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Milano: gli istituti di pena lombardi sono al collasso
La Padania, 29 settembre 2005
Già i numeri parlano chiaro. Il carcere di San Vittore, che potrebbe contenere poco più di 800 detenuti, ne ospita ormai all’incirca 1400. Si tratta quasi del doppio. E se questo non bastasse si tenga presente che il 70 per cento di questi sono immigrati. Marocchini, algerini, albanesi e romeni sono sono alcuni degli ospiti del carcere milanese di piazza Filangeri. "Che il sovraffollamento esista - spiega Luigi Pagano, direttore del Dipartimento carceri Lombardia ed ex direttore di San Vittore - è un dato di fatto: in tutta la Regione abbiamo 8700 detenuti, cifra che già spaventa ma che è destinata a una crescita fuori dal normale". Furti, spaccio di droga, traffico di permessi di soggiorno e prostituzione sono tra i crimini più in voga. "La Regione Lombardia - afferma Antonella Maiolo, sottosegretario alla Giunta Formigoni per i diritti dei cittadini e per le carceri - è la sola che ha fatto una legge apprezzata in tutto il Paese. Tuttavia, l’eccessivo aumento della malavita in ambienti extracomunitari - conclude la Maiolo - provoca sempre maggiori problemi". Basta guardare i dati in nostro possesso. Bollate conta 860 detenuti, Opera altri 1300 e la necessità di una casa circondariale (come quella di San Vittore, appunto) situata vicina al Palazzo di Giustizia rende difficile la costruzione di nuove carceri. "San Vittore - spiega Stefano Carugo, presidente della Commissione carceri in Comune - è ormai una struttura fatiscente, nonostante i 35milioni di euro stanziati dalle istituzioni per ricostruire il terzo e il quinto braccio". Si parla, quindi, di "interventi tampone". Niente di fatto, dunque. Rimangono carceri sovraffollate che ospitano, per la maggior parte, cittadini extracomunitari che entrano ed escono ogni sei mesi. "Carceri grossi come quello di San Vittore - continua Carugo - non hanno più ragione d’esistere. Mi sembrava, invece, un’ottima soluzione la proposta del ministro di Giustizia, Roberto Castelli, di costruire nuovi istituti correttivi, ma la sinistra è intervenuta più volte per bloccare questa iniziativa". Più volte si è parlato di adottare in Italia il modello austriaco della "cittadella di giustizia", un complesso che racchiuda in sé una casa di reclusione e un tribunale. Ma questo alla sinistra non piace. E, allora, teniamoci le nostre carceri dove "i detenuti - spiega Carugo - entrano ed escono da una struttura che non è più a misura d’uomo, e non soltanto per i carcerati ma per le stesse guardie che sono costrette a lavorare in condizioni pietose". A San Vittore, per esempio, ci sono alcune sezioni in cui lavorano solo due poliziotti su due piani. "Sono sotto gli occhi di tutti - afferma Monica Rizzi, consigliere regionale della Lega - il sovraffollamento e le gravi carenze sanitarie di molte strutture carcerarie: diventa, infatti, opportuna la realizzazione di nuovi istituti, oltre che un costante impegno sociale e civile come pure un maggiore coinvolgimento delle istituzioni, come Comune, Provincia e Regione". Ad aggravare la situazione: l’eccessivo numero di immigrati. "Ci sono evidenti rischi etnici", afferma con forza il presidente Carugo. "L’altissimo numero di nord-africani e di albanesi fa sorgere seri problemi di integrazione e rende difficile l’attuazione dei programmi di recupero". Il reinserimento in società, magari agli arresti domiciliari, "diventa impossibile - spiega Carugo - perché gli extracomunitari sono senza domicilio e senza una famiglia che possa garantire per loro: lo smaltimento diventa, così, impossibile". Anche tra i giovanissimi si registra lo stesso problema. "La presenza di extracomunitari - spiega don Gino Rigoldi, direttore di "Comunità nuova" e cappellano al carcere minorile Beccaria - rallenta pesantemente i programmi di recupero. Soprattutto i romeni e i rom non hanno alle spalle una cultura educativa perché