Rassegna stampa 6 settembre

 

Perugia: istituire garante regionale dei diritti dei detenuti

 

Asca, 6 settembre 2005

 

"Istituire anche in Umbria l’ufficio del garante dei diritti dei detenuti per tutelare le persone private della libertà ed assegnare alla pena la reale funzione rieducativa in sintonia alle norme costituzionali": è la proposta lanciata dall’assessore regionale alle politiche sociali, Damiano Stufara, durante la conferenza stampa, che si è svolta stamani a Perugia, per fare il resoconto sulle visite che ha effettuato la scorsa settimana nelle carceri di Terni, Perugia, Orvieto e Spoleto. "Presto - aggiunge - presenterò alla Giunta la bozza di un progetto di legge per l’istituzione di questa figura, già presente nella Regione Lazio, che dovrà fare da tramite tra le istituzioni penitenziarie e le persone ristrette - ha detto Stufara - Obiettivo del lavoro del garante dei diritti dei detenuti sarà quello di denunciare le situazioni di rischio, non solo di coloro che scontano la pena negli istituti, ma anche di chi è agli arresti domiciliari e di chi è soggetto a interdizioni.

Il garante in pratica, dovrebbe assumere iniziative per assicurare che alle persone detenute, in riferimento alle competenze regionali, siano erogate prestazioni che tutelino il diritto alla salute, al lavoro, all’istruzione, alla formazione professionale ed al trattamento di risocializzazione. Ad ogni modo - ha aggiunto l’assessore - devo riconoscere che durante le mie visite è emerso un grande impegno della gran parte dei direttori degli istituti di pena umbri che lavorano per umanizzare le condizioni di vita dei detenuti puntando sull’organizzazione di attività, sulla formazione e sulla strutturazione di una rete di supporto alla loro attività". Stufara ha poi messo in risalto che il numero, "decisamente alto", di detenuti ristretti negli istituti umbri, "ad una prima impressione non fa pensare alla funzione di recupero della pena. Ma il sovraffollamento, legato in particolare a pene per reati minori, sposta il problema sul sistema penale italiano e non sulle responsabilità delle amministrazioni penitenziarie che fanno già tanto in condizioni difficili". "Visitando i quattro istituti penitenziari umbri - ha riferito l’assessore - ho potuto in prima persona verificare le effettive condizioni di vita della popolazione carceraria e di lavoro del personale penitenziario".

Siracusa: aggressione a Brucoli, polemiche tra i sindacati

 

La Sicilia, 6 settembre 2005

 

Botta e risposta fra Cgil, Cisl e Uil e la Fsa (Federazione sindacati autonomi) della Polizia penitenziaria di Augusta. Quest’ultima, con una nota del segretario provinciale Michele Pedone, contesta alcune interpretazioni del sindacato confederale per l’aggressione avvenuta all’interno della casa di reclusione di Augusta, ai danni di un agente di polizia penitenziaria, lo scorso 27 agosto. "Quello spiacevole episodio - riferisce la nota - fu da noi tacciato quale atto grave in conseguenza di una serie di disservizi all’interno della casa di reclusione. Ci è stato detto di aver accusato l’attuale commissario del reparto di polizia penitenziaria sulla responsabilità degli ultimi gravi episodi all’interno della casa di reclusione; in realtà si è voluto puntare il dito sulla direzione generale che non è stata in grado di scegliere una figura più autoritaria e di maggior sprone verso i colleghi. "Il nostro intervento - spiega ancora la nota - non è mai stato destabilizzante, ma solo di maggior attenzione da parte degli organi generali verso il problema della sicurezza all’interno delle strutture penitenziarie".

A questo obiettivo sono rivolte le richieste dell’Ugl di settore al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria: maggior efficienza nell’organizzazione del personale, diminuzione dei carichi di lavoro, aumento del personale sanitario e civile. La Fsa ha richiesto ed ottenuto una visita di controllo sui luoghi di lavoro del personale, che verrà eseguita il 12 settembre. Nella stessa giornata è prevista anche un’assemblea sindacale dalle 11.30 alle 13.30.

