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Genova: detenuto di 53 anni muore cadendo dal letto a castello
Secolo XIX, 3 febbraio 2006
Aveva tentato di commettere un furto nel 1985, Marco, 53 anni, originario di Palermo ma un bel pezzo della sua esistenza trascorsa a Genova; aveva subito una condanna a sei mesi che era diventata "definitiva" solo di recente. Condanna che avrebbe pure potuto evitare se, come gli permetteva la legge, ne avesse chiesto la sospensione magari assistito da un legale. Quella domanda non l’ha mai fatta ed è morto il giorno dopo aver varcato la soglia d’una cella a Marassi, cadendo dal terzo piano dell’incastellatura di letti che riempiva la stanza dove insieme a lui stavano altre sette persone. "La tragedia - conferma il direttore del penitenziario genovese Salvatore Mazzeo - è collegata al sovraffollamento dell’istituto, che ci costringe ad aggiungere pile di materassi e mette inevitabilmente a repentaglio l’incolumità dei carcerati". La storia di Marco è un concentrato di contraddizioni e coincidenze che forse nemmeno la fantasia perversa d’uno scrittore avrebbe potuto concepire. Perché, nonostante la mancata istanza per evitare la prigione, un briciolo di clemenza la sorte gliel’aveva offerta quando, nel recente passato, erano state riconosciute le sue precarie condizioni di salute e gli erano stati concessi gli arresti domiciliari. Pochi giorni fa, però, l’uomo è sorpreso all’esterno del proprio appartamento in orario "proibito" (senza che tuttavia avesse compiuto altri reati o, peggio, deciso di fuggire) e perciò la misura alternativa alla pena in carcere gli è stata revocata. Era già buio martedì pomeriggio, mentre due agenti lo accompagnavano alle Case Rosse, e non era ancora chiaro nel momento in cui l’uomo è precipitato dalla scaletta che stava percorrendo a tentoni per andare in bagno: ha battuto la testa con violenza, perso conoscenza e non è servito trasportarlo al pronto soccorso, dove si è spento ieri alle 14 e dove i familiari hanno autorizzato l’espianto degli organi. Difficile, al momento, ipotizzare scenari diversi dalla tragica fatalità. Lo stesso Mazzeo, che ha disposto un’indagine interna affidata agli agenti della Penitenziaria, si definisce certo della dinamica dell’incidente al 99%: "Anche la magistratura ha aperto un fascicolo d’inchiesta ed è doveroso in casi simili, in attesa dell’autopsia che confermerà con precisione le esatte cause di morte. I primi riscontri medici certificano comunque che il trauma cranico è stato determinante". Sono stati i compagni di cella, a lanciare l’allarme, ma ormai la situazione era compromessa. E il direttore ha avuto un sobbalzo quando dall’incartamento di Marco sono saltate fuori tutte le sue traversie: il peccato veniale per cui l’avevano ammanettato, l’estenuante iter giudiziario precedente alla condanna e poi quella possibilità di ottenere benefici incredibilmente ignorata, forse perché nessuno gliel’aveva mai spiegato. Il fratello maggiore, che ha curato le pratiche per l’espianto, non ha avanzato sospetti, accettato con sconforto la tesi della disgrazia. Solo la nonna ha detto che "il carcere lo ha ucciso", probabilmente perché il nipote non poteva, dato il suo fisico provato, sostenere l’inferno nel quale da tempo si è trasformato Marassi: la sezione riservata ai "definitivi"è predisposta per 120 persone, oggi l’affollano in 300. Mazzeo adesso sospira, al telefono: "Le cose andranno ancora peggio dopo l’approvazione della ex Cirielli, che inasprisce le pene per i recidivi". Il direttore del carcere aveva appena consegnato gli effetti personali della vittima: una vecchia tuta, qualche maglione, un po’ di biancheria e le scarpe che erano sistemate in fondo alla scaletta. Giustizia: accordo nella Cdl sull’inappellabilità delle sentenze
Il Tempo, 3 febbraio 2006
