Rassegna stampa 21 febbraio

 

Giustizia: Castelli; non servono riforme, ma programmi e fondi

 

Ansa, 21 febbraio 2006

 

"Non servono riforme per il sistema carcerario ma è piuttosto necessario varare programmi sostenuti da fondi adeguati. Purtroppo, i governi che si sono succeduti dal ‘90 ad oggi, sono stati impegnati, prioritariamente, a risanare le casse pubbliche". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, intervenuto all’inaugurazione della nuova ala dell’ ospedale Psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto. "Ho trovato questa struttura assolutamente dignitosa - ha proseguito Castelli -. È all’altezza di quanto non si possa offrire oggi". L’ospedale da oggi avrà a disposizione altri 60 posti letto. Il ministro è stato accolto, all’esterno dell’ ospedale, da una contestazione di un gruppo di giovani dell’Arci che chiede la chiusura della struttura. Alle proteste il ministro ha risposto indirettamente affermando che "l’ospedale sarà ulteriormente potenziato".

Croce Rossa: Valentino; proposta apprezzabile, si può discutere

 

Adnkronos, 21 febbraio 2006

 

Nelle carceri italiane, rivendica il sottosegretario alla Giustizia, ci sono "professionalità adeguate per far fronte a tutte le esigenze: personale sanitario, psicologi, assistenti sociali con professionalità ed attitudini eterogenee". Per questo, un eventuale intervento della Croce Rossa può rappresentare "un valore aggiunto", ma non può essere giustificato dal fatto che "gli altri sono incapaci", ci tiene a precisare Valentino. "Tanto più che nelle carceri -aggiunge- ci sono esigenze legate alla posizione di particolari detenuti, che non consente rapporti con personale estraneo all’amministrazione. Per questo va studiato a fondo un percorso normativo che consenta di realizzare auspici apprezzabili, ma per ora proposti in modo frettoloso". Il sottosegretario alla Giustizia rivendica l’impegno del governo sul fronte carcerario. "Abbiamo fatto fronte con rigore -spiega Valentino- sforzandoci al massimo per garantire le migliori condizioni di vivibilità ad un numero considerevole di detenuti, quasi 60 mila, una realtà che si è stratificata nel corso di numerosi decenni. Il dato imprescindibile è che abbiamo avviato la costruzione di nuove carceri, che renderà meno complessa e problematica la vita dei detenuti, e realizzato notevoli ristrutturazioni. Impegnandoci anche per realizzare il principio costituzionale della rieducazione della pena, del recupero del detenuto: ci siamo mossi con tutti gli strumenti che avevamo a disposizione, con rigore".

Croce Rossa: Sappe; contrari a delegare nostre funzioni...

 

Adnkronos, 21 febbraio 2006

 

"Siamo assolutamente contrari, non siamo disponibili a delegare i nostri compiti istituzionali, di ordine e sicurezza". Così il segretario generele aggiunto del Sappe (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria), Giovanni Battista De Blasis, commenta la proposta del presidente della Croce Rossa Italiana di un intervento della Cri nella gestione delle carceri. "Già fummo contrari quando si propose di ricorrere a personale dell’Esercito per affrontare problemi di organico", ricorda De Blasis. "Dalla Croce Rossa potrebbe venire, questo sì, un aiuto in termini di strutture perchè il problema del sovraffollamento è reale e grave, anzi gravissimo, così come in termini di impegno di personale ma certo non per la sorveglianza, per il mantenimento dell’ordine e sicurezza. In questi termini può esserci collaborazione", aggiunge De Blasis che quanto alla particolare sottolineatura del presidente della Cri sulle strutture a custodia attenuata, afferma che "all’inizio degli anni ‘90, con la legge Jervolino-Vassalli, vennero fabbricate tante strutture a custodia attenuta che poi, col tempo, si rivelarono un fallimento. Ci sarebbe dovuta essere una sinergia tra noi e altre istituzioni, come Asl e Associazioni varie ma fu un fallimento, chiusero tutte, erano antieconomiche, con pochi detenuti".

Pordenone: la Caritas; c’è una giustizia oltre la prigione?