Saluzzo: tg in carcere, i detenuti diventano giornalisti televisivi

 

Redattore Sociale, 6 settembre 2005

 

Un’edizione giornaliera. 20 minuti di parole e immagini per raccontare la vita dentro e fuori dal carcere. Il primo frame andrà in onda questo autunno. A Saluzzo (Cn) ci provano ora, a Padova lo fanno già da 3 anni. I detenuti Realizzano un Tg, a circuito chiuso. Non hanno la libertà di uscire, ma quella di scegliere quali notizie dare sì. "Non faremo nessuna forma di censura -spiega Marta Costantino, direttore dell’istituto di detenzione-. Loro faranno la rassegna stampa e decideranno il taglio delle notizie. Noi faremo solo da supporto tecnico". Come precedente hanno TG2 Palazzi, il telegiornale del carcere di Padova che impiega una dozzina di detenuti tra redattori, cameraman e montatori. In 20 minuti di trasmissione affronta temi inerenti il carcere e approfondimenti su notizie di attualità. Va in onda anche una tv locale, Telechiara, ogni sabato alle 12.45.

I giornalisti ufficiali nel carcere cueneese sono cinque, coordinati da Susanna Agnese, redattrice del Corriere di Saluzzo. "Hanno iniziato nel 2003 con un giornale quindicinale che una volta al mese viene distribuito in allegato al quotidiano locale - prosegue il direttore del carcere-. È un servizio per gli altri 380 detenuti e per le persone che abitano nella zona. Anche 8 pagine o un video possono facilitare la comunicazione con chi è aldilà del muro". Il 40% dei detenuti è straniero. "In carcere abbiamo rappresentanti di 13 paesi diversi - continua -. La maggioranza parla albanese, la seconda lingua è invece il magrebino. Per loro è prevista la traduzione. I giornalisti hanno pensato a tutto". Speaker, cameraman e producer: tutti dietro le sbarre. "Hanno chiesto i finanziamenti all’amministrazione comunale - precisa Marta Costantino -. Così hanno ottenuto i fondi per comprare le apparecchiature". Le telecamere a Saluzzo sono pronte, i riflettori puntati e per la sigla basta spingere un bottone. Non sarà un lavoro facile però cercare notizie dietro le sbarre. Lo sa bene Dario Laruffa, giornalista del Tg2. Lui con le notizie ci fa i conti, tutti i giorni. "Ci vuole una certa sensibilità per raccontare le notizie. E loro dovranno mediare per gli altri detenuti i fatti che accadono all’esterno - commenta Baruffa -. Ma ci vorrà soprattutto coraggio per raccontare i soprusi e le violenze della detenzione, senza censure, perché non si ripetano più".

La Spezia: incontro di basket tra detenuti e squadra locale C1

 

Adnkronos, 6 settembre 2005

 

Mercoledì 7 settembre, alle 18, al palazzetto dello Sport di Ceperana, alla Spezia, una squadra di detenuti del carcere spezzino incontrerà il club locale di Follo-Bolano, che milita in C1. "Lo scopo è quello di abituare i detenuti a rispettare regole comuni - spiega Maria Cristina Bigi, direttrice della casa circondariale spezzina - lo sport è educativo per chi è in carcere come per chi sta fuori. E poi, ci permette di verificare l’affidabilità di ciascuno, di avviare percorsi individuali all’esterno".

Enna: Angelo Branduardi in concerto per i detenuti di Nicosia

 

Repubblica, 6 settembre 2005

 

La musica non ha muri né catene. Quella di Angelo Branduardi, ad esempio, giungerà fin dentro il carcere di Nicosia, grosso centro alle porte di Enna. Il musicista oltrepasserà portoni e cancelli e suonerà per i detenuti. Questa mattina alle 10, Branduardi incontrerà una cinquantina di reclusi e per loro eseguirà alcuni brani celebri del suo repertorio. Al concerto saranno presenti il provveditore regionale per gli istituti di pena, Orazio Farano, il vice direttore regionale Gianfranco De Gesù, il direttore della casa circondariale di Nicosia, Rosolino Dioguardi, le autorità civili e militari della cittadina ennese. Il concerto rientra tra le celebrazioni per la canonizzazione del beato Felice da Nicosia, frate francescano vissuto nel Settecento, che sarà elevato agli onori degli altari il prossimo 23 ottobre, in piazza San Pietro, da papa Benedetto XVI. Angelo Branduardi si trova nella cittadina ennese per eseguire brani ispirati alle Fonti francescane, "pezzo" forte del concerto che domani sera terrà nel parco del convento dei frati minori. Il concerto per i detenuti, invece, si terrà nei luoghi del beato Felice. L’ attuale carcere infatti è l’antico convento dove visse Fra Felice, trasformato nell’ Ottocento in luogo di detenzione. All’ interno si trovano la cella del francescano e il pozzo dal quale miracolosamente attinse acqua con un cesto. Dopo l’ acquisizione del luogo sacro al patrimonio dello Stato, i frati minori riuscirono ad acquistare parte dei terreni circostanti e a edificarono il nuovo convento al confine con il carcere. Da allora sono gli stessi frati a svolgere il ruolo di cappellani dei detenuti.

