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Lettere: ma quali hotel a cinque stelle? In questo carcere si muore...
Left Avvenimenti, 8 aprile 2006
"Sono un ragazzo di 34 anni e vi scrivo non per chiedervi aiuto, ma perché ho bisogno di sfogarmi, e nonostante mi siano negati tutti i diritti, voglio usufruire di uno che ancora mi è rimasto: quello della corrispondenza. Qui in questo carcere è come stare all’università del crimine, ho imparato tante cose. Dalle tecniche di estorsione a come clonare le carte di credito, da come tagliare le droghe al modo più sicuro di spacciare denaro falso, da come creare false società su internet a come usare le identità delle altre persone. Da piccolo delinquentello che ero ne esco da qui esperto criminale. E poi non vi dico tutti gli agganci e le opportunità che potenzialmente avrei grazie a questo modo ingiusto di farci scontare la pena: per un eventuale mio inserimento nel mercato della droga, oro e oggetti d’arte. Cari amici, voi non immaginate quanto mi fa incazzare quando sento Castelli e molti politici di destra (ma non mancano neanche quelli di sinistra). In particolare Castelli quando parla di rieducazione e di benefici per i detenuti. O quando dichiara che in carcere si vive bene, paragonandole spesso ad Hotel a cinque stelle. Qui in questo carcere si muore. [.] Io trovo che scontare la pena in questo modo sia pura istigazione a delinquere, altro che rieducazione. Questo Governo, questo parlamento non ha fatto altro che approvare leggi ingiuste e poco degne di un Paese democratico, vedi la Cirielli, la legge Fini sulle tossicodipendenze, tutte leggi che hanno il solo intento di punire, punire, punire e nient’altro. Tra i tanti diritti di cui veniamo privati noi detenuti, c’è anche quello di voto. Anche le persone detenute dovrebbero poter esprimere la propria opinione sul modo in cui il Paese è governato. Non ho mai sentito dire che privare alcuni cittadini del diritto di voto prevenga il crimine o riabiliti i trasgressori. Voi che siete stati fautori di tante battaglie di democrazia, libertà, legalità, giustizia, continuate ad occuparvi di questo inferno dei vivi che è il carcere, sistema in grado soltanto di generare mostri."
S.
Risponde Irene Testa, dell’Associazione Radicale "Il Detenuto Ignoto"
Il diritto di voto è uno dei diritti più importanti contemplato e disciplinato all’ art. 48 della Costituzione, è il mezzo attraverso il quale si misura una società veramente democratica. Del resto non è previsto dalla Costituzione solo come diritto, bensì anche come dovere del cittadino. Lo Stato dovrebbe attenersi a limitare soltanto la libertà dei cittadini quando questi compiono atti per i quali è prevista la reclusione, ma per quanto riguarda gli altri diritti fondamentali, questi dovrebbero essere tutelati e garantiti anche quando parliamo di persone recluse. Questo tipo di negazione non ha mai dimostrato effetti positivi. Non ci sono prove che queste persone private del diritto di voto svilupperanno un senso di responsabilità civica; come non vi è alcun legame tra la privazione del voto e la prevenzione del crimine. Al contrario la privazione del voto diventa in molti casi un meccanismo di "cancellazione sociale". Ma se questo accade in linea generale per le persone detenute con condanne passate in giudicato, non si può dire lo stesso per quelle migliaia di persone che invece stanno in carcere in custodia cautelare, e quindi presunti innocenti, o per quelle persone condannate per reati sentenziati come "non ostativi" al diritto di voto. Queste persone mantengono quindi il diritto ad esercitare la loro preferenza eppure, in occasione di queste prossime elezioni politiche, ancora in tanti istituti non risultano essere stati posti in essere gli obblighi di informazione sulla composizione delle liste e sulle forze politiche candidate per le elezioni e di informazione sui contenuti della norma 23 aprile 1976 n. 135, concernenti le modalità di iscrizione dei detenuti negli elenchi elettorali, iscrizione che va effettuata entro tre giorni prima delle elezioni. Manca pochissimo ormai alle votazioni del 9 aprile. Auguro a tutti i lettori un voto sereno e coscienzioso. Speriamo bene, e chissà quanti detenuti riusciranno a votare, e quanti di loro lo faranno per la riconferma dell’attuale ministro Guardasigilli.
