Il dato è ancora più grave se teniamo conto che la percentuale è fatta sull’intera popolazione regionale e in Liguria, come è noto, la popolazione anziana è numerosissima, ragion per cui la percentuale "reale" è sicuramente maggiore. I dati dell’Osservatorio, incrociati con l’indagine Ipsad (a livello nazionale), hanno fornito questi risultati: cannabis e derivati: la "sperimentazione" in Liguria raggiunge il 37% mentre a livello nazionale si attesta sul 32%, rispetto all’ultimo anno i dati sono rispettivamente il 30% a confronto di un 25,5% nazionale; sempre riguardo all’ultimo anno per la cocaina abbiamo una percentuale tra i giovani liguri (15-24 anni) che tocca il 2,2% contro un 1,9 dei loro coetanei italiani; eroina: 0,7 contro 0,3; l’uso sperimentale di amfetamino-derivati riguarda il 3,6% rispetto al 3% italiano, mentre per gli allucinogeni i dati sono 2,4% in Liguria e 2% in Italia. L’ultima annotazione sui consumi riguarda l’alcool: in Liguria - a 16 anni - il 46% dei maschi ed il 40% delle ragazze si è ubriacato almeno una volta. Tra i molti dati diffusi ce n’è un altro molto preoccupante: dopo molti anni in cui il fenomeno era in costante decremento, bisogna segnalare una ripresa delle morti per overdose. Questi dati non sono sicuramente una novità per chi, come il Centro di Solidarietà, lavora sul campo giornalmente; attraverso il nostro settore prevenzione ed il lavoro che svolge nelle scuole e sul territorio abbiamo sempre avuto la percezione che il fenomeno sia ben lungi dall’essere avviato verso una fase di decremento. Piuttosto ci domandiamo se anche la popolazione in genere si renda conto della drammaticità e dell’attualità del fenomeno della tossicodipendenza; un fenomeno che è molto cambiato negli anni sia come tipologia di persone coinvolte sia nelle modalità di spaccio e di assunzione. Non sono così sicuro che le cifre spese in mega campagne pubblicitarie, che vengono "stritolate" in mezzo a tutti gli altri messaggi pubblicitari dei mass-media, siano un investimento efficace in termini di informazione e prevenzione; credo sarebbe meglio dirottare buona parte di quelle cifre in interventi locali meglio tarati sulle diverse realtà e, per questo, che offrano garanzie di maggiore efficacia. Il Centro di Solidarietà di Genova da sempre ha pensato che l’investimento in prevenzione potesse essere una strategia premiante nel campo delle tossicodipendenze, per questo motivo sentire l’assessore Montaldo che ipotizza un maggiore sforzo della Regione in tema di prevenzione, non può che renderci felici e disponibili da subito a fornire la nostra professionalità anche in questo campo. La rete della FICT offre un supporto di conoscenze ed esperienze molto ricco e variegato anche sotto questo aspetto: la possibilità del confronto e della circolarizzazione di esperienze attraverso i gruppi tematici permette a tutti i centri federati di elaborare strategie vincenti che possono essere conosciute e replicate in diverse regioni d’Italia. Una ultima riflessione riguarda l’approvazione del cosiddetto "stralcio Giovanardi" sulle droghe; a prescindere dalla modalità con cui è stato approvato (all’interno di un emendamento sulle Olimpiadi, fatto quanto meno "singolare"), ci sarà da verificare che il fatto di creare una unica tabella per le droghe – e non fare distinzione tra esse –, l’inasprimento delle pene e delle sanzioni amministrative – invece di diventare un deterrente – non diventi solo un motivo di scontro politico che non tiene in alcun conto il bene della persona tossicodipendente, così come non ha tenuto conto delle indicazioni delle organizzazioni di addetti ai lavori, come la nostra, presenti alla conferenza di Palermo. Sappe: oggi nel carcere di Spezia assemblea con il personale
Comunicato stampa, 8 febbraio 2006