Immigrazione: Unione Europea adotta nuovo pacchetto di misure

 

Market Press, 6 settembre 2005

 

Tra le misure adottate l’1 settembre figurano la proposta di direttiva su norme comuni in materia di rimpatrio e tre comunicazioni, rispettivamente sull’integrazione, sui programmi di protezione regionale e sulla migrazione e lo sviluppo. Si tratta di un passo importante verso la realizzazione degli obiettivi annunciati nel piano d’azione dell’Aia, adottato dal Consiglio in giugno, e verso una strategia equilibrata nel campo della migrazione e dell’asilo. Il vice-presidente della Commissione, Franco Frattini, responsabile per la Giustizia, Libertà e Sicurezza, ha sottolineato come le misure adottate oggi costituiscano le due facce di una sola medaglia, delle politiche europee coerenti, eque ed efficaci nel campo dell’asilo e dell’emigrazione.

"Da una parte", ha notato il vice-presidente, "c’è un messaggio chiaro: coloro che si trovano illegalmente nell’Unione devono tornare nel loro paese d’origine, e se non siamo in grado di garantire un effettivo rimpatrio degli immigrati illegali, nel rispetto della loro dignità, mettiamo in pericolo la correttezza e la credibilità delle nostre politiche di asilo e immigrazione. Noi proponiamo d’altra parte, a livello nazionale ed europeo, misure che mirano a una sostanziale integrazione degli immigranti legali, destinati a rimanere nelle nostre società: tali misure tengono conto in primo luogo del contesto locale ed urbano in cui l’integrazione deve avvenire". Il vicepresidente ha sottolineato che "è necessario integrare le misure sul rimpatrio rimettendo l’accento sulla dimensione esterna delle nostre politiche e sul loro impatto sulle capacità di protezione e sviluppo dei paesi terzi."

Il vicepresidente Frattini ha anche ricordato l’importanza per le politiche comuni in materia di immigrazione e asilo della proposta di regolamento sulla raccolta di statistiche relative alla migrazione e all’asilo, adottata recentemente. A questo proposito, il vicepresidente ha commentato: "Politiche efficaci devono basarsi su dati affidabili. La nostra conoscenza della situazione migratoria nell’Unione europea è attualmente frammentaria ed incompleta. La raccolta di dati statistici a livello di Ue in questo campo migliorerà notevolmente la nostra capacità di concentrare gli sforzi nei settori in cui sono maggiormente necessari." L’adozione del "pacchetto di misure per i ricercatori", prevista per la fine di questo mese, consentirà di fare avanzare ulteriormente la politica migratoria dell’Ue, introducendo misure volte ad agevolare l’ingresso e il soggiorno nell’Ue di ricercatori qualificati. Il programma politico in materia di migrazione legale, un documento di più ampia portata che la Commissione intende adottare entro la fine del 2005, costituirà un importante ed ulteriore passo avanti verso la realizzazione di una strategia equilibrata.

La proposta di direttiva recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente introduce norme comuni chiare e trasparenti riguardanti il rimpatrio, l’allontanamento, l’uso di misure coercitive, la custodia temporanea e il reingresso, che tengono pienamente conto del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali delle persone interessate. La proposta è volta a stabilire un corpus di norme orizzontali, applicabile a qualsiasi cittadino di un paese terzo soggiornante illegalmente, e prevede una procedura in due fasi diretta a porre fine ad un soggiorno irregolare. Nei confronti del cittadino di un paese terzo soggiornante illegalmente deve essere presa una decisione di rimpatrio.

