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Giustizia: Pisapia; con pene alternative risparmio di 1 mld di euro
Ansa, 7 aprile 2006
Se togliessimo dalle carceri i condannati a pene inferiori a tre anni, risparmieremmo ben 2.200 miliardi di vecchie lire (circa 1,1 mld di euro): è il calcolo che Giuliano Pisapia, responsabile giustizia di Rifondazione comunista, ha reso noto oggi nel corso di un convegno su droga, immigrazione e carcere organizzato dal partito. Il carcere, ha detto il parlamentare che secondo molte fonti potrebbe essere il futuro ministro della giustizia in caso di vittoria dell’Unione alle elezioni, è "spesso inutile e costoso" e "bisogna uscire dalla logica della pena carceraria". "Non è buonismo come alcuni dicono - ha precisato - è solo ragionevolezza". Sulla questione carceraria è intervenuto anche Francesco Maisto, sostituto procuratore generale di Milano, secondo il quale "le carceri sono piene di gente che dovrebbe stare in altri posti, come i tossicodipendenti, gli immigrati e i malati di mente. Inoltre, con la legge Fini-Giovanardi è legittimo prospettare un aumento del numero di tossicodipendenti detenuti". "È necessario - ha aggiunto Maisto - collegare la questione delle carceri alla questione sociale". Per quanto riguarda lo stato del sistema penitenziario e le condizioni in cui trovano molte carceri la situazione, secondo Maisto, è drammatica e illegale in quanto non conforme alla legislazione ordinaria vigente. "La demolizione vera e propria di alcune carceri - ha aggiunto il sostituto procuratore - non sarebbe solo un gesto simbolico ma un vero e proprio atto carico di significato" Roma: il Garante; presto sospensione pena per trans in fin di vita
Apcom, 7 aprile 2006
Dovrebbe uscire dal carcere perché le sue condizioni di salute attuali la pongono a rischio immediato di vita più alto ogni giorno che passa, ma da una settimana è in vana attesa che il Giudice per le indagini preliminari decida sulla sospensione della sua pena e, dunque, sulla sua scarcerazione. È la storia, segnalata dal Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti della Regione Lazio, Angiolo Marroni, di Valentina, una transessuale brasiliana di 30 anni reclusa in attesa di giudizio nella sezione B del braccio G8 del carcere di Rebibbia Nuovo Complesso. Valentina, affetta da hiv, ha visto le sue condizioni di salute precipitare drammaticamente nel giro di un mese, quando la notizia della morte del suo compagno (deceduto per l’epatite e l’hiv) l’ha fatta cadere in una depressione profondissima. In poco meno di tre settimane i valori Cdt di Valentina (che segnalano lo stato dell’epatite e dell’hiv da cui è affetta) da anni stabili sono precipitati fino a sfondare la soglia minima di 100, sotto la quale c’è il rischio concreto di vita a causa di infezioni che potrebbero essere prese in tutte le condizioni di vita, e a maggior ragione in carcere. A quanto risulta all’Ufficio del Garante regionale dei Diritti dei Detenuti, lo scorso 28 marzo la Direzione sanitaria del carcere ha inviato tempestivamente una relazione al Giudice per le Indagini Preliminari competente con la quale si giudicava Valentina non idonea al regime carcerario per le sue condizioni di salute. A distanza di sette giorni un pronunciamento sulla sospensione della pena non è ancora arrivato. "Auspichiamo che il Gip decida presto, e con umanità, e lasci a Valentina la possibilità di avere cure adeguate lontano da una cella - ha detto Marroni - Per altro, la ragazza si è resa conto di quanto le sta accadendo ed ha chiesto anche di essere espulsa dall’Italia per morire a casa sua, in Brasile. In generale, quella delle transessuali detenute a Rebibbia è una situazione difficile, costrette come sono a vivere quasi isolate dal resto della popolazione carceraria e, nella maggior parte dei casi, lontane dalle proprie famiglie. A ciò si aggiungono tragedie come questa, in cui occorre avere una particolare sensibilità, necessaria per saper scegliere fra il rigore della pena e la pietà". Tommaso Onofri: il papà; contro pena morte, ma restrizioni reali