La Cdl alla fine trova un accordo sulla proposta di legge per l’inappellabilità delle sentenze di assoluzione. E in comitato dei nove della commissione Giustizia della Camera, convocato per fare il punto sugli emendamenti presentati al testo, passano tre modifiche della maggioranza. Con la prima, si prevede che il Pm possa presentare appello contro la sentenza di proscioglimento solo nel caso in cui emerga una nuova prova considerata "decisiva". Ma il ricorso in Appello dovrà comunque passare il vaglio del giudice. E qualora questo ne dichiari, con ordinanza, l’inammissibilità, il Pm avrà 45 giorni di tempo per presentare ricorso in Cassazione.Per quanto riguarda i motivi per cui le parti possono presentare ricorso in Cassazione, il secondo emendamento della commissione prevede che ci si possa rivolgere alla Suprema Corte anche quando non sia stata assunta una prova decisiva. Ma questa però dovrà già essere emersa nella fase dell’istruzione dibattimentale. Altrimenti non vale. Giustizia: 16mila detenuti con problemi di salute mentale
Redattore Sociale, 3 febbraio 2006
"Nelle carceri italiane ci sono 16mila detenuti con problemi di salute mentale". Francesco Maisto, sostituto procuratore a Milano, interviene alla terza edizione del Forum nazionale della Salute mentale della Cgil, in corso a Milano, denunciando la malattia italiana della detenzione sociale: "Ci sono detenuti psichiatrici, tossicodipendenti, senza fissa dimora: tutte persone che dovrebbero stare altrove". "In Italia esiste un doppio livello processuale - ha detto Maisto -: il processo per i ricchi e il processo per i poveri, o meglio contro i poveri. E’ il processo per direttissima, una sorta di macellaio sociale che rappresenta l’80-90% dei procedimenti e che riguarda molte persone senza fissa dimora, tossicodipendenti con problemi di salute mentale e con patologie mentali croniche". Un processo dei poveri, insomma, i cui effetti si riversano nelle strutture carcerarie: "Secondo una ricerca epidemiologica svolta a novembre 2005 dall’Amapi (Associazione medici penitenziari italiani), dei 61mila detenuti presenti nelle carceri italiane, un record nella storia della Repubblica, 16mila presentano disturbi mentali, anche questo un record". Non solo: il problema dei detenuti con problemi di natura psichiatrica o psicologica va a sommarsi con la questione dei senza fissa dimora e delle persone con problemi di alcolismo e tossicodipendenza. "Il nostro sistema penitenziario soffre di una malattia che va al di là dei problemi istituzionali: la detenzione sociale. Ci sono detenuti psichiatrici, debilitati, senza fissa dimora: tutte persone che dovrebbero stare altrove. In realtà il carcere non viene fatto funzionare per i delinquenti veri, ma per queste persone, con spese di funzionamento di 135 euro al giorno per detenuto, molto superiori agli esborsi che dovrebbero riguardare il sistema di welfare - ha detto Maisto, che ha poi commentato: - È un circolo vizioso, un cane che si morde la coda, qualcosa di fine a sé stesso. Questa situazione è insopportabile, bisogna fermarla già in zona elettorale. In Parlamento c’è un progetto di legge pendente sul nuovo ordinamento penitenziario, la cui discussione non è stata nemmeno calendarizzata, mentre interessa approvare leggi come quelle sulla difesa o sulla prescrizione". Modena: nella Casa di lavoro un progetto per gli alcolisti
Emilia Net, 3 febbraio 2005
Aiutare chi sta scontando una pena a liberarsi dalla dipendenza da alcol. Con questo obiettivo è stato avviato lo scorso 17 gennaio presso la Casa di Lavoro di Saliceta S. Giuliano a Modena (una delle quattro esistenti in Italia) un progetto di prevenzione e di cura diretto agli "internati" con problematiche legate all’abuso di alcol (attualmente otto persone su un totale di circa trenta). Il progetto nasce dalla collaborazione tra il Settore Dipendenze patologiche del Dipartimento di salute Mentale dell’Azienda USL di Modena e la Direzione dell’istituto penitenziario. È la prima volta in Italia che un programma per alcoldipendenti viene attuato in una struttura