Assemblea del Personale di Polizia Penitenziaria, questo pomeriggio nel carcere di La Spezia, a cura del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria. "Un appuntamento importante" spiega il segretario generale aggiunto del Sappe Roberto Martinelli, che sarà accompagnato dal segretario regionale Gian Piero Salaris e da quello provinciale spezzino Emanuele Frasca "voluto dal Sindacato per tastare il polso della Casa Circondariale di via Fontevivo anche alla luce delle recenti vicende accadute (tentativo di evasione di un detenuto nel giorno di Santo Stefano e riunione, ieri mattina, al Provveditorato Regionale penitenziario di Genova proprie sulle problematiche dell’Istituto spezzino). Il Sappe è l’Organizzazione Sindacale più rappresentativa del Corpo e in Liguria vi aderiscono circa 600 dei 1.000 poliziotti penitenziari in servizio, deputati al controllo dei circa 1.600 detenuti presenti. "Mi aspetto molto da queste assemblee, di sentire direttamente dalla voce delle nostre colleghe e dei nostri colleghi" aggiunge Martinelli "perché ciò che emergerà sarà portato all’attenzione dei vertici del Ministero della Giustizia e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria per individuare le soluzioni a problemi di carenza di personale e di sovraffollamento delle strutture che si trascinano da molti anni. E non è affatto escluso che si parlerà di organizzare manifestazioni di protesta e analoghe iniziative per coinvolgere l’opinione pubblica e le istituzioni locali sui probemi del carcere di via Fontevivo." Proprio sulla riunione di ieri mattina con il responsabile delle 7 carceri liguri, il provveditore Salamone, Martinelli spiega che il Sappe ha chiesto "un immediato incremento di personale di Polizia Penitenziaria, considerato che le stesse cifre fornite dal Ministero sull’organico di via Fontevivo (numeri che il Sappe contesta perché in difetto) dicono che mancano 6 Ispettori, 5 sovrintendenti e 22 agenti ed assistenti. Per la criticità del penitenziario, interessato da lavori di ristrutturazione, abbiamo chiesto anche la chiusura temporanea - almeno fino alla fine dei lavori - di due sezioni detentive con il conseguente sfollamento di circa 80 detenuti da assegnare in Istituti penitenziari fuori dalla Liguria, visto che le altre 6 Case circondariali regionali sono anch’esse abbondantemente e pericolosamente sovraffollate. Ed abbiamo anche chiesto che a Spezia sia assegnato, come Comandante di reparto, un Commissario del Corpo, un funzionario della Polizia Penitenziaria cui affidare il compito di responsabile dell’Area Sicurezza del carcere". Martinelli ricorda la recente iniziativa del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria di scrivere direttamente al Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi per denunciare i limiti dell’attuale sistema penitenziario nazionale ed auspicare un autorevole intervento della più Alta carica dello Stato. "Abbiamo scritto a Ciampi che, se come hanno scritto sia Voltaire sia Dostoevskij, il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri, il nostro non sembra proprio essere un Paese civile. L’attuale situazione penitenziaria vanifica, di fatto, il fondamento del terzo comma dell’articolo 27 della nostra Costituzione laddove prevede che "… le pene devono tendere alla rieducazione del condannato".Abbiamo toccato un picco di detenuti mai raggiunto nella storia della Repubblica: 60 mila. Un terzo in più di quanti potrebbero ospitarne i nostri 207 penitenziari. Significa 6 o 7 persone in cella, con letti a castello che radono il soffitto. E succede che, come a Marassi pochi giorni fa, un detenuto perda la vita dopo essere caduto proprio dal terzo piano del letto a castello. Vi sono carenze di personale di Polizia Penitenziaria e amministrativo incredibili. Si è