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Giustizia: Ferrero; un piano per reinserimento ex - detenuti
Sesto Potere, 28 agosto 2006
Si terrà il 5 settembre prossimo, presso il ministero della Solidarietà, una riunione per l’istituzione di un tavolo di lavoro permanente per il reinserimento sociale degli ex detenuti a livello nazionale. Lo rende noto il Ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, in una lettera agli assessori alle politiche sociali dei Comuni sulle iniziative a sostegno dei detenuti beneficiari dell’indulto. "A seguito dell’approvazione della legge - comunica il Ministro - il 7 agosto scorso è stato convocato un incontro dove sono stati esaminati e concordati i primi interventi urgenti da realizzare per far fronte all’aumento delle richieste che l’attuazione della legge avrà sui servizi territoriali". I rappresentanti del ministero della Solidarietà sociale si sono impegnati a trasmettere l’esito dell’incontro anche agli altri ministeri che hanno competenza in materia, il ministero della Giustizia, della Salute e dell’Interno. "Per quanto concerne le competenze del ministero della Solidarietà - scrive Ferrero - confido che gli assessori regionali, provinciali e comunali vorranno sollecitare la massima attenzione e il maggior impegno dei rispettivi uffici per fornire adeguate e pronte risposte ai problemi che incontra chi esce dal carcere". Il Ministro Ferrero, a seguito della riunione prevista per il 5 settembre, si è inoltre impegnato a segnalare la disponibilità di eventuali risorse aggiuntive per le attività di accoglienza e reinserimento dei detenuti. Inoltre, il Ministro ha chiesto che siano comunicati al suo ministero i progetti e le buone pratiche realizzati in questi giorni oppure le eventuali difficoltà incontrate. Giustizia: ministero; sull’indulto troppe "ipotesi suggestive"
Ansa, 28 agosto 2006
Le ipotesi che vengono formulate da alcuni giornali circa gli effetti dell’applicazione dell’indulto di cui beneficerebbero anche alcuni personaggi coinvolti in inchieste che riguardano reati di tipo economico-finanziario sono "suggestive" ma "fuorvianti" ed "affrontano il problema in maniera non corretta nel metodo e strumentale nel contenuto". Lo afferma in una nota il ministero della Giustizia, precisando che "vengono prospettati come effetti certi dell’indulto situazioni meramente ipotetiche, in casi dove la responsabilità penale dei singoli indagati deve essere ancora accertata". "E si tratta di casi - spiega ancora il ministero - dove vengono impropriamente accostati all’indulto gli effetti del ricorso a riti alternativi, alla durata della prescrizione, alla compatibilità della custodia in carcere con le condizioni di salute o con i limiti di età; misure che rappresentano una serie di istituti e di previsioni normative validi per tutti i soggetti coinvolti in un procedimento penale. Si addiziona, insomma - spiega la nota di via Arenula - lo sconto di pena al realizzarsi di tutte, proprio tutte, le condizioni più favorevoli (attenuanti, benefici, misure premiali), ipotizzando che i diversi magistrati (quelli di merito e quelli di esecuzione e di sorveglianza) li concedano. Così l’ipotesi del condono di un periodo di sei anni di carcere per qualcuno dei soggetti interessati si sottolinea nella nota - è sicuramente suggestivo, ma del tutto fuorviante". "In questo caso - prosegue la nota - c’è esclusivamente l’anticipazione del godimento di un beneficio (l’affidamento in prova ai servizi sociali), di cui, alle condizioni di legge e previo giudizio del magistrato competente, l’interessato avrebbe comunque potuto usufruire. Altrettanto suggestivo è il riferimento alla cumulabilità degli effetti del giudizio abbreviato. Le conseguenze dei riti alternativi ci sarebbero comunque state, una volta operata tale scelta da parte dell’interessato. E si arriva persino, nella valutazione complessiva delle ricadute dell’indulto, a considerare, in modo pregiudizievole anche i sei mesi di custodia cautelare già sofferta". "Analogo discorso - afferma la nota del ministero della Giustizia - vale anche per il riferimento alla legge cosiddetta ex-Cirielli e per i tempi di prescrizione". "L’indulto, d’altra parte, non incide sugli effetti della responsabilità civile del condannato e lascia inalterata l’efficacia delle pene accessorie. Certamente, una risposta adeguata alle legittime istanze delle parti lese presuppone, in questo caso, una qualità della giustizia civile superiore a quella attuale. Ed anche su questo versante l’impegno deve essere particolarmente intenso. Ma questa prospettiva non sminuisce l’opportunità del ricorso a un provvedimento di clemenza - conclude la nota - definito giusto ed urgente dallo stesso Capo dello Stato". Giustizia: Mastella; adesso non creiamo illusioni sull’amnistia
Vita, 28 agosto 2006
