Rassegna stampa 27 settembre

 

Oristano: detenuto 32enne s’impicca in cella, ha lasciato una lettera

 

La Nuova Sardegna, 27 settembre 2005

 

La Procura della repubblica di Oristano ha aperto un’inchiesta per fare luce su un suicidio avvenuto ieri pomeriggio nella casa circondariale di piazza Manno. A farla finita è stato un detenuto di origini pugliesi, di 32 anni, che si trovava in carcere da alcuni mesi. È stato un agente della polizia penitenziaria a scoprire il tragico episodio poco prima delle 14. L’agente ha chiesto subito l’intervento del medico ma anche i disperati tentativi di rianimare il carcerato sono stati inutili. Secondo alcune indiscrezioni il giovane, che era sposato, si sarebbe tolto la vita impiccandosi alle sbarre con i legacci delle scarpe. L’allarme è scattato subito dopo la pausa pranzo.

Il giovane pugliese che era rinchiuso da solo nella sua cella ha messo in atto l’insano gesto proprio durante quella pausa, forse quando i controlli sono meno frequenti. Avrebbe annodato i lacci delle scarpe sino a realizzare una robusta funicella. Per mettere in atto il suicidio avrebbe utilizzato le sbarre della finestra a bocca di lupo che si affacciano proprio sulla piazza Manno. Lo ha trovato così, forse poco dopo, uno degli agenti di turno in quel momento che ha chiesto l’intervento del medico e del direttore del carcere.

Il medico non ha potuto fare niente se non dichiarare la morte dell’uomo per asfissia. Sul posto sono arrivati i carabinieri della compagnia di Oristano. I militari, coordinati dal capitano Fabio Innamorati, hanno effettuato i rilievi di legge e inviato un dettagliato rapporto alla Magistratura. Manca una conferma, ma pare che il giovane pugliese abbia lasciato una lettera, dove avrebbe scritto i motivi che lo hanno portato ad uccidersi. C’è stato un precedente nelle carceri di Oristano. Tre anni fa, circa, si uccise nello stesso modo, un giovane di Terralba. Era finito in carcere per aver quasi ucciso a colpi di bottiglia una anziana pensionata.

Giustizia: Prc; carceri al collasso, priorità nuovo codice penale

 

Agi, 27 settembre 2005

 

"Le carceri sono al collasso" con il "sovraffollamento divenuto ormai la regola". A lanciare l’allarme è responsabile Giustizia del Prc, Giuliano Pisapia, secondo il quale "grave è la responsabilità dell’attuale governo" e l’Unione deve porre tra le "priorità" programmatiche il varo del nuovo codice penale il solo strumento per uscire dall’attuale stato emergenziale in cui si vive negli istituti di pena. "Il Ministro della Giustizia infatti, nelle dichiarazioni programmatiche fatte in Parlamento all’inizio della legislatura - ricorda - si era impegnato a far entrare in vigore un nuovo codice penale entro il 2003.

Non solo tale impegno, come altri assunti all’inizio della legislatura, non è stato mantenuto, ma l’attuale maggioranza ha approvato, per quanto riguarda le carceri, solo provvedimenti tesi a scardinare la legge Gozzini, ad aumentare le pene, a introdurre nuovi reati, rendendo sempre più difficile il reinserimento sociale dei detenuti, che è il presupposto per una diminuzione della recidiva e, quindi, di una diminuzione dei reati". "Se poi diventerà legge dello Stato la cd. "ex-Cirielli" - sottolinea Pisapia - la popolazione carceraria aumenterà ulteriormente di oltre 20.000 persone, quasi esclusivamente tossicodipendenti ed emarginati, mentre sarà garantita impunità a tanti imputati eccellenti. Con un nuovo codice penale, che potrà essere approvato in tempi brevissimi nella prossima legislatura, tenuto conto dei lavori già ultimati sia dalla Commissione Grosso che dalla Commissione Nordio (e che sarà una priorità nel programma giustizia della sinistra e del centrosinistra) si uscirà finalmente dalla logica che l’unica sanzione penale sia quella carceraria, prevedendo pene principali diverse (detenzione domiciliare, permanenza in casa, lavori socialmente utili, lavori finalizzati al risarcimento del danno etc.) per tutti i reati di non grave allarme sociale. Ne conseguirà automaticamente - prosegue - un dimezzamento della popolazione carceraria, un disingolfamento dei Tribunali di Sorveglianza, processi più celeri, una maggiore certezza della pena e un effettivo reinserimento sociale per chi deve scontare una pena carceraria, con conseguente diminuzione della recidiva e dei reati, e dunque di una maggiore tutela della sicurezza dei cittadini". "Solo così - conclude Pisapia - si potrà incidere positivamente sui problemi ormai gravissimi delle nostre carceri e, più in generale, restituire dignità alla nostra giustizia penale e, nel contempo, umanità e dignità a chi deve scontare la pena in carcere".

Giustizia: Manconi; Castelli riconosce di aver prodotto disastri

 

Ansa, 27 settembre 2005

 

"Mentre il governo di centrodestra malinconicamente tira le cuoia, il ministro Castelli, in un raro sussulto di lucidità, riconosce che la sua (proprio la sua) politica penitenziaria ha prodotto solo disastri". Lo afferma Luigi Manconi, responsabile diritti civili della segreteria nazionale Ds, secondo il quale "il ministro ora ha la sfrontatezza di battere cassa: meglio sarebbe se chiedesse scusa". Manconi si riferisce alle dichiarazioni di oggi del Guardasigilli sulla necessità di "qualche decina di milioni di euro per costruire nuove carceri e ristrutturare quelle vecchie, altrimenti il sistema carcerario reggerà fino a dicembre 2006, dopo di che crollerà". Ma proprio la costruzione di nuove carceri fa notare l’esponente diessino - "era la sola e piccina strategia che il ministro della Giustizia aveva saputo immaginare. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: tronfi annunci, pomposi tagli di nastri e inaugurazioni anzitempo, non un metro quadrato in più per i detenuti: e, infine, tante inchieste della magistratura e più di un personaggio, che si è potuto definire strettissimo collaboratore di Castelli, preso con le mani nel sacco".