detto che, statisticamente, vi è un educatore ogni 107 detenuti, un assistente sociale ogni 48, uno psicologo ogni 148. E un agente di Polizia Penitenziaria che, specie negli Istituti del Nord Italia, controlla - da solo - 80/100 detenuti (il doppio nelle ore serali e notturne)." "E sono poco responsabili" conclude Martinelli "un Governo e un Parlamento che, avendo sotto gli occhi il disastroso sistema penitenziario italiano, non hanno assunto alcuna iniziativa concreta nella Finanziaria per intervenire sul carcere e su chi ci lavora permettendo, addirittura, che 500 poliziotti penitenziari perdano il posto di lavoro al 31.12.2005 e contemporaneamente approvando una legge (la ex Cirielli) che incrementerà ulteriormente la già vertiginosa cifra dei 60.000 detenuti attuali (sono previsti 4.000 detenuti in più alla fine del prossimo anno e saranno oltre 70.000 nel 2008)." Droghe: fiducia della Camera al testo proibizionista della Cdl
Help Consumatori, 8 febbraio 2006
Abolizione della differenziazione tra droghe leggere e pesanti, individuazione di un parametro investigativo più certo per colpire gli spacciatori, assimilazione delle strutture del privato sociale alle pubbliche, maggiore ricorso alle misure alternative al carcere per i tossicodipendenti. Sono questi i punti salienti del decreto legge votato ieri alla Camera. La Camera dei Deputati, con 307 voti, ha votato la fiducia al governo sul decreto legge sulle Olimpiadi invernali che contiene anche le nuove norme di contrasto della tossicodipendenza. La nuova strategia prevede l’abolizione della differenziazione tra droghe leggere e pesanti, l’individuazione di un parametro investigativo più certo per colpire gli spacciatori, l’assimilazione delle strutture del privato sociale alle pubbliche, il maggiore ricorso alle misure alternative al carcere per i tossicodipendenti. Il testo è in sostanza lo stralcio del disegno di legge governativo sulle tossicodipendenze all’esame del Senato da quasi due anni, che ripesca 22 articoli degli originari 106. In dettaglio in primo luogo è stata abolita la distinzione tra droghe cosiddette pesanti e droghe cosiddette leggere, peraltro accreditata nella normativa vigente soltanto sotto il profilo del trattamento sanzionatorio. A tal fine gli stupefacenti vengono raccolti in due tabelle, una delle sostanze psicotrope tout court, l’altra dei medicinali contenenti principi attivi stupefacenti. Nel progetto di revisione le condotte illecite riguardanti ogni tipo di sostanza stupefacente rientrante nella tabella I, sono punite con determinate sanzioni che non è lo stesso di quelle relative ai farmaci elencati nella tabella II, sezioni A, B, C, ritenute meritevole di un trattamento sanzionatorio più attenuato. Vengono poi introdotti dei criteri per il riconoscimento dell’illecito penale più certi e sicuri, cercando di ridurre gli spazi di eccessiva discrezionalità, attraverso l’introduzione, tra i parametri di valutazione, di quello quantitativo del principio attivo delle sostanze stupefacenti, da stabilirsi mediante apposito decreto del ministro della salute. In pratica, il dato quantitativo dei valori soglia del principio attivo dettagliati in tabella diviene uno degli elementi cardine della presunzione relativa di responsabilità penale, rispetto alla quale l’interessato, per andare esente da punizione, è tenuto ad assolvere ad un rigoroso onere di presentazione di elementi giustificativi. Tale onere diventerà più rigoroso da assolvere quanto maggiore è il quantitativo (superiore ai valori soglia) detenuto. Il valore soglia costituirà anche il criterio per la valutazione del fatto di lieve entità: infatti per valori inferiori al limite della "dose soglia" viene previsto un sistema amministrativo sanzionatorio che dovrebbe rappresentare un deterrente