|
Giustizia: presentato il "programma sociale" dell’Unione
Redattore Sociale, 14 febbraio 2006
Il carcere non neghi l’umanità - Detenzione come misura ultima, nessun "incompatibile" (affetto da Hiv conclamato o da altre gravi patologie) in carcere, garanzia dei diritti fondamentali (salute, lavoro, formazione professionale), rieducazione e risocializzazione del condannato: queste alcune delle principali priorità individuate sul tema del carcere, le cui attuali condizioni "sono lontane da ogni senso di umanità e di rispetto della dignità del detenuto" e il cu degrado è "connesso sempre più pesantemente dal sovraffollamento delle carceri". Tra le priorità anche il rafforzamento del ruolo dei servizi sociali, favorire la cura delle tossicodipendenze al di fuori delle strutture detentive, abolire le sanzioni amministrative per chi detiene sostanze stupefacenti per uso personale, rendere effettiva la differenziazione delle condizioni di detenzione tra detenuti in attesa di giudizio e condannati in stato di esecuzione della pena. Nessun bambino in carcere - Sono ormai maturi i tempi per una riforma dei Tribunali per i minorenni secondo l’Unione che pensa ad una correzione di segno diverso da quella proposta del Ministro della Giustizia Castelli. Restano gli organi giudicanti specializzati, "caratterizzati da una particolare professionalità e sensibilità rispetto alle problematiche familiari e a quelle dei minori", vengono unificate le attuali diverse giurisdizioni che si occupano di famiglia, di figli e di minori "in una struttura specializzata nella quale abbiano un ruolo significativo i giudici onorari, con competenze in relazione all’affidamento dei minori, alla separazione fra i coniugi e scioglimento dei matrimoni, alle adozioni e, più in generale, alla tutela dei minori"; aumenta l’organico dei giudici attraverso una razionalizzazione del sistema attuale; aumenta l’organico anche dei servizi sociali incaricati "di relazionare sulle situazioni familiari alla magistratura competente" - a cui viene richiesta una sempre maggiore specializzazione professionale - con l’obiettivo "che le relazioni dei servizi sociali siano inviate alla magistratura in tempi ragionevoli e siano, nel contempo, il più approfondite possibile". "In soli quattro anni, il governo Berlusconi ha ridotto drasticamente le risorse per il funzionamento e la gestione dei servizi minorili, nonché degli Uffici giudiziari minorili che, hanno subito un taglio superiore al 40% (dai circa 11 milioni del 2001, a poco più di 4 milioni nel 2004). – si legge nel testo - Contemporaneamente, sono stati diminuiti anche i fondi per le spese di mantenimento e di cura dei minori, sia in generale nel campo dei servizi, sia in particolare nell’ambito delle risorse destinate agli istituti penitenziari e alle comunità esterne che hanno in carico quei minori che altrimenti sarebbero detenuti in carcere (da 15,8 milioni di euro del 2001 a poco più di 12 milioni di euro nel 2004)". Sul fronte penale la coalizione di centro-sinistra prevede alcune azioni correttive come l’estensione dell’istituto della messa alla prova a tutti gli imputati del processo minorile e la regolamentazione della mediazione penale. "Riteniamo necessario – spiega - riportare le strutture detentive ed i servizi della giustizia minorile a condizioni di vivibilità degne di un Paese civile, nonché investire in personale e strumenti idonei alla risocializzazione e al reinserimento dei minori che hanno commesso un reato, anche creando strutture specifiche per chi, avendo commesso un reato da minorenne, si trova a dover scontare la pena quando ha già raggiunto la maggiore età". Droghe: meglio la "strategia dell’accoglienza sociale" – "Il decreto legge del governo sulle tossicodipendenze deve essere abrogato". Il centro-sinistra non ha dubbi in materia e parla di "strategia dell’accoglienza sociale": decriminalizzazione del consumo di droghe, reale contrasto dei traffici, tolleranza zero verso i trafficanti e rilancio del ruolo dei Ser.T. e dei servizi territoriali, pluralismo delle comunità terapeutiche messe in rete con il servizio pubblico a cui spetta la diagnosi della dipendenza. Infine "vanno sostenuti quanti, con approcci culturali e metodologie differenti da anni sono impegnati a costruire percorsi personalizzati e perciò efficaci di prevenzione, cura e riabilitazione considerando le strategie di riduzione del danno come parte integrante della rete dei servizi". Veneto: 30% dei detenuti tossicodipendente, il 2% affetto da Hiv