I problemi della giustizia sono stati al centro delle domande che i giornalisti presenti al Meeting di Rimini hanno rivolto in primo luogo al ministro Clemente Mastella. E così i temi all’ordine del giorno, dai Cpt all’amnistia, al problema degli sbarchi. Per quanto riguarda i centri di permanenza temporanea il ministro Mastella ha confermato che nel programma dell’Unione è previsto "il superamento non l’estinzione". Sono necessari dei centri, dei luoghi in cui "ci siano opportunità in termini di accoglienza". Presente alla conferenza stampa anche il senatore Andreotti ha sottolineato come su questo terreno "il vero problema è cercare accordi con i paesi di provenienza per bloccare il flusso all’origine o in transito". Su questo non è mancato un riferimento alla positiva esperienza con l’Albania. Per quanto riguarda l’amnistia, il guardasigilli ha da una parte ricordato che l’indulto realizzato arriva dopo 15 anni dall’ultimo, dall’altra che non ci sia la possibilità di concederla. "È inutile creare attese che sono introduttive e legate a comportamenti parlamentari che non vanno in quella direzione. Non credo - ha detto il ministro della Giustizia - che ci siano le condizioni per mettere insieme due terzi del Parlamento così come è avvenuto per l’indulto". Passando a parlare dei tagli alla finanziaria che andrebbero a incidere sui fondi del ministero, Mastella ha ricordato che: "Negli ultimi tre anni la Giustizia ha avuto taglia fino al 52%". Sulle possibili modifiche alla Bossi Fini e alla ex Cirielli, soprattutto per gli effetti che queste due normative andrebbero a creare agli indultati (in particolare la Cirielli sui recidivi), il ministro della Giustizia ha avvertito che su queste due leggi "la guardia dell’ex maggioranza sarà molto alta. Al Senato sarà importante cercare un’intesa con l’opposizione. Pisanu ha detto che si può rivedere la Bossi Fini, magari ci sono spazi anche per la ex Cirielli". Giustizia: in questa terra di nessuno che è il carcere... Luigi Morsello (Ispettore Generale in pensione dell’A.P.)
Agenda Lodi, 28 agosto 2006
Confesso che leggere questa frase ("In questa terra di nessuno che è il carcere…") nel testo di una lettera scritta da un detenuto in esecuzione di pena in regime di semilibertà e pubblicata da un quotidiano locale mi ha fatto ribollire il sangue. Scrivo da ex-direttore di carcere, che ha trascorso una vita intera dedicata a capire cos’è il carcere, ieri oggi e domani, ed a prodigarsi per dare un senso all’esecuzione della pena sia sotto la vigenza del Regolamento Penitenziario del 1931 sia dopo la legge di riforma del 1975. Come direttore ho conosciuto il personaggio in questione in due carceri diverse, quando era ancora virulento, come direttore ho apprezzato il suo percorso di recupero, propiziato nel carcere di Voghera dalla psicologa dr.ssa Maria L. Romanini, che oggi lavora per il carcere di Lodi, e non è l’unico soggetto che questa esperta e competente operatrice dell’amministrazione penitenziaria ha traghettato verso un percorso salvifico di recupero. Sono anche in possesso di un libro scritto dal soggetto, che ho leggiucchiato per poi passare ad altre letture più interessanti e significative. Ma che il soggetto si possa erigere a fine analista ed esperto di cose del carcere mi pare eccessivo, e lo dimostro. Il fatto che si tratti di un detenuto semilibero impegnato nel sociale è la prima dimostrazione che le leggi ci sono e funzionano nel senso del recupero sociale delle persone che sono in esecuzione di pena detentiva definitiva per avere commesso dei reati, in alcuni casi anche terribili, come il soggetto sa fin troppo bene. Parliamo adesso di indulto, da un punto di vista meno fazioso e tendenzioso. Non v’è dubbio che la legge che ha prodotto già la scarcerazione di oltre 13.500 detenuti, al ritmo di 1.000 al giorno (e non è ancora finita) è stato il risultato di una molto determinata volontà politica della maggioranza di governo, condivisa anche dal Capo dello Stato. Il merito va riconosciuto sopratutto al Ministro della Giustizia Clemente Mastella, del quale tutto si può dare tranne che sia percosso da furore ideologico. Chi scrive si è ripetutamente occupato di questo argomento, perché l’allarme di degrado delle carceri, diretta conseguenza sia del sovraffollamento che della penosa penuria di mezzi economici dovuta al sostanziale disinteresse del Ministro della Giustizia del precedente governo oltre che ad effettivi disagi di bilancio dello Stato (indagare sulle cause di questi disagi sarebbe molto interessante, ma non è questa la sede), era ormai del tipo "allarme rosso", cioè il massimo stato di allerta, del quale l’amministrazione penitenziaria nella persona del direttore generale dell’ufficio detenuti cons. Sebastiano Ardita era ben consapevole, per averlo quest’ultimo lanciato anche in un congresso pubblico negli ultimi mesi di vita della precedente legislatura. Motivi di strategie politiche pre-elettorali facevano fallire un primo tentativo, invero assai timido, appena a gennaio di quest’anno. La Casa delle Libertà mai si occupava della questione, nemmeno dopo la sollecitazione di papa Giovanni