Va data priorità al rimpatrio volontario e, solo se il cittadino in questione non intende rimpatriare volontariamente, gli Stati membri fanno rispettare l’obbligo di rimpatrio con un provvedimento di allontanamento. La proposta attribuisce una dimensione europea agli effetti delle misure di rimpatrio adottate nazionalmente, ponendo in essere un divieto al rientro sul territorio valido per l’insieme dell’Unione Europea La comunicazione "Un’agenda comune per l’integrazione: Quadro per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi nell’Unione europea" è una prima risposta da parte della Commissione all’invito formulato nel programma dell’Aia ad istituire un quadro europeo coerente per l’integrazione. Facendo seguito all’adozione di principi fondamentali comuni per l’integrazione da parte del Consiglio giustizia e affari interni del 19 novembre 2004, i fondamenti della comunicazione odierna sono proposte di misure che diano attuazione concreta ai principi fondamentali comuni, oltre ad una serie di meccanismi di sostegno dell’Ue.

Al fine di rafforzare l’applicazione dei principi fondamentali comuni, vengono proposte azioni che dovrebbero fornire orientamenti per le politiche di integrazione dell’Ue e degli Stati membri. La comunicazione sottolinea inoltre l’importanza di chiarire ulteriormente i diritti e i doveri dei migranti nell’Ue, di mettere a punto specifiche attività di cooperazione e sviluppare lo scambio di informazioni sull’integrazione, di includere l’integrazione in tutti i pertinenti settori politici e di procedere a valutazioni. Le due comunicazioni sulla migrazione e lo sviluppo e sui programmi di protezione regionale rispondono all’invito contenuto nel programma dell’Aia a rafforzare la dimensione esterna delle politiche in materia di migrazione e di asilo.

Nella comunicazione sulla migrazione e lo sviluppo, la Commissione, in uno spirito di partenariato con i paesi d’origine, intende stabilire un nesso tra migrazione e cooperazione allo sviluppo, al fine di contribuire ad alleviare la povertà in tali paesi. La comunicazione propone una serie di orientamenti politici che dovrebbero contribuire a massimizzare le ripercussioni positive della migrazione sullo sviluppo dei paesi d’origine dei migranti. I migranti e i membri della diaspora possono offrire un importante contributo ai loro paesi d’origine attraverso le rimesse, le loro competenze e la loro esperienza e questo sia rientrando definitivamente nel loro paese, sia investendo o condividendo la loro esperienza con i loro compatrioti nel paese d’origine. La comunicazione formula orientamenti concreti per intensificare questo contributo. Al tempo stesso, essa esamina anche le possibili soluzioni per limitare gli effetti negativi della fuga di cervelli, vale a dire l’"esodo" di operatori qualificati dai paesi in via di sviluppo. Mediante questo documento, la Commissione apporta un contributo estremamente concreto ad un dibattito che riveste sempre maggiore importanza a livello mondiale, in particolare al dialogo ad alto livello sulla migrazione e lo sviluppo, previsto per il 2006 nell’ambito dell’Assemblea generale dell’Onu.

Alla diminuzione costante del numero di domande d’asilo registrata in Europa negli ultimi anni non ha corrisposto una riduzione del numero di rifugiati a livello mondiale. È un dato incontestabile che la stragrande maggioranza dei rifugiati rimangono nelle loro regioni d’origine, in condizioni di estrema povertà e di dubbia sicurezza. È quindi importante assicurare che coloro che necessitano di protezione siano in grado di avere accesso, il più rapidamente possibile, alla protezione che risponda meglio ai loro bisogni. In uno spirito di compartecipazione e di responsabilità condivisa, i programmi di protezione regionale sono finalizzati ad aiutare i paesi terzi che ospitano grandi comunità di rifugiati, o che devono far fronte ad un numero elevato di richiedenti asilo, a rafforzare la loro capacità di protezione. Il primo programma pilota di protezione regionale sarà attuato nei nuovi Stati indipendenti occidentali, vale a dire in Ucraina, Moldova e Bielorussia.

Il programma sarà incentrato sul rafforzamento della capacità di protezione già esistente, segnatamente offrendo un sostegno pratico per quanto riguarda l’esame delle domande d’asilo, il rafforzamento della protezione sussidiaria, l’integrazione e la documentazione. Tra le zone geografiche che potrebbero beneficiare del secondo programma pilota figurano la regione dei Grandi Laghi (Tanzania) e il Corno d’Africa. Va inoltre ricordato che in luglio la Commissione ha adottato la prima relazione annuale relativa al meccanismo di monitoraggio e di valutazione, volta a determinare il livello di cooperazione dei paesi terzi nella lotta all’immigrazione clandestina. La relazione è stata presentata al Consiglio dell’Ue al fine di valutare e migliorare la cooperazione in materia di immigrazione clandestina, in partenariato con i paesi terzi interessati.