arrivano da Paesi in cui il Comunismo ha eliminato totalmente gli studi umanistici". Così, al Beccaria, arrivano ragazzini di 7 anni con alle spalle furti e omicidi che, nel giro di poche settimane, riescono a fuggire dalle comunità e si ritrovano di nuovo per strada. Non si parli, dunque, di nuove soluzioni. Assolutamente. Alla sinistra le carceri piacciono così come sono: affollate e in condizioni difficili. Non si parli, poi, che il 70 per cento dei detenuti è composto da immigrati. Si dica, piuttosto, che il 30 per cento dei carcerati sono italiani. Giustizia: Lumia (DS); situazione drammatica e nessuna iniziativa
Adnkronos, 29 settembre 2005
Giuseppe Lumia, capogruppo Ds in Commissione Antimafia, domani sarà "al fianco dei lavoratori della Polizia Penitenziaria che protesteranno per la drammatica situazione delle carceri italiane. La vita nelle carceri italiane è sempre più difficile per chi ci lavora - afferma Lumia - e di fronte ad un incredibile sovraffollamento il Governo non ha preso nessuna iniziativa in grado di porre rimedio a condizioni di lavoro insopportabili. A questo si aggiunge un atteggiamento sprezzante del Ministro Castelli che pensa di poter decidere lui quando le organizzazioni sindacali possono o non possono manifestare e cerca di chiudere accordi sindacali con una minoranza dei sindacati". "I soldi che Castelli cercherà di far stanziare nella Finanziaria, e non è detto che ci riuscirà, non possono essere utilizzati solo per costruire nuovi posti per i detenuti - conclude Lumia - ma devono anche essere destinati ad aumentare gli organici". Giustizia: Cgil-Fp; scontro Vitali-Castelli fotografa confusione
Ansa, 29 settembre 2005
"Quello che è successo in queste ore, lo scontro tra il sottosegretario Vitali e il ministro Castelli, fotografa lo stato di drammatica confusione in cui versa l’ intero pianeta giustizia": è il giudizio di Fabrizio Rossetti, segretario del settore penitenziario della Cgil Funzione Pubblica. Ancora più grave, secondo Rossetti, è che "mentre la gente in carcere muore o vive in condizioni inumane, i due massimi responsabili politici di questo ministero si attardano in diatribe che non interessano a nessuno se non a loro stessi". La manifestazione di protesta in programma domani, conclude il sindacalista, "sancirà il fallimento totale delle politiche di questo governo sui temi del carcere". Giustizia: Consulta sicurezza; bene Vitali su riordino carriere
Ansa, 29 settembre 2005
La Consulta Sicurezza dei sindacati delle forze di polizia Sap, Sappe e Sapaf, plaude al sottosegretario alla Giustizia, Luigi Vitali, che ieri "ha messo all’ ordine del giorno dell’ attenzione del Governo la questione del riordino delle carriere delle forze di polizia cui destinare anche i fondi che si potrebbero recuperare dalla riduzione dei costi della politica che, secondo il sottosegretario, ammontano a circa un miliardo di euro" "Di fronte al persistere e all’ aggravarsi dell’emergenza in tema di ordine pubblico, che i recenti provvedimenti in materia di contrasto al terrorismo hanno reso ancora più evidente - dice Donato Capece, presidente della Consulta Sicurezza - è necessario un esame aggiornato dello stato delle cose e l’ individuazione di nuove misure, operazioni possibili solo in sede parlamentare. Tra queste misure appare indispensabile procedere proprio al Riordino delle carriere delle Forze di polizia, per il quale servono urgenti fatti concreti". Il calendario dei lavori parlamentari - conclude Capece - "deve assicurare spazi non risicati di dibattito e di decisione sui problemi della sicurezza. E sarebbe gravissimo arrivare alla fine della legislatura senza aver dato attuazione a questo provvedimento, atteso da centinaia di migliaia di donne e uomini in divisa". Milano: comincia il congresso nazionale di medicina penitenziaria
Gazzetta del Sud, 29 settembre 2005