detentiva. Intensità e brevità sono le caratteristiche distintive del percorso terapeutico, che segue il programma per alcoldipendenti già sperimentato nel Centro Diurno per le Dipendenze Patologiche "Colombarone" di Magreta di Formigine. La metodologia è stata adattata alle esigenze della realtà della Casa di Lavoro. Il corso dura complessivamente un mese: tre incontri settimanali, dalle 8 alle 14, con il coinvolgimento di volontari ed operatori esterni che intervengono con azioni di supporto. L’obiettivo finale è quello di fornire concrete possibilità di reinserimento sociale agli internati, liberati dai meccanismi della dipendenza da alcol e droghe. Le tappe del percorso terapeutico, basato su una psicoterapia cognitivo-comportamentale, sono principalmente tre: portare la persona a conquistare l’astinenza dal consumo di alcol, fornirgli gli strumenti per fronteggiare le situazioni critiche legate a questo problema e creare od incrementare una rete relazionale in grado di supportarlo nel momento del rilascio dall’istituto. Una parte predominante del programma è rappresentato dalle attività di gruppo, educative, ricreative e psicoterapeutiche, integrate da interventi medico-sanitari. L’adattamento del programma alla realtà della Casa di Lavoro ha reso necessaria un’importante azione di raccordo tra gli operatori interni, i volontari e gli operatori esterni. In questo senso è risultato fondamentale il lavoro svolto dalla Polizia Penitenziaria, che ha reso possibili gli incontri di preparazione necessari a coinvolgere e a far collaborare tra loro le varie figure coinvolte nel progetto. Il progetto è nato in seguito ai buoni risultati ottenuti dal Centro Diurno Colombarone, all’interno del quale è stato messo a punto il programma di cura e di prevenzione delle ricadute per alcolisti. Il Centro in questi ultimi anni ha seguito, con percorsi differenziati ed articolati, circa 200 persone e le loro famiglie e continua a svolgere un’intensa attività terapeutica e riabilitativa, rivolta a persone con dipendenze patologiche. Due i moduli attualmente attivi: uno rivolto a pazienti tossicodipendenti e l’altro a pazienti dipendenti da alcool. È, inoltre, in corso di studio un nuovo programma per pazienti dipendenti da cocaina che sarà attivato nel corso del 2006. Questa innovativa esperienza costituisce una scommessa educativa importante che si spera possa essere estesa ad altre realtà penitenziarie nazionali. Firenze: riprendono i lavori ai giardini degli incontri di Sollicciano
Ansa, 3 febbraio 2006
Ripartono i lavori di completamento al Giardino degli incontri di Sollicciano. Il finanziamento era rimasto in sospeso per vari mesi. Ripartono i lavori di completamento al Giardino degli Incontri a Sollicciano. La notizia è arrivata oggi dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, dopo l’interessamento e la sollecitazione da parte dell’assessore all’accoglienza e integrazione del Comune di Firenze Lucia De Siervo, della Provincia di Firenze, del Garante dei Detenuti e della Fondazione Michelucci. Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha comunicato che è stato disposto il completamento di tutte le opere edili del Giardino per un importo di 177.081 euro mentre il finanziamento delle opere impiantistiche e di climatizzazione è inserito nel programma finanziario del 2006, per un importo di 330mila euro. "Il finanziamento era rimasto in sospeso per vari mesi - ha spiegato l’assessore De Siervo - tanto che c’erano già dei pessimisti che temevano che l’opera, quasi terminata, rimanesse incompiuta. Con questi finanziamenti sarà possibile completare l’ultima opera di Michelucci, il Giardino degli Incontri, concepito come un luogo di incontro per i colloqui tra i detenuti e le loro famiglie, e come un angolo di carcere aperto alla città, dove svolgere rappresentazioni, spettacoli e assemblee, a testimonianza della volontà di Firenze di continuare a rapportarsi con gli ospiti del penitenziario di Sollicciano". Venezia: incontro di volley nel carcere femminile della Giudecca
