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Napoli: detenuto muore per sospetta overdose, un altro è grave
Ansa, 7 settembre 2005
Un detenuto è morto per sospetta overdose e un altro versa attualmente in gravi condizioni nel penitenziario di Poggioreale, a Napoli. Ne danno notizia le associazioni "Antigone Napoli" e "Città Invisibile", riferendo che i due detenuti si sono sentiti male sabato scorso. "Da quanto ci risulta, il decesso è avvenuto il giorno successivo ai colloqui - spiegano Dario Stefano Dell’Aquila, portavoce di Antigone Napoli e Samuele Ciambriello, presidente di Città Invisibile - e siamo preoccupati tanto per l’episodio quanto per il silenzio che avvolge questi eventi. Nell’ultimo anno sono diverse le morti sospette avvenute nei penitenziari campani". "In questi anni il governo ha progressivamente ridotto la spesa per la sanità penitenziaria - continuano Dell’Aquila e Ciambriello - e le risorse destinate ai servizi per le tossicodipendenze sono palesemente insufficienti rispetto a dati che indicano che circa il 30% della popolazione detenuta è tossicodipendente. In Campania inoltre, ci sono ben 7.350 detenuti su una capienza di 5.243 posti. Nel solo carcere di Poggioreale sono presenti 2.135 detenuti, su una capienza di 1.359 posti. Le condizioni di sovraffollamento naturalmente rendono difficile ogni tipo di intervento". "Sono necessarie risorse - concludono dalle associazioni - e invece i Ser.T. operano con personale convenzionato, che effettua pochi interventi rispetto a quelli necessari, non riuscendo a garantire la continuità terapeutica, mentre solo un trattamento metadonico può impedire morti per overdose. Sarà la magistratura ad accertare le cause della morte, ma pensiamo sia chiaro a tutti che il problema della tossicodipendenza non si può risolvere con la reclusione, ma con il potenziamento delle strutture di recupero". Luigi Manconi: violenze contro un detenuto di Rebibbia N.C.?
Comunicato stampa, 7 settembre 2005
Luigi Manconi, Garante dei diritti delle persone private della libertà personale presso l’amministrazione comunale di Roma: "Ho ricevuto una lettera, firmata con nome e cognome, nella quale un detenuto di Rebibbia Nuovo Complesso denuncia un episodio di violenze a suo danno. L’episodio sarebbe avvenuto nel tardo pomeriggio del 3 agosto a opera di alcuni agenti di Polizia penitenziaria. I dettagli forniti, la ricostruzione offerta, le circostanze e i particolari sembrano confermare la veridicità dell’episodio. Ecco una parte della lettera: "Sono stato (…) condotto in una stanza dove sono stato pestato fin quasi allo svenimento. Appena entrato mi è stato dato un pugno da dietro ed in seguito (…) sono stato preso a calci e pugni sul corpo, malmenandomi anche con l’ausilio della chiave d’ottone con cui aprono e chiudono i cancelli. Dopo una decina di minuti di dato trattamento sono stato rispedito in cella intimandomi di non dire niente a nessuno, pena il trasferimento ad un carcere lontano da Roma. Dopo un lasso di tempo che non saprei decifrare, dato che soffrivo troppo, i compagni di detenzione hanno chiamato l’infermiere vista anche la difficoltà che avevo a respirare. (…) Il dottore mi ha chiesto conto dell’accaduto ed io impaurito, ho dichiarato che ero caduto dalla seconda branda a castello, anche se il dottore stesso ha messo in dubbio la mia dichiarazione, dato che i lividi diffusi su tutto il corpo non erano compatibili con una caduta dal letto". Quell’ impaurito deve far riflettere: tanto più se è vero che, nel corso delle settimane successive, il detenuto avrebbe, in qualche modo, "ritrattato". Ma che qualcosa di grave sia effettivamente successo quel giorno, è confermato, tra l’altro, dal fatto che la direzione del carcere - a quanto ho appreso - ha condotto un’indagine amministrativa interna e ha trasmesso i risultati alla magistratura. Sia chiaro: non intendo in alcun modo generalizzare. Rebibbia Nuovo Complesso è un istituto ben diretto, nonostante la mole di problemi, propri di tutte le grandi carceri delle grandi