Paolo II, che quando è stata posta con determinazione dal Ministro Mastella, è divenuta oggetto di contatti e trattative, inevitabili. Infatti, la Costituzione repubblicana prevede la maggioranza qualificata, dei due terzi del Parlamento, per approvare una legge di concessione di amnistia ed indulto. Occorreva fare di necessità virtù, altrimenti la legge non aveva la maggioranza necessaria per essere approvata. Bisognava mettere sul piatto della bilancia da una parte le diecine di migliaia di detenuti che saturavano la disponibilità di posti in tutte le carceri italiane, in modo così asfissiante da rendere impossibile l’esercizio di una qualsiasi attività, se non marginale, di recupero e risocializzazione dei detenuti, dall’altra parte la liberazione di poche diecina, forse un centinaio di detenuti, che tra l’altro in carcere non ci stavano nemmeno più, essendo tutti nella prigione dorata della propria abitazione, primo fra tutti il detenuto Cesare Previti in detenzione domiciliate in quanto ultrasettantenne e condannato a sei anni di carcere. C’è chi ha gridato allo scandalo, primo fra tutti il sen. Antonio di Pietro, che infuriava dentro e fuori del Parlamento per motivi nobilissimi (rispetto della legalità) ed era in buona compagnia, anche di altri ex pm, altri hanno arricciato il naso per l’inserimento nella legge di concessione dell’indulto dei reati finanziari, di voto di scambio, contro la pubblica amministrazione, ma nessuno che facesse mostra di sapere cos’è il carcere, cos’era divenuto il carcere (in una spirale inarrestabile di involuzione e degrado, accelerata nell’ultimo anno) nel quinquennio di governo della CdL, che mostrasse il minimo cenno, segno, sintomo di comprensione e di considerazione della povera umanità ammassata nelle carceri italiane, ignorando con una disinvoltura sconcertante una norma di grandissima civiltà della nostra Costituzione (per fortuna salvata da una profonda manipolazione ed un forte stravolgimento dal referendum popolare della fine di giugno), che vuole che la pena detentiva non sia una misura meramente affittiva e retributiva. Il resto è noto. Adesso è il momento di trarre vero profitto da questa straordinaria occasione, che ha prodotto non solo lo svuotamento delle carceri, ma anche degli Uffici di Esecuzione Penale Esterna, che hanno in carico i detenuti ammessi all’affidamento in prova al servizio sociale (detenuti che all’atto della concessione di questa misura alternativa alla detenzione vengono rimessi in libertà sotto il controllo dei predetti uffici), i quali si sono svuotati del tutto. È adesso il tempo e l’occasione di riorganizzare le carceri, con coraggio decisione e determinazione e di ciò si rende di certo conto il Ministro Mastella, il quale dovrà fare in modo che questa legge, che opera per tutti i reati compresi nell’indulto commessi fino al 2 maggio 2006 e quindi destinata a produrre effetti sui processi penali in corso, non resti un fatto legislativo isolato ed abbia un seguito riorganizzativo delle carceri, ma non solo. Infatti, già l’ANM (Associazione Nazionale Magistrati) proponeva, forse con una non felice scelta di tempo, di metter mano al disegno di legge dell’amnistia, sulla base di un ragionamento limpidissimo: vi sono moltissimi processi in corso per i reati coperti da indulto, che si concluderanno con una sanzione penale poi coperta dall’indulto medesimo; celebrare tali processi è inutile e dispendioso per le esangui forze della magistratura, che potrebbe spendere le energie attualmente in possesso nella celebrazione di processi per reati gravi, che non si concludono con un nulla di fatto mediante applicazione di indulto; è questa l’occasione di azzerare anche questa pletora di procedimenti penali in corso, ripartendo da zero. La proposta, per il momento, non sembra avere attecchito, ma non vi sono dubbi sulla sua ragionevolezza. Infine, occorre completare il quadro di riassetto con la riforma del codice penale (urgentissima) e del codice di procedura penale (altrettanto importante e significativa), in modo da depenalizzare tanti reati di modesto allarme sociale, sostituendo la sanzione penale con una amministrativa, e da snellire un processo penale divenuto quasi impossibile da celebrare in tempi brevi e tale da offrire appigli, per chi ne ha la forza economica, a continui rallentamenti fino a far giungere quei procedimenti penali alle soglie, oltrepassandole anche, della prescrizione del reato. Vi sono anche misure c.d. "strutturali" da adottare, la cui mancanza lamentava il sen. D’Ambrosio, ma anche un apprezzabile e famoso giornalista d’inchiesta, che scrive su L’Unità del 3.8.2006 per criticare questo indulto, così come è stato fatto, il quale, sostiene non senza una forza logica persuasiva, poteva non essere adottato con l’inclusione di quei reati e suggerisce misure alternativa che avrebbero prodotto ugualmente uno sfoltimento delle carceri. Travaglio indica con una certa precisione alcune di queste misure, ma gli lascio