Redattore Sociale, 14 febbraio 2006
Le carceri del Veneto continuano ogni giorno a fare i conti con i problemi di sempre: il sovraffollamento, le condizioni igienico-sanitarie, la presenza di tossicodipendenti e alcoldipendenti, la presenza sempre crescente di stranieri, la mancanza di lavoro in carcere, la difficile situazione del reinserimento sociale e lavorativo. È stato l’assessore regionale alle politiche sociali, Antonio De Poli, a puntare il dito su questa situazione illustrando stamani il rapporto curato dall’Osservatorio regionale sulla popolazione detenuta e in esecuzione penale esterna, che ha sede nell’Azienda Ulss n.16 di Padova. I numeri parlano da soli. Sono 2767 detenuti al monitoraggio del 31 gennaio scorso con una capienza complessiva degli edifici carcerari di 1772. La suddivisione per provincia è la seguente: 719 nel carcere di reclusione di Padova (a fronte di una capienza di 446), 218 detenuti nel carcere circondariale di Padova (capienza 98); 130 detenuti a Belluno (capienza di 84); 96 detenuti a Rovigo (capienza 66); 263 detenuti a Treviso (128 di capienza); 230 detenuti nel carcere circondariale di Venezia (capienza 111), 101 detenute nel carcere di reclusione femminile di Venezia (capienza 111), 46 detenute nel carcere circondariale femminile della Giudecca di Venezia (capienza 38);688 nel carcere circondariale Montorio di Verona (capienza 554); 277 detenuti nel carcere circondariale di Vicenza (136 di capienza). Per quanto riguarda l’Istituto Penale per Minorenni di Treviso, le presenze nel primo semestre del 2005 erano 20 di cui 16 stranieri e 4 italiani. I detenuti dipendenti da sostanze sono il 30% di cui il 62% italiani; il 2% è affetto da HIV. In aumento anche i suicidi: nel 2004 sono stati 2 (uno a Belluno e 1 a Padova), nel 2005 sono stati 6 di cui 4 a Padova, 1 a Venezia e 1 a Vicenza. Nell’Istituto per minorenni di Treviso ci sono stati invece 4 episodi di autolesionismo nel 2004, saliti ad 8 nel 2005. Sono 71 gli operatori delle Aziende Ullss che lavorano nelle carceri (dagli assistenti sociali, agli educatori, dagli infermieri ai medici, dagli psichiatri agli psicologi. Importanti anche i dati relativi al regime di semilibertà nel Veneto: al 30 giugno 2005 erano 130 i detenuti che godevano di questa possibilità (32 a Padova,27 a Venezia, 26 a Verona, 18 a Vicenza, a18 a Treviso, 9 a Rovigo) di cui 33 stranieri; i permessi premo concessi nel Veneto dal 1° gennaio 2005 al 30 giugno 2005 sono stati 596 (di cui 574 uomini e 22 donne) di cui 449 nel carcere di reclusione di Padova (di cui 157 stranieri), 45 nel carcere di Verona (11 stranieri), 19 a Vicenza (7 stranieri), 22 a Rovigo (3 stranieri). Nell’anno 2005 la Regione Veneto ha assegnato 1 milione 610 mila euro a favore di interventi nelle carceri (a fronte di poco più di 300 mila euro di trasferimenti statali) di cui 500 mila per la realizzazione di attività educative, ricreative e sportive, promosse nelle carceri dagli enti del privato sociale e 1 milione 110 mila euro alle Aziende Ullss dei capoluoghi di provincia per attività di cura e assistenza e il funzionamento di presidi sulla tossicodipendenza nelle carceri (competenza passata alle Regioni e che prima era svolta dall’Amministrazione Penitenziaria). "Siamo tra le pochissime Regioni in Italia - ha spiegato De Poli - che utilizzando propri fondi riesce a garantire il diritto alla salute per i detenuti tossicodipendenti e la presenza quotidiana in ogni carcere di medici e operatori dei Ser.t.". Per quanto riguarda i progetti finanziati dalla Regione Veneto in ambito sportivo, ricreativo e culturale, l’assessore ha informato che, dal 2000 al 2005 i progetti finanziati sono stati 166 con circa 34 mila utenti coinvolti e un finanziamento complessivo di 2 milioni 357 mila euro. Infine l’esponente del governo veneto ha ricordato che la Regione realizza la sua attività a favore dei detenuti tramite un protocollo d’intesa firmato nel 2003 con il Ministero della Giustizia che prevede interventi regionali per la territorializzazione della pena, l’edilizia penitenziaria, la tutela della salute, l’assistenza ai tossicodipendenti, i minori nelle carceri, gli immigrati, il reinserimento sociale e lavorativo, le iniziative di sport e cultura, l’area penale esterna, la mediazione culturale, la formazione del personale. Giustizia: Castelli; semilibertà "facile"… norme da rivedere