 

Il Gazzettino, 21 febbraio 2006

 

C’è una giustizia oltre la prigione? E poi: quale dignità si può "vivere" oggi in carceri piccoli e sovraffollati, com’è spesso quello del Castello di Pordenone? Sono i temi scelti dalla Caritas diocesana per la Quaresima 2006. Un cammino di riflessione impegnativo, destinato a svilupparsi in 17 giorni. Debutto giovedì 2 marzo alle 20.30, nel salone Don Veriano di Roraigrande. Lì padre Alex Zanotelli lancerà la prima provocazione del ciclo: "I poveri non possono aspettare". A seguire, domenica 12 marzo, sensibilizzazione in tutte le parrocchie cittadine su dignità e privazione della libertà personale. Un’analisi necessaria per introdurre il convegno di sabato 18: "Quale carcere? Quale giustizia?" L’appuntamento, alle 17, verrà ospitato nel salone dell’ex Convento di San Francesco, in piazza della Motta. Interverranno la direttrice del Castello di Pordenone, Maria Vittoria Menenti; il sindaco Sergio Bolzonello; il volontario dei reclusi frate Giuseppe Prioli. Non mancheranno le testimonianze dirette di altri operatori. Conclusioni a cura del vescovo, monsignor Ovidio Poletto. A seguire, fiaccolata davanti al Castello. Non è finita. Domenica 19, alle 15, messa e convivio nella sede cordenonese della cooperativa di lavoro Oasi, la cui mission sociale raccoglie proprio gli ex "ristretti".

Il presule ha parlato diverse volte della Casa circondariale e dei problemi legati alla giustizia. Lanciò un intenso appello sulla dignità già il 6 ottobre del 2004, in occasione della messa per la Festa della Polizia penitenziaria. Il 14 gennaio, al convegno della San Vincenzo in Fiera sul progetto "Ero carcerato", ha approfondito l’analisi. Pochi giorni dopo ha visitato il Castello. "Ciascuno di noi - è la tesi di monsignor Poletto - è chiamato ad assumersi gli oneri necessari per ridurre i fattori che favoriscono le scelte sbagliate e le zone d’ombra, economiche e sociali, dove le devianze e la criminalità crescono e si propagano. Non bastano le nuove leggi, le riforme strutturali, i rinnovati programmi politici, gli interventi giudiziari, per quanto importanti e necessari. Bisogna innanzitutto agire sulle persone, dall’interno, contrastando il processo di massificazione che spersonalizza e aliena. Bisogna appellarsi al singolo e alla libera volontà di ciascuno. Ognuno deve essere trattato e spinto ad agire come essere umano responsabile, membro vivo e utile dell’intera comunità. Per uscire dal nostro malessere generale è dunque necessario riscoprire insieme il senso dell’essere comunità umana chiamata alla fraternità".

Ma allora è possibile anche dal male del carcere trarre un bene per la società? "Credo di sì - riflette il vescovo - Per questo è necessario testimoniare la stima e la fiducia nei detenuti e nella loro capacità di compiere un cammino di speranza e di verità. Vanno creati per detenuti ed ex detenuti posti di lavoro adeguati, che diano significato alla loro vita e assicurino alle famiglie un’esistenza. Va facilitato il reinserimento positivo nella comunità. Bisogna consentire loro di rivalutare in favore di altri, soprattutto giovani, la propria esperienza di male e sofferenza".

 

Dentro le mura

 