Firenze: per Sollicciano il Comune chiede garanzie sui tempi

 

Repubblica, 6 settembre 2005

 

Lo avevano definito un provocatore e avevano replicato duramente all’ ultimatum dettato nel cuore di agosto dal suo ufficio di Palazzo Vecchio: "O risanate celle, bagni e cucina oppure io tra quindici giorni chiudo Sollicciano per motivi di tutela della salute pubblica", annunciava l’ assessore Graziano Cioni al direttore del carcere Oreste Cacurri. "Quando mai si è visto un amministratore pubblico che minaccia i vertici di un penitenziario?", ribatteva il provveditore regionale delle carceri Massimo De Pascalis. "La Asl compie rilievi a intervalli regolari dentro Sollicciano e anche questa volta abbiamo avviato i lavori necessari.

Non c’è bisogno che il Comune detti gli ultimatum, i cantieri sono sempre aperti qui dentro". Sembrava l’ inizio di uno scontro e invece non resta niente dei toni esasperati dei quella prima reazione nella lettera inviata da Cacurri al Comune in cui sono elencati nel dettaglio i lavori in corso dentro il carcere: corridoio di collegamento con le varie sezioni, la zona degli ambulatori, i locali delle docce, il reparto giudiziario, la zona cucina e una previsione dei tempi necessari per completare almeno gli interventi più urgenti". Un bollettino, insomma, ma non certo di guerra. E Cioni davvero non ce la fa a nascondere la soddisfazione: "Finalmente si è aperto un dialogo costruttivo, ho fatto bene a sollecitare l’ iniziativa dei dirigenti.

Dicevano che ero un pazzo a minacciare di chiudere il carcere, come se non fosse la legge a stabilire che al Comune spetta la tutela della salute dei cittadini. E i detenuti di Sollicciano sono residenti, senza contare che molti di loro una volta usciti sono affidati ai servizi sociali di Palazzo Vecchio. Sia chiaro, comunque, che io il provvedimento non lo ritiro, l’ ultimatum resta. Ho chiesto un incontro tra i tecnici della Asl, del Comune e del carcere per esaminare lo stato dei cantieri e farmi scrivere nero su bianco la data d’ inizio e fine dei lavori, che poi dovranno essere verificate". Rimane grave, aggiunge Cioni, il problema del sovraffollamento: "Anche se rispetto a luglio oggi ci sono cento detenuti in meno, la situazione è sempre drammatica. E non dimentico la cella di 27 metri quadrati dove vivono in nove".

Di questo soprattutto vuole parlare Franco Corleone, garante dei diritti delle persone detenute a Firenze, che sta preparando "un’iniziativa forte su Sollicciano, una vera e propria vertenza carcere che smuova le coscienze e faccia saltare sulla sedia questa città". Corleone ricorda come Sollicciano sia stato il primo e unico penitenziario ad essere pensato e costruito come un carcere aperto, "di forma circolare per essere in armonia col mondo esterno e non rappresentare solo una fortezza punitiva, chiusa, lontana e piena di spigoli. Un carcere moderno in cui i detenuti avrebbero dovuto entrare in cella solo per dormire", dice ancora, "e passare il resto del tempo a studiare e lavorare. Dovevano starci al massimo 500 persone, ora ce ne sono il doppio.

La gente sana si ammala e quando esce porta nella società le proprie malattie. La salute in carcere non è solo un diritto soggettivo ma anche un’assicurazione per la collettività intera". Secondo Corleone l’ ultimatum di Cioni ha scatenato "un evento unico, un fatto nuovo, perché ha spinto l’amministrazione penitenziaria a riconoscere l’ autorevolezza dell’intervento comunale e questo è un buon segno da parte del direttore. Considerando che il sindaco di Firenze è anche presidente dell’ Anci, mi auguro che questo segnale possa servire da stimolo agli altri istituti di pena italiani. Il carcere non è una fisarmonica che si può allargare a dismisura. È un edificio fatto di cemento, dove le persone non devono essere accatastate una addosso all’altra. Sono anni che Sollicciano aspetta un cambio di rotta, una dignità nuova".