per contrastare l’uso delle sostanze stupefacenti: si va dall’ammonimento del prefetto alla sospensione della patente di guida, a quella del porto d’armi o a quella del passaporto. La detenzione per uso esclusivamente personale viene quindi tollerata, senza più però la possibilità di riserva o di accumulo, dato che lo stesso uso viene considerato pericoloso per la salute individuale del consumatore con il rischio di una possibile cessione, anche solo parziale, a terzi (tossicodipendente-spacciatore). Con la riformulazione degli articoli 113 e 117 del testo unico viene stabilito che l’assistenza socio-sanitaria ai tossicodipendenti può essere svolta in condizioni di uniforme parità, sia dai servizi pubblici già esistenti presso le unità sanitarie locali (Sert) sia dalle strutture private espressamente autorizzate. Per le strutture private l’autorizzazione avverrà solo in possesso di determinati requisiti. Quindi accanto ai Sert opereranno, in condizioni del tutto paritaria, le strutture private, svolgendo funzioni di prevenzione e d’intervento contro l’uso di sostanze stupefacenti. Viene anche ridisciplinato l’istituto dell’accreditamento: le regioni potranno dettare gli ulteriori requisiti in presenza dei quali gli entri privati verranno accreditati e potranno così certificare lo stato di tossicodipendenza, anche al fine di permettere ai tossicodipendenti detenuti di ottenere i benefici penitenziari. Gli enti accreditati potranno inoltre convenzionarsi con il SSN per ottenere i contributi dallo Stato per l’attività svolta. La revisione degli articoli 89, 90 e 94 del testo unico è invece volto a dare maggiore accesso alle misure alternative al carcere per il tossicodipendente con una pena o un residuo di pena non superiore ai sei anni, aumentandola di due anni rispetto ai 4 anni attuali.. La condizione è che il tossicodipendente detenuto o in libertà in attesa di giudizio o agli arresti domiciliari abbia in corso o intenda sottoporsi ad un programma terapeutico e socio riabilitativo: se detenuto, fa istanza di sospensione della pena al magistrato di sorveglianza il quale ordina la scarcerazione e l’applicazione della misura provvisoria, nel caso in cui l’istanza è ammissibile, c’è grave pregiudizio per la protrazione della detenzione e non c’è pericolo di fuga; se in libertà o agli arresti domiciliari, fa istanza al PM che, se ammissibile, sospende l’emissione o esecuzione dell’ordine di carcerazione. Il maggiore accesso alle misure alternative al carcere si ottiene con l’elevazione del limite di pena a sei anni per la concessione del beneficio della sospensione della pena stessa: si evita che il tossicodipendente condannato, una volta eseguito positivamente un programma terapeutico in comunità, sia costretto a rientrare in carcere per espiare il residuo di pena e vanificare così il percorso di recupero. Droghe: Russo Spena (Prc); sarà prima legge che abrogheremo
Ansa, 8 febbraio 2006
"Se vinceremo le elezioni, sarà la prima legge che abrogheremo": così il senatore Giovanni Russo Spena, di Rifondazione comunista, che ha partecipato stamani alla manifestazione davanti alla Camera dei deputati indetta dal Movimento di Massa Antiproibizionista contro le nuove norme in materia di stupefacenti. Secondo il parlamentare, nonostante la fiducia della Camera sul decreto Olimpiadi (che contiene le nuove norme sulla droga), ora "bisognerà vedere cosa succede nella discussione parlamentare sul decreto che comincia oggi. In ogni caso, "è grave che in dieci giorni il governo e la maggioranza abbiano deciso che pochi spinelli valgono 20 anni di galera, mentre si può sparare impunemente a un ladro anche se non c’è pericolo di vita". Questa legge sulla droga, aggiunge, "sta tutta dentro un’idea di proibizionismo che è l’identità con cui questo governo si presenta alle elezioni". Droghe: legislazione; nell’Ue ogni paese va per conto suo
