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Lodi: i volontari tornano a lavorare in carcere…
Il Cittadino, 6 febbraio 2006
"Non si può pensare che i problemi del carcere si risolvano da un giorno con l’altro". A dirlo è Luigi Pagano, provveditore regionale del carcere, che la scorsa settimana ha visitato la casa circondariale di Lodi, incontrando anche i volontari e la direttrice Caterina Ciampoli. L’obiettivo di Pagano era quello di riportare un po’ di dialogo all’interno della struttura. Pagano annuncia di aver mandato un telegramma in via Cagnola qualche giorno fa per annunciare che i permessi ai volontari potevano essere reintegrati. La comunicazione agli stessi volontari però non è ancora stata fatta: "Le cose non possono cambiare dall’oggi al domani - ribadisce il provveditore -, stiamo monitorando la situazione. Il problema è ricreare quelle fila che si erano interrotte. Bisogna far capire che ognuno ha un ruolo importante, ma bisogna che entrambe le parti cerchino di ridurre le tensioni. L’importante è far funzionare l’istituzione con le risorse che si hanno a disposizione. Nella fattispecie, per esempio, si potrebbe ripristinare la palazzina nuova fatta costruire dall’amministrazione". I volontari pensavano di utilizzarla per fare teatro e laboratori a favore dei detenuti o per svolgere attività sportive. Nei giorni scorsi i volontari hanno chiesto alla direttrice un documento che doveva essere assegnato loro per una consultazione, ma non sono riusciti ad ottenerlo. Sappe: parte una serie di assemblee nei penitenziari liguri
Comunicato stampa, 6 febbraio 2006
Parte, questo pomeriggio da Chiavari, una serie di assemblee con il Personale di Polizia Penitenziaria in servizio nelle sette carceri della Liguria del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria. "Un appuntamento importante" spiega il segretario generale aggiunto del Sappe Roberto Martinelli, che sarà accompagnato dai delegati regionali Gian Piero Salaris e Cosimo Galluzzo "voluto dal Sindacato per tastare il polso delle 7 case circondariali della Liguria anche alla luce delle recenti vicende accadute (sventato tentativo di evasione a La Spezia e morte di un detenuto a Marassi dopo essere caduto dal terzo piano di un letto a castello)". Il Sappe è l’Organizzazione Sindacale più rappresentativa del Corpo e in Liguria vi aderiscono circa 600 dei 1.000 poliziotti penitenziari in servizio, deputati al controllo dei circa 1.600 detenuti presenti. "Mi aspetto molto da queste assemblee, di sentire direttamente dalla voce delle nostre colleghe e dei nostri colleghi" aggiunge Martinelli "perché ciò che emergerà sarà portato all’attenzione dei vertici del Ministero della Giustizia, del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e del Provveditorato penitenziario della Liguria per individuare le soluzioni a problemi di carenza di personale e di sovraffollamento delle strutture che si trascinano da molti anni". E proprio sulla carenza di personale di Polizia Penitenziaria in Liguria, Martinelli snocciola le cifre fornite dal Ministero (contestate dal Sappe perché sono in difetto):"Mancano complessivamente 54 Ispettori maschi e 4 donne, 40 sovrintendenti uomini e 8 donne, 130 agenti ed assistenti tra uomini e donne! E queste cifre parlano da sole…". Martinelli ricorda la recente iniziativa del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria di scrivere direttamente al Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi per denunciare i limiti dell’attuale sistema penitenziario nazionale ed auspicare un autorevole intervento della più Alta carica dello Stato. "Abbiamo scritto a Ciampi che, se come hanno scritto sia Voltaire sia Dostoevskij, il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri, il nostro non sembra proprio essere un Paese civile. L’attuale situazione penitenziaria vanifica, di fatto, il fondamento del terzo comma dell’articolo 27 della nostra Costituzione