Giustizia: tra i magistrati lo stipendio non è "uguale per tutti"

 

Il Giornale, 6 settembre 2005

 

La giustizia, con le sue lungaggini, è uguale per tutti. Il Consiglio di Stato ha impiegato dieci anni a liquidare le pratiche avanzate da due magistrati amministrativi che lamentavano disparità di trattamento rispetto ad altrettanti colleghi, però più illustri: Sergio Berlinguer (ex segretario generale del Quirinale) e Gaetano Gifuni (attuale segretario generale nominato da Scalfaro e confermato da Ciampi).

Dieci anni per dare torto alle toghe-ricorrenti Sergio Conti e Mauro Springolo, consiglieri del tribunale amministrativo regionale, che nel lontano 1993 decisero di rivolgersi alla sezione milanese del Tar per veder riconosciuto quello che consideravano un loro diritto, e non un diritto di pochi. Per usare un tecnicismo, chiedevano l’applicazione della legge sull’"allineamento del trattamento economico", cioè l’equiparazione dello stipendio a quello di altri colleghi "di pari qualifica" che "pur se con minore anzianità di ruolo - si legge nel dispositivo al primo verdetto - godono di un più favorevole trattamento retributivo".

Ovvero, tanto per non fare nomi, Sergio Berlinguer e Gaetano Gifuni, nominati consiglieri di Stato su indicazione del governo il 5 giugno 1992; il primo subito dopo aver lasciato la poltrona più ambita nello staff presidenziale, il secondo pochi giorni dopo averla occupata. Il Tar, sul finire del 1995, diede ragione a Conti e Springolo, nonostante le autorità interessate si fossero opposte tramite l’avvocatura di Stato. Oggi, dopo un decennio, il Consiglio di Stato ha invece ribaltato il pronunciamento.

Oggetto del contendere, l’applicazione della legge che dagli anni ‘80 consentiva l’"allineamento" dello stipendio di alcune categorie di pubblici dipendenti a quello dei pari grado con maggiore retribuzione. Dapprima riservata ai militari, la norma era stata poi estesa ai magistrati della Corte dei conti, quindi ai consiglieri di Stato, ai membri del Tar, e via discorrendo. Al punto che l’11 luglio 1992, sulla scia di un effetto a catena che rischiava di travolgere il pubblico impiego e con esso le casse dello Stato, un decreto legge "cancellava" il principio del cosiddetto "galleggiamento" spalancando le porte a un mare di contenziosi da parte di chi le condizioni per l’aumento di stipendio le aveva maturate prima che arrivasse il colpo di spugna del legislatore.

È in questo quadro che si innesta la travagliata storia giudiziaria della coppia Conti-Springolo: non tanto perché nel decreto abrogativo non era richiamata espressamente la norma che aveva esteso ai magistrati amministrativi i benefici dell’allineamento, ma soprattutto perché - facevano notare i ricorrenti - la loro posizione (come pure quella di Gifuni e Berlinguer) era maturata prima della decadenza della legge. E, per dirla tutta, Gifuni e Berlinguer erano arrivati dopo di loro. Ergo, vantavano minore anzianità.

Il Tar, in due sentenze "gemelle" depositate il 22 dicembre 1995, diede ragione a Conti e Springolo riconoscendo loro il diritto all’allineamento stipendiale "con riferimento ai consiglieri di Stato indicati dai ricorrenti", ovvero Gifuni e Berlinguer.

Lo fece sulla scorta di una vasta giurisprudenza in materia, e sulla considerazione che il valore retroattivo delle leggi era stato bandito in un precedente pronunciamento dalla stessa Corte costituzionale "perché frustra l’affidamento di una vasta categoria di cittadini nella sicurezza giuridica che costituisce elemento fondamentale dello Stato di diritto".

Nel ‘96, però, Palazzo Chigi decise di ricorrere al Consiglio di Stato contro Conti e Springolo, questa volta non costituiti in giudizio, e adesso ha vinto la causa. La quarta sezione giurisdizionale ci ha messo due lustri a pronunciarsi, e nei giorni scorsi ha mandato al protocollo le due sentenze di segno opposto rispetto a quelle di dieci anni fa. Il principio, osserva il Consiglio di Stato, è quello del "contenimento della spesa pubblica"; il decreto del ‘92, sull’abrogazione dell’allineamento, "ne ha esteso retroattivamente l’efficacia"; quanto a Gifuni e Berlinguer, i magistrati si guardano bene dall’entrare nel merito. Evitano addirittura di nominarli.