Provincia di Como, 14 febbraio 2006
Varese È l’ora delle, inevitabili, polemiche. Dopo le sentenze "miti" e quelle ridotte dalle norme più garantiste, adesso nel mirino entrano i provvedimenti della magistratura sui diversi regimi previsti per i detenuti che si trovano in carcere da anni: ovvero la semilibertà e l’opportunità di lavorare all’esterno e rientrare solo alla sera. L’omicidio di un carabiniere a Ferrara ha rilanciato il dibattito. E a dire la sua per primo, da Varese dov’era per la festa della Lega, è lo stesso Guardasigilli, mai tollerante verso la concessione dei benefici ai detenuti. "È nostro dovere fare di tutto affinché non vi siano più innocenti che paghino con la loro vita un malinteso garantismo" ha promesso il ministro della Giustizia Roberto Castelli. Per il Guardasigilli "è morto un altro innocente". "Già nel caso Izzo - ha aggiunto - due cittadine, una madre e la sua giovane figlia, pagarono con la vita errori che non avrebbero dovuto essere commessi. Ricordo che in quel caso ho proposto un azione disciplinare di cui sono ancora in attesa degli esiti". "Ma al di là della eventuale responsabilità dei singoli - ha spiegato - occorre fare una riflessione profonda sui criteri che vengono seguiti nel porre in essere concessioni premiali ai detenuti. Gli errori dello Stato non possono essere pagati dai cittadini. Occorre verificare se non è il caso di cambiare qualche cosa". Ma sono in molti gli esponenti politici che s’interrogano sull’opportunità di rivedere le norme sui benefici. Su questa linea anche il vicesegretario dell’Udc Erminia Mazzoni secondo la quale "tragedie come quella accaduta nel ferrarese impongono una seria riflessione sull’ intero sistema carcerario. Per le misure premiali volte alla rieducazione del reo e al suo recupero sociale, è necessario un ripensamento in relazione alla loro applicazione caso per caso. Lo spirito della cosiddetta ex Cirielli, che tanta indignazione ha provocato nel centrosinistra, si dimostra un tentativo serio per rivedere taluni meccanismi del nostro sistema penale, che a volte, come nel caso di specie- conclude- mostrano gravissimi limiti". Ma proprio dal centrosinistra vengono alcuni "interrogativi che pretendono una risposta rapida e netta" come ha sottolineato il responsabile sicurezza della Margherita Maurizio Fistarol. "È urgente - dice Fistarol - che sia fatta piena luce sulle condizioni e sulle eventuali responsabilità che hanno portato a dare fiducia a chi oggi ha ucciso un carabiniere. Se qualcuno ha sbagliato deve pagare". "Il secondo interrogativo - osserva ancora Fistarol - riguarda le condizioni di sicurezza in cui si trovano ad operare le nostre forze dell’ordine, spesso costrette ad agire in situazioni molto delicate senza risorse né mezzi adeguati per contrastare una criminalità che sembra avere rialzato la testa". Durissimo e definitivo il giudizio che arriva invece da An per bocca di Maurizio Gasparri. "L’intera magistratura italiana - ha osservato l’ex ministro - è chiamata a un pubblico atto di contrizione per la responsabilità morale della morte del giovane carabiniere a Comacchio. Chi ha concesso un permesso a un criminale detenuto che ha ucciso un servitore dello Stato deve rispondere della propria grave colpa". Roma: a Rebibbia "La Tempesta" tradotta in napoletano
Corriere della Sera, 14 febbraio 2006