laddove prevede che "… le pene devono tendere alla rieducazione del condannato".Abbiamo toccato un picco di detenuti mai raggiunto nella storia della Repubblica: 60 mila. Un terzo in più di quanti potrebbero ospitarne i nostri 207 penitenziari. Significa 6 o 7 persone in cella, con letti a castello che radono il soffitto. E succede che, come a Marassi pochi giorni fa, un detenuto perda la vita dopo essere caduto proprio dal terzo piano del letto a castello. Vi sono carenze di personale di Polizia Penitenziaria e amministrativo incredibili. Si è detto che, statisticamente, vi è un educatore ogni 107 detenuti, un assistente sociale ogni 48, uno psicologo ogni 148. E un agente di Polizia Penitenziaria che, specie negli Istituti del Nord Italia, controlla - da solo - 80/100 detenuti (il doppio nelle ore serali e notturne)". "E sono poco responsabili" conclude Martinelli "un Governo e un Parlamento che, avendo sotto gli occhi il disastroso sistema penitenziario italiano, non hanno assunto alcuna iniziativa concreta nella Finanziaria per intervenire sul carcere e su chi ci lavora permettendo, addirittura, che 500 poliziotti penitenziari perdano il posto di lavoro al 31.12.2005 e contemporaneamente approvando una legge (la ex Cirielli) che incrementerà ulteriormente la già vertiginosa cifra dei 60.000 detenuti attuali (sono previsti 4.000 detenuti in più alla fine del prossimo anno e saranno oltre 70.000 nel 2008)." Avellino: in carcere il ritiro del clero e la missione diocesana
Avvenire, 6 febbraio 2006
Sarà il carcere di Ariano, per la prima volta, ad accogliere il prossimo martedì il ritiro mensile del clero diocesano guidato dal vescovo di Ariano Irpino-Lacedonia, Giovanni D’Alise. "Rifletteremo sul rapporto tra la comunità e il detenuto e tra la comunità e la famiglia di chi è in carcere e resta e vive in parrocchia, seguendo le indicazioni del francescano fratel Giuseppe, che da anni dedica la sua opera ai carcerati", spiega il presule. Per qualche ora anche alcuni detenuti parteciperanno al ritiro del clero: si ritroveranno in mattinata a parlare, confrontarsi, riflettere con i sacerdoti. Quale ringraziamento per aver scelto la loro attuale "casa" quale luogo d’incontro, offriranno agli ospiti straordinari una pausa eseguendo brani musicali. Nel carcere infatti è attivo un laboratorio musicale per i detenuti che in ensemble danno anche concerti. Il vescovo celebrerà la Messa nei reparti a conclusione della giornata. Il carcere è una delle tappe di quello che per la Chiesa di Ariano Irpino-Lacedonia è l’"Anno della Carità" che vedrà anche la missione diocesana, in programma dal 26 aprile al 7 maggio. In quell’occasione ancora una volta il carcere sarà luogo privilegiato: vi entreranno venti missionari mentre altri cento saranno in città. "Quella di entrare in carcere non è una scelta casuale ma mirata - precisa D’Alise -. Vogliamo attirare l’attenzione della città sul carcere. E in un momento poi che ha segnato la delusione per le attese dei detenuti nella concessione di un’amnistia. Una richiesta e una speranza sollecitate da Giovanni Paolo II, a quasi un anno dalla sua scomparsa ancora disattese. E purtroppo il clima politico non sembra lasciare margini al cambiamento". Piacenza: oltre il muro del carcere e dei pregiudizi
Libertà, 6 febbraio 2006
Il carcere, specchio dei mali della società, dovrebbe essere un luogo di recupero e uno strumento al servizio della convivenza civile, non una discarica per i problemi. Così la pensano i volontari vogliono spingere la propria azione oltre le mura dei pregiudizi, e "Oltre il muro" è il nome con cui hanno battezzato la neonata associazione dedicata all’assistenza dei detenuti e delle loro famiglie, la prima della provincia di Piacenza. L’associazione ha aperto i lavori giovedì scorso, con un incontro di presentazione che si è tenuto presso la sede del Centro di servizio Svep, alla presenza della direttrice del carcere di Piacenza