La salute in carcere, una situazione di "difficilissima gestione". La denuncia arriva dalla Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria (Simsp), che da oggi e fino al primo ottobre, si riunirà a Milano per la sesta edizione del congresso nazionale dal titolo "La metamorfosi della medicina penitenziaria: l’etica nelle cure". Oggi le carceri italiane ospitano 60 mila detenuti con un 30% di stranieri. Al 30 agosto 2005 il totale degli stranieri risultava di 19.799 unità (18.438 uomini e 1.295 donne). ben 148 i Paesi rappresentati: 4177 marocchini, 2.973 albanesi, 2.071 tunisini, 1.777 rumeni. "Si tratta di una situazione di sovraffollamento mai vista prima - spiega il presidente della Simsp, Giulio Starnini - un numero di detenuti come non lo abbiamo mai avuto. Per questo - dice - personalmente, sono favorevole ad amnistie e indulti che vadano di pari passo con modifiche normative che impediscano di ritrovarci nella stessa situazione da qui a pochi mesi; mi riferisco in particolare a misure alternative al carcere per detenuti tossicodipendenti". La fotografia della sanità nelle carceri rivela, secondo la Simps, "una situazione di emergenza anche per il taglio di fondi alla sanità penitenziaria che negli ultimi 15 anni, a fronte di un aumento di quasi il 50% dei detenuti, sono diminuiti del 20%". Ma quali sono le emergenze sanitarie nelle carceri? "In primis è da sottolineare che un terzo della popolazione carceraria, 20 mila persone, sono extracomunitari. In Lombardia, regione col maggior numero di detenuti, fino al 50%". Dalle rilevazioni riferita al 2004-2005 di 80 mila schede sanitarie raccolte dall’ufficio sanitario del Dap, emerge una percentuale di tossicodipendenti del 22%. "Al secondo posto tra le emergenze sanitarie spiccano, sorprendentemente (in quanto presenti in popolazione giovane 40-45 anni) le patologie osteoarticolari, il 14% ; al terzo - prosegue Starnini - le malattie infettive, specie epatiti virali croniche e Hiv, 11%; le psicopatologie arrivano al 10% e al 9% le malattie gastrointestinali, seguite dalle cardiovascolari per diete grasse e stress, 8%; mentre un 4% è colpito da neoplasie". Grazia: per la Consulta il ricorso di Ciampi è ammissibile
Corriere della Sera, 29 settembre 2005
Per stabilire a chi spetti l’ultima parola sulla concessione della grazia ha ragione il Quirinale a promuovere ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. La Corte costituzionale, dunque, ha ritenuto ammissibile l’iniziativa della presidenza della Repubblica che mesi fa è dovuta ricorrere ai giudici delle leggi dopo il gran rifiuto del ministro della Giustizia, Roberto Castelli (Lega), contrario, nonostante il passo formale del Colle, a un atto di clemenza per il detenuto Ovidio Bompressi, l’ex militante di Lotta continua condannato insieme ad Adriano Sofri a 22 anni di carcere per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi. La decisione di merito, che chiarirà se esiste o no un potere di veto del Guardasigilli, verrà presa dalla Corte nei prossimi mesi. Non è escluso che il conflitto si concluda dopo la fine del settennato di Ciampi. Probabilmente, non si farà in tempo per il 6 novembre, giorno in cui usciranno dalla Corte il presidente Alberto Capotosti, Fernanda Contri e Guido Neppi Modona che verranno sostituiti da altri tre giuristi nominati da Ciampi. Il caso ha voluto che ieri, festa della polizia penitenziaria, Ciampi e Castelli abbiano passato molte ore insieme. Il ministro ha accompagnato il presidente alla sfilata degli agenti e, di pomeriggio, è anche tornato al Quirinale per il cambio della guardia: "Direi che la decisione della Corte era scontata, prevedibile perché non c’era nessuno motivo perché non dovesse essere dichiarata l’ammissibilità del quesito e, con questo, non voglio sminuire la decisione presa", ha commentato il Guardasigilli che nominerà un avvocato del libero foro perché l’Avvocatura dello Stato è impegnata con Ciampi. L’ordinanza della Corte, un testo molto articolato redatto dal giudice Alfonso Quaranta, è il primo passo di un inedito contenzioso ma