Cagliari: accordo Prap-Regione per cura detenuti con disturbi psichici

 

Agi, 27 settembre 2005

 

Regione Sardegna e amministrazione penitenziaria hanno firmato ieri a Cagliari una convenzione per l’assistenza ai detenuti sardi con disturbi mentali, ovvero il 40% del totale. Il testo è stato elaborato dall’assessorato alla Sanità d’intesa con il provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria e con il tribunale di sorveglianza. Per sostenere il progetto per quest’anno la Giunta ha stanziato, con una delibera approvata il 26 agosto scorso, un finanziamento di 150.000 euro.

I Servizi di salute mentale della Asl competenti per territorio potranno prendere in carico - su indicazione del medico del carcere o su richiesta del singolo detenuto - le persone con disturbi psichici. Ognuna sarà costantemente seguita attraverso visite e terapie specialistiche, colloqui di sostegno, programmi riabilitativi dentro e fuori dal carcere, e contatti con la famiglia per evitare il più possibile la detenzione in un ospedale psichiatrico giudiziario della penisola.

La Sardegna è la regione più di ogni altra vi fa ricorso, tanto che la presenza di sardi in queste strutture è doppia rispetto alla media di detenuti inviati da diverse parti d’Italia. Con la convenzione, firmata dall’assessore alla Sanità Nerina Dirindin e dal provveditore Francesco Massidda, ogni istituto penitenziario s’impegna ad applicare le indicazioni terapeutiche e a concordare con gli operatori del centro di salute mentale tempi e modi della presa in carico di ogni paziente. Tutte le professionalità che operano nel carcere (polizia penitenziaria, assistenti sociali, educatori, infermieri, psicologi e medici) saranno coinvolte in un progetto d’intervento sull’intero sistema dell’istituto con l’obiettivo di promuovere il benessere psichico dei detenuti.

Giustizia: Nessuno Tocchi Caino; si rischia catastrofe umanitaria

 

Adnkronos, 27 settembre 2005

 

Nelle carceri italiane si rischia "una catastrofe umanitaria", una "esplosione" di casi di autolesionismo e di malattie. È il radicale Sergio D’Elia, responsabile dell’associazione "Nessuno tocchi Caino", a lanciare l’allarme scorrendo i dati che dimostrano il record di detenuti toccato in questi mesi, quasi 60.000. "Di fronte a tutto questo - rilancia D’Elia intervistato dall’Adnkronos - serve un’amnistia, una sorta di moratoria sull’esecuzione penale, da ripetere per almeno 5 anni. Il tempo utile perché ci sia una legislatura che abbia il tempo necessario per porre mano a riforme strutturali: dall’ordinamento penitenziario alle leggi penali e di politica criminale, a cominciare da quelle sulla droga e l’immigrazione". I detenuti, sostiene D’Elia, sono raddoppiati perché "è aumentata la pressione sul fronte dell’immigrazione e della droga".

Attualmente, infatti, il 32% della popolazione dietro le sbarre è composta da extracomunitari, circa il 20% da detenuti per reati collegati alla droga. "Sono questi i due campi nei quali andrebbero fatte le prime grandi riforme", aggiunge. Così come bisognerebbe "rompere il tabù dell’obbligatorietà dell’azione penale". "Il rischio oggi nelle carceri - avverte D’Elia - è di una catastrofe sotto il profilo umanitario. Esplodono le violenze contro se stessi, aumentano i casi di autolesionismo o suicidi. Per non parlare delle malattie legate al sovraffollamento. Alcune carceri andrebbero chiuse perché sono un focolaio di malattie e infezioni". Di fronte a tutto ciò, denuncia il leader di "Nessuno tocchi Caino", il ministro della Giustizia Roberto Castelli porta avanti "una politica demagogica, per non dire inesistente".

"Costruire più carceri è un’illusione: non ci sono i soldi", dice D’Elia. Il quale lamenta anche il fatto che gli istituti italiani "sono fuori dalle regole visto che a settembre sono scaduti i termini per l’entrata in vigore del nuovo regolamento penitenziario", ma anche "fuori legge" perché "non si riesce ad applicare la Gozzini: troppi detenuti da trattare, pochi operatori in grado di relazionare sulle misure alternative". Insomma, oggi nelle carceri "si entra in cella, si chiude la porta e si butta la chiave".

Giustizia: sottosegr. Valentino; su amnistia si può sempre riflettere

 

Adnkronos, 27 settembre 2005

 

Quella delle carceri italiane è una "realtà strutturale non traumatica", che regge all’affollamento pure alto degli istituti, sulla quale c’è comunque "fervore di iniziative" per realizzare "nuove strutture". Ad affermarlo, all’Adnkronos, è il sottosegretario alla Giustizia di An Giuseppe Valentino che quanto all’appello venuto dall’associazione "Nessuno tocchi Caino" per un’amnistia che decongestioni i carceri italiani ("una sorta di moratoria sull’esecuzione penale, da ripetere per almeno 5 anni", ha detto oggi il responsabile dell’Associazione, il radicale Sergio D’Elia) si dichiara "assolutamente contrario" a moratorie nell’esecuzione delle pene ma afferma che "si può sempre riflettere" su un’eventuale amnistia per reati di poco conto, "con pena massima prevista di tre anni", anche se la situazione generale non sembra essere la migliore per affrontare il tema.