Caterina Zurlo, della presidente della Conferenza regionale Volontariato Giustizia Paola Cigarini, del direttore di Svep Giuseppe Chiodaroli e dei soci fondatori Valeria Viganò, Carla Cravedi e Brunello Buonocore. Dopo il saluto di Chiodaroli, che ha espresso soddisfazione per la nascita della nuova associazione, ha aperto l’incontro Brunello Buonocore, esperto nel reinserimento delle persone svantaggiate per la Provincia, presentando lo statuto dell’associazione. Compito dei volontari sarà far visita alle persone recluse e i loro familiari, organizzare attività all’interno del carcere, sensibilizzare società e istituzioni sui problemi del mondo penitenziario. "È forte la necessità di far crescere una relazione fra il dentro e il fuori - ha sottolineato -, la casa circondariale un tempo si trovava nel centro città, ora purtroppo è relegata in un luogo distante dalla vita e dalla coscienza di tutti". Caterina Zurlo ha confermato che il penitenziario valuterà tutte le iniziative che l’associazione proporrà, e ha chiarito le sue attese nei confronti dei volontari: "Mi auguro che offrano ai detenuti ascolto e disponibilità ad accompagnarli nei permessi premio, e spero che "restituiranno" all’istituto il frutto delle relazioni che avranno creato. Mettere in comune informazioni su stati d’animo e comportamenti dei detenuti ci aiuterà a migliorare gli interventi nei loro confronti". L’incontro si è chiuso con un contributo di Paola Cigarini e con il saluto della presidentessa di Oltre il muro, Valeria Viganò. All’incontro erano presenti anche una quindicina di persone che hanno da poco terminato un corso di formazione per il volontariato nelle carceri. Sono per lo più donne di ogni età, lavoratrici, mamme, nonne, studentesse, e sono le prime potenziali volontarie. Alcune, come Carla Ponzini e Rita Panzieri, provengono dal volontariato coi tossicodipendenti, altre, come Roberta Gualtirolo e Daniela Ferrari sono assistenti di base che hanno frequentato il corso per curiosità e interesse. C’è anche chi è spinto da motivazioni personali, come Anna, che ha un fratello che ha vissuto un periodo di detenzione. La più giovane è Ivana Galione, ventiduenne studentessa di Giurisprudenza, che vuole approfondire un argomento fin’ora affrontato solo sui libri di testo. Per informazioni sul volontariato nel carcere contattare lo Svep (0523.306120) o l’associazione Oltre il muro (e-mail: pariettivigano@tele2.it; tel. 335.6164276). Treviso: "Solidarietà creative", premia i ragazzi del minorile
Vita, 6 febbraio 2006
Mercoledì 8 febbraio la consegna ufficiale del premio speciale vinto dai ragazzi del carcere minorile al concorso "solidarietà creative". All’Istituto penale minorile di Treviso, una delegazione della giuria del concorso artistico "Solidarietà creative", del Laboratorio Scuola Volontariato del Centro di servizio e del Csa di Treviso, insieme al testimonial del concorso, Ricky Bizzarro dei Radiofiera, consegnerà ufficialmente ai ragazzi dell’Istituto il Premio speciale di 200 euro assegnato loro durante la prima edizione dell’iniziativa "Oltre i libri… la solidarietà" che si è svolta a Treviso presso l’Istituto tecnico turistico Mazzotti lo sorso 21 dicembre. Nell’occasione, tra le scuole superiori premiate per elaborati artistici, video, letterari e teatrali sul tema dell’esclusione e dell’integrazione, è stato appunto assegnato un premio speciale proprio alle opere grafico-pittoriche realizzate dai ragazzi del carcere minorile nell’ambito del laboratorio di grafica, che testimoniano il loro intenso desiderio di relazione e di confronto con la società. Nello stesso giorno, mercoledì 8 febbraio, sarà presente all’Istituto anche un gruppo di studenti del Mazzotti, che incontreranno i ragazzi del carcere minorile nell’ambito di un percorso di educazione alla cittadinanza. In particolare, i giovani discuteranno sulla tematica femminile. La premiazione e l’incontro rappresentano dunque, per i minori detenuti, un’occasione di incontro e di confronto con l’esterno ma anche un concreto sostegno al loro percorso educativo, in prospettiva di un reinserimento nella vita sociale e civile. Piacenza: volontariato giustizia, finora in pochi alle Novate