Sono soprattutto napoletani, un gruppetto di siciliani, qualche romano e un giovane nigeriano. In tutto 26 detenuti di massima sorveglianza del carcere di Rebibbia che il 24 febbraio rappresenteranno "La Tempesta" di Shakespeare (nella traduzione di Eduardo in antica lingua partenopea) davanti a una quindicina si scuole romane. Un lavoro - sostenuto dal "Centro studi Enrico Maria Salerno" - che va avanti da circa tra anni . Ma si tratta della prima esperienza per gli studenti. "È una tappa del percorso sull’educazione alla legalità - spiega Marilena Fotia, insegnante di italiano al classico "Orazio" - oggi passa troppo spesso il concetto che nel carcere si vive comodi e comunque prevale l’aspetto punitivo senza comprendere il valore del recupero. Il nostro liceo rientra nel territorio di Rebibbia e un’ alunna lo scorso anno ha cantato in un concerto organizzato nel penitenziario. Quando i ragazzi si sono trovati fianco a fianco con i detenuti, qualcosa è cambiato. Si è aperto un dialogo molto profondo su questi temi e il loro atteggiamento è cambiato radicalmente". La regia delle opere - il prossimo anno andrà in scena "Amlè" (dall’Amleto) sempre in napoletano - è affidata a Fabio Cavalli: "Cerco di mettere in contatto culture diverse e tanto dolore nella direzione della poesia. Un’avventura esaltante". Modena: prevenzione del tumore al seno e ginecologico
Comunicato Stampa, 14 febbraio 2006
L’associazione di volontariato Ilcestodiciliege Onlus, attiva a Modena e provincia dall’anno 2000, operante nel sostegno materiale e psicologico alle donne operate al seno e nell’attività di sensibilizzazione alla prevenzione, ha organizzato esami diagnostici e visite senologiche gratuiti per le detenute recluse presso la casa circondariale Sant’Anna di Modena. In data 4 febbraio è stato illustrato il progetto di prevenzione alle donne residenti presso l’Istituto Penitenziario e sono quindi state effettuate 25 visite senologiche. Il sabato successivo 11 febbraio sono stati effettuati gli esami clinici e diagnostici: 21 ecografie al seno, 18 visite ginecologiche, 18 ecografie transvaginali e 17 pap test su un totale di 26 donne, con una percentuale di partecipazione a tale attività pari al 93%. Le detenute che si sono sottoposte agli esami sono per 2/3 straniere e con un’età media che varia dai 23 ai 40 anni. Hanno partecipato medici e infermiere del Consultorio di Carpi e Modena, del Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia di Modena, del Policlinico di Modena e del Day Hospital Oncologico di Carpi. Sulla base dei risultati degli esami clinici e diagnostici lo staff medico ha consigliato 7 mammografie bilaterali ai fini di ulteriori accertamenti. Ilcestodiciliege Onlus rivolge un sentito ringraziamento alla direzione dell’Istituto Penitenziario Sant’Anna per aver reso possibile tale attività, a tutto lo staff medico e infermieristico e tecnico per aver aderito con tale entusiasmo, all’Associazione Carcere Città per l’aiuto nell’interfaccia con il mondo carcerario e, in particolar modo, a tutti gli agenti di polizia penitenziaria della sezione femminile del carcere di Sant’Anna per la disponibilità dimostrata nelle due giornate di prevenzione. Un grazie anche alle volontarie dell’Associazione che con questa iniziativa hanno voluto prendersi cura delle "ultime", spesso dimenticate, senza voce e senza opportunità. Ilcestodiciliege Onlus offre alle donne colpite da tumore al seno, sia durante e sia successivamente alle terapie oncologiche, un aiuto pratico e un sostegno psicologico e fisico, finalizzati ad una buona qualità di vita durante il percorso terapeutico. Il cancro è una realtà troppo forte per non essere trattata nella sua globalità: fisica, umana e psichica. Perché se dal punto di vista fisico questa malattia è sempre più curata, essa lascia "dentro" alla persona l’ansia dell’incognita che genera la paura della sofferenza e della morte. È proprio in questo spazio che lavora Ilcestodiciliege Onlus, sollecitato dai bisogni espressi dalle donne. Ilcestodiciliege Onlus organizza gruppi di sostegno psicologico, incontri sull’alimentazione durante e dopo la chemioterapia, ricostruzione del seno, osteoporosi, sessualità, seminari e corsi di formazione per volontari. Grande attenzione è dedicata alla prevenzione con due appuntamenti annuali importanti: il Villaggio della Prevenzione, che ha luogo ogni anno in primavera con 2 giornate di visite gratuite e specialistiche (ecografie e mammografie) in Piazza Grande, con l’ausilio dei medici e tecnici dell’AUSL di Modena e Policlinico di Modena e un Villaggio della Prevenzione Itinerante, che negli anni scorsi ha raggiunto Pavullo nel Frignano e Montecreto e che quest’anno si svolgerà a Sassuolo (data da definirsi).