la parola, per non incorrere in errori di interpretazione: "Bastava depenalizzare, con legge ordinaria, il reato dei clandestini che, senza commettere delitti, non obbediscono all’ordine di espulsione e si sarebbero tenute fuori 5500 persone l’anno; o depenalizzare alcune parti della legge sulla droga, e si sarebbero liberate altre migliaia di detenuti; o cancellare la ex Cirielli che allunga le pene ai recidivi. E così via. Il "ricatto" forzista sulla sinistra ricorda il detto latino "vis grata puellae". Bene, al di là della forte vis polemica della quale Marco Travaglio è ben dotato, quasi come il suo archivio, non v’è dubbio che questi sono ottimi suggerimenti per il legislatore, di cui il Ministro Mastella e per lui le forze politiche di Governo dovrebbero prendere coscienza. E forse lo hanno già fatto. Per quanto riguarda le carceri, il Ministro Mastella dovrà, inoltre, risolvere rapidamente il problema della sostituzione del vertice, in quanto l’attuale capo del Dipartimento è stato trasferito a domanda ad altro incarico, rientrando nei ranghi e nel ruolo della magistratura. È questa una occasione storica, che mi auguro non vada sprecata, a che venga l’incarico di capo del Dipartimento affidato per la prima volta nella storia delle carceri italiane, ad un Dirigente Generale Amministrativo, che oggi ricopre e da molti anni l’incarico di vice capo del dipartimento. Formulo fervidissimi voti perché ciò accada. Caserta: tossicodipendenti liberi per indulto disertano Sert
Il Mattino, 28 agosto 2006
Sono 661 le persone che hanno beneficiato dell’indulto in Terra di Lavoro: è quanto è emerso durante un incontro convocato dal prefetto Maria Elena Stasi che ha presieduto una riunione sulle iniziative legate al recente provvedimento di clemenza. Con i vertici delle forze dell’ordine, hanno partecipato all’incontro rappresentanti dei comuni di Santa Maria Capua Vetere, Arienzo e Carinola, sedi di case di reclusione e di Caserta, dirigenti delle Asl Ce1 e Ce2, del Centro Fernandez, quest’ultimo delegato dalla Regione all’assistenza agli extracomunitari. Si è trattato - è spiegato in una nota della prefettura - di un primo esame delle misure che possono essere attuate per favorire il reinserimento sociale e l’assistenza anche di tipo sanitario nei confronti dei soggetti beneficiari del provvedimento di indulto. Sui 661 detenuti tornati in libertà, 547 sono italiani e 114 stranieri. Quarantuno beneficiari del provvedimento, inoltre, non sono stati scarcerati perché detenuti per altri motivi, mentre 89 soggetti sono stati sottoposti al regime degli arresti domiciliari. Nel corso della riunione è emerso, altresì, che alcune persone scarcerate hanno chiesto ai servizi sociali comunali di usufruire di un contributo economico, non concesso perché, al momento, non è stato varato alcun provvedimento che preveda la concessione di provvidenze economiche dirette, a favore dei beneficiari dell’indulto. Nonostante siano stati attivati contatti tra l’amministrazione penitenziaria e le Asl, è stato invece quasi nullo l’afflusso nei Sert, le strutture pubbliche per i tossicodipendenti, delle persone scarcerate. "È emersa, tra l’altro, la necessità - conclude la nota - da parte delle direzioni delle carceri di invitare i soggetti che stanno per essere messi in libertà a recarsi nei Sert, nel caso di tratti di tossicodipendenti, o nei centri di igiene mentale delle Asl, qualora necessitino di assistenza, mentre per il reperimento di una sistemazione provvisoria, nel caso siano privi di una fissa dimora, gli interessati potranno rivolgersi ai comuni capofila negli ambiti territoriali". Cosenza: 1.000 euro a parlamentare che visiti detenuto
Asca, 28 agosto 2006
Il leader del Movimento Diritti Civili, Franco Corbelli, offre 1000 euro (due milioni delle vecchie lire) al parlamentare che l’accompagnerà a far visita, in carcere, al detenuto calabrese, F.V., 54 anni, ex emigrante in Germania, recluso (dopo l’estradizione dal Paese tedesco) in un istituto di pena della Calabria, per scontare un residuo pena di 2 anni e 5 mesi (è stato condannato a 6 anni di reclusione e ne ha già scontati oltre la metà, 3 anni e 7 mesi), con una figlia di 24 anni gravemente malata, che non può vedere da 4 mesi, al quale è stato negato l’indulto perché, per un assurdo della legge italiana, approvata nel luglio scorso dal Parlamento, e della Convezione di Strasburgo che all’articolo 12 prevede che "i cittadini (italiani, nel nostro caso) che commettono reati all’estero e vengono estradati (come nella fattispecie) possono beneficiare solo dell’amnistia e della grazia, ma non dell’indulto". Il detenuto calabrese ha chiesto aiuto a Corbelli, pregandolo espressamente di rendere nota sui media e quotidiani la sua vicenda, che definisce una "grande ingiustizia, una violazione dei diritti umani e un dramma familiare". Il coordinatore di Diritti Civili ha subito raccolto il suo disperato appello e ha levato forte la sua protesta, parlando di "inaccettabile e