La situazione nelle carceri italiane oggi "non è dissimile da com’era anni fa, anzi vi sono aspetti positivi, un fervore iniziative: si stanno realizzando nuove strutture e si arriverà a condizioni migliori per popolazione detenuta. Comunque i circa 60 mila detenuti attuali possono essere ospitati senza particolari traumi. La realtà strutturale non è traumatica", afferma Valentino. "Certamente vi sono aree geografiche dove vi è maggiore intensità di presenze nelle carceri e altre dove questa intensità è minore - ammette poi Valentino - a Napoli, a Poggioreale, il numero di detenuti è notevole ma poi, "accanto" vi sono realtà molto meno affollate".

"Una più equa distribuzione sarebbe auspicabile - riconosce il Sottosegretario - ma il problema è che il regolamento penitenziario, se non vi sono ragione ostative, consente ai detenuti di scegliersi il luogo di espiazione, che solitamente coincide con il luogo di residenza della famiglia. Molti si sottopongono a un carcere affollato per stare vicino ai familiari e su questo non si può agire d’imperio. Quanto alle risorse per nuovi carceri, "dalla finanziaria ci aspettiamo interventi adeguati alle esigenze, quanto già pianificato è sufficiente e comunque siamo in un periodo di vacche magre, non possiamo pretendere - sottolinea Valentino - che taluni settori beneficino di un privilegio particolare".

Valentino riconosce poi "grande professionalità da parte di tutti gli operatori del settore carcerario", dando loro in particolare il merito se "pur essendo quella della detenzione una condizione non esaltante in Italia non si verificano fenomeni inquietanti come in altri paesi, proprio grazie a una gestione corretta. Il numero dei suicidi, ad esempio, si è attenuato sensibilmente". È su questo sfondo che Valentino rigetta in toto ogni ipotesi di moratoria dell’esecuzione penale, perché "differire non vuol dire risolvere e perché in questo modo l’espiazione può arrivare quando le condizioni di vita sono ormai lontane da quelle presenti al momento del reato". Altro discorso quello dell’amnistia: "È un tema dibattuto, sono anni che non si fa, per i reati cosiddetti bagatellari si potrebbe prendere in considerazione. È un’ipotesi sulla quale si può sempre riflettere, valutarne l’opportunità, ad esempio per reati con pena massima prevista di tre anni, ma certo -avverte Valentino- non partendo dall’idea che le carceri sono sovraffollate e che bisogna decongestionarle, non può essere questa la motivazione. Certo non vi è nulla che consenta di pensarvi concretamente, la situazione generale è di grande tensione. È di oggi, infine, anche la richiesta del "Movimento Diritti Civili" al presidente della Repubblica perché inviti il governo ad ampliare la possibilità di concedere gli arresti domiciliari alle madri: da quelle che hanno figli fino a tre anni di età, com’è oggi, a quelle che anno figli fino a 10 anni di età, per ridurre il numero dei minori che vivono dietro le sbarre con le loro mamme detenute. A questo proposito Valentino dichiara "grande attenzione per gli interventi normativi che possono attenuare il pregiudizio della condizione restrittiva" ed afferma che "si potrebbe pensare ad un intervento di questo genere" ma tenendo presente "la tipologia dei reati", ovvero escludendo quelli più gravi.

Giustizia: sott. Vitali; sì amnistia, soprattutto se passa ex-Cirielli

 

Ansa, 27 settembre 2005

 

Da sempre favorevole all’amnistia, il sottosegretario alla Giustizia, Luigi Vitali (Fi), torna a riproporla con forza ("a titolo personale e non di governo"), soprattutto se verrà approvata la "ex-Cirielli", la proposta di legge che aumenta le pene per i recidivi ma allo stesso tempo taglia i tempi della prescrizione per gli incensurati (e per questo ribattezzata dalle opposizioni salva-Previti).

"Non è da oggi ma da diversi anni che mi dico assolutamente a favore dell’amnistia e dell’indulto. L’indultino è stato una forma di auto assoluzione della politica di fronte al Santo Padre che chiedeva un atto di clemenza per i detenuti. Ma l’indultino - dice Vitali - non è servito a nulla", non ha alleggerito il sovraffollamento delle carceri. Di fronte al fatto che "stiamo portando avanti un progetto che aumenterà le pene per i recidivi - aggiunge il sottosegretario - ritengo che debba essere messo un punto e a capo. È il momento di azzerare la situazione e di dire "bisogna cambiare musica" perché chi ha commesso reati non può più sbagliare".

Giustizia: Papillon; amnistia per disinnescare bomba carceraria

 

Adnkronos, 27 settembre 2005

 

Via libera all’amnistia e all’indulto per disinnescare la situazione esplosiva nelle carceri. È quanto chiedono i rappresentanti dell’associazione Papillon nella conferenza stampa organizzata nella sede del Comitato per le primarie dell’Unione in piazza Ss. Apostoli, occupato da ieri pomeriggio da un gruppo di disobbedienti. L’associazione ha inteso così chiudere il cerchio delle iniziative che si sono svolte oggi di fronte agli istituti di pena, in varie regioni italiane, per protestare contro il sovraffollamento e le condizioni disumane nelle quali sono costretti a vivere i detenuti in Italia.