Ansa, 7 aprile 2006
"Mario Alessi non era un padre di famiglia. Alessi era una bestia che metteva al mondo dei figli. È diverso. Per me un padre di famiglia è un’altra cosa, perché non ha pensato neanche al suo, di figlio. Un bambino di 6 anni, cardiopatico: che futuro ha? Non ci ha pensato a questo? Ci sto pensando io, come penso a quelli che mi sono rimasti". Parole e pensieri di Paolo Onofri, il papà del bimbo di 17 mesi sequestrato e trovato priva di vita sabato scorso nei pressi del greto del torrente Enza, avvicinato dal Tg5 davanti alla casa di Martorano dove la famiglia vive ormai da settimane, ospite della sorella della moglie Paola Pellinghelli, dopo aver lasciato il casale di Casalbaroncolo dove il piccino fu rapito il 2 marzo. "Dormo sedato, non riesco a capacitarmi. Questa cosa non ha senso. Quando penso a Tommy piango, e basta", aggiunge ai cronisti. Era "il filo della speranza che ci spingeva ad andare avanti. Invece è finita nel peggiore dei modi, e ogni giorno che passa è sempre più agghiacciante". Poi, sulla foto che ritrae il volto di Tommaso scelta in vista dei funerali, che saranno celebrati sabato, spiega: "Mi sembrava la più dolce". Onofri ieri sera è stato ospite di Porta a porta, con la moglie, che è rimasta sempre in silenzio, e l’avvocato Claudia Pezzoni, amica di famiglia. Ha detto di essere "contrario alla pena di morte", ma serve "una reale restrizione della libertà". Una posizione diversa da quella della moglie, che ieri a Casalbaroncolo aveva detto di essere "sempre stata favorevole" alla pena capitale, precisando: "Ma in casi come questi sono più cattiva, vorrei vederli soffrire poco a poco". "C’è differenza tra omicidio volontario e infanticidio", ha aggiunto il papà di Tommy, spiegando il suo pensiero, in collegamento video con la trasmissione di Bruno Vespa: "Qui è stato colpito un essere umano che nemmeno era in grado di difendersi. Credo che sia ben più grave di un omicidio". E quando gli è stato chiesto se pensa di poter essere in grado di perdonare, il padre di Tommy ha risposto: "Non credo, per il momento no". "Tommaso presentava una lesione frontale, chi l’ha colpito lo ha guardato in faccia", ha sottolineato l’avv. Pezzoni. "Oggi sono stata nel carcere di Parma - ha detto - C’era un silenzio quasi irreale. Si sentiva il dolore dei detenuti e degli agenti". Tommaso Onofri: La Russa; proporrò legge per ergastolo vero
Ansa, 7 aprile 2006
"Non appena il Parlamento inizierà il suo lavoro presenterò un disegno di legge affinchè per alcuni tipi di omicidio volontario aggravato, e in particolare per l’infanticidio a scopo di estorsione, sia comminato un ergastolo che non prevede in nessun caso la remissione in libertà". Ad affermarlo è Ignazio La Russa, capogruppo di Alleanza nazionale alla Camera, alcuni giorni dopo il tragico epilogo della vicenda del piccolo Tommaso. "Si tratta - spiega il dirigente di An nella sala stampa di Montecitorio - della traduzione normativa del concetto di buttiamo via le chiavi, un concetto che la gente capisce". La Russa accusa la sinistra di proporre l’abolizione del carcere a vita. "L’ergastolo - sostiene il deputato di Alleanza nazionale - di fatto non esiste più dopo l’introduzione della legge D’Alema, con la quale attraverso il rito abbreviato è automatica l’attenuante e la modifica nei 30 anni di carcere tramite l’applicazione di tutte le regole premiali". Abolire la parola ergastolo dal codice italiano come vorrebbe la sinistra - conclude La Russa - "significherebbe anticipare di diversi anni la remissione in libertà di chi invece secondo noi non merita nessun beneficio". Tommaso Onofri: Romagnoli (Ms-Ft); pena morte per deterrente