Irene Testa Arezzo: Giordano (Prc): sforzi del personale, sovraffolamento inaccettabile
Adnkronos, 8 aprile 2006
Questa mattina una delegazione di Rifondazione Comunista, guidata dall’onorevole Franco Giordano, capogruppo del Prc alla Camera dei Deputati, ha svolto una visita ispettiva alla casa circondariale di Arezzo. Insieme a Giordano c’erano i capigruppo Prc di Comune e Provincia, Alfio Nicotra e Giorgio Malentacchi, e il segretario cittadino del partito Marco Paolucci. Il personale di polizia penitenziaria e il direttore dell’istituto hanno accolto la delegazione con grande cortesia accompagnandola nella visita ispettiva nei tre piani del carcere aretino. Diversi i colloqui avuti da Giordano con i detenuti del carcere tutti inerenti le condizioni di vita degli stessi. "Abbiamo scelto questo carcere e questa città - ha dichiarato Franco Giordano all’uscita dalla casa circondariale - non casualmente. Oggi infatti il ministro Castelli è ad Arezzo per la sua campagna elettorale e volevamo accendere i riflettori sulla drammatica condizione carceraria aggravata in questi anni proprio dal governo del centrodestra. Alla grande umanità e professionalità del direttore e degli operatori fa riscontro una politica di abbandono delle carceri italiane da parte dell’amministrazione centrale che ha finito per bloccare, per mancanza di fondi e volontà politica, ogni progetto di innovazione e di umanizzazione delle condizioni di vita dei detenuti." "Il carcere di Arezzo è sovraffollato - ha proseguito Giordano - la sua capienza regolamentare è di 65 detenuti mentre ne sono ospitati normalmente il doppio (oggi siamo a 113 detenuti). Dopo Sollicciano quello di Arezzo è in Toscana l’Istituto che ha maggiore indice di ingresso di detenuti stranieri o provenienti dal Sud. Nonostante importanti adeguamenti fatti negli anni passati, la struttura ha bisogno di riparazioni strutturali che ne migliorerebbero la vivibilità, specialmente di spazi comuni all’aperto o altri spazi di socialità aggiuntivi alla biblioteca e alla palestra." Giordano dopo aver riconosciuto "l’encomiabile sforzo del personale per fronteggiare una situazione molto difficoltosa" ha rilevato come "con la nuova legge Fini sulle droghe e la sua stretta repressiva, carceri come quello di Arezzo già oggi sovraffollati, rischiano di vedere arrivare dietro le grate una infinità di giovani colpevoli solamente di aver fumato qualche spinello. Tra gli operatori c’è grande preoccupazione per questa eventualità. "Per questa ragione, in caso di vittoria dell’Unione, cancelleremo queste disposizioni repressive - ha detto ancora Giordano - che non aiutano a combattere il narcotraffico e al contempo rischiano di criminalizzare una intera generazione". "Bisognerà infine riprendere in mano la questione dell’amnistia. Quando Papa Woityla in visita alla Camera rivolse un appello ai parlamentari per un gesto di clemenza e di dignità solo noi di Rifondazione lo abbiamo accolto. Il centrodestra, così prodigo in questa campagna elettorale di elogi per il Vaticano, ha preferito girarsi dall’altra parte e far finta di non sentire. Rendere più umane le carceri e rendere effettiva la possibilità di ricorrere a pene alternative a quelle della reclusione - ha concluso il capogruppo Prc alla Camera - sono per noi delle priorità del programma per una giustizia più giusta e che punti al recupero delle persone". Giustizia: Antigone; carceri al collasso dopo 5 anni governo Berlusconi
Ansa, 8 aprile 2006