Viterbo: elaborare una strategia di umanizzazione del carcere

 

Tuscia Web, 27 settembre 2005

 

"Umanizzare il carcere ascoltando le competenze che si trovano nel territorio". L’assessore regionale Regino Brachetti fa sul serio e nella sua visita nella Tuscia ha fatto tappa anche a Mammagialla. Accompagnato dall’assessore provinciale Angelo Corsetti. Nel carcere viterbese, l’assessore ha incontrato non solo il direttore Pierpaolo D’Andria e l’ispettore Sergio Carloni, ma anche altri operatori. Nel corso dell’incontro l’assessore ha spiegato in cosa consisterà la nuova impostazione della politica inerente agli istituti di detenzione. "La nostra attenzione - ha spiegato al direttore di Mammagialla - è sia ai detenuti che al personale.

Credo, infatti, che proprio per umanizzare la vita carceraria, bisogna curare anche la formazione della polizia giudiziari. Puntiamo non solo a creare corsi finalizzati al reinserimento dei detenuti, ma anche alla formazione del personale. Un personale che per sua natura ha una particolare attenzione per il sociale, altrimenti credo che difficilmente potrebbe fare questa attività". L’assessore ha chiesto al direttore di esporre le problematiche del carcere di Mammagialla e di partecipare al lavoro di una commissione regionale che si occuperà del diritto alla salute dei detenuti, di cui faranno parte direttori sanitari, rappresentanti della regione, e direttori di istituti di detenzione. Un vero è proprio ribaltamento del consueto atteggiamento dell’amministrazione, con la Regione che si pone all’ascolto delle realtà locali, per risolvere i problemi reali.

Brachetti ha chiesto una collaborazione fattiva del direttore D’Andria anche per l’elaborazione di una legge regionale. Il direttore, che si è detto disponibile a collaborare con la Regione, ha fatto presente le difficoltà in cui versa Mammagialla. "Abbiamo in istituto - ha spiegato D’Andria - circa 700 detenuti. Con un sovraffollamento del 40 per cento. Questo a fronte di una carenza di personale molto forte. Su un organico previsto di 540 unità, ne abbiamo solo 400. Per quanto riguarda l’aspetto sanitario, le 44 ore di servizio infermieristico settimanali bastano appena a somministrare le terapie. Anche perché sono circa 400 i detenuti in terapia".

Una situazione di grande difficoltà, in sostanza. Il direttore si è detto sostanzialmente d’accordo con Brachetti per quanto riguarda l’impostazione di fondo. "E vero. Se non c’è una vocazione al sociale - ha confermato il direttore - questo lavoro non si può fare. Anche perché in realtà il primo vero educatore è proprio il personale di polizia giudiziaria. Si tratta però di capire come tradurre questi principi concretamente". I problemi che si vivono a Mammagialla, sono dovuti anche al fatto che il carcere Viterbese subisce gli sfollamenti degli altri carceri della regione. "Ed evidentemente i soggetti che ci vengono inviati sono i più problematici sia dal punto di vista sanitario che comportamentale", è stato spiegato.

Brachetti ha ricordato che la Regione ha già stanziato 450 mila euro per il recupero dei detenuti. E che presto saranno investiti fondi per la formazione del personale. Tra i temi affrontati nell’incontro anche quello del volontariato. Dopo aver visitato l’infermeria del carcere e un reparto, Brachetti ha continuato la sua visita nella Tuscia, con un incontro con i responsabili delle diverse forze dell’ordine in prefettura per fare il punto sulla situazione per quanto riguarda la sicurezza. L’assessore si è recato anche negli locali territoriali della regione ed ha annunciato l’intenzione di rendere sempre più presente l’amministrazione anche creando un ufficio ad hoc nel quale potrà essere possibile incontrare l’assessore periodicamente.

Immigrazione: nel Cpt di Lampedusa precarie condizioni di vita

 

Redattore Sociale, 27 settembre 2005

 

Nei giorni scorsi una delegazione di 12 parlamentari europei si è recata a Lampedusa per visitare il centro di permanenza temporanea dell’isola. E ora un rapporto della delegazione della Libe (Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni della Commissione Europea) rende noto quanto visto e appreso dai dodici parlamentari. Quello che ne esce fuori è un quadro molto critico verso la gestione del centro, le omissioni e le mancanze riscontrate. In particolare, la delegazione ha espresso le sue preoccupazioni a proposito delle espulsioni dei migranti verso la Libia, effettuata dal Governo italiano e ha considerato le condizioni di vita nel centro "precarie" e "totalmente inadeguate al flusso migratorio verso Lampedusa".

Non solo: la relazione evidenzia come le le autorità italiane abbiano manifestato "una trasparenza insufficiente dell’accesso ai documenti che certificano la situazione giuridica delle persone ospitate nel centro". Per questo, la delegazione "aspetta dal Ministero dell’Interno italiano di ricevere i dati che riguardano le presenze nel centro ed i decreti di espulsione". Infine, la delegazione chiede alla Commissione europea "di fare un rapporto al Parlamento europeo sulla missione che la Commissione stessa ha effettuato in Libia per verificare le condizioni dei centri di ritenzione dei migranti". La delegazione europea ha interrogato le autorità italiane per più di due ore per ottenere delle notizie relative alla struttura. In seguito, ha visitato il Cpt per circa un’ora e mezza e poi incontrato la stampa. Ma cosa è emerso dall’ispezione?

"Le autorità italiane - è scritto nel rapporto - hanno informato i parlamentari della presenza quel giorno di 11 persone nel centro. La delegazione ha espresso tutto il suo stupore a questo proposito. Questa cifra non riflette infatti la realtà quotidiana del centro di Lampedusa. I parlamentari hanno raccolto anche numerose testimonianze di abitanti di Lampedusa, che hanno notato un traffico eccezionale di aerei militari nei giorni precedenti la visita della delegazione a Lampedusa". In questo contesto la relazione evidenzia come il Questore di Agrigento ha replicato che il giorno precedente c’erano 56 persone. E alla domanda su come mai nessuno era presente nel centro nelle 96 ore precedenti, le autorità hanno risposto citando il numero di arrivi: 200 persone il 21 agosto, 148 persone il 7 settembre, 29 persone l’11 settembre.