Libertà, 6 febbraio 2006
Scarsa fin’ora la presenza del volontariato nel carcere di Piacenza. Insieme a Forlì, Faenza e Ravenna, siamo all’ultimo posto in Emilia-Romagna per presenza nel penitenziario. Sono solo quattro o cinque, infatti, i volontari che entrano regolarmente alle Novate, nonostante le condizioni di povertà e disagio in cui vivono i detenuti. E mentre sta muovendo i primi passi la prima associazione piacentina dedicata al tema della detenzione (si veda l’articolo sopra), in città come Parma, Reggio, Modena e Bologna il volontariato si colloca a pieno titolo e nella dimensione rieducativa delle carceri già da diversi anni. Della situazione in regione è testimone Paola Cigarini, della Conferenza Regionale Volontariato Giustizia. La conferenza "Volontariato Giustizia", che la Cigarini presiede, è il coordinamento regionale del volontariato nelle carceri che offrirà supporto all’associazione costituita nei giorni scorsi a Piacenza. Fondato nel 1999, il coordinamento nasce proprio per promuovere il volontariato nei luoghi di detenzione e per favorirne il riconoscimento da parte delle istituzioni e del Provveditorato dell’Amministrazione penitenziaria (Prap). "La nostra prima conquista - ha reso noto Cigarini - è stata la sottoscrizione di un protocollo d’intesa (2003) tra il coordinamento, la Regione, e il Prap, per migliorare la comunicazione fra volontari, operatori e agenti e favorire l’ingresso dei volontari negli istituti con un ruolo più stabile". Oltre a presiedere il coordinamento, la Cigarini è impegnata da oltre vent’anni nel gruppo "Carcere-città di Modena". Le abbiamo chiesto le motivazioni e le difficoltà vissute in tanti anni di servizio nei penitenziari: "Inizialmente è faticoso prestare servizio a persone che si sono poste in condizione di illegalità. Occorre saper distinguere tra reato e persona ed evitare atteggiamenti giudicanti. Ma confrontarsi con chi ha alle spalle storie così difficili apre anche la strada a riflessioni sul tema della responsabilità dell’individuo e della società, si tratta di viaggi affascinanti dentro l’altro e dentro se stessi. La curiosità che mi spinge a indagare l’animo umano mi aiuta a vivere con passione questo impegno". Quanto al bisogno effettivo di solidarietà nel carcere delle Novate, i numeri parlano chiaro: le condizioni di vita sono gravate dal sovraffollamento (il carcere contava 213 ospiti nel 2000, 286 nel 2002 e circa 320 oggi) e dalle situazioni di disagio dei detenuti. Dal Rapporto sulla situazione penitenziaria nella Regione (anno 2002) si apprende che il 47,55percento dei detenuti sono stranieri e oltre il 30percento tossicodipendenti. Sette i suicidi rilevati nel 2002 in regione, 77 i tentativi di suicidio e 387 gli atti di autolesionismo. Dove lo stato non arriva può fare qualcosa la solidarietà. "Può fare molto - è convinta Cigarini -, il volontariato deriva dalla sua gratuità un prezioso valore aggiunto. In un mondo in cui tutto è monetizzato e in un luogo come il carcere, azioni libere e gratuite, fedeltà agli impegni presi e promesse mantenute assumono un significato speciale". Benevento: detenuti scrivono al Sindaco per istituzione del Garante
Il Sannio, 6 febbraio 2006
Quella che segue è una lettera aperta, firmata da 43 detenuti della Casa circondariale di Benevento, spedita al sindaco di Benevento, Sandro D’Alessandro, all’assessore comunale alle Politiche sociali, Mario Pasquariello, al direttore della casa circondariale, Liberato Guerriero, ed al direttore de Il Sannio Quotidiano, Luca Colasanto. Oggetto della missiva, che pubblichiamo, la richiesta di designazione del "Garante per i diritti delle Persone private della libertà".