Ansa, 7 aprile 2006
La pena di morte "almeno come deterrente" nei confronti di chi si macchia di "crimini orrendi come quello del bimbo di Parma": torna a sollecitarla il segretario nazionale del Movimento Sociale - Fiamma Tricolore, Luca Romagnoli, secondo il quale "non è giusto che la società si faccia carico degli animali che compiono questi atti". Parlando con i cronisti oggi ad Assisi, Romagnoli ha ribadito il valore di deterrenza della pena di morte, "anche come elemento preventivo: certa gente, prima di compiere crimini terribili ai danni dei bambini, ci penserebbe", ha detto Romagnoli, precisando che poi la pena stessa "potrebbe essere commutata in carcere a vita, ma a spaccare pietre, non in comode celle". Tommaso Onofri: nel carcere di Parma Mario Alessi rischia la vita
Il Messaggero, 7 aprile 2006
L’isolamento in cella dura da cento ore, accompagnato dalle urla incessanti dei detenuti di via Burla contro Mario Alessi, il mostro di Casalbaroncolo. "Bastardo, assassino, ti devi solo ammazzare", notte e giorno senza tregua. Le minacce arrivano via e-mail anche al suo avvocato, centotrenta negli ultimi due giorni. È un clima pesante quello calato su Parma. Le minacce . Nel suo studio, tutto liberty, che affaccia sul fiume, il legale del Mostro confessa: "Credo nello Stato di diritto, come avvocato ho l’obbligo di tutelare ogni imputato nel rispetto della legge". È una signora dai lunghi capelli biondi Laura Ferraboschi, sotto la toga nasconde jeans e giubbotti di seta griffati: "Il mio cliente non ha soldi, lo difendo esercitando il gratuito patrocinio. Dopo sabato, l’ho incontrato un paio di ore, era in stato di choc. Temo che in quel carcere non arrivi vivo al processo, ho chiesto che Alessi sia trasferito a Bologna. Vorrei anche che fosse sottoposto ad una perizia psichiatrica, ma non riesco a trovare nessuno disposto a lavorare gratis. Sono preoccupata anche per le minacce nei miei confronti. Non per la mia incolumità, ma perché non mi sembrano spontanee: c’è chi sta soffiando sul fuoco, per qualcosa che con questa storia non c’entra niente". Anche Franca Uggeri, avvocato di Salvatore Raimondi, chiederà gli arresti domiciliari per il suo assistito, da trascorrere nella casa della madre a Parma. La personalità del Mostro. In attesa che si trovi uno psichiatra, gli inquirenti s’interrogano sui comportamenti di questo Alessi che manifesta un notevole profilo criminale. La sua straordinaria capacità di simulazione, manifestata nelle molte apparizioni televisive, sta a dire che è un sadico anaffettivo più che un violento, in grado di pianificare con lucida e freddezza le sue azioni, dallo stupro della ragazza al rapimento del bambino. Difficile immaginare che abbia ucciso Tommy, se come sembra è stato lui, in un gesto d’impeto. Forse, all’insaputa dei suoi complici, Salvatore Raimondi e la moglie, aveva già deciso di uccidere il bambino. Anche l’ipotesi di un sequestro lampo, nel cascinale di Selva Cisterna, luogo freddo e privo di attrezzatura, sembra più una beffa che un progetto reale. A scegliere il luogo è stato lui, Alessi d’estate ci andava in gita. Il manovale dimostra anche una certa furbizia nelle mosse della sua autodifesa. Prima dell’arresto si era offerto spontaneamente, insieme alla moglie, di sottoporsi al tampone, cioè al prelievo del Dna. Sicuro di non aver lasciato traccia, lo riteneva un modo di allontanare i sospetti. Ma qual è il movente dell’omicidio di un bambino di 17 mesi, se non un odio profondo nei confronti del padre o della famiglia? Oppure ad Alessi il delitto è stato commissionato. Troppo forte la distanza tra l’ambizione del progetto e la sua sommaria esecuzione. Antonella Conserva arriva sul posto con il