"Ciò non chiarisce comunque - si legge - il numero totale di presenze durante i giorni precedenti la visita dei deputati". Non solo, la relazione evidenzia come i parlamentari non abbiano potuto visionare il registro delle presenze con gli arrivi e le partenze, "perché questi registri non erano nel centro, ma vicino agli uffici della prefettura di Agrigento. A parecchie riprese i delegati hanno chiesto di avere accesso a questi dati, senza tuttavia ottenere soddisfazione. Allo stesso modo è stato impossibile avere accesso ai decreti di espulsione che si trovano anche vicino alla prefettura di Agrigento". Le autorità hanno tuttavia dato altre cifre: la capacità del Cpt di Lampedusa si alza a 186 posti; nel 2004, 10.497 persone sono state accolte al Cpt di Lampedusa di cui 412 minorenni e 309 donne; la media giornaliera di presenza tra aprile ed ottobre si alza a 350-400 persone; in estate il centro ha dovuto, in certi giorni, accogliere fino a più di mille persone; la durata media di permanenza nel centro è di 4/5 giorni.

"Il Questore ha ammesso che la presenza di solamente 11 persone nel periodo estivo è da considerarsi eccezionale – si legge -. Tra ottobre e marzo il centro è quasi vuoto". E in relazione al testo della risoluzione del Parlamento europeo del 14 aprile 2005 sulle espulsioni collettive di migranti alle quali hanno proceduto le autorità italiane tra ottobre 2004 e marzi 2005, dell’isola italiana di Lampedusa verso la Libia, le autorità italiane hanno dato le seguenti cifre: dal 29 settembre 2004 al 8 ottobre 2004 sono arrivate a Lampedusa 1787 persone, di cui 544 hanno manifestato l’augurio di chiedere asilo e sono state trasferite immediatamente al centro di Crotone. Tra essi 181 hanno ottenuto un permesso di soggiorno temporaneo e 140 sono fuggite; 1153 (presunti tutti egiziani) sono stati mandati in Libia con 11 voli charter. Nessuna menzione per 90 che non rientravano in queste due categorie. Dal 13 al 21 marzo 2005 ci sono stati 1235 arrivi sull’isola, di cui 421 hanno manifestato l’augurio di chiedere asilo e sono stati trasferiti immediatamente al centro di Crotone. Tutti i 421 sono fuggiti con la forza del centro di Crotone con un’azione contro i Carabinieri. Tra gli altri, 494 sono stati respinti in Libia e 126 rimpatriati in Egitto. Gestione del centro.

La relazione della delegazione fa presente che il centro è gestito da una Ong che si chiama Misericordia che fornisce l’assistenza di base, la distribuzione dei pasti, dell’acqua e delle schede telefoniche, un’eventuale assistenza sanitaria di prima intenzione, ecc…. Il tutto con una squadra di nove persone che si danno il cambio per 3 turni quotidiani. Poi quella che sembra un’allusione: "Bisogna ricordare che il presidente dell’Ong, Daniele Giovanardi, è il fratello del Ministro italiano delle relazioni col Parlamento, Carlo Giovanardi. Non abbiamo ottenuto risposta – affermano i membri della delegazione - in quanto ai termini della convenzione tra il Misericordia ed i ministeri dell’interno. Fonti esterne parlano di una somma che è passata da 21 a 85 euro per persona al giorno che l’associazione riceverebbe del ministero dell’interno, rispetto proprio ai 21 euro che riceveva l’amministrazione comunale quando era responsabile del centro".

Procedura di accoglienza. Le autorità italiane hanno fatto una descrizione approfondita della procedura di accoglienza. A tal proposito si legge nella relazione: "Le autorità hanno affermato che la maggior parte delle persone che arrivano sono di nazionalità egiziana. Il fatto che la quasi totalità di migranti proverrebbe dall’Egitto ha sorpreso la maggioranza dei deputati. I parlamentari hanno espresso anche dei dubbi in quanto alla possibilità di identificare una persona dopo solamente alcuni minuti di colloquio e solamente in funzione dell’accento della persona e del colore della sua pelle". "Le persone che arrivano a Lampedusa non hanno documenti o possiedono documenti falsi – continua -. Nel centro, in teoria, le persone possono avere accesso ad un’assistenza giuridica, agli interpreti, nel rispetto delle loro credenze religiose. In realtà le persone ricevono un elenco coi nomi degli avvocati del foro di Agrigento che abitano in Sicilia e con cui è molto difficile mettersi in contatto". La relazione ricorda come il Cpt di Lampedusa è un centro di permanenza temporanea. "La durata media di permanenza nel centro sarebbe di 4/5 giorni.