questo non significa che già sia stata accolta la tesi del Quirinale. Si tratta, per ora, dell’ammissibilità del ricorso col quale si chiede di annullare la lettera del 24 giugno 2004: quella "da cui risulta il rifiuto apposto dal ministro di dare corso alla determinazione, da parte del presidente della Repubblica, di concedere la grazia ad Ovidio Bompressi". Per Castelli, però, "il problema, che andrà risolto, nasce da come è stata scritta la Costituzione". Come ha argomentato l’ex presidente della Consulta, Valerio Onida, "difficilmente la Corte potrebbe omettere di chiamare in causa il governo nella sua collegialità, nella persona del presidente del Consiglio" perché "il ministro della giustizia non ha, in materia di grazia, una competenza spettantegli individualmente...". In conclusione: "Il vero conflitto è tra il presidente della Repubblica e il governo... e sarebbe stato (e forse sarebbe) perciò auspicabile che il governo si esprimesse ufficialmente". Il dibattito sulla grazia, ora, si sovrappone a quello alimentato da Marco Pannella che vorrebbe candidare Sofri alle elezioni. Dopo il rifiuto di Sofri ("È chiaro che non sono candidabile"), parla l’avvocato di Bompressi, Felice Besostri: "Capisco le buone intenzioni di Pannella ma l’idea di candidare Sofri è controproducente perché rischia di allontanare la grazia invece di avvicinarla". Infine c’è Antonio Di Pietro: "Contesto il fatto che chi è stato dichiarato colpevole possa accedere al Parlamento. Qual è il merito di Sofri? Aver commissionato l’uccisione di Calabresi? ". Giustizia: Valentino, servono nuove risorse per la giustizia
Agi, 29 settembre 2005
Aumento delle retribuzioni dei magistrati ordinari, nuovi incentivi per chi presta funzioni giurisdizionali in uffici particolarmente disagiati, revisione della normativa in materia di difesa d’ufficio e di patrocinio a spese dello Stato. Queste le misure necessarie alla Giustizia e che, secondo il sottosegretario Giuseppe Valentino, dovrebbero trovare spazio nella Finanziaria 2006. "La riforma dell’ordinamento giudiziario - ha affermato il sottosegretario - ha costituito solo un primo passo nella direzione del rinnovamento di un sistema giurisdizionale non più al passo dei tempi". Valentino, inoltre, sottolinea la necessità di misure necessarie a stabilizzare il rapporto di lavoro dei lavoratori socialmente utili in servizio presso l’amministrazione giudiziaria e il rapporto di lavoro degli agenti ausiliari della polizia penitenziaria. "Una legge finanziaria, quindi, ha concluso Valentino - che tenga adeguato conto delle esigenze dell’amministrazione della giustizia, da sempre fondamentale per lo sviluppo del nostro paese". Giustizia: fino a 6 mesi di carcere per prostituzione in strada
Gazzetta del Sud, 29 settembre 2005
"La Commissione giustizia ha approvato un emendamento al disegno di legge contro la prostituzione con il quale è prevista la sanzione della reclusione sino a 6 mesi per chi esercita la prostituzione in luogo pubblico o aperto al pubblico". Lo annuncia Italico Perlini, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia. "Connesso a questo emendamento, che è stato presentato dal Presidente Gaetano Pecorella, vi è anche una modifica del codice di procedura penale diretta a prevedere la possibilità dell’arresto in flagranza della persona esercente la prostituzione in luogo pubblico o aperto al pubblico" annuncia Perlini. In questo modo, si legge in una nota diramata dall’esponente azzurro, "si vuole realizzare lo scopo principale della norma, accanto a quello delle forme di assistenza, e cioè la eliminazione della presenza nelle strade delle città italiane di prostitute, spesso provenienti da altri paesi". Dal canto suo, Franco Grillini commenta così l’atteggiamento della maggioranza che, in commissione Giustizia alla Camera, ha votato ieri il carcere per chi si prostituisce ed "ha respinto la proposta della "zonizzazione" avanzata dal centrosinistra": "Un altro passo verso