città. Il corpo di Polizia penitenziaria, d’altro canto, è fatto di migliaia di uomini e donne, impegnati in un faticosissimo lavoro cui provvedono, in genere, con scrupolo e correttezza. Dunque: nessuna generalizzazione e nessuna condanna preventiva. Ma resta tutto il peso di quanto denunciato da quel detenuto: e, di conseguenza, la necessità di accertare la verità dei fatti. E, se i fatti fossero confermati, di assumere tutti i provvedimenti del caso: per evitare che episodi simili possano ripetersi. È in gioco la stessa legittimità della pena: solo la più scrupolosa attenzione per i diritti dei detenuti e la tutela della loro incolumità possono rendere credibile la sanzione. Ma è anche in gioco il rispetto dovuto alla professionalità della grandissima parte degli agenti di Polizia penitenziaria, sui quali non può addensarsi un sospetto di abusi e di violenze. Droghe: a Milano 14enne muore dopo aver sniffato del gas butano
Tg Com, 7 settembre 2005
Un ragazzo di 14 anni è stato trovato morto in un giardino, a Milano, e si sospetta che il decesso possa essere stato provocato dall’uso di hashish e gas butano. A fianco al cadavere sono state trovate due bombolette di gas, del tipo usato per ricaricare gli accendini. Per la polizia questa è una pratica che sta dilagando tra i giovanissimi. Gli esami autoptici avrebbero evidenziato tracce di droga nel sangue. Della misteriosa morte del giovane milanese si sta occupando la squadra mobile dopo che i medici hanno trovato nel sangue del ragazzo tracce di thc, il principio attivo dell’hashish e dopo che la direzione sanitaria ha avvisato la Questura. Il ragazzo avrebbe compiuto 15 anni a fine mese: era uno studente, seppure con scarso profitto, e aveva già piccoli precedenti. La sua famiglia appartiene alla media borghesia. L’assunzione di hashish non ha esiti mortali. È la presenza di due bombolette di gas butano nei pressi del corpo senza vita che fa sospettare una assunzione plurima di hashish e di butano. Il gas viene inalato (la pratica, in gergo, si chiama sniffing ed è diffusa in carcere) attraverso i vapori di colle, benzine e bombolette: l’assuntore infila la testa in un sacchetto di plastica per potenziarne l’effetto. Intercettazioni: cambia la legge, niente carcere per i cronisti
Quotidiano Nazionale, 7 settembre 2005
No al carcere per il cronista che pubblica il contenuto delle intercettazioni. È questa una delle modifiche che, secondo quanto si è appreso in ambienti del governo, potrebbe essere introdotta a breve al testo di riforma delle intercettazioni. In più riprende quota l’ipotesi di presentare il testo sotto forma di decreto e non di disegno di legge. Per il cronista che pubblica il contenuto di colloqui intercettati potrebbe essere prevista così solo una sanzione pecuniaria. Ma non sarebbe questa l’unica novità che oggi, in una riunione di "tecnici" della maggioranza, si sarebbe deciso di introdurre al testo. Con ogni probabilità infatti si lascerà la possibilità di intercettare conversazioni anche tra non indagati. Eliminando così il limite, previsto nell’ultima stesura del provvedimento, secondo il quale potevano essere "spiati" solo coloro che erano oggetto di indagine a meno che non risultassero coinvolti in fatti di mafia e terrorismo. Se il testo verrà ritoccato in questo senso, è stato spiegato in ambienti della Cdl, si potrebbe riprendere in considerazione anche l’ipotesi di presentarlo sottoforma di decreto e non di disegno di legge. Secondo quanto si è appreso, infatti, così modificato il provvedimento potrebbe risultare più gradito anche al Quirinale. Droghe: in Afghanistan meno coltivazioni di papavero da oppio
Redattore Sociale, 7 settembre 2005