Se il giudice non decide così, l’emigrato può essere rinchiuso nel centro fino a 60 giorni. Nella pratica, se una persona manifesta la volontà di chiedere asilo, è trasferita al centro di accoglienza di Crotone. Per gli altri si applica la legge italiana relativa al respingimento alle frontiere. Le persone hanno diritto ad un colloquio individuale, ma se non chiedono asilo sono rimandate immediatamente in Libia o rimpatriate nel loro paese di origine. Le autorità italiane hanno affermato che c’è in generale scarsa domanda di asilo e che la maggior parte di persone che arrivano a Lampedusa sono spinti da ragioni economiche. Ciò ha provocato lo stupore della maggioranza della delegazione che ha paragonato questa situazione a quella di altri paesi, in cui c’è un grande numero di richiedenti di asilo". "(…) Le autorità italiane hanno negato l’eventualità di ricorrere ai rimpatri collettivi. Hanno riaffermato il rispetto della legislazione internazionale ed europea in materia di protezione dei profughi e di rispetto di diritti dell’uomo". I deputati hanno avuto accesso al centro con tutto lo staff, gli interpreti ed un accompagnatore per i parlamentari. Durante quasi due ore la delegazione ha potuto visitare tutta la struttura ed intrattenersi con le 11 persone che ospitava quello giorno. La relazione fa seguire una dettagliata illustrazione del centro e parla di colloqui avuti con gli 11 reclusi. Ciò definito, la delegazione ha deciso, una volta tornata a Bruxelles, di mandare una domanda formale di notizie ulteriori al Governo italiano.

Il Segretario di Stato, Gianpiero Di Alia si è detto pronto a trasmettere tutta la documentazione necessaria, così come ha partecipare ad una eventuale udienza in Commissione Libe, se necessario. Le notizie che la delegazione di LIBE vorrebbe ricevere riguardano: delle cifre più precise e dettagliate sulle presenze nel centro; le copie dei decreti di espulsione, particolarmente per il periodo coperto dalla risoluzione del 14 aprile 2005; copia dell’accordo tra l’Italia e le Libia per l’invio in Libia degli immigrati illegali; le cifre sulle persone mandate in Libia da inizio 2004.

Usa: nel 2004 criminalità violenta ai minimi degli ultimi 30 anni

 

Apcom, 27 settembre 2005

 

Negli Stati Uniti, il tasso di criminalità violenta è rimasto invariato nel corso dell’ultimo anno, mantenendosi ai livelli più bassi dal 1973, anno in cui il governo ha cominciato a compilare le prime stime. È quanto ha dichiarato il dipartimento di Giustizia, secondo cui inoltre dal 1993 i crimini violenti sono calati del 57%, gli attacchi alla proprietà del 50 per cento. Il tasso di criminalità violenta nel 2004 - aggressioni, violenze sessuali e rapine a mano armata - è stato di 21,4 vittime ogni 1.000 persone dai 12 anni in su, pari a una vittima ogni 47 abitanti. Nel 2003 il dato era stato di 22,6 vittime ogni 1.000 abitanti.

La statistica non considera l’omicidio, che viene invece computato in un altro rapporto redatto dall’Fbi, che ha rilevato una calo del 3,6% tra il 2003 e il 2004, cioè da 16.500 a 15.910 casi. È Chicago la città che ha registrato il calo maggiore. Le altre informazioni rivelano che la popolazione di origine afroamericana - tranne che nel caso delle violenze sessuali - e i giovani sono le vittime più frequenti. Quasi i due terzi delle donne invece conoscono i loro aggressori, mentre nel 2004 solo un quarto dei crimini violenti è stato commesso con l’uso di pistola, coltello o altra arma. Sono state avanzate numerose spiegazioni per la diminuzione della criminalità violenta, compreso il record della popolazione carceraria, che oltrepassa i 2 milioni di persone, e l’aumento di 100mila agenti di polizia dalla metà degli anni novanta.

Rilevante sembra anche l’effetto deterrente che il terrorismo potrebbe aver avuto sui crimini di strada. "Il successo ha mille padri", ha spiegato Mark Kleiman, docente dell’Università della California a Los Angeles, ed esperto in controllo del crimine. Ma, avverte Kleiman, l’indagine probabilmente non tiene conto a sufficienza della crescita della violenza delle gang giovanili. "La mia opinione - ha proseguito - è che questo compiacimento non sia giustificato". Dal canto suo, invece, l’Istituto di polizia giudiziaria, che propende per alternative al carcere, ha fatto sapere che l’indagine offre buone notizie e ulteriori motivi per "iniziare a investire in comunità e organizzazioni locali che contribuiscano al successo nella crescita della pubblica sicurezza".

Giustizia: sindacati agenti penitenziari sospendono sciopero

 

Comunicato stampa, 27 settembre 2005

 