un’illiberale cultura proibizionista". "Ancora una volta – afferma Grillini, deputato dei Ds e presidente onorario dell’Arcigay – l’ipocrisia e la sessuofobia della destra italiana si afferma anche nella legislazione a totale dispetto del nome "Casa delle libertà". E Anna Finocchiaro, capogruppo dei Ds in commissione Giustizia alla Camera, afferma: "Il primo risultato dell’emendamento approvato in commissione Giustizia a proposito della pena fino a sei mesi per chi esercita la prostituzione in luogo pubblico, sarà che le donne schiavizzate e costrette a vendere il proprio corpo dovranno farlo in luoghi nei quali nessun controllo potrà essere effettuato". "Ciò significa – aggiunge – che la tratta di persone e la loro eventuale punizione fisica fino alla morte, rimarrà ancor più impunito perché nessuno lo potrà vedere". Giustizia: don Ciotti; mandare in carcere prostitute è una farsa
Comunicato Stampa, 29 settembre 2005
Mandare in carcere le persone che si prostituiscono in strada è una soluzione "farsa": punisce la prostituzione a seconda del luogo in cui si esercita e non facilita il lavoro di recupero delle vittime della tratta. Rendere illegale la prostituzione in strada presenta gravi rischi che è bene considerare. La strada, per quanto pericolosa e per molti aspetti problematica, rappresenta un luogo "più sicuro" per le donne rispetto ai luoghi chiusi o appartati in cui finirebbero se la prostituzione in strada diventasse un reato. La strada è inoltre un luogo "accessibile" a chi propone aiuto e sostegno: oggi le organizzazioni (laiche e cattoliche) contattano le donne dedite alla prostituzione perlopiù sulla strada, con le cosiddette Unità mobili, proponendo loro prevenzione sanitaria e aiuto. Voler vietare la prostituzione in strada penalizzerebbe molti degli interventi di prevenzione in atto e in particolare ricadrebbe sulle vittime della tratta, rendendole difficilmente avvicinabili. Il problema della convivenza tra le persone che si prostituiscono e la popolazione che risiede nelle zone dove si esercita la prostituzione esiste. La nostra esperienza di questi anni tuttavia ci permette di dire che una conciliazione è possibile. Non si possono affrontare problemi così complessi con semplificazioni e scorciatoie. Le leggi che abbiamo sono le migliori esistenti (legge Merlin e articolo 18 del Testo Unico sull’Immigrazione), vanno però ben applicate sia per quanto riguarda il contrasto allo sfruttamento sessuale, sia per quanto riguarda l’aiuto alle vittime. Senza dimenticare che il fenomeno della prostituzione necessita di due soggetti: la persona che si prostituisce e il cliente. Su quest’ultimo bisogna riflettere a cominciare dalla dimensione educativa.
Don Luigi Ciotti Roma: dal carcere al mondo del lavoro in Eco-taxi
Roma One, 29 settembre 2005
Un servizio di risciò nella Ztl di Trastevere favorirà il reinserimento lavorativo di 20 ex detenuti e carcerati che possono usufruire di misure alternative alla reclusione. Attesa l’approvazione del finanziamento. Una nuova iniziativa per il reinserimento dei detenuti nel mondo del lavoro. Si chiamerà Eco-taxi, fornirà un servizio di "risciò" nella zona Ztl di Trastevere attuato attraverso una ventina di biciclette dotate di un motorino che entrerà in funzione nelle fasi di "sforzo". L’iniziativa, ideata dalla cooperativa sociale romana Blow-up, ha ricevuto, oltre la promessa di finanziamento del Dap (Dipartimento amministrativo penitenziario), anche il consenso all’Assessorato del Lavoro del comune di Roma, e al ministero dell’Ambiente. "L’idea è piaciuta molto sia all’assessorato del lavoro che al ministero dell’ambiente che si sono impegnati ad agevolare il progetto nel tessuto cittadino - spiega a RomaOne.it Rossana Pizzuti, operatrice sociale amministrativa e promotrice del progetto - Sullo sviluppo dell’iniziativa noi abbiamo le idee molto chiare, siamo pronti a partire non appena verranno erogati i finanziamenti e decisa la programmazione del tavolo di