Su cinque campi coltivati ad oppio l’anno scorso, nel 2005 uno è stato destinato a coltivazioni lecite. L’Onu annuncia i primi segnali di vittoria sulla droga. Antonio Maria Costa, direttore esecutivo dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine, ha reso noti a Kabul i dati 2005 sulla coltivazione, produzione e sradicamento d’oppio in Afghanistan, annunciando un’importante riduzione della coltivazione dello stesso del 21%, 131.000 ettari coltivati nel 2004 contro i 103.000 di quest’anno. A renderlo noto è il portale della Fict www.progettouomo.net. A detta di Costa, una serie di concause ha fatto da sfondo a questo successo: l’abilità del governo nel persuadere i coltivatori ad astenersi volontariamente dal coltivare la sostanza illecita; il timore dei contadini stessi dell’imposizione del divieto attraverso misure di sradicamento coatto; e le condizioni attuali del mercato afgano (il prezzo d’acquisto dell’oppio grezzo è rimasto relativamente basso, privando così i coltivatori dell’incentivo economico). Dunque, su cinque campi coltivati ad oppio l’anno scorso, uno è stato destinato a coltivazioni lecite nel 2005. In stretta connessione si trovano l’eliminazione dell’oppio con la conquista delle libertà civili e politiche per il popolo afgano: "Le istituzioni democratiche stenteranno ad affermarsi fin quando la violenza rimarrà lo strumento per la risoluzione delle controversie, la distribuzione delle risorse sarà rimessa a funzionari corrotti e la metà del reddito nazionale sarà generata dall’oppio", ha precisato il Direttore Esecutivo dell’Agenzia dell’ONU. Nel 2005, la produzione dell’oppio afgano si è attestata sulle 4.100 tonnellate, segnando così una lieve diminuzione rispetto alle 4.200 del 2004. Tuttavia, nel 2005, condizioni meteorologiche favorevoli hanno determinato un aumento della redditività delle colture: da 32 chili d’oppio grezzo per ettaro del 2004 a 39 nel 2005. Anche per questa ragione, l’Afghanistan rimane il maggiore produttore d’oppio al mondo, rappresentando l’87% dell’offerta mondiale. In termini di superficie coltivata ad oppio, la quota dell’Afghanistan, su scala mondiale, è scesa dal 67% del 2004 al 63% del 2005. Circa 4.007 ettari di papavero da oppio sono stati sradicati dai Governatori Provinciali nella primavera del 2005. Ciò rappresenta il 4% dell’intera coltivazione d’oppio del 2005. Il Governo centrale, nel corso di due campagne di sradicamento, ha distrutto i raccolti d’oppio su altri 1.000 ettari. In totale, nel 2005, sono stati sradicati di più di 5.000 ettari d’oppio, ovvero circa il 5% dell’intera coltivazione di quest’anno. "La minaccia d’estirpazione delle coltivazioni ha rafforzato la politica di persuasione del presidente Karzai" ha detto Costa, "e abbiamo tutti apprezzato la necessità che la distruzione dei raccolti sia supportata dall’assistenza ai contadini, affinché intraprendano attività economiche lecite nelle zone rurali." L’Unodc sta spingendo la comunità internazionale ad impegnare ulteriori risorse da destinare allo sviluppo rurale, principale deterrente per le coltivazioni di droga. "500 milioni di dollari sono stati destinati alle campagne Afgane per il 2005 e il 2006. La comunità internazionale deve avere la volontà di combattere droga e povertà allo stesso tempo", ha aggiunto il Direttore esecutivo. La riduzione delle coltivazioni nelle 34 province dell’Afghanistan non è stata omogenea. Il dato è sintomatico dell’ineguale livello d’impegno nel controllare le coltivazioni di droga da parte Governatori Provinciali, che in alcuni casi rappresentano parte del problema piuttosto che della soluzione. "Il fatto che in alcune province dell’Afghanistan (per esempio quella di Nangarhar, dove si registra una riduzione delle coltivazioni del 93%) l’oppio sia quasi del tutto scomparso, dimostra che il mercato dell’oppio può essere contenuto", ha osservato Costa. "Risultati provvisori possono essere trasformati in cambiamenti permanenti, assicurando che i programmi di sicurezza alimentare e di sviluppo delle economie lecite procedano in parallelo con la distruzione delle colture d’oppio." Ecco le raccomandazioni dell’Unodc per il consolidamento dei progressi compiuti in Afghanistan: rimozione dei governatori corrotti nelle province in cui le coltivazioni d’oppio non hanno subito riduzioni; rimozione dei funzionari statali coinvolti nell’industria della droga; impegno, da