crudele beffa, di vergogna, di un indulto che permette a oltre 20 mila detenuti di lasciare il carcere, anche ad assassini e personaggi eccellenti, e poi impedisce ad un poveraccio, condannato per piccoli reati, che ha già scontato oltre tre anni di reclusione di beneficiare dell’indulto e addirittura di poter vedere la figlia in gravissime condizioni di salute". "Nessun deputato o senatore - afferma Corbelli - mi ha contattato per avere informazioni su questo povero cristo, nessun parlamentare si è preoccupato di andare trovare quest’uomo in carcere, non sono stati organizzati né visite di massa, né sit-in davanti alla casa circondariale, dove è recluso. Purtroppo, non essendo io parlamentare non posso andare a trovare quest’uomo in carcere, per questo oggi lancio questa proposta: un assegno (già pronto e staccato, da completare solo con il nome del politico beneficiario; una copia dell’assegno è a disposizione di tutti i media) di 1000 euro al deputato o senatore che mi accompagnerà in carcere a far visita a questo poveretto. Una somma più che sufficiente, penso, per pagare ad un parlamentare (uno qualsiasi: calabrese o di altra regione non importa) le spese per farlo arrivare dal (lontano ed esotico, immagino) luogo di villeggiatura al carcere calabrese, dove si trova quest’uomo condannato per piccoli reati. La legge non è uguale per tutti in questo Paese". Teramo: l’Università "indaga" sui suicidi avvenuti in carcere
Il Tempo, 28 agosto 2006
Commissionata un’indagine ad esperti dell’Università per approfondire le cause dei suicidi e dei tentativi di suicidi all’interno del carcere di Teramo. L’ultimo episodio, avvenuto alcune settimane fa, che ha visto la morte per impiccagione di un detenuto della provincia di Pescara arrestato appena un giorno prima per un caso di violenza sessuale a Silvi, ha reso necessaria una riflessione accurata su un fenomeno che non può essere considerato casuale. "L’indagine, basata su interviste ai detenuti che sono stati invitati a riferire sulla loro condizione carceraria e sullo stato di salute - spiega Giovanni Giammaria, direttore della casa circondariale - è stata ultimata alla fine di giugno". Venezia: qui l’emergenza indulto non c’è mai stata...
Gente Veneta, 28 agosto 2006
All’inizio c’è stata un po’ di confusione, ma di "emergenza indulto", almeno a Venezia, non si può parlare. Perché è vero che la misura di clemenza è arrivata improvvisa e in gran parte inaspettata. Dopo tanti "falsi allarmi" succedutisi in questi anni, non ci si aspettava che in quattro e quattr’otto il Parlamento approvasse un indulto. Così invece è stato. E, per giunta, la norma votata dai parlamentari è stata in un batter d’occhio anche pubblicata sulla Gazzetta ufficiale e tradotta in fatti. Così dalle carceri veneziane sono uscite 155 persone: 83 dal maschile di Santa Maria Maggiore, 39 dal femminile della Giudecca e 33 dal Sat, la casa di reclusione attenuata con sede alla Giudecca. Ma buona parte di questi ex detenuti non sono veneziani e, usciti dal carcere, sono tornati nelle città d’origine. 63, invece, le persone uscite dai penitenziari veneziani e residenti nella provincia di Venezia. Alcuni altri veneziani saranno tornati dagli altri penitenziari della Penisola. Alla fine sono pochi, perciò, gli ex detenuti tornati a dimorare nel Comune di Venezia. Non tanti, comunque, da ingenerare quell’emergenza sociale che si era temuta in un primo tempo e per fronteggiare la quale, all’inizio del mese, si era anche tenuta una riunione in Prefettura. Anche perché se buona parte degli ex carcerati ha trovato un tetto presso le famiglie d’origine, il primo problema da risolvere è il trovare un’occupazione. A circa un mese dal provvedimento di clemenza, la cooperativa "Il Cerchio" ha assunto cinque ex detenuti, ed altrettanti hanno trovato lavoro tramite "Il Granello di Senape". Altre nove persone che hanno goduto dell’indulto si sono presentate negli uffici del Comune. E il Comune li ha inserito nei suoi ben articolati e strutturati percorsi di reinserimento. Più difficile conoscere la situazione attuale dei 54 ex detenuti stranieri: a parte alcuni accompagnati subito fuori d’Italia dalle forze dell’ordine, per altri, probabilmente, si sono aperte le porte - sempre molto accoglienti - delle comunità nazionali d’origine trapiantate nelle città italiane. Ma di loro poco si sa. Avellino: quando i detenuti si trasformano in apicoltori
Il Mattino, 28 agosto 2006