Dopo la dismissione dal carcere, otto persone su dieci ritornano a delinquere a breve termine. Il tema della rieducazione penitenziaria può quindi bene definirsi un fallimento assoluto. Le cause di tutto ciò sono molteplici e profonde. Ma in un panorama così desolante nel vetusto castello di Pordenone c’è chi si spende a favore della rieducazione conciliando le difficoltà del sovraffollamento, del personale che opera in condizioni disagevoli e le esigenze di sicurezza e custodia - severe, ma non opprimenti - con le esigenze delle persone detenute che necessitano di "ricostruirsi" attraverso un processo lento e difficile. Un aiuto al processo rieducativo viene da biblioteca, scuola e corsi professionali interni all’istituto e in un caso attraverso l’università ma anche, ad esempio, nel concedere un certo grado di libertà alle persone detenute di organizzare e gestire attività ludiche come il torneo di calcio balilla e tennis tavolo svoltosi recentemente con la collaborazione dei volontariato. Alcuni capi di vestiario, donati da alcuni cittadini e che hanno costituito il premio finale all’iniziativa sportiva, sono stati lo specchio di come le persone all’esterno riescano sempre più a non essere indifferenti verso le antiche mura e il loro contento umano. D’altronde i segnali di solidarietà dei cittadini iniziano ad essere frequenti, a esempio attraverso l’invio settimanale di riviste o con la donazione di due chitarre classiche da parte di un esercente cittadino per la scuola di canto condotta da don Piergiorgio Rigolo che ora, grazie anche a un ampliamento dell’orario concesso per tale attività, è potuta diventare scuola di canto e musica. Un prova di come sensibilità della direzione carceraria, impegno della polizia penitenziaria e del personale, ma anche del volontariato possano garantire positivi effetti.

 

Oltre le sbarre

 

La prigione, i carcerati, la giustizia. Sono i temi portanti scelti dalla Caritas diocesana, ripresi dalle consorelle parrocchiali cittadine, per la Quaresima 2006. Un cammino di riflessione a tutto tondo, sicuramente impegnativo da sviluppare, destinato ad articolarsi nell’arco di 17 giorni. Debutto giovedì 2 marzo alle 20.30, nel salone Don Veriano di Roraigrande. Lì padre Alex Zanotelli (a proposito di personalità scomode e concetti forti) lancerà la prima provocazione: "I poveri non possono aspettare". A seguire, domenica 12 marzo, sensibilizzazione in tutte le parrocchie naoniane su dignità e privazione della libertà personale. Un’analisi necessaria per introdurre il convegno di sabato 18: "Quale carcere? Quale giustizia?".

L’appuntamento, dalle 17 in poi, verrà ospitato nel salone dell’ex Convento di San Francesco, in piazza della Motta. Interverranno la direttrice del Castello di Pordenone, Maria Vittoria Menenti; il sindaco Sergio Bolzonello; il volontario dei reclusi frate Giuseppe Prioli. Non mancheranno le testimonianze dirette di altri operatori. Conclusioni a cura del vescovo, monsignor Ovidio Poletto. Alle 19 la fiaccolata davanti al Castello. Non è finita. Domenica 19, alle 15, messa e convivio nella sede cordenonese della cooperativa di lavoro Oasi, la cui mission sociale raccoglie proprio gli ex ristretti. Ovvero i detenuti.

Il presule ha parlato diverse volte della Casa circondariale e dei problemi legati alla giustizia. Lanciò un intenso appello sulla dignità già il 6 ottobre del 2004, in occasione della messa per la Festa della Polizia penitenziaria. Il 14 gennaio, al convegno della San Vincenzo in Fiera sul progetto "Ero carcerato", ha approfondito l’analisi. Pochi giorni dopo ha visitato il Castello. "Ciascuno - è la tesi di monsignor Poletto - viene chiamato ad assumersi gli oneri necessari per ridurre i fattori che favoriscono le scelte sbagliate e le zone d’ombra, economiche e sociali, dove le devianze e la criminalità crescono e si propagano.

Non bastano le nuove leggi, le riforme strutturali, i rinnovati programmi politici, gli interventi giudiziari, per quanto importanti e necessari. Bisogna innanzitutto agire sulle persone, dall’interno, contrastando il processo di massificazione che spersonalizza e aliena. È necessario appellarsi al singolo e alla libera volontà di ciascuno. Ognuno deve essere trattato e spinto ad agire come essere umano responsabile, membro vivo e utile dell’intera comunità. Per uscire dal nostro malessere generale è dunque necessario riscoprire insieme il senso dell’essere comunità umana chiamata alla fraternità". Ma allora è possibile anche dal male del carcere trarre un bene per la società? "Credo di sì - riflette il vescovo -. Per questo è necessario testimoniare la stima e la fiducia nei detenuti e nella loro capacità di compiere un cammino di speranza e di verità. Vanno creati per detenuti ed ex detenuti posti di lavoro adeguati, che diano significato alla loro vita e assicurino alle famiglie un’esistenza. Va facilitato il reinserimento positivo nella comunità. Bisogna consentire loro di rivalutare in favore di altri, soprattutto giovani, la propria esperienza di male e sofferenza".