Ufficio stampa Ilcestodiciliege Onlus Daniela De Pietri Verona: il pm Papalia lancia allarme sugli omicidi in famiglia
L’Arena di Verona, 14 febbraio 2006
Omicidi in famiglia come anello terminale della catena della paura. Soprusi, minacce, molestie che sfociano nella violenza più brutale. Persecuzioni, pedinamenti, prevaricazioni di uno dei due partner che si scatenano, nonostante i segni premonitori, senza che nessuno abbia potuto far nulla per fermare la mano assassina. Il procuratore della Repubblica di Verona, Guido Papalia, assiste dal suo ufficio a uno stillicidio di fatti-reato preoccupante. Che hanno come ambito la famiglia. Come vittime uno dei coniugi (o un fidanzato o un convivente), se non addirittura i figli. E la sua riflessione, tradotta anche in una serie di considerazioni contenute nella relazione inviata al procuratore generale di Venezia Ennio Fortuna diventa ora una proposta legislativa. Che non riguarda solo Verona, ma tante altre realtà del Nordest e dell’Italia dove la violenza in famiglia la fa da padrona.
Procuratore Papalia, perché tanti omicidi in famiglia? "È una situazione che da tempo è alla nostra attenzione di magistrati. Ne ho scritto anche al procuratore generale nella recente relazione per l’anno giudiziario. Purtroppo di tratta di un fenomeno in sempre maggiore diffusione che dimostra come esista un problema grave non legato alla criminalità ordinaria, ma alle mura di casa".
Una questione solo giudiziaria? "Non direi. Non se ne dovrebbe occupare solo la scienza criminologica, ma anche la sociologia, la psicologia, la medicina, tutte le dottrine sociali che si occupano di persona umana, di collettività, di benessere".
Cosa vi allarma? "Non solo il fatto che si verifichino gravi episodi legati ai problemi interni di convivenza alla famiglia, ma anche l’assoluta mancanza di rispetto per la vita che essi manifestano. È una grave forma di degrado sociale".
Si riferisce a ciò che è accaduto a Grezzana, lo sterminio di una famiglia da parte del padre oberato da problemi di lavoro? "Non penso a questo caso specifico, nel quale non vi era alcun segnale premonitore. Ma ad altri in cui quei segnali ci sono".
Allora si riferisce al caso del quarantenne Antonio Palazzo che la scorsa settimana ha ucciso in Lungadige Catena la ex convivente e madre del suo bambino, dopo una penosa storia di carcere e di convivenza violenta? "Mi riferisco a tutti i casi in cui siano riscontrabili profili di offese e di episodi che non è stato possibile fermare in tempo. Si tratta di molestie, offese, pedinamenti, per le quali non è stato possibile un intervento efficace".
Preventivo? "Certo, anche se occorre molta attenzione, perché non è la repressione che risolve determinate situazioni, come hanno dimostrato alcuni studi negli Usa. Eppure, una ricerca che è stata condotta a Verona avvalendosi anche dei medici legali ha dimostrato che nel periodo 2002-2003 si sono verificati due casi al giorno di violenze domestiche".
Un caso veronese? "Non direi. Uno studio europeo ha consentito di accertare che nel 2004 sono stati commessi in Italia 187 omicidi frutto di violenza domestica. Il che significa un omicidio ogni due giorni, con la maggioranza dei casi al nord piuttosto che al sud".
Cifre da capogiro. "È per questo che ci siamo domandati se non si possa intervenire in modo più efficace a fronte di segnali premonitori come le molestie o le minacce, nei casi di previsione reale di un pericolo concreto nei confronti di una persona. Si tratterebbe di un anticipo di tutela che potrebbe scattare quando un danno è molto probabile".
Fino all’arresto? "È chiaro che si dovrebbe trattare di provvedimenti ad hoc che per essere efficaci potrebbero prevedere anche la privazione della libertà".
E si potrebbero adottare misure di allontanamento dal contesto familiare? "Questo è già previsto dal codice, quando vi sia una convivenza in atto. Ma quello stesso strumento non è utilizzabile quando la stessa convivenza sia venuta a cessare".
Si può pensare anche all’istituzione di un reato specifico? "Si potrebbe pensare all’inserimento di una norma che a grandi linee punisca l’attentato all’integrità dei componenti della famiglia determinata da motivi di contrasto legati alla convivenza".