Gentilissimo direttore, ci affidiamo a Lei fiduciosi per la pubblicazione dell’allegata "lettera aperta" rivolta alle illustri intestate istituzioni locali, con l’auspicio alla prestigiosa città di Benevento di colmare un vuoto politico-giuridico nella garanzia e solidarietà al recupero sociale dei "diritti" delle persone disagiate, cioè, private delle libertà (purtroppo non solo fisica, ma soprattutto di pensiero e libera espressione), designando il "Garante per il diritto delle persone private della libertà", come già hanno provveduto a fare molti Comuni italiani. Una figura, quella del Garante, resa necessaria dalle troppe carenze penitenziarie, dai troppi diritti violati e negati, anche a causa di un voluto e sistematico sovraffollamento e "forse" carenza di personale soprattutto civile, che rende inefficiente ed inefficace ogni forma di trattamento intramurario e soprattutto (volutamente) nessun inserimento sociale e lavorativo nella comunità esterna, mancando (volutamente) una sinergia reale tra il carcere e forze sociali-politiche sul territorio, un rapporto tra le diverse istituzioni carcere-associazioni-comune-media eccetera, ridotto a flash di propaganda per questa o quella manifestazione o festicciola o attività interna, manca del fine ultimo, della sostanza, cioè dell’inserimento esterno del reo. Tutto ciò che viene realizzato nella prigione sotto forma di attività di studio, corsi professionali, artigianato eccetera, non è altro che mera propaganda di una "industria" prolifera, che (volutamente), non immetterà mai sul "mercato" il "frutto" prodotto, riciclandolo di volta in volta come materia prima al solo uso e consumo di questa colossale "industria" di carne, affetti e coscienze umane, vanificando (volutamente), ogni sforzo del reo che si prodiga nello studio, nel lavoro, nell’artigianato ed attività inframurarie, ripiombandolo, di volta in volta, dopo il conseguimento di qualsiasi diploma, nella situazione precedente e stato di prigionizzazione, impedendo la progressiva positiva evoluzione dell’essere. A questo si aggiunge una situazione sempre interna, di privazioni e regressione tecnologica (gratuita), e gestione esercitata con modus operandi del sistema pre-Gozzini, cioè colpire 4/500 detenuti per la colpa di uno, per non rieducarne nessuno. Una politica penitenziaria borbonica usata per esercitare il controllo del detenuto tra detenuti stessi, una politica interna abbandonata con l’entrata in vigore della legge meglio conosciuta come Gozzini, ma che purtroppo persiste in molte realtà penitenziarie, evolutesi solo in apparenza, nelle gratifiche del personale, ma non nella mentalità di una giusta gestione al passo coi tempi. Repressioni gratuite non giustificate da nessuna norma, se non per fare pressione (non si è capito il perché) sullo stato psicologico già labile (per la restrizione) del detenuto, costretto a non doversi mai inserire nel contesto normo-sociale, non per sua volontà, ma vuoi per le persistenti leggi del famigerato codice Rocco e leggi fasciste mai innovate, nonostante la riforma del processo degli anni scorsi, vuoi per una campagna mediatica giustizialista che spara nel mucchio, vuoi per timori da "Santa inquisizione", oggi il detenuto e 1’ex detenuto è ghettizzato e condannato, percorrere e ripercorrerà il tunnel, a circolo chiuso, del carcere. Ecco perché è una necessità la figura "politica" del Garante, una istituzione civica e civile, autorizzata al contatto diretto con il detenuto, soprattutto in regime penitenziario di Alta Sorveglianza, proprio per prendere coscienza delle reali problematiche penitenziarie dalla fonte diretta di chi le vive e le subisce per 24 ore al dì, e non da chi le percepisce marginalmente da dietro una poltrona, per quanto esperto e professionale, tutto ciò a salvaguardia di una società migliore con più recupero del reo e minore criminalità, che oggi sembra alimentata da una politica penitenziaria retrograda, cinica e superficiale, tesa a garantire solo chi ci lavora, con poca o nessuna deontologia per la propria professione ridotta alla sola repressione. A nome dei detenuti di Benevento, i firmatari rappresentanti di tale comunità, ringraziano per l’attenzione e augurano un 2006 alla comunità locale e tutte le autorità per una mano tesa al recupero del disagiato, ricco di innovazioni. Pesaro: agenti aggrediti in carcere, sindacato in allarme