Dopo l’incontro con il Sottosegretario alla Giustizia on. Vitali Sappe, Sinappe e Fsa sospendono la manifestazione del 27 settembre 2005. Si è concluso nella tarda serata di oggi, presso il Ministero della Giustizia di via Arenula a Roma, l’incontro voluto dal Sottosegretario alla Giustizia, on. Luigi Vitali, con Sappe, Sinappe e Fsa, per una rappresentanza complessiva di circa il 60% dei Baschi Azzurri, per la verifica della possibilità di revoca della manifestazione programmata per domani 27 settembre 2005. All’incontro erano presenti anche il Capo del Dap Giovanni Tinebra, il vice Capo di Somma, il Dirigente Generale del Personale e della Formazione Sparacia ed altre OO.SS., che avevano preannunciato anch’esse una manifestazione di protesta in altra data. Com’è noto, lo scorso 13 settembre Sappe, Sinappe e Fsa avevano promosso un sit-in di protesta per il giorno 27 settembre 2005 dinanzi alla Camera dei Deputati per denunziare il totale abbandono in cui versa il pianeta carcere e soprattutto verso tutti coloro che lavorano nelle strutture penitenziarie del Paese. L’On.le Vitali, a nome del Governo, ha accolto e fatto proprie le richieste sindacali di sappe, Sinappe e Fsa per una rappresentanza complessiva di circa il 60% dei Baschi Azzurri, assumendo formalmente l’impegno - entro limiti strettissimi di tempo - a: - Garantire la copertura economica utile al mantenimento in servizio dei circa 500 agenti di Polizia Penitenziaria ausiliari che prossimamente termineranno il periodo del servizio di leva; - Prevedere un’integrazione ai fondi di bilancio (non inferiore ai 5 milioni di euro per lo stanziamento economico del Fesi – Fondo efficienza servizi istituzionali) della Polizia Penitenziaria. Tale integrazione di fondi si rende necessaria per risolvere il problema determinato dall’utilizzo di risorse economiche per il pagamento delle indennità di cui all’art. 12, comma 3, del Dpr 164/2002 che dovrebbe gravare sul costo contrattuale di Comparto e non sul fondo di efficienza del Corpo di Polizia Penitenziaria; - Intervenire relativamente all’Ordinamento del personale del Comparto Sicurezza in materia risolutiva per superare le sperequazioni attualmente esistenti tra le dinamiche di carriera previste per la Polizia di Stato rispetto alla Polizia Penitenziaria, e nello specifico per gli Ispettori e per i Commissari; - Adeguamento dello stanziamento economico utile al pagamento delle missioni fuori sede del Personale ed aumento delle risorse economiche destinate ai vari Capitoli di spesa del Dap; Sensibilizzare il Dipartimento affinché venga avviato, con la massima urgenza, il confronto con le Organizzazioni Sindacali per le seguenti problematiche: 1) Apertura di un tavolo confronto sindacale sui problemi connessi alla riorganizzazione del Gruppo Operativo Mobile, attraverso la definizione di un nuovo decreto ministeriale che ne disciplini i compiti, l’organizzazione e la consistenza numerica; 2) Apertura di un tavolo di confronto teso a ridiscutere i criteri per la definizione dei trasferimenti conseguenti all’applicazione della Legge 104/92. L’Amministrazione si impegna, altresì, ad informare periodicamente le OO.SS sull’andamento dell’applicazione della Legge 104/92; 3) Definizione di un protocollo d’intesa specifico sulla materia di formazione del Personale; 4) Ripristino delle normali attività del Comitato per le Pari Opportunità; 5) Definizione del modello organizzativo del servizio Traduzioni e Piantonamenti entro il mese di ottobre 2005. Sono quindi state accolte in pieno tutte le nostre rivendicazioni e pertanto Sappe, Sinappe e Fsa, per una rappresentanza complessiva di circa il 60% dei Baschi Azzurri, hanno firmato il protocollo d’intesa unitamente al Sottosegretario alla Giustizia on. Luigi Vitali. Non hanno invece firmato l’accordo le altre OO.SS. La proclamazione dello stato di agitazione da parte di Sappe, Sinappe e Fsa per una rappresentanza complessiva di circa il 60% dei Baschi Azzurri, ed il susseguente sit in di protesta sembrano aver destato il Governo dalla pericolosa disattenzione verso il Corpo della Polizia Penitenziaria. Le indicazioni raccolte sono incoraggianti: Sappe, Sinappe e Fsa ritengono opportuno concedere un’apertura di credito alle iniziative del Governo. La manifestazione di protesta programmata per domani 27 settembre 2005 è pertanto sospesa ma l’apertura di credito non è incondizionata! Il buon risultato ottenuto nella tarda serata di oggi al Ministero della Giustizia dimostra, una volta di più, la concretezza, l’efficacia e la determinazione di Sappe, Sinappe e Fsa nel tutelare i diritti di tutti gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria!

Firenze: contro affollamento trasferire la Casa cura a Pontremoli

 

La Repubblica, 27 settembre 2005

 

Il completamento del Giardino degli Incontri è solo uno degli obiettivi della battaglia di Franco Corleone. L’iniziativa del garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze, "Un digiuno per non essere complice", vede crescere di giorno in giorno il numero delle adesioni, persone pronte a digiunare a staffetta per spingere il governo a migliorare le condizioni delle carceri italiane. Sul piano locale, l’attenzione è per Sollicciano. Oltre al Giardino, c’è da risolvere il problema del sovraffollamento, completando per esempio l’eliminazione della quarta branda in ogni cella. Secondo Corleone occorre ridurre la promiscuità della struttura, che ospita detenuti di ogni tipo: in attesa di processo oppure già condannati, tossicodipendenti e stranieri, ma anche le donne con ridotta capacità di intendere e volere attualmente detenute nella Casa di cura e di custodia. "Per loro una soluzione è vicina - sostiene Corleone - la Casa dovrebbe essere trasferita a Pontremoli a breve". Insomma, per Sollicciano qualcosa si muove. A livello nazionale l’obiettivo è la revisione dell’intera politica carceraria. Corleone è riuscito a strappare un impegno concreto al presidente della Camera: "Nella prossima conferenza dei capigruppo, Casini porrà formalmente all’attenzione dei gruppi le mie proposte: commissione nazionale di garanzia del detenuto, libero ingresso nelle carceri per i sindaci, spazi riservati per l’affettività dei carcerati". Intanto, le adesioni al digiuno a staffetta crescono. Nei prossimi giorni Corleone smetterà il digiuno, ma si aggiungeranno a livello nazionale don Luigi Ciotti, Patrizio Gonnella presidente di Antigone, Stefano Anastasia per la Conferenza nazionale volontariato; a livello locale, il consigliere regionale Alessia Petraglia dei Ds e Vincenzo Striano presidente di Arci Toscana. Tra le organizzazioni, approvano la protesta Altro diritto e Dentro e fuori le mura; è solidale anche la Camera penale di Firenze. Da domani la protesta va avanti anche con un gazebo in piazza della Repubblica, mentre martedì a Palazzo Vecchio ci sarà un incontro per fare il punto sull’iniziativa.