Sono oltre tre i quintali di miele millefiori, prodotto nelle circa cinquanta arnie posizionate nell’apposito appezzamento di terreno di circa settemila metri quadri, all’interno della casa di Reclusione di Sant’Angelo dei Lombardi. La singolare iniziativa, è stata concretizzata a seguito dei tre progetti redatti dalla direzione della casa di reclusione altirpina diretta da Liberato Guerriero. Oltre al primo progetto relativo alla realizzazione di un apiario, gli altri due riguardano la piantagione di un noccioleto micorizzato, per la produzione di tartufi e la piantagione di un vigneto, all’interno del quale si produrranno già dal prossimo anno vini fiano, greco, coda di volpe e falanghina. "Questo è il primo risultato dei nostri progetti - ha spiegato il direttore Liberato Guerriero - Le varie confezioni quest’anno saranno distribuire in tutte le piazze della provincia di Avellino, tramite la stretta collaborazione con la Confraternita di Misericordia di S. Angelo dei Lombardi. Il prossimo anno ci auguriamo che alcuni grossisti possano acquistare i nostri prodotti pagando soltanto il lavoro ai detenuti". Soddisfatto anche il Governatore della Misericordia santangiolese Gabriele Lucido: "Oltre alla collaborazione per le varie attività sociali con l’amministrazione penitenziaria - spiega Lucido - nei prossimi giorni, coinvolgendo tutte le Misericordie della provincia, distribuiremo i barattoli dell’ottimo miele di duecento grammi, mezzo chilo e un chilo, con l’etichetta del Penitenziario altirpino". Bologna: a Casalecchio di Reno "alternativa sociale" al carcere
Redattore Sociale, 28 agosto 2006
Un’alternativa "sociale" al carcere. Carlo - lo chiameremo così - , ex detenuto uscito nei giorni scorsi grazie all’indulto, è stato appena assunto al centro socio-culturale "Croce" di Casalecchio di Reno, tramite un progetto promosso dall’assessorato alle Politiche sociali del Comune con l’associazione nazionale "Papillon-Rebibbia Onlus". Obiettivo, individuare strade per il reinserimento sociale dei detenuti attraverso un’occupazione professionale, che è spesso anche socialmente utile. Non è la prima volta che succede: dopo il primo inserimento lavorativo nello scorso mese di maggio di un altro detenuto, "formato" in un’azienda di Casalecchio che si occupa di trasporto di persone disagiate, ora è il turno di Carlo, ex detenuto beneficiario del recente indulto. Questa volta, all’interno del progetto, è intervenuto il mondo dell’associazionismo: dopo aver svolto il proprio tirocinio nei centri diurni comunali per anziani, Carlo è stato assunto in prova sino a dicembre come cuoco/barista al centro socio-culturale "Croce". Un’assunzione resa possibile dalla legge 383 del 2000, che consente alle associazioni di promozione sociale di assumere con contratto di lavoro autonomo o subordinato i propri associati, laddove ci siano particolari motivi di eccezionalità e a condizione che l’attività complessiva dell’associazione rimanga prevalentemente no profit. Oltre al suo lavoro, Carlo ha manifestato l’intenzione di svolgere attività di volontariato per conto dell’associazione; in particolare, ha chiesto di poter continuare a prestare gratuitamente la propria opera nei centri diurni, con i "suoi nonni", seguiti in regime di borsa lavoro comunale quando era ancora detenuto. "Non è facile per persone nella mia situazione trovare lavoro una volta uscito dal carcere e contemporaneamente fare qualcosa di utile - dice - ; questa opportunità che mi è stata offerta dal centro sociale della Croce e l’affetto che gli anziani dei centri diurni del Comune hanno dimostrato mi ha spinto a propormi per fare anche attività gratuite. Per questi motivi sono doppiamente soddisfatto di poter svolgere, oltre al volontariato, anche un’attività professionale che è la mia, dopo tanti anni di lavoro in pizzeria, che consente di guadagnare qualcosa e dà un pò di speranza per una vita diversa da quella che in passato mi ha messo nei guai". Per Massimo Bosso, assessore alle Politiche sociali del Comune di Casalecchio, "questo ulteriore risultato del progetto Papillon sottolinea che il percorso formativo e relazionale funziona e produce un inserimento sociale e lavorativo dei detenuti che partecipano a questa esperienza". E per Valerio Guizzardi, responsabile per l’Emilia-Romagna dell’associazione "Papillon-Rebibbia Onlus", c’è "soddisfazione certamente, e tanta. Non solo l’intuizione della nostra associazione e la lungimiranza dell’amministrazione comunale di Casalecchio di Reno hanno messo in campo un progetto socialmente inclusivo che uscendo dalla fase sperimentale registra stabilità e continui successi, ma proprio grazie a questi si conferma un modulo facilmente ripetibile per qualsiasi amministrazione sul territorio dotata di sensibilità sociale e politica a vantaggio sia degli esclusi che di tutti i suoi cittadini". Parma: detenuti concorrono a recupero patrimonio ambientale
Redattore Sociale, 28 agosto 2006