Nel caso della famiglia Rubello non sarebbe probabilmente servito. Ma in quello altrettanto atroce dell’omicidio di Chiara Clivio, braccata dal suo ex convivente, forse avrebbe potuto salvare una vita umana. Giustizia: polizia penitenziaria in agitazione rompe trattative
Il Messaggero, 14 febbraio 2006
"Da oggi il nostro sindacato interrompe ogni trattativa con l’amministrazione penitenziaria. È una scelta grave, ma lo è anche la situazione che si è venuta a creare: le nostre carceri stanno scoppiando". L’annuncio dello stato d’agitazione da parte del Sappe, il principale sindacato autonomo della polizia penitenziaria, è arrivato ieri dal segretario regionale Aldo Di Giacomo. "Nel carcere di Villa Fastiggi il numero di detenuti è continuato a salire in questi giorni - spiega - siamo passati da 250 a 255". Praticamente un centinaio in più della capienza. Mentre il personale scende. "Anche a Fossombrone la carenza del personale è pesante. Ma finora le uniche risposte che abbiamo ottenute sono state a livello locale, ad esempio dalle amministrazioni e dai consigli comunali di Pesaro e Fossombrone, che ci hanno manifestato la loro solidarietà. Anche la direzione del carcere di Pesaro è molto attiva e continua a sollecitare interventi. Ma l’amministrazione penitenziaria, finora, è sempre rimasta sorda". Droghe: gli operatori fanno ipotesi di modifica alla nuova legge
Redattore sociale, 14 febbraio 2006
Il decreto Fini-Giovanardi sulle tossicodipendenze potrebbe essere presto ritoccato. Dunque, quello approvato pochi giorni fa potrebbe essere un testo già parzialmente vecchio; e comunque continua a far discutere. In questi ultimi giorni numerose sono state le prese di posizione sull’argomento, in relazione proprio ad alcune novità ventilate da esponenti del Governo. Tra queste, la possibilità che l’Esecutivo ritocchi le nuove norme attraverso un emendamento (da inserire in un futuro decreto, forse quello sulla Pubblica Amministrazione) che, in tema di detenzione ai fini di spaccio, incida sull’onere della prova e lo inverta, ponendolo in capo al soggetto fermato e trovato in possesso di una quantità di sostanza che superi i limiti dell’uso personale. Attualmente l’onere, invece, è del giudice. La seconda novità che si vorrebbe inserire è invece quella relativa alla denuncia penale, che si vorrebbe far scattare automaticamente qualora una persona venga trovata in possesso di una quantità che supera di 3 volte la soglia massima consentita. Le modifiche verrebbero introdotte dietro richiesta del Ministro Letizia Moratti, non completamente soddisfatta di una nuova legge "troppo lassista". Nettamente contrario si è subito dichiarato Franco Corleone, presidente del Forum Droghe, secondo cui "nella macelleria giuridica in cui si è elaborata la legge sulla droga iper proibizionista, che prevede da 6 a 20 anni di carcere per un "cannone", va in scena ora una pochade di quart’ordine". Ma le novità sono finite qui. A Matrix, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha affermato che le tabelle che stabiliranno il limite quantitativo di droga tra consumo e spaccio saranno in linea con i processi di depenalizzazione attuati in molti Paesi occidentali. In pratica, sarà possibile per una persona avere con sé un numero anche molto alto di spinelli, qualora dimostri di doversi assentare dall’Italia per molti mesi e dunque si rientri nell’uso personale quotidiano di sostanza. Maurizio Coletti (Itaca Italia) e Riccardo De Facci (Cnca), a nome del Cartello "Non incarcerate il nostro crescere", chiedono lumi ad Andrea Fantoma, Coordinatore dell’Ufficio per il monitoraggio del Dipartimento nazionale per le Politiche antidroga (Dnpa), rispondendo contestualmente al dirigente del Dnpa che nei giorni scorsi (vedi anche lancio dell’8 febbraio scorso) aveva difeso la nuova legge invitando ora tutti a lavorare contro il nemico comune: la droga. "Il dottor Fantoma ha rilasciato una dichiarazione conciliante – affermano Coletti e De Facci -. Egli afferma che, ormai, la legge voluta da Fini e Giovanardi è stata approvata dal Parlamento e che occorre prenderne atto. Cosa che abbiamo fatto. Fantoma, inoltre, chiama tutti al superamento delle divisioni che hanno segnato il terreno e auspica che, ora, ‘messe da parte le polemiche degli ultimi mesi, si ricordi quello che noi ripetiamo da sempre: il nemico è la droga e gli avversari sono i narcotrafficanti; i tossicodipendenti sono persone che vanno aiutate e sostenute, da tutti, insieme". "Vorremo ricordare al Dirigente del Dnpa – continuano - che noi non abbiamo smesso di lavorare per aiutare i tossicodipendenti e coloro che si rivolgono a strutture pubbliche e private per essere presi in cura. Lo facciamo dai nostri servizi e non dagli uffici. Lo facciamo tentando (come sempre abbiamo fatto) di