Preferiscono "tralasciare", rimandando ogni spiegazione alla dotta elencazione dei principi generali. "Le argomentazioni che precedono - si legge nelle sentenze - permettono di tralasciare ogni esame delle specifiche situazioni dei due magistrati presi a raffronto dall’appellante, e fatti oggetto di dettagliate osservazioni da parte della difesa erariale". Quali siano queste "dettagliate osservazioni", non è dato sapere.

Benevento: teatro - carcere, i detenuti in scena piacciono

 

Il Quaderno, 6 settembre 2005

 

Secondo appuntamento al Mulino Pacifico per Provocazione Teatro con "Parole e Anema" con i detenuti dell’Istituto Penale Minorile di Airola e la regia di Antimo Nicolò ed Enza Di Caprio della Compagnia I Refrattari di Caserta. Pochi gli spettatori presenti all’interno dell’edificio che questa volta però hanno potuto ripararsi dal freddo. A penalizzare la rappresentazione sia le abbondanti piogge pomeridiane, sia la contemporanea programmazione di un altro spettacolo, sempre di Provocazione Teatro che si teneva nell’Hortus Conclusus. L’opera messa in scena riprendeva "La musica dei ciechi" di Raffaele Viviani. Quattro spazzini, stancamente ma con grande dignità, si muovono nella strada, teatro della loro difficile esistenza, seguiti dal "personaggio" della città fortemente caratterizzato dalla sua balbuzie e dai suoi tic.

E poi un’orchestrina di ciechi: "Don Ferdinando" e "Don Antonino" accompagnati dal "fidato" impresario "Don Alfonso" che bisticcia con la venditrice ambulante. Don Ferdinando ha una moglie, Nannina, sposata per caso. Lei gli dice d’esser bella e lui ci crede tanto da diventare geloso ed immaginare un tradimento con Don Alfonso! È allora che la sposa confessa d’esser brutta tanto da poter esser scelta solo… da un cieco. Per tutta la durata dello spettacolo, sul palco, due delle interpreti, immobili a fare da scenografia hanno colpito per l’incredibile resistenza.

Riuscita l’interpretazione del mondo napoletano visto con gli occhi di Raffaele Viviani che sapeva, anche in poche battute, dare grande dimensione umana a tutti i suoi personaggi spaziando dalle note comiche al dramma profondo. E infatti sono stati lunghissimi gli applausi soprattutto dopo la sentita e appassionata ultima scena che ha visto tutti gli interpreti insieme sul palco: Genny, Carmine, Giovanni, Raffaele, Nunzio, Vittorio, Salvatore, Mario detenuti dell’Istituto Penale Minorile di Airola e gli attori Luca Nicolò e Angela Del Vecchio. A tanto si è potuto giungere in seguito ad un corso di teatro tenuto in carcere da Antimo Nicolò e finanziato dalla Regione Campania Stap 17/08 (Formazione Professionale) di Benevento.

Minori: ogni anno in Italia 400 bambini non vengono riconosciuti

 

Redattore Sociale, 6 settembre 2005

 