"La giustizia penale è stata massacrata in questi cinque anni di governo Berlusconi. Cinque anni in cui sono state approvate in sequenza: la legge sul legittimo sospetto (c.d Cirami), la legge sul falso in bilancio, la legge sulle rogatorie, la riforma dell’ordinamento giudiziario, la legge sulla prescrizione e recidiva (Cirielli). Nessuna riforma vera. Il codice penale è sempre quello del 1930". A sottolinearlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone (l’associazione che si batte per i diritti nelle carceri). "La durata media dei processi - spiega Gonnella - è addirittura di 73 mesi. Le prescrizioni sono passate dalle 142.679 del 2001 alle 212.397 del 2004. I detenuti in carcere al 31 dicembre 2001 erano 55.275, al 31 marzo 2006 erano 60.800. Sono aumentati di oltre 5.500 unità, nonostante il numero di reati non sia complessivamente aumentato". "In questi 5 anni - aggiunge - sono morte in carcere in tutto 792 persone di cui 297 sono stati i suicidi. Solo tra il 2001 e il 2003 sono stati 35 i procedimenti avviati per presunti maltrattamenti subiti dai detenuti, di cui 6 si sono conclusi con una sentenza di assoluzione, 8 con una sentenza di condanna e gli altri sono ancora in corso". Sappe: incolumità Alessi garantita da personale polizia penitenziaria
Comunicato stampa, 8 aprile 2006
"Non deve stupire che alcuni detenuti di Parma minaccino espressamente di morte Mario Alessi, il carnefice del piccolo Tommaso Onofri. Anche per il paradossale codice d’onore della criminalità quello di Parma è un delitto abominevole e inappellabile. Ma è altrettanto doveroso evidenziare che, nonostante l’efferato assassinio, gli uomini del Corpo di Polizia Penitenziaria garantiscono anche a quel detenuto l’incolumità e la sicurezza personale. È quindi doveroso rivolgere un plauso pubblico ai colleghi di Parma per come stanno operando nella struttura parmigiana." A dichiararlo è la Segreteria Generale del Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria Sappe, la più rappresentativa dei Baschi Azzurri con oltre 11mila iscritti, che intende porre in rilievo la professionalità degli uomini Personale di Polizia Penitenziaria pur trovandosi di fronte ad un assassino criminale. "Non è un tema semplice parlare del carcere perché la reclusione come esecuzione della pena comminata all’autore del reato e la conseguente questione penitenziaria in generale sono quasi sempre rimosse dall’opinione pubblica, che vive queste realtà con grandissimo distacco e vi si accosta solo quando fanno notizia nei momenti patologici come evasioni e aggressioni, tragici casi come i suicidi, o per la risonanza data da detenuti e inchieste eccellenti. Ancora più difficile è, per i non addetti ai lavori, parlare di chi lavora al suo interno, parlare delle donne e degli uomini della Polizia penitenziaria. Siamo appartenenti ad un Corpo di Polizia dello Stato, che nonostante gravi carenze di organico, deficienze di strutture e di mezzi, rappresentano lo Stato stesso nel difficile contesto delle galere. Il carcere, oggi, si configura quasi come una discarica sociale, un grande magazzino dove la società, senza eccessive remore, continua a riversare tossicodipendenti, malati di AIDS, extracomunitari, malati di mente, pedofili, mafiosi e camorristi, prostitute, travestiti e transessuali. Tutto ciò, insomma, che non si vuole vedere sotto casa e nelle strade. In mezzo a loro, spesso isolato se non dimenticato, il più delle volte anche giovane, l’agente di Polizia penitenziaria, che deve rappresentare la dignità e la legalità dello Stato, la Legge. La rappresenta da solo, con la sua divisa, con la sua coscienza professionale, con il suo coraggio, con il suo rischio. Rappresenta, dunque, la Legge e la sicurezza della società. Se il carcere è, in qualche misura, la frontiera ultima, la più esposta del sistema-giustizia, all’interno del sistema carcerario il personale di Polizia penitenziaria costituisce la barriera estrema. Siamo noi quelli che stanno in prima linea, che stanno nelle sezioni detentive, che stanno in contatto quotidiano con i detenuti 24 ore su 24, 365 giorni l’anno. All’agente di Polizia penitenziaria -ecco la difficoltà e la specificità del nostro lavoro- affida compiti che talvolta sembrano tra loro in contraddizione. Egli deve, in quella frontiera esposta che è il carcere e, come dicevo, spesso isolato se non dimenticato, rappresentare la dignità e la legalità dello Stato. Anche di fronte a criminali disprezzabili come Mario Alessi. Ed è giusto che l’opinione pubblica sappia quanta nobiltà vi sia in questo nostro difficile e ancora troppo sconosciuto lavoro". Bergamo: spaccio di coca in carcere, due arresti dei carabinieri