bambino, ha con sé il telefonino del marito: Alessi deve raggiungerla con Tommaso nascosto nel sacco ma ritarda. La donna s’innervosisce e fa uno squillo sul cellulare di Raimondi, che è però già fuori dalla cella di Casaltone. Un segnale che incastra lei e dimostra la sincerità del complice. Il movente. Per questo il movente resta inafferrabile. Dietro ad Alessi s’intravede un contesto criminale, quello più volte descritto dei tanti calabresi e siciliani a soggiorno obbligato che affollano il parmense da Brescello a Casaltone. Ma non c’è ancora uno scenario credibile che giustifichi il rapimento a scopo di estorsione. Si scava in una strana storia di riciclaggio, l’affare di cui parla il capomastro Barbera l’avrebbe proposto proprio Alessi che assicura di essere in contatto con un gruppo di tunisini interessati a investire forti somme di denaro in appartamenti e ville o in banca. Prima uno, poi cinque milioni di euro. Barbera si rivolge ad Onofri che dà dei consigli. Tutti sembrano parlare in codice, poi l’affare sfuma: ma c’è mai stato? Uil Penitenziari: carceri bomba pronta a esplodere, serve amnistia
Ansa, 7 aprile 2006
È Eugenio Sarno, assistente capo della polizia penitenziaria, il nuovo segretario generale della Uil-penitenziari. Ad eleggerlo, per acclamazione, sono stati gli oltre 200 delegati che hanno partecipato al secondo congresso nazionale del sindacato. Riconfermati i segretari nazionali Armando Algozzino e Giuseppe Sconza; Angelo Urso è il nuovo tesoriere, Sergio Grisini il presidente. "La questione penitenziaria - afferma Sarno in una nota - deve essere una priorità del futuro governo, a prescindere dall’appartenenza. Siamo molto preoccupati per il clima che si respira nel nelle carceri e gli effetti sul sovraffollamento di recenti norme non tarderanno ad acuire le tensioni interne. Occorre immediatamente aprire una discussione per varare un’ amnistia. Questa bomba ad orologeria - sottolinea - non tarderà a scoppiare e allora nessuno potrà sottrarsi alle proprie responsabilità. Revisione degli organici, una nuova politica penitenziaria che non uccida la speranza, la meccanizzazione e l’informatizzazione degli istituti, il riscorso a pene alternative alla detenzione, queste le soluzioni percorribili e possibili per disinnescare l’orologio". "Rispetto al futuro governo - conclude Sarno - ci porremo, come sempre, in modo responsabile. Vogliamo sperare che il nuovo ministro della Giustizia abbia almeno una predisposizione all’ascolto. Credo che nessuno sentirà la nostalgia del ministro Castelli. Non abbiamo alcun motivo per ricordarlo e voglio sperare che non dovremo spiegare anche al suo successore che alle dipendenze del ministro della Giustizia è posto un Corpo di Polizia". Biella: per abusi sessuali condanna anche a cura psicoterapeutica
Ansa, 7 aprile 2006
Un cinquantenne biellese, residente in Valsessera, accusato di abusi nei confronti di un minore, ha patteggiato una condanna a 1 anno e 8 mesi di reclusione con i benefici e a un risarcimento completo del danno (poco meno di 10 mila euro). L’ordinanza del gup Mauro Ruggero Crupi ha previsto, in aggiunta alla sospensione condizionale della pena, il trattamento piscoterapeutico: l’uomo dovrà periodicamente recarsi nel centro di igiene mentale dell’Asl di Borgosesia (competente per territorio) e sottoporsi a visite e controlli. Di volta in volta il medico avrà l’obbligo di comunicare al magistrato l’esito degli incontri e il rispetto dei patti perché se venisse saltato un appuntamento senza giustificazione, il beneficio della sospensione della pena verrà meno e l’uomo non potrà evitare il carcere. Il caso si era verificato nel ‘98: l’assicuratore andando a trovare dei conoscenti che ospitavano un bambino proveniente dall’Europa dell’Est per un periodo di vacanza, aveva rivolto le sue attenzioni al ragazzo che all’epoca dei fatti aveva 11 anni, solo carezze e palpeggiamenti che non si sono mai più ripetuti, ammessi pienamente dallo stesso imputato che ha anche chiesto di essere aiutato. Grazie alla sua collaboratività è arrivata la sentenza innovativa. Novara: uccise figlio tossicodipendente; "eccesso legittima difesa"