Ansa, 8 febbraio 2006
Dalla completa mancanza di sanzioni per il consumo in Germania al carcere fino a due anni per il semplice possesso in Lituania: è più che variegato il panorama della normativa in materia di droga nei Paesi dell’Unione europea, dove però le linee di tendenza generali che si sono delineate negli ultimi anni, con alcune eccezioni, sono quelle dell’aumento delle pene per il traffico e della depenalizzazione del consumo della cannabis. Il consumo - Nel 2003 e 2004 - secondo la Relazione annuale 2005 dell’Osservatorio europeo sulle droghe - Belgio e Regno Unito hanno diminuito le pene per il consumo di cannabis, mentre la Danimarca le ha aumentate, passando dall’ammonimento all’ammenda; il Belgio ha addirittura creato una nuova categoria di reato per il quale non è prevista l’applicazione di pene ai consumatori non problematici di cannabis. Nel 2003 la Grecia ha ridotto la pena massima per consumo di droga da cinque anni ad un anno, mentre l’Ungheria ha soppresso il reato del consumo dal proprio codice penale (anche se l’uso di droga è ancora perseguibile sulla base dei reati di acquisto e detenzione). Nel 2002 l’Estonia ha cancellato il reato di consumo ripetuto o di possesso di piccole quantità per uso personale, mentre la Lituania ha introdotto nel proprio codice penale il reato di possesso di droga, con una potenziale pena detentiva fino a 2 anni. Nel 2001 il Lussemburgo ha depenalizzato l’uso della cannabis, eliminando dal proprio sistema la pena detentiva prevista per il semplice consumo di droga non associato ad aggravanti; la Finlandia ha invece introdotto il reato per il consumo di droga, con una pena detentiva massima inferiore e un procedimento penale sommario da parte del procuratore. Nel 2000 il Portogallo ha adottato sanzioni amministrative per il consumo di droga, ma lo stesso anno la Polonia ha ritirato l’esenzione dall’applicazione di sanzioni previste in precedenza per il reato di possesso. Le quantità - La maggior parte dei Paesi Ue distinguono tra piccole quantità (che configurano il consumo) e quantità più grandi (spaccio). Così ad esempio il Belgio, che fissa in circa 3 grammi la piccola quantità di cannabis; la Repubblica ceca, che per "piccola quantità per uso personale" intende fino a 10 dosi di qualsiasi sostanza; la Germania, dove si parla, per qualsiasi droga (ma si applica in pratica soprattutto per la cannabis) di "quantità insignificante" e di "quantità significativa": ma la prima, che configura l’uso personale, varia nei singoli Lander da un minimo di 3 a un massimo di addirittura 30 grammi. C’è poi l’Estonia che fa una sottile distinzione tra "quantità minime maneggevoli" e "piccole quantità con intento di spaccio"; distinzione tra piccola e non piccola quantità anche nelle altre due repubbliche baltiche, Lettonia e Lituania. In Ungheria, la legge pone un limite massimo per il principio attivo della sostanza, secondo il peso: la quantità è piccola se essa contiene meno di 0,001 grammi di Lsd, 0,6 grammi di eroina, 0,5 di amfetamine, i grammo di ecstasy, uno di metadone, 2 di cocaina, un grammo di Thc (cannabis). Nei Paesi Bassi, tra i più liberali in materia di droghe leggere, fino a 5 grammi si parla di "piccola quantità" di cannabis (nessuna sanzione), che infatti è la quantità massima vendibile nei coffee shop ad ogni persona per volta; oltre questa quantità, e fino a 30 grammi, si continua ancora a parlare di "dose personale", ma sanzionabile (pena massima un mese di carcere e/o multa di 2.300 euro). In Austria la piccola quantità, espressa in termini di sostanza pura, è fino a 20 grammi di cannabis, 3 di eroina, 15 di cocaina, 30 di ecstasy. In Portogallo, l’uso personale è definito