L’Eco di Bergamo, 8 aprile 2006
Una coppia è stata arrestata dai Carabinieri della Compagnia di Bergamo con l’accusa di aver ideato una rete di spaccio di stupefacenti che arrivava fin dentro le mura del carcere di Bergamo. Gli arrestati sono un operaio di Milano, M.S. classe 1963 e una donna di Cremona R. L. classe 1965. L’ordinanza custodia cautelare è stata emessa dal Gip Vincenza Maccora. L’accusa è concorso in spaccio di sostanze stupefacenti. L’indagine aveva preso avvio dal rinvenimento di involucri contenenti dai 5 ai 10 grammi di cocaina all’interno di scarpe da ginnastica, inviate nel carcere di Bergamo attraverso un pacco postale destinato all’uomo, all’epoca detenuto in via Gleno. La droga veniva poi distribuita all’interno della struttura carceraria. Ad inviare periodicamente i pacchi contenenti scarpe con nascosta all’interno cocaina purissima era - secondo gli inquirenti - la donna. L’indagine dei Carabinieri ha consentito di identificare e deferire altri tre detenuti che dall’interno del carcere si occupavano della distribuzione del narcotico tra i reclusi. Nel corso dell’operazione, che ha previsto anche l’effettuazione di numerose perquisizioni, sono stati sequestrati 5 grammi di cocaina Roma: droga a Rebibbia; 48 arresti, anche 2 agenti penitenziari
La Repubblica, 8 aprile 2006
Ci sono anche due agenti di polizia penitenziaria e un ex maresciallo della Guardia di Finanza tra le 48 persone arrestate dalla procura antimafia di Roma. La loro connivenza serviva per far entrare la droga nel carcere di Rebibbia. Ma il mercato era ben più vasto: radicata soprattutto nell’area a sud della capitale, nei quartieri del Tuscolano, Tiburtino, Colli Aniene e Guidonia Montecelio, l’organizzazione riusciva a piazzare decine di chili di cocaina e hashish ogni mese. L’indagine è nata da una costola di una precedente inchiesta avviata due anni fa dopo la morte di un detenuto. Nella notte sono scattati gli arresti: trecento agenti, unità cinofile e un paio di elicotteri hanno condotto la maxi operazione coordinata dai pm romani Diana De Martino e Assunta Cocomello. Capi di imputazione: detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Le ordinanze di custodia cautelare sono tutte a carico di italiani. In manette è finita anche la convivente di una delle due guardie carcerarie arrestate. Lunghe ore di intercettazione telefoniche hanno permesso alla polizia di individuare i fornitori che alimentavano la rete dei pusher. Ricostruiti anche i canali attraverso i quali i vertici riciclavano i proventi del narcotraffico. Lettere: ma guarda un po’ in che razza di condominio sono capitato…
Giovanni Lamarmora - "Idee libere", giornale della C.R. San Gimignano
Caro amico, nell’ultima mia ti dissi che avevo intenzione di cambiare casa. Come tu sai, il mio lavoro mi porta per tutta la nostra penisola e sono così costretto a prendere case ad uso foresteria. Da qualche tempo mi sono trasferito nell’hinterland di Siena e precisamente a San Gimignano, frazione Ranza. È un caseggiato formato da un’infinità di monolocali a schiera su tre piani, già ammobiliati. L’amministratore è stato categorico: "no si possono sostituire i mobili, né tanto meno cambiare la collocazione". E per non correre rischi ha inchiodato tutti i mobili alle pareti. Deve essere un tipo strano questo amministratore, o forse lo sono le direttive del proprietario dell’immobile. Mi informerò. Comunque, a parte questo inconveniente ci sono tante comodità. Il supermercato è a dieci metri dall’appartamento, la buca delle lettere si trova appena fuori l’uscio, il pronto soccorso è ad uno sputo, il barbiere viene a domicilio e tanto altro ancora. Hanno anche risolto il problema dei contanti! Sai, con