Minori: sbagliato dare benefici… occorrono misure efficaci

 

Il Mattino, 21 febbraio 2006

 

"Bisognerebbe stabilire modalità diverse di esecuzione delle misure di sicurezza". Il giudice del tribunale per i minorenni, Antonio Di Marco, auspica misure più efficaci per i minori che delinquono.

 

È giusto concedere permessi?

"Secondo me, no. Per due ordini di motivi. Uno giuridico: il collocamento in comunità deve ritenersi equiparato alla misura della custodia cautelare e quindi i permessi andrebbero concessi solo nei casi previsti dall’ordinamento penitenziario".

 

E l’altro?

"I ragazzi finiscono in comunità quando la famiglia di origine è inadeguata: e lo è sempre, in tutti i giorni della settimana. Non si capisce, quindi, come il ragazzo possa tornare durante il weekend in una famiglia che è stata giudicata incapace di educare e contenere il figlio".

 

Come agire in maniera efficace?

"Tutta l’associazione dei giudici per i minori concorda: bisognerebbe realizzare comunità pubbliche protette e rivolte esclusivamente ai minori destinatari delle misure di sicurezza".

 

Attualmente non ce ne sono?

"Ci sono comunità destinate all’area penale. Ma sono poche. E ci sono forti ritardi nei pagamenti degli operatori".

Ascoli: anziché stare con i parenti preferisce il carcere

 

Il Messaggero, 21 febbraio 2006

 

"Piuttosto che stare chiuso in casa con voi ritorno in galera!". Magari non glielo avrà detto espressamente ai suoi genitori, ma di certo l’ha pensato e, soprattutto, l’ha fatto. Federico, 28 anni sambenedettese una vita difficile alle prese con problemi di droga, ieri mattina ha abbandonato la casa degli zii ad Osimo dove si trovava agli arresti per ordine del Tribunale di Ascoli e si è presentato al commissariato di San Benedetto. Agli increduli poliziotti ha detto: "sono evaso dai domiciliari, per cui dovete riportarmi in carcere".

E pensare che dal penitenziario ascolano era uscito non più di una settimana fa e vi era stato rinchiuso per una ventina di giorni. E così, accompagnato dai poliziotti che lo hanno arrestato per l’evasione, Federico ieri pomeriggio ha varcato il pesante cancello del carcere di Marino del Tronto. Una storia che sorprende visto che solitamente chi sta in galera ha un unico desiderio, uscirne al più presto. Federico invece ieri non desiderava altro che tornare in una cella del supercarcere ascolano, poco importa se piccola, sovraffollata e dalla quale il sole, quando c’è, si può vedere, come si suol dire, solo "a quadrucci".

Perché? All’origine della decisione ci sarebbero i rapporti difficili con i familiari. Nella casa degli zii ad Osimo c’erano infatti anche i suoi genitori e con questi evidentemente qualcosa non ha funzionato. Il giovane sambenedettese era stato arrestato circa un mese fa perché trovato in possesso di eroina. Dopo una ventina di giorni il giudice Annalisa Gianfelice aveva accolto l’istanza di scarcerazione presentata dall’avvocato Umberto Gramenzi. Il magistrato ascolano aveva disposto per lui la detenzione domiciliare a casa dei parenti ad Osimo con la possibilità di uscire tutti i giorni dalle 9 alle 12 per andare al Sert.

Forlì: clown in carcere, per i bambini ai colloqui…

 

Comunicato stampa, 21 febbraio 2006

 

Sabato 18 febbraio nella Casa Circondariale di Forlì, durante la visita settimanale delle famiglie alle persone detenute, si è svolta per la prima volta una iniziativa dell’associazione "Viviamo in positivo Vip-Forlì", che raggruppa quasi 30 persone normalmente impegnate ogni fine settimana negli Ospedali a rallegrare i bambini e gli adulti degenti. L’iniziativa, organizzata da Téchne Forlì Cesena nell’ambito del progetto Anelli formazione al volontariato di giustizia, è stata possibile grazie alla collaborazione della Direzione della Casa Circondariale e del corpo di Polizia Penitenziaria. Durante l’incontro i volontari dell’associazione hanno animato per 2 ore la periodica visita dei familiari ai detenuti, entusiasmando i bambini piccoli e grandi (7 in tutto da 1 neonato a due ragazzine di 12 anni) presenti nella ludoteca della Casa Circondariale, recentemente allestita per rallegrare le visite con decori colorati alle pareti, addobbi e giochi.