Il Gazzettino, 3 febbraio 2006
Le ragazze del volley vanno in carcere. Nessuna punizione da parte del coach; il castigo della scorsa settimana, con Rossano Bertocco che ha negato la giornata di riposo settimanale. Le atlete dell’Omega Veneto San Donà hanno invece aderito a una iniziativa che si terrà oggi alla Giudecca, il carcere femminile di Venezia. L’iniziativa rientra nel progetto organizzato dalla Regione Veneto e fatto proprio da Stampa Veneta Insieme, l’associazione dei giornalisti del Veneto nata con l’intenzione di organizzare o appoggiare progetti a sfondo benefico o che creino la cultura del donare. Già nel 2002 l’associazione aderì a Tutti in Galera, che si svolse nella Casa Circondariale di Padova e il carcere femminile della Giudecca, che ebbe anche la partecipazione della Nazionale Scrittori e dei Lions. "Tutti in Galera" è stato l’unico progetto realizzato nelle carceri nel periodo di chiusura totale alla stampa a causa dello sciopero della fame indetto dal gruppo Papillon che protestava contro il sovraffollamento e le poche attività di recupero. E oggi si svolgerà, dunque, un’altra di queste iniziative, tese a creare dei momenti ricreativi per le detenute, ma soprattutto per evidenziare le problematiche che coinvolgono il mondo delle carceri e che, spesso, non sono note all’esterno. A questa giornata ha aderito anche l’Ags Volley San Donà, nella fattispecie con le giocatrici dell’Omega Veneto San Donà, felici di potere dare un contributo a questo progetto, contando anche di arricchire il rispettivo bagaglio personale. Verrà svolta una partita di pallavolo, con una squadra formata da giornaliste e le atlete dell’Omega, che affronteranno la formazione delle detenute. Al termine ci sarà un incontro, con il direttore del carcere, nel corso del quale saranno affrontate le problematiche di chi vive in regime di restrizione. Da ricordare che, durante la stagione agonistica, più volte l’Ags aderisce, o organizza direttamente, iniziative di carattere benefico, com’è accaduto a dicembre con Dj per una notte, per l’acquisto di una ambulanza per la Croce Rossa di San Donà di Piave, quindi la raccolta fondi servita per l’acquisto di uno strumento musicale per le attività della Casa Rossa, centro ricreativo per disabili di Fossalta di Piave. Livorno: delegazione del "Livorno Calcio" visita il carcere
Secolo XIX, 3 febbraio 2006
"Dovete fare sospendere le partite di fronte a episodi come quelli accaduti all’Olimpico". L’appello ai protagonisti del calcio questa volta arriva dai detenuti del carcere livornese delle Sughere che hanno incontrato una delegazione del Livorno guidata dal capitano Cristiano Lucarelli e dall’allenatore Roberto Donadoni, alla quale si è aggiunto l’ex bomber Igor Protti. Una visita privata, ma intensa, quella tra i calciatori amaranto e molti ospiti del carcere livornese, durante la quale sono stati affrontati i temi di maggiore attualità e non solo sportivi. A partire proprio dagli striscioni nazisti di Roma, per discutere anche di razzismo e violenza negli stadi. Molte sollecitazioni da parte dei detenuti extracomunitari che hanno chiesto agli "stranieri" del Livorno come è stato il loro ambientamento in Italia e, soprattutto all’ivoriano Bakayoko, come vive le sempre più frequenti intemperanze dei tifosi verso i giocatori di colore. Donadoni e Lucarelli, prendendo spunto dal caso - Zoro, hanno spiegato che "spetta all’arbitro la decisione di sospendere la partita e non possono essere i giocatori a lasciare il campo". Molte anche le curiosità sul calcio mercato e le previsioni sul campionato. Infine, la visita del Livorno, che ha riguardato anche la sezione femminile del carcere, si è conclusa con la promessa di tornare quando sarà ufficialmente inaugurato il campo sportivo delle Sughere che dovrebbe essere pronto nel giro di pochi mesi. Brescia: detenuto picchiato nell’ora d’aria, è in ospedale