Per 10 detenuti del carcere di via Burla, a Parma, l’ambiente continuerà ad essere un’opportunità. La Giunta provinciale ha infatti deliberato nei giorni scorsi la prosecuzione del progetto promosso insieme alla Direzione dell’Istituto di pena di via Burla, finalizzato ad accompagnare il reinserimento dei carcerati nella società e nel mondo del lavoro. Questo progetto nasce come naturale prosecuzione dell’iniziativa che ha avuto luogo lo scorso 13 maggio nell’area del Po di Polesine Parmense. In quell’occasione venti detenuti si sono impegnati in una giornata di recupero ambientale dell’area attrezzata, ripulendola dai rifiuti, tagliando l’erba e posizionando dei pannelli informativi su flora e fauna autoctone. Grande partecipazione è stata riscontrata sia da parte dei detenuti che delle associazioni di volontariato vicine all’ambiente ed al carcere. "Era importante non creare un episodio isolato, ma fare in modo che una serie di azioni si susseguissero per mantenere viva l’attenzione sia a livello politico, sia a livello pubblico, perché il carcere è una questione di cui c’è bisogno di occuparsi. Il carcere deve tornare ad essere una delle priorità per le Amministrazioni pubbliche che si devono impegnare al fine di creare una rete di servizi e di progetti che rendano consuetudine il reinserimento post detentivo, l’accoglienza e la giustizia come riparazione del danno e non come mera punizione", commenta l’assessore alle Politiche sociali e sanitarie, Tiziana Mozzoni. Che prosegue: "Quella che si svolgerà da metà settembre a fine novembre è un’iniziativa che ha richiesto e richiederà in fase di realizzazione un notevole impegno alla Provincia, al Consorzio di Solidarietà Sociale, al Centro di Formazione Professionale Forma Futuro, a Legambiente ed al Parco del Taro poiché organizzare e coordinare il lavoro di dieci detenuti è di certo un’esperienza nuova, ma crediamo fermamente che dare una nuova opportunità a queste persone e farlo attraverso una proposta concreta, sia davvero un modo per far comprendere a queste persone che al di là delle mura del carcere c’è qualcosa ad attenderli, qualcosa di concreto". Ad occuparsi dell’aspetto "ambientale", è l’assessore ai Parchi ed alla Biodiversità, Gabriella Meo, che sottolinea: "Il significato di questa iniziativa lo si trova anche nel fatto che i detenuti lavoreranno al fine di ripristinare un’area del Parco del Taro che è stata recentemente distrutta da un incendio doloso e questo si rifà al concetto di Giustizia Riparativa grazie alla quale la pena deve essere vissuta come una riparazione del danno arrecato alla società. I detenuti avranno anche il compito di costruire, coadiuvati dal personale del Parco, delle zattere per la nidificazione di una particolare specie di uccello e si sposteranno lungo il tratto del fiume per tagliare, raccogliere ed accatastare tronchi di alberi caduti o precedentemente abbattuti". Sarà un’esperienza importante, dunque, per il territorio della provincia di Parma, un esempio di come si possano realizzare importanti progetti grazie alla collaborazione di tante e diverse realtà ed Enti ed alla reale volontà di inventare nuove strade che permettano alle persone private della libertà personale di tornare ad essere parte integrante e soggetti attivi della società. Conclude Mozzoni: "Si sta parlando tanto di indulto e di carcere in questo periodo, ma l’indulto è un provvedimento straordinario che va ad incidere su di una situazione eccezionale caratterizzata dal drammatico e crescente sovraffollamento delle carceri italiane. C’era questo problema anche nel carcere di Parma, infatti i detenuti erano più di 200 rispetto alla capienza della struttura. La vera necessità è che la progettualità rivolta al mondo penitenziario sia continuativa e non riservata a momenti di emergenza. Enti pubblici, volontariato, cooperazione sociale, imprese private e sistema della formazione professionale dovrebbero lavorare in modo continuativo su progettualità destinate agli Istituti di pena con l’obiettivo di costruire percorsi di reinserimento, in primo luogo lavorativo, da offrire a quei detenuti che, in base alla legislazione vigente, ne possono usufruire. Solo se l’offerta è costante si può dire di offrire una reale possibilità di rifarsi una vita a chi ha commesso un reato, a chi ha sbagliato, prevenendo in modo sostanziale il pericolo di reiterazione del reato. Questo deve essere l’obiettivo principale di chi ha responsabilità nei confronti della comunità di cittadini". Padova: "Ballo senza sballo", 7 serate in 7 piazze diverse
Comunicato stampa, 28 agosto 2006
"Ballo senza sballo" riprende dopo la pausa di luglio e propone ancora tre appuntamenti insieme agli animatori del Progetto Giovani, all’associazione Spirit in Dance e in collaborazione con la Pastorale Cittadina. Buono il bilancio delle prime quattro serate di maggio e giugno che hanno visto partecipare oltre 1.500 ragazzi, centrando l’obiettivo del contatto e del coinvolgimento per accrescere il senso di responsabilità. La manifestazione, infatti, vuole promuovere l’aggregazione giovanile e far sviluppare tra i ragazzi un senso critico verso gli eccessi che rovinano lo stare assieme e il sano divertimento. L’Assessorato alle Politiche Giovanili ha organizzato "Ballo senza sballo" nell’ambito dell’iniziativa "Alza la testa e non il gomito", promossa per contrastare il fenomeno dell’abuso di alcool nei giovani, soprattutto quando sono alla guida. Questa iniziativa si colloca all’interno del più ampio progetto: "Voglio una vita responsabile", da noi