tutta la criminalità che c’è in giro oggi, non si può mai sapere! Per cui hanno intestato un libretto di credito universale… è come avere i soldi in tasca e non si corre alcun rischio. Sempre per la sicurezza dei condomini hanno assunto un sacco di portinai, e sono tutti in livrea. Controllano lo stabile ogni dieci minuti e sono da tutte le parti. Chissà che conto, quando mi arriveranno le spese condominiali. A dirla tutta, quando sono arrivato, non mi hanno dato nemmeno le chiavi dell’appartamento. E chi le ha, invece, le chiavi? Sempre loro: i portinai! Ripensandoci, non è proprio come pensavo: quasi, quasi, disdico il contratto, anche se sicuramente dovrò combattere per far accettare la mia decisione. Ci tengono molto che io rimanga qui. Pensa che quando sono arrivato, hanno voluto sapere tutto di me, ma proprio tutto! È per via che ora non ci si fida più di nessuno, prendono tutte le precauzioni possibili prima di affidarci un appartamento. Hanno voluto farmi una foto ricordo: probabilmente volevano in qualche modo scusarsi per l’indiscrezione e la scarsa delicatezza dimostrata. Caro amico nel caso che tu volessi cambiare casa, tieni presente che farei volentieri cambio con la tua. Fammi sapere, così ci accordiamo. Un caro saluto. Verona: in scena uno spettacolo teatrale con il "Vangelo dei detenuti"
L’Arena di Verona, 8 aprile 2006
Ci sono tanti modi per iniziare la Settimana santa. Uno sicuramente diverso da quelli tradizionali si svolgerà nella chiesa di San Nicolò all’Arena in occasione della domenica delle Palme, dove alle 17.30 i detenuti del carcere di Montorio e don Luciano Ferrari, già cappellano del carcere per sette anni, presenteranno Il Vangelo secondo noi, racconti e musica con accompagnamento di fisarmonica e canto di Dario Righetti. I testi saranno letti dai detenuti con il coordinamento di don Marco Campedelli. Si tratta di una singolare "sacra rappresentazione". In questi anni don Luciano Ferrari e i detenuti e le detenute del carcere di Montorio si sono trovati per riflettere sul Vangelo. Da questi incontri è nato un libro dal titolo Il Vangelo secondo noi. Don Luciano ha chiesto a don Campedelli come si poteva presentare, o meglio "rappresentare" questo lavoro. "Si è tentato così di mettere in scena questo testo", spiega don Ferrari, "che ha il pregio di avere per contenuti tutti testi dei detenuti e come attori gli ex detenuti, molti dei quali sono anche autori dei testi". Oltre ai loro e a quelli di don Luciano, don Marco leggerà i testi dei diversi vangeli, mentre il musicista e cantore Dario Righetti accompagnerà il tutto con la sua fisarmonica. "Questo lavoro è stato presentato in questa forma solo una volta all’Eremo di San Rocchetto in Quinzano", dice don Campedelli. "Abbiamo pensato che era importante dare un segnale alla città e alle nostre comunità lasciando che la passione di Gesù iniziasse dando la parola a molti e molte che hanno vissuto e vivono la loro "via crucis" oggi in mezzo a noi". "Non si tratta di uno spettacolo, ma di un’azione che narra la vita di questi amici", sottolinea don Ferrari. "Vita che si intreccia continuamente con le parole del Vangelo. Forse può essere un piccolo aiuto a cominciare la Settimana santa con il piede giusto. Parlare della croce accettando la provocazione delle tante croci di oggi. Per attendere insieme la risurrezione". Il Vangelo secondo noi nasce da un libro di 140 pagine che sono partite dalla riflessione in momenti forti dell’anno liturgico ma con occhi attenti anche all’ecumenismo e al dialogo interreligioso, poiché degli oltre 700 detenuti di Montorio alcuni sono cristiani-ortodossi e una parte consistente di religione islamica. "Per anni, ogni sabato", racconta don Ferrari, "ci siamo incontrati con un gruppo di una quindicina di detenuti per riflettere sulla parola di Dio della liturgia domenicale. Nell’ultimo anno è maturata l’idea di mettere per iscritto anche le riflessioni fatte da loro, i loro vissuti drammatici ma anche pieni di speranza, e proprio a partire dall’esperienza del carcere. Questo", conclude don Ferrari, "è un dono che il carcere fa alla città e alla chiesa di Verona. Troppo spesso si guarda al carcere come ad un mero contenitore, ma questa volta c’è un ritorno offerto a tutti, uno scambio di umanità, di esperienza e di fede. Questi ex detenuti ci chiedono di metterci in ascolto, anche sul piano evamgelico e religioso. E questa è una grande lezione". Chieti: per il terzo i detenuti fanno formazione con la Scuola edile