Il Messaggero, 6 febbraio 2006
Gli agenti di polizia penitenziaria aggrediti nel carcere di Pesaro? "Purtroppo è la conferma di una situazione di grave disagio che stiamo denunciando da tempo" dice Aldo Di Giacomo, segretario regionale del Sappe (Sindacato autonomo di polizia penitenziaria). Oggi e domani Di Giacomo avrà alcuni incontri a Roma, al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria presso il ministero di Grazia e giustizia, in cui parlerà tra le altre cose del "caso Pesaro". Nei prossimi giorni chiederà incontri anche con le autorità provinciali. "I problemi sono essenzialmente due - spiega Di Giacomo - Il sovraffollamento e la carenza di personale". Una miscela esplosiva a cui si possono ricondurre le tre aggressioni avvenute all’interno del carcere di Pesaro negli ultimi due mesi: il primo di un’agente donna, gli altri di due suoi colleghi (l’ultimo, l’altro giorno, da parte di un detenuto marocchino che ha colpito un agente con una testata e l’ha mandato al Pronto soccorso). "Pensiamo al sovraffollamento - continua il segretario del Sappe - Pesaro ospita oggi 250 detenuti, un centinaio in più del previsto. E con la legge Cirielli, che impedirà le misure alternative al carcere nei casi di recidiva, ne arriveranno altri, si calcola 4000 in tutta Italia". E gli organici? "Sulla carta, a Pesaro, mancherebbero 19 uomini. Ma è una pianta organica vecchia di cinque anni. Negli anni, invece, è successo che alcuni agenti sono andati in pensione e non sono stati sostituiti, e altri sono stati distaccati ad altre sedi. Non solo: la recente apertura del nuovo carcere di Ancona ha fatto sì che il personale che, in teoria, poteva essere mandato a Pesaro, è stato dirottato su quella sede. Il risultato è che oggi, nel carcere di Pesaro, mancano in realtà 40 persone". Negli ultimi tempi, perciò, la situazione all’interno del carcere di Pesaro, già difficile, è peggiorata ulteriormente. Creando, secondo il sindacato, una situazione esplosiva di cui gli ultimi casi di agenti aggrediti sono solo la punta di un iceberg. Como: due "ospiti" in più per l’asilo nido del Bassone...
La Provincia di Como, 6 febbraio 2006
Anche in un luogo dove la vita scorre dura, grigia e monotona come la casa circondariale del Bassone può esistere un angolino capace di suscitare in chiunque un sincero sentimento di tenerezza: il nido. Questo, recentemente rinfrescato e reso più allegro da simpatici murales realizzati dalle stesse detenute, ospita i figli - secondo la legge 40 che tutela la maternità - da zero a tre anni massimo d’età di quelle donne che devono regolare il loro conto con la giustizia e alle quali è consentito di vivere accanto ai loro bimbi. Fino a pochi giorni fa, tre i bambini da circa due anni "ospiti" del nido del Bassone, tutti di nazionalità straniera. Adesso, se ne sono aggiunti altri due, una piccola brasiliana di appena otto giorni e una cilena di 22 giorni. Fino a quando compiranno il terzo compleanno, potranno rimanere accanto alle loro madri, poi dovranno essere accudite da parenti o assistenti sociali. Certo, l’arredamento del piccolo nido del Bassone cerca in tutti i modi di camuffare l’entità del luogo che in realtà lo ospita, uno spazio del settore femminile dove, in ogni caso, le sbarre non mancano. Però, durante il giorno, si tenta di tenere i piccoli ospiti il meno possibile "al chiuso", tra una passeggiatina nel giardino e una visita alla cuoca. "Abbiamo provato a rendere il nido del carcere il più funzionale e accogliente possibile, sia per la struttura sia per l’assistenza continua ai piccoli" spiega il dottor Mauro Imperiale, coordinatore dell’area educativa del Bassone. E aggiunge: "A volte, però, gli eccessivi "alias" forniti dalle detenute straniere ci privano di importanti punti di riferimento familiari che risulterebbero utili anche per la cura dei bambini. Tutti noi cerchiamo di regalare un sorriso ai piccoli costretti a convivere qui con le loro madri: qualche volta, non lo nego, abbiamo anche assistito a scene strazianti. Ma il servizio nido di questo carcere sta facendo di tutto per essere sempre più efficiente". Droghe: il Governo pone la fiducia per proibire lo spinello