parte di tutti membri del Parlamento afgano recentemente eletti, ad astenersi da qualsiasi coinvolgimento nell’industria della droga o, in caso contrario, dimissioni; tolleranza zero per i "signori della guerra" coinvolti nei processi di raffinazione (laboratori) e di traffico di droga; estradizione dei principali narco-trafficanti tramite mandati di cattura internazionali; impegno da parte delle comunità contadine ad astenersi dal coltivare droga come condizione necessaria per ricevere assistenza. "L’Unodc è, e rimarrà impegnato nell’aiutare l’Afghanistan a liberarsi dalla schiavitù della produzione di droga. Lo dobbiamo anche a quel centinaio di migliaia di persone la cui morte ogni anno è dovuta, direttamente o indirettamente, alla tossicodipendenza da oppio afgano", ha concluso il Direttore Esecutivo dell’Unodc. Le Nazioni Unite rendono onore all’impegno dell’amministrazione del Presidente Karzai nel contrastare la coltivazione del papavero da oppio in Afghanistan. Fict: percorsi giudiziari, incontro il 12 settembre a Bologna
Progetto Uomo, 7 settembre 2005
Dopo la pausa estiva riprenderà a Bologna, il prossimo 12 settembre, il percorso intrapreso dal Gruppo di lavoro "Percorsi Giudiziari" delle Reti tematiche della FICT. Nell’ultimo incontro presso il Centro "Gulliver" di Varese, svoltosi il 20 giugno scorso, oltre alla nuova consigliera delagata della FICT per i Gruppi di lavoro, Maria Federica Massobrio, erano presenti: Marco Cafiero, del Centro di Solidarietà di Genova, referente nominato; Nino Piterà, del Centro Calabrese di Solidarietà di Catanzaro; Elisabetta Laganà, Centro "Il Pettirosso" di Bologna; Claudio Zara, Centro "Don Milani" di Mestre-Venezia; Laura A. Cembali, del Centro "Gulliver" di Varese. Alla luce di quanto già emerso nel precedente incontro di Genova, in cui risultava evidente la diversità di esperienze presenti nei Centri, sono stati individuati una serie di argomenti da tenere in considerazione per l’attività formativa degli operatori, nonché l’opportunità di creare contatti con il territorio. In prima battuta gli obiettivi cui la formazione deve tendere sono: - Definizione ed articolazione delle misure alternative; - Aspetto delinquenziale, specificità delle esperienze della detenzione; - Aspetti retributivi, trattamentali e riparativi della pena: rottura del rapporto sociale ed intervento comunitario. Il Gruppo evidenzia la necessità che questo tipo di formazione venga inserita all’interno di quella già operante per i Centri della Federazione ed abbia come riferimento una équipe composta dai membri del Gruppo stesso, sia per garantire la contestualizzazione all’interno della quale è emersa l’ipotesi formativa, sia per le competenze esistenti. Il Gruppo non tralascia l’argomento degli extracomunitari tossicodipendenti che affollano gli istituti penitenziari, per i quali occorre una maggiore definizione degli interventi in ragione della doppia condizione di marginalità. È evidente il bisogno di offrire all’extracomunitario, oltre al recupero dalla tossicodipendenza, una serie di strumenti che, anche in caso di espulsione dal territorio al termine del percorso o dell’espiazione della pena, possano aver acquisito. Al termine dell’incontro il Gruppo "Percorsi Giudiziari" ha approvato un documento in cui esprime interesse per la realizzazione di progetti a cogestione pubblico/privato sociale per il trattamento e l’inserimento di tossicodipendenti in fase di arresto/fermo, nel corso del giudizio per direttissima/ fase di convalida. Inoltre, in merito al Progetto ministeriale "DAP-Prima", ritiene che i Centri della Fict, supportati da opportuna formazione, possano essere pienamente coinvolti. Il Gruppo evidenzia ancora una serie di nodi problematici relativi ai momenti più significativi della vita giudiziaria dei tossicodipendenti, a cominciare dalla mera segnalazione all’Autorità prefettizia, per il consumo personale, e al contatto con l’Assistente sociale di riferimento. In particolare, per quanto riguarda, la fase di arresto si è evidenziata la