ideato in numerose azioni di prevenzione dell’alcol dipendenza e dei correlati incidenti stradali - spiega l’Assessore alle Politiche Giovanili Claudio Piron -. Anche queste feste vogliono trasmettere un messaggio importante e cioè far capire ai nostri giovani che ci si può divertire mantenendo comunque un comportamento responsabile verso se stessi e gli altri". Le serate, registrate e trasmesse da Radio Italia 1, sono animate da progetto Giovani e dallo staff di Spirit in Dance. Oltre alle proposte musicali ogni sera viene dedicato spazio al racconto di un testimonial. Questi i prossimi appuntamenti di fine estate: martedì 29 agosto, parrocchia di San Bartolomeo Apostolo, con i GoodMama; venerdì 8 settembre, parrocchia Santi Angeli Custodi, con i Discontinua; lunedì 18 settembre, parrocchia Sacro Cuore, con i GoodMama. Durante ogni serata è previsto uno spazio dedicato all’informazione su come e perché evitare gli eccessi e proposte su come impegnare il tempo libero. Le serate iniziano alle ore 21, sono presentate dalla giornalista Elena Mattiuzzo insieme a Fabio Bianchini, vocalist di Spirit in Dance. "Le serate sono finalizzate alla promozione dell’aggregazione giovanile e del sano divertimento attraverso molteplici proposte; spero che queste iniziative contribuiscano ad accrescere il senso critico nei ragazzi e ad evitare la mortalità causata da incidenti stradali - dice l’Assessore -. Da oltre un anno l’Amministrazione si è impegnata in una forte e decisa campagna di sensibilizzazione sulle tematiche dell’alcol e dei rischi ad esso collegati. Abbiamo organizzato incontri nelle scuole, feste di aggregazione, stand promozionali e, come deterrente, abbiamo distribuito un etilometro agli studenti dell’ultimo anno delle superiori. Voglio ricordare che la principale causa di morte e di disabilità permanente nella fascia di età compresa fra i 14 e i 29 anni, sono gli incidenti stradali, oltre il 50% dei quali imputabili al consumo e all’abuso di alcolici". Immigrazione: nel Cpt di Bologna soprattutto ex detenuti
Redattore Sociale, 28 agosto 2006
Il Cpt, finché esiste, non può essere abbandonato a se stesso. È l’appello che lancia l’onorevole Katia Zanotti, capogruppo dell’Ulivo in Commissione Affari sociali alla Camera, dopo avere visitato il Centro di permanenza temporanea di Bologna per verificarne la situazione in seguito all’episodio della morte di un migrante per overdose nei primi giorni di agosto. "È cambiata radicalmente, almeno a Bologna in questo momento, la tipologia dei migranti trattenuti - spiega la parlamentare dei Ds: non sono più, infatti, in maggioranza clandestini non identificati o privi del permesso di soggiorno. In altre visite incontravo prevalentemente, e purtroppo, badanti o lavoratori in nero presi direttamente sul posto di lavoro e con la tuta ancora addosso. Invece, fra gli uomini presenti ora, 60 in tutto, la maggioranza proviene dal carcere, molti sono tossicodipendenti e alcuni di questi con forte dipendenza da farmaci. In particolare, sono 24 i trattenuti tossicodipendenti che dentro il Cpt sono sotto terapia psicotropa". Questo, spiega Katia Zanotti, "determina una situazione a forte rischio per le dinamiche interne che si producono anche nel rapporto con gli operatori a cui capita, e non infrequentemente, di subire comportamenti molto aggressivi". "Nel corso della visita e attraverso un colloquio con i medici, che sono 11 e che si alternano nelle 24 ore, ho potuto appurare il reale stato di gravità della situazione e la forte preoccupazione degli operatori - prosegue la deputata bolognese. - In buona sostanza é possibile che la droga continui ad arrivare all’interno del Cpt e che i rischi di overdose siano ancora oggi tutt’altro che remoti. Da dove arriva, chi e come la porta dentro? Il ragazzo morto i primi di agosto non sembra classificabile come episodio isolato". Katia Zanotti ha spiegato inoltre che all’interno del Cpt di Bologna, con l’intervento di "Sos donna", si sta facendo un lavoro di informazione, dedicato alle migranti, sul percorso di fuoriuscita dalla tratta della prostituzione. La parlamentare chiede infine che venga aperto l’accesso ai Cpt, ora riservato ai soli parlamentari, anche alle istituzioni locali e alla stampa. "È auspicabile - aggiunge - che il Governo, che ha messo al lavoro una Commissione che sta svolgendo sopralluoghi in tutti i Cpt d’Italia, fra i primi atti assuma quello di aprire le porte dei Cpt. Rendere trasparente questo luogo significherebbe innanzitutto toglierlo da quella agghiacciante riservatezza in cui vive e quindi permettere alle istituzioni locali, al di là e oltre le loro competenze, che per legge sono inesistenti, di assumersi un impegno. Perché i Cpt, così come sono, rimangono luoghi di non diritto, di negazione delle libertà personali per una irregolarità amministrativa e uno dei principali strumenti di attuazione delle politiche repressive nei confronti dei migranti".
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