lavoro con le categorie interessate (esercenti, tassisti, operatori sociali, tribunale della sorveglianza, ndr)". Per una stima dei tempi di realizzazione si sta attendendo, infatti, l’incontro al Dap che avverrà in settimana. Inizialmente, spiega Pizzuti, si partirà selezionando i guidatori tra gli "affidati", detenuti che usufruiscono delle misure alternative, con l’obbligo del domicilio controllato e l’incontro quotidiano con gli operatori sociali. La speranza è di estendere le future selezioni anche tra i detenuti degli istituti penitenziari che possano usufruire della semilibertà. L’idea è quella di rendere i guidatori autonomi in questa loro attività: tutti i proventi delle corse infatti andranno a loro totale beneficio. "Ma non vogliamo rendere questa attività un ghetto per chi ha subito o è in condizioni di restrizione di libertà - spiega l’operatrice - il sogno è che questa esperienza possa crescere e creare opportunità di lavoro per molti giovani disagiati e con esperienza di carcere alle spalle". Ma l’idea di creare un servizio di risciò non potrebbe essere sentita come degradante dagli stessi detenuti e percepita con qualche imbarazzo dalla cittadinanza? "Ci abbiamo pensato ma speriamo proprio che non sia così - spiega Pizzuti - anzi pensiamo che un servizio del genere è qualcosa che a Roma mancava. E potrebbe diventare, perché no, anche un’ attrattiva turistica della città, come già accade in altre capitali europee. D’altronde anche a Torino e Firenze un servizio del genere esiste già". Genova: il 28 ottobre convegno "Doppia Diagnosi e Comunità"
Progetto Uomo, 29 settembre 2005
È per il prossimo 28 ottobre 2005, a Genova, presso il Palazzo S. Giorgio, il Convegno sulla comorbilità psichiatrica intitolato "Doppia Diagnosi e Comunità Terapeutica". Ai lavori del Convegno, organizzato dal Centro di Solidarietà di Genova, parteciperanno in qualità di relatori il Dott. Emanuele Bignamini, il Dott. Pierpaolo Pani, il Prof. Claudio Renzetti. Un rappresentante della Federazione Italiana Comunità Terapeutiche (FICT) provvederà ai saluti alle autorità e presenterà gli esperti liguri del settore: il Prof. Tullio Bandini, il Prof. Luigi Ferranini, il dott. Giampaolo Guelfi, il Dott. Piergiorgio Semboloni, il Dott. Rosolino Vico Ricci e il Dott. Marco Boeri. È in corso l’accreditamento ECM per le figure professionali di Medico-Psicologo -Infermiere Professionale -Educatore Professionale Per informazioni: Centro di Solidarietà di Genova, Via Asilo Garbarino 6b-9b - 16126 Genova; Tel: 010254601 - Fax: 01025460202; e-mail: csgenova@csgenova.org Droghe: la cocaina non è solo la droga dei ricchi…
Progetto Uomo, 29 settembre 2005
Per le Comunità terapeutiche esiste una nuova tipologia di consumatori che richiede tecniche adeguate di prevenzione e cura. Sono stati necessari casi eclatanti come il filmato della modella Kate Moss o l’arresto dell’attore televisivo Paolo Calissano a richiamare l’attenzione su un fenomeno allarmante come la diffusione dell’uso di cocaina nel nostro Paese. In realtà i segnali provenienti dalle Questure e dai Rapporti nazionali e internazionali non lasciavano dubbi sull’impennata di consumi di cocaina non più attribuibili solo ad ambienti dello spettacolo o benestanti. La Federazione Italiana Comunità Terapeutiche (Fict) con la sua capillare rete di Centri e Servizi per tossicodipendenti presente in tutta Italia, già da tempo ha attivato in numerose città dei percorsi riabilitativi specifici per i consumatori di cocaina e maturato una notevole conoscenza della problematica. Se un tempo la cocaina era la droga dei ricchi oggi si è talmente diffusa da considerare i nuovi consumatori invisibili, in quanto svolgono una vita apparentemente normale, non si ritengono tossicodipendenti, non sostano sulle panchine dei giardini e non si rivolgono ai servizi pubblici per timore di essere riconosciuti e in genere rifiutano qualsiasi intervento terapeutico-riabilitativodi tipo residenziale. L’esperienza