Ansa, 7 aprile 2006
Un anziano padre uccise il figlio tossicodipendente durante l’ennesimo litigio. Accusato di omicidio volontario, la sua posizione è stata alleggerita dai giudici che gli hanno riconosciuto l’eccesso colposo di legittima difesa e lo ha condannato a un anno e sei mesi, con la sospensione condizionale della pena e il riconoscimento di tutte le attenuanti. È accaduto in corte d’Assise a Novara. Il processo era a carico di Graziano Cheula, pensionato di 79 anni di Druogno che la sera di Santo Stefano del 2003 aveva ucciso il figlio Giuseppe, 39 anni, tossicodipendente. Il pensionato doveva rispondere di omicidio volontario, tant’è che il pm Bianca Maria Baj Macario ne aveva chiesto la condanna a 10 anni e mezzo. La Corte ha invece riconosciuto che quando Graziano sparò a Giuseppe lo fece pensando di doversi difendere dall’ennesima aggressione di quel figlio disfatto dalla droga. Forlì: appello ai candidati; modificate la legge Bossi - Fini...
Consorzio Technè, 7 aprile 2006
In occasione delle imminenti elezioni politiche, un gruppo di volontari della giustizia che oggi sono 97 firmatari di Forlì e Cesena, impegnati in un percorso formativo sui temi dell’esecuzione penale, hanno promosso un appello a tutti gli 84 candidati della nostra provincia. Hanno aderito all’appello i candidati Euro Camporesi (Rifondazione Comunista) Alberto Manni (Margherita) Giuliano Pedulli (Ulivo DS) Renzo Sangiorgi (Comunisti Italiani) Lanfranco Turci (Rosa nel Pugno) Sauro Turroni (con l’Unione-Verdi). L’obiettivo era ottenere l’impegno dei futuri eletti per il cambiamento della legislazione sulla clandestinità di cui al T.U. sull’immigrazione, anche in considerazione dell’allarmante sovraffollamento degli Istituti di pena e delle condizioni di invivibilità che si sono create. I 97 volontari intendono quindi continuare nell’impegno a trovare soluzioni civili per promuovere la legalità. Da martedì prossimo saranno sostenuti anche dai deputati e senatori eletti dal nostro territorio che hanno aderito all’appello. Volterra: concluso seminario internazionale sul teatro in carcere
Ansa, 7 aprile 2006
Sono aumentati del 5,61% in due anni i penitenziari italiani in cui i detenuti sono impegnati in attività teatrali: dal 51,94% del totale nel 2003 si è passati a 54,59% nel 2005. È questo il principale dato cui cui si è basato il confronto tra l’Italia e gli altri paesi dell’Ue nel corso del seminario internazionale "Teatro e carcere in Europa. Formazione, sviluppo e divulgazione di metodologie innovative" che si è concluso oggi a Volterra (Pisa). Un’occasione di dialogo fra i partner del progetto europeo Socrates per fare il punto - sottolinea il ministero della Giustizia in una nota - sulle buone pratiche sperimentate in Italia, Germania, Svezia, Austria, Francia e Inghilterra, sulle quali l’Unione Europea dovrà esprimersi in materia di attività trattamentali e teatro penitenziario. Presenti i rappresentanti delle delegazioni dei sei Paesi: Carte Blanche, con il regista Armando Punzo, direttore e fondatore della Compagnia della Fortezza del carcere di Volterra, per l’Italia; AufBruch Kunst Gefangnis Stadt, con Holger Syrbe, per la Germania; Riks Teatern, con Lars Norn, per la Svezia; Verein Kunstrand, con Sabine Sandberg, per l’Austria; Theatre de l’Opprime, con Rui Frati, per la Francia; Escape Artists, con Mattew Taylor, per l’Inghilterra. Il seminario si è articolato in tre giornate, introdotte dai capi dei dipartimenti dell’Amministrazione penitenziaria, Giovanni Tinebra, e della Giustizia minorile, Rosario Priore. Bologna: il volontariato può cominciare anche con una lettera