creare le condizioni per una maggiore integrazione tra esperienze diverse, approcci complementari, professionalità le più varie. Questo tentativo è destinato ad essere messo in crisi, semmai, proprio da alcune norme della legge voluta a tutti i costi; con la creazione di condizioni che svilupperanno tensioni, lotte e confronti duri tra i diversi soggetti impegnati". "In quanto al tutti insieme – concludono -, si ricorda a Fantoma che, con la presa di posizione della Fict, lo schieramento che non condivide né contenuti, né filosofia, né metodi di approvazione del provvedimento recente è, ormai, quasi totale. Restano a difendere la legge Fini Giovanardi, un silenzioso Muccioli ed un rutilante e trionfante Don Gelminix, assieme con pochi (ma veramente pochi) altri. Magari, ci dica Fantoma (se ne ha il coraggio) cosa ne pensa dell’idea di Giovanardi e della Ministro Moratti di intervenire con un altro decreto e fiducia per inasprire ulteriormente, qui e là , una legge troppo lassista". Comunicato del Sindacato autonomo infermieri penitenziari
14 febbraio 2006
Al gentile personale infermieristico a rapporto libero professionale degli istituti di pena
Gentili amici, ancora una volta il Dap ed il nostro Ministero hanno dimostrato quanto grande sia l’indifferenza ed il poco rispetto che nutrono nei confronti delle Aree Sanitarie e degli infermieri a parcella dei nostri istituti. Solo ora, dopo una vergognosa attesa di 25 mesi, è arrivato il Decreto di aumento da accogliere con diffidenza e rabbia, decreto il cui iter è ricominciato soltanto agli inizi del dicembre 2005 con la scusa, a loro dire, che il Ministero della Salute se lo era dimenticato dentro il cassetto ma dopo averci lasciato senza risposta per 10 mesi malgrado le nostre numerose richieste. Da accogliere con diffidenza ed invitandovi a tenerci informati su eventuali tagli ai monte ore delle guardie infermieristiche onde evitare, come sempre avvenuto, che tocchi a noi stessi pagarci tale aumento. Da accogliere con rabbia in quanto ci siamo visti, (ma la partita non è ancora chiusa del tutto perché importante è provarci ad ottenere le cose non accettare supinamente come altri fanno anche perché non hanno veri interessi per noi), letteralmente rubare un anno di arretrati sotto gli occhi con la consueta bugia del non c’è fondi, o perlomeno i fondi stessi non ci sono perché sperperati per altre cose meno (per noi e per i detenuti) importanti. Ma questa Amministrazione così aperta e consapevole dei vostri problemi, dicono le loro parole smentite dai fatti, non solo ci riserva si tali scorrettezze ma addirittura è ancora cieca e sorda a tutta una serie di problematiche che affliggono la nostra categoria. Da anni ci viene detto, nonostante l’assurda lotta contraria di alcune forti corporazioni (anche sindacali), che sono d’accordo ad affrontare una sanatoria e poi fanno concorsi non dando nemmeno uno straccio di punteggio ad infermieri che da anni già operano nelle carceri come libero professionisti. Da anni dicono che gli infermieri devono avere autonomia operativa tramite progetti obiettivo ma ancora oggi vige la legge del padre padrone e quasi sempre gli infermieri, anche ricattati, devono subire violazioni non solo alla loro autonomia professionale (Vedi legge 46 del 99) ma spesso devono avere ruoli ben peggio che subalterni. Noi vogliamo una medicina autonoma ma autonoma davvero non autarchie. Siamo stanchi di vedere continuamente tagliati i fondi per i monti orari infermieristici con la sola logica di colpire il più debole senza porsi il problema di guardarsi attorno ed accorgersi che possono esserci altre strategia di risparmio con progetti seri. Siamo stanchi di assistere ai privilegi di alcune corporazioni a scapito di infermieri e detenuti. Siamo stanchi di sentire il vittimismo di alcuni rappresentanti di categoria (direttori, dirigenti sanitari) che piangono sentendosi danneggiate dal sovraffollamento degli Istituti e poi vedere quegli stessi signori che indiscriminatamente e unilateralmente provvedono a svuotare i monti ore di assistenza infermieristica per rimediare qualche soldo al fine di soddisfare i propri bisogni. Noi saremo anche un sindacato piccolo, è vero, ma non siamo remissivi e tanto meno ci metteremo genuflessi ad accettare tutto questo. Noi abbiamo ancora voglia di lottare anche se a volte la lotta è impari. Noi vi chiediamo di starci vicino e di segnalare tutto ciò che è contro la nostra dignità professionale e umana. Noi come sempre d’altronde, lotteremo ed organizzeremo iniziative di lotte eclatanti per riavere i nostri arretrati, per avere una sanatoria seria e vera che dia la dipendenza a tutti i precari e per contare di più ed avere la nostra autonomia professionale all’interno delle aree sanitarie che poi è ciò che ci spetta per legge.