"Il diritto di tutti i bambini fin dalla nascita alla famiglia e la prevenzione dell’abbandono": è questo il tema del convegno voluto dall’Anfaa - Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie, promosso dalla Provincia di Torino e organizzato dall’Associazione Promozione Sociale, che si svolgerà a Torino il prossimo 21 ottobre. Un’occasione per confrontarsi su quei temi che recentemente ha rilanciato la campagna voluta dal Ministero per le pari Opportunità: evitare gli infanticidi e gli abbandoni che mettono a repentaglio la sopravvivenza dei bambini, fornendo maggiore informazione alle donne sulle vigenti disposizioni di legge che attribuiscono la garanzia del segreto del parto, la scelta se riconoscere o meno il proprio nato e la possibilità di un periodo di riflessione prima di decidere sul riconoscimento. "Ogni anno in Italia nascono circa 400 minori non riconosciuti. - spiega l’associazione - Per quanto riguarda gli infanticidi, essi sono in preoccupante aumento. In una situazione in cui molti dei diritti dei bambini appaiono labili e scarsamente esigibili, scopo di questo primo convegno è l’individuazione, sulla base delle pluriennali esperienze realizzate nel nostro Paese, degli atti occorrenti per garantire interventi idonei a prevenire gli abbandoni che mettono in pericolo la vita dei neonati, per evitare gli infanticidi e per fornire alle gestanti le prestazioni necessarie perché possano assumere con la massima loro responsabilizzazione possibile le decisioni circa il riconoscimento o il non riconoscimento dei loro nati". Al centro del dibattito dunque le esigenze affettive dei bambini e gli interventi occorrenti per assicurare consapevoli riconoscimenti o non riconoscimenti dei propri nati, il ruolo degli operatori sociali e sanitari prima, durante e dopo il parto, problematiche relative ai neonati stranieri e le esperienze acquisite in materia di sostegno psico-sociale alle partorienti, con particolare riguardo alle donne extracomunitarie. Obiettivo del convegno è anche quello di prendere in esame le reali possibilità di inserire nell’ordinamento italiano norme che prevedano, fra i diritti esigibili, gli interventi occorrenti per garantire il soddisfacimento delle esigenze fondamentali di vita dei minori, con particolare riguardo quelli appartenenti a nuclei familiari disagiati.

Importante, e questo meeting potrebbe esserne l’occasione, fare chiarezza sulla terminologia e sui numeri del fenomeno. In questi giorni l’Istituto degli Innocenti – Centro per la documentazione per l’infanzia e l’adolescenza di Firenze sta cercando di mettere in rete i dati dei Tribunali dei Minori riguardanti i neonati abbandonati; la stima attuale, che parla di circa 300 bambini partoriti in segreto e lasciati per strada, fa riferimento ad un ultimo dato ufficiale che risale al 1997. Diversa invece la situazione dei minori non riconosciuti, bambini non voluti dai genitori ma affidati alle istituzioni. Infine il dato sugli infanticidi: erano 7 nel 2003 secondo i dati Istat. Un fenomeno in crescita nell’ultimo decennio (1993-2003) di oltre il 40% rispetto al decennio precedente.

Minori: una strategia comune europea contro l’infanticidio

 

Redattore Sociale, 6 settembre 2005

 

Una strategia comune europea contro l’infanticidio. Lo chiedono le deputate europee italiane di tutti gli schieramenti che domani, 7 settembre, presenteranno a Franco Frattini, vicepresidente della Commissione Europea e commissario competente un appello dal titolo significativo: "Operazione vivere". L’iniziativa è stata promossa dall’On. Roberta Angelilli, Capo Delegazione di An presso il Parlamento Europeo ed ha trovato il patrocinio del Parlamento Europeo e la collaborazione dell’associazione "I diritti civili nel 2000", già attiva in Italia con i progetti "Salvabebè" e "Salvamamme". Il progetto è sostenuto da molte donne parlamentari, tra cui Luisa Morgantini (Prc), Cristiana Muscardini (An), Pasqualina Napoletano (Ds), Amalia Sartori (FI), Luciana Sbarbati (Pri) e l’On. Patrizia Toia (Dl - Margherita).

Il fenomeno dell’abbandono risulta di drammatica attualità in tutta Europa: solo in Italia si stima (l’ultimo dato ufficiale è del 1997) che ogni anno circa 300 neonati siano trovati in stato di abbandono e poco meno della metà senza vita. Gli ultimi fatti di cronaca (3 neonati trovati senza vita in 8 giorni in Italia e il caso della mamma pluriomicida in Germania) ne hanno amplificato l’eco, ma già da tempo le istituzioni, nazionali ed europee, si sono poste il problema di come prevenire ed informare. Povertà, emarginazione, scarsa conoscenza delle leggi che consentono alle donne di partorire in sicurezza i propri figli, garantendo allo stesso tempo il proprio anonimato alla base di questi gesti estremi. L’appello delle parlamentari chiede prima di tutto un’analisi del fenomeno negli stati membri, sia del fenomeno che delle "buone prassi". Domani la presentazione alla stampa dell’appello nel corso di una conferenza stampa, a cui saranno anche presenti i Vice presidenti del Parlamento europeo On. Luigi Cocilovo e On. Mario Mauro.

 

 

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