Redattore Sociale, 7 aprile 2006
A Bologna nasce un gruppo promosso dal Centro Poggeschi: scambi epistolari con i detenuti in attesa dell’autorizzazione per entrare in carcere. L’idea del cappellano della Dozza. Ogni giorno qualcuno entra in carcere e vi rimane solo per poche ore. Il tempo di scambiare quattro chiacchiere, vedere un film, discutere di un libro oppure "fare qualcosa di culturale". Ma c’è anche chi, in attesa di entrare, si limita a scrivere, a diventare "amico di penna" dei detenuti. Il volontariato carcerario è diffuso in tutta Italia, diverse le attività svolte, unica regola: ottenere il permesso del giudice di sorveglianza. Pratica che, solitamente, richiede due o tre mesi. Tempo che qualche volta può bastare a far perdere all’aspirante volontario la voglia di partecipare alle attività dell’associazione oppure dirottare il suo desiderio di "essere utile" verso altri fronti. Per non perdere "i più giovani" i volontari del Gruppo Carcere del Centro Poggeschi di Bologna hanno inventato "gli scambi epistolari": lettere tra chi ancora non ha ottenuto il permesso di entrare alla Dozza e i detenuti del penitenziario bolognese. L’idea di dar vita ad un "gruppo lettere" è venuta a padre Renzo Zambotti, il cappellano del carcere, per rispondere ad una duplice esigenza: il bisogno di "parlare" di chi sta dentro e quello di avere un primo approccio con il carcere da parte di chi sta fuori e desidera iniziare un’esperienza di volontariato, ma ancora non è stato autorizzato ad "entrare". Il primo esperimento quattro anni fa quando padre Renzo e i volontari hanno chiesto ai detenuti di scrivere lettere a tema per avviare una discussione sui temi della pena e dell’indulto. "Oggi non è più così – racconta Giulia Cella, una delle volontarie – chi scrive è libero di affrontare i temi che preferisce. C’è chi vuole parlare di pace, provvidenza e perdono e chi preferisce argomenti più normali come la cucina o la musica ". Spesso i detenuti utilizzano carta e penna per raccontare le loro storie personali, esprimere aspettative e preoccupazioni. "Nelle lettere i detenuti si raccontano, parlano di sé – continua Giulia – molto spesso si interrogano sul "dopo", sulla possibilità di trovare un lavoro". Ogni lunedì sera padre Renzo tira fuori una lettera dalla borsa, i volontari, una decina di studenti universitari e giovani lavoratori, la leggono e insieme decidono cosa rispondere, come indirizzare la "conversazione". "La particolarità del nostro gruppo – spiega Giulia – è proprio quella di rispondere sempre in gruppo, di proporre una comunicazione uno a molti. Può apparire strano, ma siamo convinti che ai detenuti faccia piacere che ci siano più persone ad occuparsi di loro". Qualche volta lo scambio epistolare si conclude dopo poco tempo, ma in altri casi può durare per anni e interrompersi solo quando il detenuto esce. Per chi si trova in carcere scrivere è anche un modo per trascorrere il tempo. I volontari sanno, infatti, che una lettera deve essere pensata, corretta, ricopiata e tutto questo può tenere impegnato un detenuto anche più giorni. Per chi legge, invece, è un modo per capire meglio il carcere e la vita quotidiana che si svolge al suo interno. Il "postino" e ideatore di questo scambio epistolare è il cappellano della Dozza, padre Renzo Zambotti. È lui che chiede ai detenuti di scrivere. "Di solito è una proposta che faccio a quelli che vedo giù di morale" racconta. Capelli arruffati e un forte accento trentino, padre Renzo si trova quotidianamente a contatto con i detenuti ma anche con chi di carcere non sa assolutamente nulla. "Chiariamo subito che chi sta dentro non è un santo, altrimenti si troverebbe altrove – spiega – ma per la gente è difficile capire che in carcere si soffre di solitudine e soprattutto che anche i detenuti sono persone nonostante abbiano condanne, anche lunghe, da scontare". Ecco che, allora, il far uscire i loro pensieri sotto forma di lettera, il poter essere in contatto con persone "normali", è un modo per mettere in contatto due mondi che, pur appartenendo alla stessa società, solo raramente comunicano. "Per alcuni detenuti scrivere – prosegue il dehoniano - è un modo per uscire dal muro dei soliti ragionamenti, un confidarsi senza venire giudicati". Sì, perché se dall’esterno è difficile capire cosa accade in cella, da dentro è altrettanto complicato avere una visione di ciò e di chi sta fuori. Un muro simbolico che si aggiunge a quelli fisici e rende ancora più complicato il reinserimento di chi, finito di scontare la pena, cerca di tornare nella società. "Mi capita spesso di essere invitato a parlare di carcere a conferenze e dibattiti e mi accorgo che c’è tantissima ignoranza – conclude – ed è un po’ anche colpa vostra che mettete il reato sempre in prima pagina, mentre chi esce non appare mai". "Salvo casi eclatanti", precisa Giulia. Ferrara: l’Agenzia delle Entrate dà assistenza fiscale ai detenuti
Fisco Oggi, 7 aprile 2006
L’ufficio delle Entrate e la Casa circondariale di Ferrara hanno stipulato un protocollo di intesa per l’assistenza fiscale ai detenuti, al personale di guardia e amministrativo in servizio presso la struttura carceraria. L’accordo prevede assistenza e informazione su adempimenti tributari, compilazione e trasmissione telematica della dichiarazione dei redditi, rilascio di codice fiscale e partita Iva, comunicazioni di irregolarità e rimborsi. I servizi saranno erogati, con cadenza quindicinale, dai funzionari dell’Amministrazione finanziaria, che si recheranno presso la Casa circondariale. Attraverso questa iniziativa, l’Agenzia, in linea con i propri obiettivi istituzionali, assicura assistenza "a domicilio" alle categorie di contribuenti che si trovano nell’impossibilità di recarsi presso gli uffici delle Entrate. Torino: pestaggio al "Ferrante Aporti", agente rinviato a giudizio
La Stampa, 7 aprile 2006
La guardia penitenziaria del Ferrante Aporti Luca Alfarano è stato rinviato a giudizio per concorso in lesioni gravissime. Da ottobre era agli arresti domiciliari perché, secondo l’accusa, sarebbe stato corresponsabile del pestaggio di gruppo di un ragazzo marocchino, Mouad: il branco irruppe nella cella della vittima, che osservava il digiuno per il Ramadan e non aveva seguito i compagni alla mensa del carcere. Preso a calci in faccia e bastonate, Mouad ha praticamente perso la vista dall’occhio destro. Dopo mesi, tre degli aggressori - Nicola Bertocchi, condannato per l’omicidio di Desirè Piovanelli, il magrebino Younis Zatar e il bosniaco Alexander Ilic - hanno detto al pm Giuseppe Riccaboni che ad aprire loro la cella della vittima era stato un agente di custodia, Luca Alfarano, d’accordo con i detenuti "per dare una lezione" a Mouad. L’avvocato di Alfarano, Antonio Mencobello, sostiene invece che i ragazzi si siano messi d’accordo per mettere in difficoltà la guardia: "I confronti cui sono stati sottoposti ne hanno messo in chiara luce le contraddizioni: c’è stato chi ha ritrattato e poi è tornato ad insistere sulle accuse al mio cliente". Alfarano, 35 anni, sposato e con un figlio piccolo, non ha mai avuto richiami o note di demerito. Quella mattina sarebbe stato convinto ad aprire la cella da un detenuto, con la scusa di dover prendere i propri effetti personali per un trasferimento. Enna: due detenuti restaurano le tele di San Giuseppe
Vivi Enna, 7 aprile 2006