maturata sul campo in questi anni nei Centri Fict suggerisce che gli elementi scatenanti la motivazione alla cura possono essere di natura differente rispetto alle altre sostanze, l’uso di cocaina non mette in moto in maniera automatica un processo di disgregazione sociale. Per certi versi non è automatica la percezione dell’uso di cocaina come indicatore di problemi personali né a livello sociale né a livello dei consumatori stessi e, a volte, dei componenti la loro rete primaria. Se l’uso di eroina tendeva a omogeneizzare i comportamenti di assunzione e tossicomanici, con la cocaina ci troviamo di fronte ad una realtà molto diversa. Sj potrebbe sostenere che la cocaina diversifica gli assuntori secondo molte categorie di tipo statistico; i giovani adolescenti poliassuntori, gli ex assuntori di eroina, gli adulti integrati, i professionisti con un alta tendenza alla competizione e al mantenimento della prestazione e altro. Nei diversi casi incontrati durante i trattamenti alcuni degli elementi motivazionali che possono portare tali persone a chiedere aiuto sono: i debiti economici, lo svelarsi del problema alle persone con le quali si intrattengono relazioni di carattere primario, la motivazione personale legata a episodi di perdita di controllo etc. Altro aspetto distintivo rispetto alle procedure d’approccio alle dipendenze classiche è il tempo maggiore che deve essere dedicato alla ricerca di motivazioni individuali per la cura. In una fase iniziale, risulta alquanto problematico suscitare la motivazione al cambiamento, in quanto forte è la resistenza a cessare l’uso, poiché l’assuntore di cocaina, erroneamente, si illude di poterla gestire o controllare. Da tutto ciò risulta che, fermo restando alcune caratteristiche di fondo tipiche della dipendenza da sostanze psicotrope, la persona consumatrice o dipendente da cocaina richiede un approccio e un trattamento nuovo rispetto al passato, in quanto risultano nuove le modalità delle richieste di aiuto: tutela della privacy, brevità ed efficacia del trattamento, rifiuto della residenzialità. I Centri della FICT offrono diverse tipologie di percorsi riabilitativi: classico-tradizionale, con interventi personalizzati e la possibilità di disintossicazione residenziale all’interno della struttura dell’Accoglienza; innovativi-ambulatoriali ricorrendo a diversi metodi di lavoro (counselling, breve permanenza in Comunità, trattamenti di gruppo e individuali, gruppi di auto-aiuto). Firenze: Cruccolini aderisce a sciopero fame Corleone
Nove da Firenze, 29 settembre 2005
Anche il presidente del consiglio comunale ha aderito allo sciopero della fame "per sollecitare il Parlamento ad approvare alcuni disegni di legge bipartisan per migliorare le condizioni di vita all’interno dei carceri". Martedì scorso Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze, ha interrotto, dopo quindici giorni, il suo digiuno: la sua iniziativa è stata seguita da politici e rappresentati delle istituzioni che hanno dato il via ad un "sciopero della fame a staffetta". Fra questi, appunto, il presidente dell’assemblea di Palazzo Vecchio Eros Cruccolini che ha iniziato il digiuno questa mattina. Dopo aver partecipato alla manifestazione dei metalmeccanici, Cruccolini è stato al gazebo allestito in piazza della Repubblica per informare i cittadini sulle proposte di legge per rendere più vivibili le condizioni dei detenuti. "Invito i fiorentini ad accorrere numerosi in piazza della Repubblica - ha detto Cruccolini - devono conoscere la drammatica situazione di chi vive nelle carceri. Una situazione non più accettabile per un paese che si dice civile". Padova: le visite mediche le prenoterà il detenuto…
Il Gazzettino, 29 settembre 2005