in meno di 10 dosi giornaliere. In Slovacchia, la legge prevede fino a tre anni di carcere per il possesso di tre dosi e fino a 5anni per 10 dosi. Il traffico - Per il traffico, la tendenza è quella di accrescere le pene. Nel 2004 in Danimarca le pene massime per i reati derivanti dal traffico illecito di stupefacenti sono state aumentate di oltre il 50%. Sempre nel 2004, l’Estonia ha adottato pene più severe per la maggior parte dei reati legati alle droghe, soprattutto in presenza di aggravanti. Nel Regno Unito, la pena detentiva massima prevista per il traffico di droga della classe C (cannabis e tranquillanti) è passata da 5 a 14 anni. Inoltre, negli ultimi anni in Grecia (2001), Lituania (2000) e Irlanda (1999) i riflettori sono stati puntati sulle pene comminate per i reati correlati alla distribuzione ai giovani e al traffico. Droghe: alla Camera protestano Verdi e Prc, seduta sospesa
Ansa, 8 febbraio 2006
I cartelli sono stati innalzati, tra gli altri, dai Verdi Paolo Cento, Mauro Bulgarelli e Tiziana Valpiana e da Elettra Deiana, Giovanni Russo Spena e Alfonso Gianni del Prc. Immediata la richiesta di Mastella ai commessi di ritirare i cartelli, dopodichè ha sospeso la seduta, mentre dai banchi di An si gridava "buffoni, buffoni". Quella di Leone è l’ultima dichiarazione di voto prima della votazione sulla fiducia. Poco dopo, Mastella ha ripreso i lavori, annunciando all’Assemblea di "aver informato dell’accaduto il presidente Casini per valutare i provvedimenti del caso". E Leone ha ripreso il suo intervento sottolineando: "È bene che questa scena sia stata trasmessa in tv, così gli italiani vedranno chi vuole andare al governo e come...". Droghe: assenza di memoria e ricorrenza delle bugie di Sergio Segio (Gruppo Abele di Milano)
La legge sulle droghe definitivamente approvata costituisce un’ulteriore e drammatica mazzata per la situazione delle carceri. Il "combinato disposto" tra legge Cirielli e legge Fini-Giovanardi, infatti, produrrà un incremento notevolissimo degli ingressi in carcere. Ingressi di semplici consumatori, non certo di narcotrafficanti. È del tutto falso che la legge non porterà in carcere i semplici consumatori. Questa identica affermazione fecero i ministri e i responsabili di quelle forze politiche che vollero emanare la legge sulle droghe nel giugno 1990, identica a quella Fini nell’approccio ideologico da legge-manifesto. Anche allora si disse che tutte le droghe sono uguali e che occorreva lanciare segnali inequivocabili ai giovani. I risultati si videro, purtroppo, subito. E sbugiardarono quelle forze politiche. Se al 31.12.90 i detenuti erano 25.573, di cui 7.299 tossicodipendenti, l’anno successivo erano divenuti 35.469 di cui 11.540 tossicodipendenti e al 31.12.92 erano già 47.316 detenuti di cui 14.818. Una crescita, insomma, esponenziale. Tanto che già nell’agosto 1991 vi fu il "decreto Martelli" che rese non più obbligatorio l’arresto qualora la sostanza posseduta superasse di poco la dose media giornaliera. Un decreto varato in fretta e furia, dopo che nel luglio, nel giro di pochi giorni, tre persone arrestate per droga si suicidarono in carcere. Tra di esse, Stefano Ghirelli: incensurato, aveva compiuto da pochi giorni i 18 anni. Finì nel carcere di Ivrea perché trovato in possesso di 25 grammi di hashish. Il giudice rifiutò la scarcerazione per "pericolosità sociale". Si impiccò la sera dopo. Ma anche il decreto Martelli non interruppe l’escalation degli ingressi in carcere. E neppure vi riuscì il decreto del governo Amato del 12 gennaio 1993, che addirittura triplicò la soglia della dose media giornaliera. Ci riuscì invece il referendum popolare che il 18 aprile 1993, con il 55% dei consensi dei cittadini, portò all’abrogazione della dose media giornaliera. Grazie a quel referendum