Verranno presentate il prossimo 11 aprile nella sala polivalente della Casa Circondariale di Enna le due tele raffiguranti San Giuseppe e San Francesco, restaurate da due detenuti del carcere ennese guidati dal maestro restauratore Sonia Sutera. Le due tele risalenti all’800 da autori ignoti erano state trafugate e poi ritrovate e provengono dalla chiesa dei Cappuccini di Villarosa; l’iniziativa del restauro fa parte di un progetto educativo realizzato dalla Casa Circondariale ennese in collaborazione con la Diocesi di Piazza Armerina e la Soprintendenza ai Beni Culturali di Enna con l’intento di far venire fuori risorse e capacità spesso inesplorate dell’animo umano. Per l’occasione il vescovo della Diocesi di Piazza Armerina, Mons. Michele Pennisi celebrerà una messa alla quale seguirà la cerimonia di presentazione delle tele alla presenza della direttrice della Casa Circondariale, Letizia Bellelli e del personale dell’aria educativa. Soddisfatto di questa iniziativa padre Giacomo Zangara, cappellano del carcere: "Il mio sogno è che si possa creare stabilmente un laboratorio di arte e cultura per il recupero dei beni culturali, il cappellano conclude poi dicendo: "Questo per divulgare l’insegnamento del valore del bello anche all’interno della popolazione carceraria". Droghe: la nuova legge "inciampa" già sul test delle dosi...
Corriere della Sera, 7 aprile 2006
Fatta la legge trovato l’inghippo. Le nuove tabelle "spartiacque" tra consumo e spaccio di stupefacenti già sollevano interrogativi. Il caso: martedì i carabinieri di Castiglione delle Stiviere fermano un operaio di ventinove anni perché in possesso di dieci grammi di hashish più i due trovati in casa. Nessun dubbio sulla quantità: cinque grammi bastano a configurare lo spaccio. Ma le norme fissano pure il limite del principio attivo: in questo caso 500 milligrammi di Thc. E qui sorge il problema. Il narcotest individua il tipo di stupefacente (eroina, coca o altro). Ma per valutare l’ entità del principio attivo presente, nel caso specifico in quei 12 grammi complessivi di hashish detenuti dall’ operaio, serve un esame chimico-tossicologico che richiede 15-20 giorni di tempo. A questo punto come può il pm chiedere la convalida dell’ arresto entro 48? Ieri così in Tribunale due processi per detenzione ai fini di spaccio sono stati rinviati. Gli avvocati hanno subito sollevato la questione per orientare la loro strategia: chiedere l’ assoluzione oppure un rito alternativo per lo sconto di pena? In un caso infatti il principio attivo era fuori tabella. "Occorre cautela - spiega il pm Giulio Tamburini -: si devono studiare bene le tabelle per capire se siano richiesti entrambi i requisiti, quantità assoluta e valore del principio attivo, oppure basti uno dei due elementi. Certo questo aspetto si pone solo per i piccoli quantitativi". La droga molto "tagliata" può risultare fuori dai parametri tabellari di principio attivo pur rientrandovi come quantità. In ballo non ci sono noccioline, ma anni di carcere. Immigrazione: Violante (Ds); Cpt vanno male ma non chiuderemo
Ansa, 7 aprile 2006
"I Cpt in questo momento vanno male o malissimo, vanno regolati e occorre stabilire dei controlli da parte delle organizzazioni umanitarie. Ma è importante che vi sia un luogo dove far transitare gli immigrati. Certo i Cpt non possono essere un carcere parallelo, un luogo di reclusione. Quello che l’Unione sta facendo è interrogarsi sulle procedure di controllo". Lo ha detto Luciano Violante, capogruppo Ds alla Camera, a Palermo, rispondendo ad una domanda dei giornalisti. Violante ha aggiunto che "il problema dell’immigrazione si frena sviluppando i processi economici dei paesi di provenienza. E per fare questo occorre stipulare degli accordi bilaterali, sia per il riconoscimento dei migranti, sia di tipo economico. E non come l’accordo fatto dal governo di centrodestra con la Libia, che è stato controproducente".
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