Il Messaggero, 8 aprile 2006
Prenderà il via lunedì la terza annualità del progetto formativo integrato per l’orientamento e l’inserimento sociale e lavorativo dei detenuti nella Casa circondariale di Chieti. L’iniziativa, che è del Centro territoriale permanente in collaborazione con l’Ente scuola edile e la Casa circondariale, prevede una formazione teorica che si svolgerà dentro la Casa circondariale ed uno stage pratico formativo che sarà attuato all’interno della Scuola edile entro il prossimo mese di luglio per complessive 120 ore di attività. Il progetto è nato con l’obiettivo preciso di reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti ed è attuato con la consapevolezza che solo attraverso il lavoro e le effettive occasioni di formazione sul campo è possibile vincere la battaglia dell’illegalità ed avvicinare chi ha sbagliato al tessuto sociale attivo. Padova: Altin; sono in Italia da quattordici anni e da 11 in carcere…
Il Gazzettino, 8 aprile 2006
"Sono in Italia da quattordici anni, da undici in carcere. Per me è stato molto bello imparare il mestiere di pasticciere. Mi ha tolto dalla solitudine della cella e mi ha messo in contatto con persone che dall’esterno portano modelli di vita da seguire: una magia che ha cambiato la mia vita". È il racconto di Altin, albanese, che ieri era sul plateatico del caffè Pedrocchi a distribuire fette di "colombe della solidarietà e della pace" realizzate dai detenuti della Casa di reclusione di Padova, della quale erano presenti direzione, provveditorato, educatori, agenti di polizia e impiegati. "Mentre il 9 novembre scorso è stata la città, autorità, imprenditori, operatori sociali, a recarsi in carcere, oggi sono i detenuti - ha detto Nicola Boscoletto, presidente del Consorzio di cooperative sociali Rebus - ad incontrare la città. La colomba da loro realizzata vuole essere una testimonianza concreta dell’opportunità di reinserimento lavorativo offerto dalla Casa di reclusione grazie al contributo del Consorzio che, applicando la legge Smuraglia, permette ai detenuti di imparare un lavoro e, una volta scontata la pena, di reintregrarsi più facilmente nella società". La presenza di politici era così alta che Boscoletto ha avvertito che "non si trattava della chiusura della campagna elettorale, bensì di uno scambio di auguri pasquali tra il carcere e le autorità civili e miliari, gli operatori sociali ed economici, i cittadini". Parole in tal senso sono state pronunciate da Salvatore Pirruccio, direttore della Casa di reclusione, Antonella Reale, direttore della Casa circondariale, Giorgio Ronconi, a nome del Magnifico rettore (venti detenuti sono iscritti all’università alla quale possono collegarsi via Internet). Le colombe, in veste coloratissima e raffinata - molte erano inserite in scatole riproducenti affreschi della Cappella degli Scrovegni (Vergine, apostoli, schiere di angeli) - hanno portato un tocco di primavera in una giornata ancora gelida, mentre quattro "vele" proponevano le foto dell’incontro della città con il carcere, con scorci dei laboratori (pasticceria, cartotecnica, manichini, valigeria) e del parco didattico. Catania: uccisa prostituta nigeriana. la sorella; ci vuole la pena di morte
Ansa, 8 aprile 2006