necessità di codificare il momento della certificazione di tossicodipendenza e della opportunità di una integrata presa in carico, nel corso del procedimento penale. Con riferimento alla fase dell’esecuzione penale il Gruppo sollecita il consolidamento dei rapporti con i Servizi Sociali del Ministero della Giustizia. Particolare preoccupazione suscita la problematica relativa all’inserimento di soggetti sottoposti alla misura cautelare degli arresti domiciliari (art. 89 c.p.p.). Fermo restando la competenza economica del Ministero della Giustizia a corrispondere la retta per soggetti in arresti domiciliari, il Gruppo evidenzia ed auspica che, in concomitanza con le procedure di accreditamento ed in virtù delle stesse, si creino protocolli di intesa tra il Ministero ed i centri accreditati, con relativo snellimento delle pratiche di convenzionamento. Inoltre, il Gruppo chiede che il Ministero della Giustizia provveda in tempi rapidi alla equiparazione delle rette a quanto stabilito dall’Intesa Stato/Regioni, per evitare la ulteriore sperequazione esistente che, attualmente, disincentiva i Centri ad accogliere tale tipologia di utenza, penalizzando così le persone "ristrette" nei percorsi giudiziari. Cina: giornalista condannato a dieci anni di carcere per una mail
La Repubblica, 7 settembre 2005
Dieci anni per una email e tutto questo grazie al contributo di Yahoo! Shi Tao, 37 anni, redattore di un giornale economico di Changsha (Cina meridionale) condannato lo scorso 30 aprile a 10 anni di prigione per aver pubblicato su Internet notizie giudicate dal governo della Cina "segreti di Stato", sarebbe stato tradito proprio dal suo provider. È quanto ha denunciato oggi l’organizzazione Reporter senza frontiere. Reporter senza frontiere afferma che la filiale di Yahoo! dell’ex-colonia britannica - oggi una Regione Amministrativa Speciale della Cina - avrebbe fornito alla polizia cinese le indicazioni con le quali è stato possibile risalire all’indirizzo di colui che aveva diffuso sulla rete il decreto col quale venne imposto il divieto. "Il solo fatto che l’azienda (Yahoo! ndr) operi in territorio cinese - scrive l’organizzazione di difesa della libertà di stampa - la rende immune da considerazioni etiche? Fino a dove si potrà spingere per accontentare Pechino?". Internet, che in Cina ha quasi cento milioni di utenti (il traguardo dovrebbe essere superato entro la fine dell’ anno, secondo le previsioni) è diventata negli ultimi anni il più potente strumento di espressione dell’opinione pubblica cinese. Tutti gli altri mezzi d’ informazione sono strettamente controllati dal governo di Pechino. Shi Tao, diventato subito un simbolo della condizione di oppressione della stampa cinese, è stato accusato di aver inviato dall’ufficio del suo giornale Dangdai Shang Bao (Contemporary Business News) estratti di un documento segnato "top secret" dalle autorità cinesi. In esso si vietava a tutti i giornalisti cinesi di commemorare in qualsiasi forma il 15esimo anniversario del massacro di piazza Tiananmen del 4 giugno 1989. Come riportato dalla Congressional-Executive Commission on China, una commissione creata dal congresso Usa per monitorare il rispetto dei diritti umani in suolo cinese, la legge sul segreto di Stato è ampia e vaga e "viene spesso utilizzata dalle autorità cinesi per perseguire giornalisti e scrittori che esercitano legittimamente la propria libertà di espressione". Giornalisti e blogger cinesi sono soliti inviare a siti internet stranieri le proprie corrispondenze per evitare di finire nelle maglie della censura cinese. La rete internet in Cina è cinta da una vera e propria grande "muraglia" elettronica, che filtra e impedisce la pubblicazione di documenti e messaggi riguardanti i temi tabù: i fatti di piazza Tiananmen, il Tibet, l’epidemia della Sars, le rivendicazioni del Falung Gong. Contattata dalla Bbc, la società non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali. Un portavoce di Yahoo! ha detto soltanto che il motore di ricerca sta "effettuando delle