Giornale di Brescia, 3 febbraio 2006
È stato picchiato nell’ora d’aria. A mani nude, con pugni e calci. Picchiato con tanta rabbia e violenza da finire in ospedale, ricoverato nel reparto di terza chirurgia, nell’apposita zona riservata ai detenuti. In ospedale ieri mattina è stato portato con l’ambulanza dal carcere di Canton Mombello, Alessandro Serra, 32 anni, di Brescia, arrestato lunedì sera dagli agenti della Volante. L’uomo era stato arrestato per detenzione di una pistola clandestina, che aveva usato sparando contro il muro, dopo una lite con Mario Franzè, giunto a casa sua in via Zamboni per rientrare in possesso di soldi che diceva di avergli prestato. Con Franzè c’era anche Ileana Stella, 23 anni di Lumezzane. Secondo la ricostruzione della Volante Franzè, durante il litigio in cucina, aveva estratto una pistola, una Beretta 9x21, e aveva cercato di portare fuori casa Serra, tenendolo sotto la minaccia dell’arma. Il giovane era riuscito a liberarsi grazie all’intervento della madre e in seguito degli altri familiari. Franzè e Stella erano finiti a loro volta in cella per possesso di pistola e per sequestro di persona. Ieri mattina in carcere alle 11 era fissata l’udienza di convalida davanti al gip Carlo Bianchetti. Ad assistere Serra il suo legale, l’avvocato Gianfranco Abate. Ma all’udienza Serra non ha potuto presentarsi: nella mattinata, durante l’ora d’aria, il 32enne è stato preso di mira da altri detenuti che lo hanno quasi massacrato di botte. Fino a quel momento Serra era stato tenuto in isolamento, per evitare che potesse entrare in contatto con Franzè. Ma, essendo i due in sezioni divise, le autorità del carcere avrebbero revocato l’isolamento perchè non c’era alcun motivo di mantenerlo. Per le ferite riportate dal detenuto non è bastata nemmeno l’infermeria di Canton Mombello, i responsabili hanno preferito mandare il 32enne al pronto soccorso del Civile per valutare con certezza le condizioni e poter avere tutte le cure necessarie. I medici del pronto soccorso hanno ritenuto necessario il ricovero. In carcere si è tenuta anche l’udienza di convalida per Mario Franzè, 43 anni di Vibo Valentia, ma residente a Lumezzane. Franzè, assistito dal suo legale, l’avvocato Patrizia Scalvi, ha sostenuto di essersi presentato a casa di Serra, in via Zamboni, per rientrare di un credito che vantava nei suoi confronti e di essere andato disarmato. Franzè ha sostenuto che la Beretta sequestrata dalla Volante non è sua. Versione confermata anche dalla sua ragazza: Ileana Stella, sentita dal gip Bianchetti in tribunale, ha precisato che Franzè non era armato quando si è recato a casa di Serra. La ragazza avrebbe atteso Franzè sul pianerottolo, senza nemmeno entrare in casa. Il gip Bianchetti si è riservato di decidere. Nei prossimi giorni Franzè e Stella sapranno se dovranno continuare a restare in carcere o se potranno tornare a casa. Serra sarà invece sentito dal gip nei prossimi giorni: in quell’occasione potrà raccontare la sua versione dei fatti e raccontare al giudice chi aveva la Beretta. Sulmona: uno show dal carcere in onda su "Radio Italia"
Il Messaggero, 3 febbraio 2005
Ancora una novità molto positiva per il carcere di Via Lamaccio. Il direttore Giacinto Siciliano ha annunciato che domani pomeriggio alle ore 18 nell’Istituto si terrà una manifestazione musicale per i detenuti. "L’iniziativa - si legge nel comunicato - è finanziata dalla Cariplo e realizzata in collaborazione con don Antonio Mazzi della Fondazione Exodus e "Radio Italia solo musica italiana", coinvolge molti istituti penitenziari, tra cui quello di Sulmona". Il programma, che sarà registrato e trasmesso da Radio Italia, verrà condotto da Daniele Battaglia e don Antonio Mazzi, e prevede l’esibizione dei "Fiori di Loto" della cantante Isabeau, del gruppo sulmonese "Shiraz" e di un gruppo di detenuti. Non rimane che sintonizzarsi su Radio Italia.
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