Alle gare di canto e di salto della corda si sono fatti coinvolgere anche i "grandi" e alla fine il clima era quello di una festa in perfetto stile, con musica, canti, giochi di prodezza, di prestigio, e tanta calda confusione come solo i bambini sanno creare. Questa iniziativa, come altre in corso di organizzazione, ha l’obiettivo di creare un ponte tra carcere e società per sostenere i detenuti e le loro famiglie durante la detenzione, ed anche per aiutare il reinserimento nella legalità e nella vita civile della nostra comunità.

 

Per informazioni sul progetto rivolgersi a Barbara Bovelacci 0543.410757/56

Nisida: convegno sulla devianza e sul disagio minorile

 

Comunicato Stampa, 21 febbraio 2006

 

Per i giorni 24 e 25 febbraio 2006, presso il Centro Europeo di Studi sulla Devianza e sul Disagio Minorile di Nisida - Napoli, è programmato un Convegno Internazionale sul tema "La Giustizia Penale Minorile tra Rieducazione e Garanzie per l’Accertamento".

Promotori dell’iniziativa sono il Dipartimento di Discipline Giuridiche ed Economiche Italiane, Europee e Comparate della Facoltà di Giurisprudenza della Seconda Università degli Studi di Napoli, il Centro Giustizia Minorile per la Campania ed il Molise, l’Ordine degli Avvocati di S. Maria C.V. e l’Unione Nazionale Avvocati Minorili.

Il Convegno, articolato secondo il programma che si allega, sarà presieduto dal Prof. Nicola Carulli ed introdotto dal Sottosegretario di Stato alla Giustizia Sen. Pasquale Giuliano, dal Capo Dipartimento Giustizia Minorile dr. Rosario Priore, dal Governatore Bassolino, dal Presidente della Provincia Di Palma, dal Sindaco Jervolino. Autorevole e significativa la partecipazione di numerosi relatori del mondo accademico europeo, di Giuristi, Magistrati ed Avvocati esperti della Giustizia Minorile e dei fenomeni del disagio e della devianza giovanile, nonché delle possibili risposte in termini giudiziari e di misure riparative e sostitutive, comparate con quelle di altri Paesi Europei. I rappresentanti della Stampa e di altri mezzi di comunicazione audio visiva, per la partecipazione all’iniziativa, possono accreditarsi preventivamente presso le segreterie organizzative del Convegno, o presso questo Centro (fax: 081.7448250 - e mail: cgm.napoli.dgm@giustizia.it).

 

Il Dirigente, Dr. Sandro Forlani

Droghe: Ardita (Dap); consumo personale non potrà essere punito

 

Redattore Sociale, 21 febbraio 2006

 

Sebastiano Ardita, direttore dell’Ufficio detenuti e trattamento del Dipartimento di amministrazione penitenziaria (Dap), torna sulle sue dichiarazioni espresse tre settimane fa nel contesto del convegno del Forum sanità penitenziaria tenutosi a Roma (vedi lancio del 27.01.2006), dichiarazioni concernenti il decreto Fini-Giovanardi sulle tossicodipendenze. Lo fa ribadendo alcuni concetti, precisando alcune considerazioni e rivendicando a sé e al suo ufficio il merito di aver "influenzato" proprio il decreto. E, in chiusura, avanza una certezza: il detentore di droga destinata al consumo personale non potrà essere punito.