Per il SAI, il Segretario Nazionale, Marco Poggi
Sai - Sindacato Autonomo Infermieri (già Sitap) Via A. Da Faenza 14. 40129 - Bologna Telefono e Fax 051.367116 E-Mail saisind@libero.it Sito internet web http://saisind.interfree.it Gran Bretagna: Blair farà costruire villaggio olimpico ai detenuti
Peace Reporter, 14 febbraio 2006
Più per pragmatismo britannico che per spirito olimpico, il governo di Tony Blair vuole servirsi di decine di migliaia di detenuti per costruire le infrastrutture per i Giochi del 2012 a Londra. È una proposta contenuta nella strategia quinquennale esposta nei giorni scorsi dal ministro degli interni Charles Clarke, che mira a far scendere la popolazione carceraria con misure controverse. Lavori socialmente utili. Il punto chiave è far uscire i detenuti dalle prigioni, rendendoli utili alla comunità e dando loro una possibilità in più di redenzione. "Il lavoro non pagato è alla base di tutto", ha detto Clarke. "È più duro lavorare che languire in una cella. Da questo punto di vista, il lavoro è virtuoso. E vogliamo far lavorare gratis i detenuti in luoghi ben visibili al pubblico, per far vedere che stanno ripagando la loro comunità". "Speriamo che questo porti anche a un importante contributo alla preparazione dei Giochi", ha aggiunto un portavoce del ministero. La misura non è rivolta a quelli che si sono macchiati dei crimini più gravi: non saranno degli assassini a mettere su il braciere olimpico, insomma. Ma borseggiatori, topi d’appartamento e anche spacciatori di droga sì. Tutti quelli che hanno ricevuto condanne per meno di 12 mesi di reclusione. In concreto, si tratta di circa 60.000 potenziali lavoratori. Le altre misure. Nel Regno Unito i detenuti per reati minori prestano già servizio per la comunità: ripuliscono i muri cittadini dai graffiti, puliscono i parchi, restaurando vecchi edifici. Ma con il nuovo piano il governo Blair intende di raddoppiare le ore di lavoro dei carcerati, che al momento sono 5 milioni l’anno. L’intenzione è quella di dimostrare che esistono delle alternative alla prigione per i delitti meno gravi. Un’idea è quella di aumentare le pene pecuniarie per le persone agiate che abbiano commesso un reato, facendo aumentare la penalità man mano che sale il reddito. Per esempio: una multa verrebbe espressa in giorni a seconda della gravità del crimine. Per riscattarsi, ogni giorno avrebbe un valore diverso a seconda della capacità di pagare del reo. Il problema del sovraffollamento. Il problema che ha di fronte il governo di Londra è il sovraffollamento delle carceri. La Gran Bretagna ha 78mila detenuti e il tasso di incarcerazione più alto nell’Unione europea. Se i conservatori – ovviamente contrari al piano di Clarke – sono per la costruzione di nuove carceri, il governo laburista di Blair preferisce la linea della scarcerazione per i reati minori, e dopo il 1997 non ha più speso un soldo per ampliare la capacità dei centri di detenzione. Secondo i dati del ministero degli interni, il 67 percento degli ex prigionieri commettono un reato una volta usciti dal carcere, contro solo il 53 percento dei condannati che hanno prestato servizio per la comunità. E il lassismo del governo non è accettato da tutti. "Molti delinquenti si fanno beffe dei lavori socialmente utili, considerandoli licenze per compiere altri reati", ha detto Norman Brennan, direttore dell’associazione "Vittime del crimine". "L’ossessione del governo per la scarcerazione dei criminali aumenta i rischi per la gente onesta".
|