Il Mattino, 6 febbraio 2006
Ultimi passi per le nuove norme sulla droga. Dopo il via libera del Senato, adesso tocca alla Camera: oggi il governo porrà la fiducia, così come è avvenuto a Palazzo Madama, e domani si voterà. La riforma è stata "blindata" e inserita nel decretone sulla Sicurezza, quello sulle misure per le Olimpiadi di Torino. Una decisione contestatissima dall’Unione, "è una scorrettezza istituzionale", una legge così importante non può finire in un emendamento. L’opposizione ha messo in discussione la costituzionalità del provvedimento e ha chiesto all’Aula di fermarlo. Tentativo fallito. Dopo aver passato l’esame delle commissioni Giustizia e Affari sociali, le nuove norme sugli stupefacenti tanto care ad An sono approdate nell’Aula di Montecitorio venerdì scorso. Scontro duro tra maggioranza e opposizione, anche se il risultato - salvo sorprese - è scontato. In tutto 23 articoli, una "sintesi" del testo iniziale di Gianfranco Fini che ne conteneva 130. Ma i principi sono quelli: la droga è droga, non c’è più differenza tra leggera e pesante. Altra novità, è proibito consumare qualsiasi sostanza, anche fumare uno spinello, chi lo fa è da punire con sanzioni amministrative. La differenza tra uso personale e spaccio è stabilita in base alla quantità di sostanza (o meglio di principio attivo) che si detiene o si acquista, per chi supera questa soglia ci sono le sanzioni penali e il carcere. Le pene per gli spacciatori sono più severe: dai 6 anni in su (fino a 20) per qualsiasi sostanza. Saranno delle tabelle che verranno definite successivamente a indicare queste "quantità", che sono il punto cruciale delle nuove norme. Sert e comunità sono equiparate. Chi riceve condanne non superiori ai sei anni non va in carcere, ma viene avviato in un percorso di recupero presso una comunità terapeutica. "La nostra non è una battaglia contro i tossicodipendenti, è una battaglia contro le droghe, contro il desiderio, sempre più diffuso nella nostra società, di estraniarsi", sostiene il vice premier Gianfranco Fini, paladino della legge. E a favore delle nuove norme si schiera Don Gelmini, responsabile di numerose comunità di recupero: "Grazie Gianfranco per questa legge. Nella comunità - racconta il sacerdote intervenendo alla conferenza programmatica di An - abbiamo già preparato una pira che accenderemo appena avremo la notizia dell’approvazione delle nuove norme". Droghe: Capezzone; Ciampi respinga questo inammissibile decreto
Adnkronos, 6 febbraio 2006
"Contro l’atto di arroganza del governo, che pone la fiducia e si prepara così a sbattere in galera i ragazzi per qualche spinello, mi appello con speranza e fiducia al capo dello Stato, che molte volte ha fatto argine rispetto a straripamenti inaccettabili. Gli chiedo di farlo ancora. Il decreto, a mio avviso, è inammissibile e va respinto al mittente per due ragioni. Quanto all’urgenza, come si giustifica un decreto legge quando il ddl governativo giace da mesi, da anni? Quanto poi all’omogeneità dei decreti, tante volte richiesta da Consulta e Quirinale, cosa c’entra la droga con le Olimpiadi invernali?". Lo afferma il segretario dei radicali, Daniele Capezzone, commentando la decisione del governo di porre la questione di fiducia alla Camera sul decreto per le Olimpiadi, che contiene le norme per il contrasto alla tossicodipendenza.
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