"Lo scorso 27 gennaio - ricorda Ardita - partecipando ai lavori del forum regionale, ho avuto modo di esprimere la mia netta contrarietà a qualsiasi impostazione che conduca alla sanzione penale per il consumo della droga. Tale mia convinzione, già più volte manifestata in sede istituzionale, ho espresso nell’ambito di una ricostruzione della normativa sugli stupefacenti vigente in Italia a partire dal codice Rocco del 1931, ed in particolare descrivendo la situazione che si determinò all’indomani dell’introduzione dell’art. 73 DPR n. 309/1990 che aveva escluso in capo al giudice ogni discrezionalità nel valutare il titolo della detenzione. Avevo esordito peraltro nel mio intervento dicendo che non avrei parlato della nuova legge, giacché non era ancora disponibile il testo ufficiale, ma solo i resoconti d’agenzia".

"Ritengo doveroso adesso intervenire sulla nuova legge – continua -, e precisare che nel corso della sua redazione il mio ufficio è stato più volte chiamato ad esprimere la propria opinione. Di tale opinione peraltro non può negarsi che si sia tenuto conto, dal momento che la bozza licenziata - a differenza da quanto previsto nell’originario disegno di legge - li limita a normativizzare i criteri di interpretazione già fatti propri dalla giurisprudenza, attribuendo al requisito della quantità un valore relativo, quale indice che, insieme ad altri, concorre a determinare il titolo della detenzione".

"Ciò significa – conclude - che una corretta interpretazione della norma, che lascia al giudice margini di discrezionalità sulla base dei criteri nella stessa indicati, - a differenza di quanto avveniva nel 1990 - impedirà in ogni caso che possa essere punito il detentore di droga destinata al consumo personale".

Usa: pena di morte, stasera l’esecuzione di Angelo Morales

 

Corriere della Sera, 21 febbraio 2006

 

La mano del boia all’ultimo si è fermata ma soltanto per poche ore. L’esecuzione di Michael Angelo Morales prevista nella nottata (le 9 del mattino in Italia) al carcere di San Quintino, in California, è stata rinviata a questa sera, alle 19.30 locali (le 4.30 del mattino in Italia).

Un rinvio dovuto all’assenza degli anestesisti, ritiratisi all’ultimo per motivi etici. "Ciò che ci viene chiesto è eticamente inaccettabile", hanno affermato in un comunicato i due anestesisti che dovevano assistere all’esecuzione. La loro presenza, su richiesta del legale del condannato, era stata disposta da un giudice distrettuale, per certificare che il detenuto fosse privo di coscienza prima di ricevere l’iniezione letale. Gli avvocati della difesa avevano infatti sostenuto che l’uso dell’iniezione letale era crudele e rappresentava punizione inusuale, bandita dalla Costituzione. Questo ha spinto un giudice ad ordinare alle autorità della prigione o di alterare la composizione delle sostanze chimiche usate oppure di rendere disponibili medici esperti per assicurare che non fosse inflitto dolore durante l’esecuzione. Non potendo contare sulla collaborazione degli anestesisti, le autorità di San Quintino hanno annunciato che sarà usata una dose fatale di barbiturici invece del cocktail dei tre farmaci usati abitualmente.

Morales, 46 anni, è stato condannato a morte per avere stuprato, massacrato a martellate e ucciso nel 1981 una ragazza di 17 anni, Terri Winchell. Il caso di Morales è particolare ed emerge in un momento particolare. Il condannato a morte non nega i fatti, ma sostiene di essersi pentito e che la sua condanna a morte sia stata pronunciata in base ad una falsa testimonianza. Morales sta sfruttando la recente disponibilità della Corte Suprema ad esaminare la costituzionalità delle iniezioni letali. Le iniezioni sarebbero contrarie all’ottavo emendamento della Costituzione, quello che proibisce pene "crudeli ed inusuali".

Ieri il governatore della California, Arnold Schwarzenegger, aveva respinto una seconda richiesta di grazia presentata in extremis dai legali di Morales, dopo quella rifiutata venerdì. I legali avevano chiesto di commutare la pena capitale in ergastolo. Da quando ha lasciato il cinema per la politica, l’ex Terminator non ha accolto nessuna delle cinque domande di grazia presentategli. L’esecuzione di Morales sarà la terza in circa due mesi al carcere di San Quentino, la 14esima in California da quando la pena di morte è stata reintrodotta nello Stato nel 1978.

 

 

Precedente Home Su Successiva