e a quell’abrogazione, la cifra dei tossicodipendenti detenuti è rimasta stabile dal 1993 (al 30 giugno di quell’anno erano 15.531) a oggi (al 30 giugno scorso erano 16.179). Ora la legge Fini-Giovanardi, pur cambiandole il nome, reintroduce la dose media e, con essa, i drammatici e prevedibilissimi - ancorché sottaciuti e negati - effetti. In carcere finiranno a migliaia, molti peraltro solo per il consumo di cannabis. E giova ricordare un dato dell’Osservatorio europeo sulle droghe, secondo il quale sino al 21% dei detenuti che si iniettano sostanze stupefacenti ha cominciato a farlo proprio in carcere. Si rischia insomma di entrare in carcere per qualche spinello, di rimanerci magari per anni, e di uscirne eroinomani. O, appunto, di restarci impiccati, come Stefano e tanti altri. Altro effetto conseguente, stante la minaccia di pene da 6 a 20 anni, sarà la maggior clandestinità dei consumatori e dei tossicodipendenti. E come tutti gli operatori sanno, maggior clandestinità vuol dire minor visibilità, maggiore distanza dai servizi sanitari, e maggiori morti. Anche qui giova un po’ di memoria e di confronto col passato: nel 1990, per la prima volta, il numero dei decessi per overdose superò le mille unità, arrivando a 1.161; l’anno seguente giunse a 1.383 e, nel 1992, a 1.217. E assieme crebbe il numero delle infezioni da HIV. È anche falso che la detenzione di sostanze al di sotto della famigerata soglia della dose massima consentita non porterà in carcere, ma solo a sanzioni amministrative. Anche questo dissero nel 1990, e di nuovo si dimostrerà non vero. Perché la legge Fini dice che in caso di inosservanza delle sanzioni amministrative si è puniti "con l’arresto da tre a 18 mesi". Tra pochi mesi, quando le carceri saranno ancor più al collasso, con i tossicodipendenti che finiranno ancora di più e più a lungo in carcere, quando finiranno in prigione personaggi eccellenti per qualche spinello (dopo la legge del 1990 ci finirono Laura Antonelli, Patty Pravo, Marco Bassetti), quando qualche ragazzo si impiccherà alle sbarre della sua cella, sarà istruttivo andare a rileggere le tante parole false o disinformate che sono state spese in questi giorni, dentro e fuori dal parlamento. Usa: California; sommossa in prigione, un morto e 100 feriti
Ansa, 8 febbraio 2006
Una sommossa in una prigione di massima sicurezza della California meridionale ha lasciato un detenuto morto e un centinaio feriti (nove sono gravi). Scena degli incidenti è stata la North County Correctional Facility a Castaic, una sessantina di chilometri a nord-ovest del centro di Los Angeles: è un insieme di cinque prigioni che ospitano complessivamente circa 4000 detenuti. La prigione degli incidenti è la Pitchess, costruita nel 1987 per 1500 prigionieri con 150 secondini. Sabato gli ammutinati sono stati circa 400. Si ignora che cosa abbia scatenato la rivolta. Le guardie hanno usato i gas lacrimogeni per riportare l’ordine. Gran Bretagna: il poliziotto dei record, 369 arresti nel 2005
Ansa, 8 febbraio 2006
Il poliziotto Gerard Maguire, detto Mac, ha stabilito un nuovo record in Gran Bretagna: ha arrestato 369 persone nel 2005 per le strade di Carlisle, in Cumbria, diventando così il ‘Bobby’ più attivo del Regno. Nel 2005 ha battuto per 60 arresti il collega Diederik Coetzee, di Mansfield, che si è fermato a 309. I suoi superiori lo definiscono "un poliziotto leggendario". La maggior parte degli arresti sono stati per comportamenti anti-sociali come vandalismo o ubriachezza molesta, ma Mac ha anche svolto indagini più complesse, come alcuni casi di violenza a sfondo razziale. Per Mac, molto amato nel quartiere dove opera, "arrestare non è la soluzione a tutto, ma ci sono casi in cui non si può fare altrimenti".
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