verifiche" sulla vicenda. Tuttavia, come accade in queste situazioni, la tacita regola delle corporation internet americane che operano in territorio cinese è quella di conformarsi alle regole del paese, compresa la censura dei messaggi che Pechino giudica pericolosi per la sicurezza dello Stato. Yahoo!, MSN e Google sono i principali siti USA che operano in Cina, spesso finiti sotto il mirino delle associazioni per la libertà di espressione per la collaborazione prestata alla censura cinese. Yahoo! dal 2002 ha imposto, per le ricerche in Cina, un codice di autoregolamentazione basato sulle richieste di censura della Repubblica Popolare cinese; MSN, dopo aver consolidato la sua presenza nel paese lo scorso giugno, ha cominciato a filtrare dai suoi blog cinesi parole come "libertà", "democrazia", "diritti civili". Google, dopo essere stato aspramente criticato per le censure imposte al suo servizio di News in cinese, ha ricevuto da poco un’esplicita richiesta di Reporter senza frontiere: "Applicherete censure sul vostro motore di ricerca su richiesta di Pechino?". Caserta: i ragazzi detenuti nell’Ipm di Airola diventano attori
Caserta 24 ore, 7 settembre 2005
Il teatro è sempre espressione di individualità e comunità. Rappresenta per ogni attore un buon motivo per riscoprire la propria identità culturale ma anche un momento di socializzazione vera, tra amici che con il tempo diventano dei veri e propri fratelli. Lo è stato in passato per i grandi artisti lo diventa oggi tra i numerosi gruppi teatrali emergenti sparsi dappertutto dalle nostre parti: dalle compagnie teatrali comunali a quelle scolastiche, dalle compagnie aziendali a quelle ospedaliere. È il caso di questa interessante compagnia teatrale di Aiola che questa sera, alle ore 21 nella villetta comunale rappresenterà uno spettacolo di grande impatto emotivo. Nell’ambito dell’Estate sparanisana 2005 organizzata dall’amministrazione comunale in collaborazione con le associazioni Acanto, Mete-Cultura, e Associazione musicale Arpa 2000, infatti, questa sera arriveranno a Sparanise i ragazzi dell’Istituto penale per minorenni di Airola per presentare un originale spettacolo teatrale. I giovani di Aiola, in particolare saranno diretti dall’associazione teatrale "I Refrattari" di Caserta, presidente Antimo Nicolò. La loro partecipazione è stata resa possibile grazie alla direttrice dell’Istituto penale, dottoressa Mariangela Cirigliano, dal vice direttore Di Lauro Antonio e da Carlo Santagata. Gli attori, tutti bravi, meritano forse maggiore attenzione degli altri visto il loro impegno posto nella formazione. A volte infatti sono ragazzi che già sono stati in strutture per adulti. E i ragazzi che hanno avuto esperienze in quelle strutture finiscono purtroppo per assumere un atteggiamento tale per cui è difficilissimo coinvolgerli e formarli. L’istituto offre loro pulizia e organizzazioni efficienti. Vi sono gruppi per minori e gruppi per adulti. La maggior parte dei ragazzi cosiddetti definitivi ha però altre alternative, perché magari riesce ad ottenere il lavoro all’esterno o il permesso premio; l’affettività, quindi, se la gioca all’esterno. Gli altri, i piccoli, riescono ad avere quella affettività enorme che offre loro il gruppo, tutto il gruppo educativo. " Se venite nel nostro istituto, - ha spiegato un operatore del settore - trovate un grande numero di volontari appartenenti ad associazioni cattoliche, ai boy-scout, alla Lega ambiente e a tante altre associazioni; proprio grazie a questi volontari si riesce a diminuire quella tensione che è propria del carcere. Il nostro grande progetto, (almeno per quanto mi riguarda), è quello di portare sempre più fuori questi ragazzi, pur mantenendo fermo l’aggancio con l’istituto. Noi riteniamo che nel momento in cui il progetto trattamentale è pronto, il ragazzo possa uscire all’esterno: deve abituarsi a vivere la vita che poi andrà a vivere, altrimenti rischiamo di creargli attorno una realtà ovattata, una situazione irreale".
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