Giustizia: con la "salva-Previti" a rischio migliaia di processi

 

La Repubblica, 27 settembre 2005

 

Le toghe e gli avvocati penalisti, per una volta uniti, stanno appena fuori il palazzo. Il presidente dell’Anm Ciro Riviezzo confabula con il leader delle Camere penali Ettore Randazzo quasi sulla soglia della Camera. Si scambiano un allarme profondo e condiviso: con la legge Cirielli, o ex Cirielli visto che il deputato aennino che ne fu l’originario padre l’ha poi ripudiata, o ennesima legge "salva Previti" come ormai la chiamano tutti, i parlamentari dell’Unione e gli stessi magistrati, sono destinate a saltare "decine di migliaia di processi". Il drastico taglio dei tempi di prescrizione, accorciati fino alla metà, sortiranno l’effetto di un colpo di spugna.

Il vicesegretario dell’Anm Nello Rossi, giudice in Cassazione, azzarda anche una stima numerica, la prima dopo l’insopportabile dietro front del ministro della Giustizia Roberto Castelli che una settimana fa ha negato i prospetti e si è trincerato dietro una loro presunta parzialità. La stima di Rossi è pesante. "Sarebbero tra i 40 e i 70mila i procedimenti che rischiano di concludersi con la prescrizione in appello". Tanti, troppi, completamente al buio. Una "criptoamnistia permanente" come la chiama il docente di procedura penale Franco Cordero perfettamente inserita nella "filosofia dell’impunità" perseguita dal governo Berlusconi in un’intera legislatura. Ancora una volta, e i cinque anni stanno per concludersi, la storia si ripete, inesorabile ed uguale: chi protesta rimane fuori del palazzo, ma dentro al palazzo la legge Cirielli va avanti.

E pure di corsa. Con la mossa, anche questa già sperimentata, di rinviare la discussione di una settimana, quando i tempi parlamentari saranno contingentati, quando alla pattuglia dell’opposizione non resterà che una manciata di minuti per rendere pubblico tutto il suo sconcerto. È sempre accaduto con tutte le leggi ad personam, le leggi sulla giustizia volute da Berlusconi per salvare se stesso e il suo ex avvocato di fiducia Previti. Sta accadendo di nuovo. Ecco che ieri, in un’aula deserta, s’avvia la discussione generale sulla Cirielli. Non è una sorpresa.

Il presidente della Camera Casini l’aveva messa in calendario sin dall’inizio di settembre. Ed era previsto che se ne parlasse subito dopo aver liquidato e passato al Senato un’altra legge altrettanto discussa, quella proposta dall’azzurro Gaetano Pecorella che toglie al pubblico ministero la possibilità di presentare appello se ha perduto il processo e l’imputato è stato assolto. Il primo a fruirne sarà, guarda il caso, giusto Berlusconi per l’appello della Sme. Sistemato il capo, si passa al gregario. Tocca finalmente all’ex ministro della Difesa. L’opposizione lo denuncia con forza.

Lo dicono in aula il diellino Giuseppe Fanfani e il diessino Francesco Bonito. "Sono dei villani, manca una ventina di sedute utili a chiudere la legislatura e si continua a discutere dei casi giudiziari di quei due". Del resto Previti è stato paziente. Una settimana fa ha pure detto pubblicamente che "la legge sull’appello non era per lui". E Fanfani lo sfida: "Vedremo se avrà il coraggio di dire lo stesso anche per la Cirielli". Che la prossima settimana tornerà in aula per essere definitivamente approvata nonostante la spada di Damocle dei processi che saltano. Al Quirinale sono in allarme da settimane. A fine luglio, subito dopo il voto al Senato, dal Colle è partito un messaggio informale per via Arenula. L’impatto sui processi è importante.

L’opposizione, ancora Fanfani, lo ha chiesto sin dal 15 dicembre 2004 quando si svolse il primo dibattito alla Camera. Castelli disse subito che "era difficile". Ma promise che avrebbe poi chiesto gli elementi alle Corti di appello. Nel dossier del Quirinale è schedata la dura reprimenda della Cassazione che a stretto giro, con una nota piccata, spiegò come rischiavano di saltare tutti i processi per reati puniti con cinque e sei anni, mentre erano in bilico quelli da otto. Al Senato è toccato al sottosegretario azzurro Luigi Vitali dire che il ministero non era ancora pronto, che i dati non c’erano.

Ma in pieno agosto, al Sole 24 Ore, il direttore dell’ufficio statistica Fausto De Santis rivela che i dati ci sono, sono stati inviati al ministro, dimostrano che "la Cirielli avrà un impatto molto, molto forte sui processi". A quel punto sui dati cade il black out. Negli atti della Camera sono registrate le parole che Bonito ha pronunciato ieri: "Vi sono motivi, elementi e fatti che ci consentono di affermare con la dovuta e necessaria certezza che il ministro ha mentito al Parlamento e questo costituisce fatto politico di rilevanza e gravità eccezionali".

Di fronte alla platea dell’Anm il responsabile Giustizia dei Ds Massimo Brutti coinvolge pesantemente Casini: "Il presidente della Camera non ha nulla da dire di fronte al diniego verso il Parlamento?". Ma il sottosegretario Vitali reagisce all’insegna del più assoluto understatement con la singolare premessa che "il governo non ha un particolare interesse per questa legge". Poi aggiunge: "Mi preoccupo poco del nuovo impatto di una norma nel sistema complessivo del nostro Paese, ma sono molto interessato alla giustezza di quella norma. Anche il dato sull’impatto può essere importante ma non è sufficiente per giustificare l’abbandono di un’iniziativa legislativa parlamentare se questa ha un senso, una logica, un fondamento". Peccato che sul Colle non la pensino affatto così e si preparino a radiografare una legge che puzza di "irragionevolezza costituzionale".

 

 

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