"Non riesco a capire come mai in Italia non si applichi la pena di morte per omicidi così orribili. Nel mio Paese d’ origine, la Nigeria, un omicida del genere risponderebbe con la vita". Lo dice Kate Aigbedion, sorella di Izogie Omoregbe, la prostituta nigeriana uccisa a coltellate domenica scorsa lungo la Catania-Gela da Agatino Gemma, ex agente penitenziario, che ha confessato l’omicidio. La donna, che abita a Brescia, si è rivolta ad un legale, l’avvocato Rosa Emanuela Lo Faro, che ha reso noto il pensiero della sua assistita, per chiedere "giustizia" per la sorella e per costituirsi parte civile nel processo a Gemma. I legali dell’indagato hanno chiesto una perizia psichiatrica. Richiesta contestata dalla sorella della vittima che dice di "non riuscire a comprendere l’ escamotage giuridico adottato dall’omicida per escludere la piena responsabilità che lo condurrebbe alla pena dell’ergastolo". Per questo annuncia che sarà presente ad ogni udienza del processo: "è impossibile - sostiene - che una persona del genere, assassino senza scrupoli, possa chiedere l’infermità mentale". "Izogie - ricorda Kate Aigbedion - non era sposata e non aveva figli. Era in Italia da circa cinque anni, era stata espulsa dal territorio italiano ma poi aveva ottenuto un permesso di soggiorno per motivi politici che successivamente le era stato sospeso: era cattolica praticante e per questo era perseguitata nel suo Paese d’origine". I funerali di Izogie si svolgeranno domani e la donna sarà seppellita nel cimitero di Catania. Droghe: accordo tra Asl di Milano e Centro di Giustizia Minorile
Redattore Sociale, 8 aprile 2006
Dipendenza da sostanze e devianza minorile sono spesso legate a doppio filo. Ben lo sanno gli operatori del Centro Giustizia Minorile per la Lombardia (Cgm), a contatto tutti i giorni con questo tipo di problemi. Oggi a Milano i responsabili del Cgm hanno siglato Protocollo d’intesa per la cura e riabilitazione dei minori dipendenti da alcol e da sostanze con la Asl Città di Milano. Il Protocollo costituisce "un importante accordo tra gli organi periferici della Giustizia Minorile e il Servizio Sanitario Locale i quali - a fronte della preoccupante diffusione dei comportamenti di abuso, delle esperienze tossicofiliche e delle pratiche di policonsumo che caratterizzano quote elevate della popolazione minorile detenuta esponendola a considerevoli rischi di compromissione fisica, psichica ed evolutiva - intendono così disciplinare e rinforzare gli interventi di diagnosi, cura e riabilitazione a favore dei minori con problematiche di abuso detenuti presso l’Istituto Penale per i Minorenni Cesare Beccaria di Milano". Gli accordi operativi e le intese programmatiche formalizzate nel documento derivano dalle esperienze di collaborazione interistituzionale effettuate dal 2001 al 2005 attraverso progetti pilota realizzati dal Servizio Area Penale e Carceri dell’Asl Città di Milano in collaborazione anche Comunità Nuova (la realtà di assistenza ai giovani "difficili" fondata da don Gino Rigoldi) e l’effettuazione di programmi psico-educativi e sanitari rivolti ai minori detenuti tossicodipendenti o con problematiche di abuso. In base alle relazioni di verifica degli interventi svolti e delle rilevazioni statistiche di diffusione del fenomeno effettuate sul campo, la Asl e il Cgm hanno ritenuto prioritaria la necessità di porre in primo piano le esigenze educative e di tutela della salute dei minori detenuti abusatori, al fine di coniugare l’azione penale con adeguati interventi di cura e riabilitazione. Presso l’Istituto Penale per i Minorenni è presente un’équipe multidisciplinare dell’Area Minori del Servizio Area Penale e Carceri, che svolge la propria attività secondo i dispositivi normativi nazionali in materia di salute penitenziaria, di tossicodipendenza e all’accordo quadro regionale per l’area penale minorile. Le attività pregresse, gli interventi in corso e la sottoscrizione del Protocollo firmato oggi, costituiscono "una significativa esperienza di rilevanza nazionale", sottolineano dall’Asl Città di Milano.
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