Inizialmente saranno quattro, ma il numero potrà raddoppiare, all’occorrenza. Sono i detenuti a lungo termine del Due Palazzi che stanno per diventare anche centralinisti per conto dell’Uls 16 e dall’Azienda ospedaliera. Come operatori del call-center prenderanno le prenotazioni delle visite: loro investiranno il proprio tempo in qualcosa di utile, e l’azienda sanitaria velocizzerà le procedure di accesso ad ambulatori e prestazioni. Il tutto coordinato dalla cooperativa sociale Giotto, che si adopera per il reinserimento sociale dei carcerati. Ma alcuni utenti del Cup tradizionale alla notizia del prossimo avvio della sezione staccata hanno sgranato gli occhi. "Siamo indignati - hanno detto - il servizio di prenotazione è una faccenda assolutamente delicata. Che i nostri dati vengano maneggiati da persone che hanno dei conti aperti con la giustizia lo troviamo fuori luogo". Sarà per forza di cose un lavoro, diciamo così, intramoenia. E poiché è richiesta continuità nell’operare si utilizzerà non chi è reo di aver rubato una mela o di coltivare in poggiolo un paio di piantine di canapa indiana. I prescelti saranno reclusi a lungo termine: la loro "lungodegenza" tra le mura carcerarie è una peculiarità fondamentale per poter garantire che il servizio non venga meno, in nome della libertà. Saranno quattro inizialmente, ma con la possibilità di ingrossare le fila fino ad otto, gli ospiti del Due Palazzi reclutati dall’Usl 16 e dall’Azienda ospedaliera per diventare operatori del Call center. Prenotare una visita ospedaliera passando per il carcere? Proprio così: il percorso è naturalmente telefonico e consentirà ad un gruppo di detenuti di investire il proprio tempo in qualcosa di utile, alle azienda sanitarie di velocizzare le procedure di accesso ad ambulatori e prestazioni. E così che dietro le sbarre prenderà vita una sezione staccata del Centro unico di prenotazione ospedaliero: una stanza è già stata attrezzata con postazioni capaci di ricevere esclusivamente chiamate in entrata. A coordinare e pianificare l’attività, è la cooperativa sociale Giotto che si adopera per il reinserimento sociale dei carcerati. Ma alcuni utenti del Cup tradizionale alla notizia del prossimo avvio della sezione staccata hanno sgranato gli occhi, arricciato il naso e alzato la cornetta. "Siamo indignati: il servizio di prenotazione - sostengono - è una faccenda assolutamente delicata. Che i nostri dati vengano maneggiati da persone che hanno dei conti aperti con la giustizia lo troviamo fuori luogo. La privacy dove va a finire? Quando si chiama il Cup dell’Ospedale poi si ricevono anche consigli. Che tipo di suggerimenti può dare un carcerato? Il reinserimento sociale si può fare in altro modo, non sulla pelle dei pazienti". Dei candidati centralinisti è stata fatta un’attenta selezione, i pazienti verranno garantiti al cento per cento, i numeri di telefono saranno registrati su dischetto e vi rimarranno cinque anni, i carcerati al di là del nome del paziente non saranno a conoscenza di altro: questa la replica della cooperativa Giotto la cui iniziativa partirà in modo sperimentale il prossimo anno, dopo che sarà concluso il corso di formazione per gli aspiranti operatori telefonici. Le lezioni inizieranno a giorni e saranno tenute da personale Usl che si recherà in carcere. "I reclusi, oltre al nome e al cognome del chiamante, non potranno accedere a nessun dato personale. Fungeranno semplicemente da ‘pontì, mettendo in contatto i pazienti con gli ambulatori e fissando le visite. Ci sarà - tranquillizza Fortunato Rao, direttore generale dell’Usl 16 - un controllo assoluto delle telefonate. Un’analoga iniziativa esiste già a Milano e funziona bene". Dunque, contattando il numero 840000664 potrà rispondere uno dei venticinque centralinisti ora in essere o uno dei quattro carcerati. Attualmente il Centro unico di prenotazione è attivo dal lunedì al venerdì dalle 7.30 alle 17. In un anno riceve circa mezzo milione di telefonate. L’intento è quello di aumentarne la capacità, allungando l’orario di apertura ed estendendolo anche ai festivi. Ed è proprio dalle 17 alle 21 e nei week-end che si ricorrerebbe a forza lavoro extra.
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