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Civitavecchia: detenuto polacco di 40 anni si suicida impiccandosi
Ristretti Orizzonti, 26 settembre 2005
Si chiamava Adam Milewski ed era detenuto a Civitavecchia dallo scorso mese di giugno, in attesa di essere processato. Ieri pomeriggio, verso le 13.30, si è impiccato con un doppio cappio alle sbarre della cella, che condivideva con un altro recluso. Adam era in cura dallo psichiatra del carcere, sembra per dei problemi di depressione, però non aveva espresso richieste di aiuto, o manifestato particolari segni di disagio, che potessero in qualche modo far prevedere il suicidio. Oltre tutto faceva da "piantone" al compagno di cella che, a causa di una malattia alle gambe, richiedeva un'assistenza costante. Giustizia: ex-Cirielli; dal Prc 3 pregiudiziali di costituzionalità
Apcom, 26 settembre 2005
Il gruppo parlamentare di Rifondazione Comunista ha presentato tre questioni pregiudiziali di costituzionalità (per violazione degli articoli 3 e 27 e 111 della Costituzione) in relazione alla proposta di legge cosiddetta "ex-Cirielli", all’esame dell’Assemblea di Montecitorio. Lo annuncia Giuliano Pisapia, responsabile Giustzia del Prc. Pisapia rilancia le critiche al provvedimento, citando l’opinione di "tutti gli operatori del diritto". La sua approvazione, dichiara, "comporterebbe un salto indietro di alcuni decenni, accentuando addirittura il rigore del codice Rocco, con effetti deleteri sia in generale sulla giustizia penale, sia in particolare sulla situazione già disperata e tragica degli istituti penitenziari. Nel giro di sei mesi, qualora fosse approvata la legge ex-Cirelli, nell’attuale versione, nelle carceri si avrebbe una forte impennata di presenze (oltre 20.000 le presenze in più, quasi esclusivamente tossicodipendenti ed emarginati)", determinando anche "ulteriori disparità di trattamento tra imputati per reati di marginalità sociale e imputati cd. eccellenti, aumentando i termini di prescrizione per i primi e diminuendoli per i secondi, creando così nuove sacche di impunità per i colletti bianchi in aperta violazione del principio di eguaglianza". Un "obbrobrio" giuridico, lamenta Pisapia. In violazione degli articoli 3 (principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge), 27 (le pene devono tendere alla rieducazione del condannato) e 111 (ragionevole durata dei processi, in quanto le nuove norme sulla prescrizione si applicano anche ai processi in corso) della Costituzione: "pregiudiziali che, qualora fossero approvate, determinerebbero la fine dell’iter parlamentare del provvedimento". Giustizia: Castelli ha fallito, parola dei sindacati penitenziari…
Ansa, 26 settembre 2005
L’invito del ministro della Giustizia, Roberto Castelli, a spostare la manifestazione di protesta di un giorno per "non darsi la zappa sui piedi" rovinandosi la festa del 28 settembre viene accolto con stizza dai sindacati di polizia penitenziaria che scenderanno in piazza il giorno della festa del Corpo per denunciare la "fallimentare" politica del governo sulle carceri ora sovraffollate come non mai (59.649 detenuti). "È sconcertante che il ministro usi nei nostri confronti metafore sull’autolesionismo quando in carcere c’è chi si toglie la vita per disperazione. È Castelli ad avere fallito. E la nostra manifestazione sancirà il suo fallimento", dice Fabrizio Rossetti, responsabile della Fp-Cgil, che protesterà assieme a Cisl-Fps, Uilpa, Osapp e Sag-Unsa. A rincarare la dose è il segretario generale dell’Osapp, Leo Beneduci: "Il ministro ci chiede di manifestare un giorno prima o dopo "tanto non cambia niente"? Che non cambiasse niente con Castelli che ne siamo accorti negli ultimi quattro anni, basta vedere in che condizioni sono le carceri italiane". "Abbiamo ben poco da festeggiare. Anzi - afferma Massimo Tesei, responsabile Uilpa - non c’è giorno più indicato del 28 settembre per dire che il livello di sovraffollamento delle carceri è inaccettabile per un paese che si vanta di essere l’ottava potenza economica". I sindacati contano di portare in piazza Santi Apostoli, a Roma, circa 2.000 persone tra poliziotti penitenziari in congedo o in ferie, educatori e assistenti sociali. Contemporaneamente, a piazza del Colosseo, il Capo dello Stato presenzierà alla festa nazionale della polizia penitenziaria, che per l’occasione effettuerà il cambio della guardia d’onore al Quirinale. Un tentativo in extremis con i sindacati lo farà il sottosegretario alla Giustizia, Luigi Vitali (Fi), che da pochi mesi ha avuto la delega per i rapporti con il personale penitenziario. "A questo punto ci chiediamo anche il perché il governo ci abbia convocati, visto che il ministro dice che se manifestiamo o no non cambia nulla", afferma Rossetti (Cgil). Mentre Beneduci (Osapp) parla di "tardiva delega data a Vitali: al di là delle chiacchiere o delle promesse non si è riscontrato alcun sostanziale intervento". I sindacati, in ogni caso, stilano una lista di richieste per affrontare l’emergenza carceri. Innanzitutto più soldi in finanziaria, ma non da utilizzare come vorrebbe Castelli per creare 2-3000 posti in più per i detenuti: "Vanno finanziati le attività socio-trattamentali, l’assistenza trattamentale, l’ammodernamento dei mezzi in dotazione alla polizia penitenziaria ai quali si deve pagare missioni e straordinari", sottolinea la Cgil. E ancora: i sindacati chiedono l’assunzione di 500 ausiliari di polizia penitenziaria che si congedano a fine novembre ("gli ausiliari sono stati assunti in tutte le altre forze di polizia meno che nella nostra", dice l’Osapp); viene chiesto un aumento di organico di almeno tremila agenti visto che "negli ultimi dieci anni non c’è stato alcun incremento"; più assunzioni di educatori (ora sono 550 per 80mila detenuti) e di assistenti sociali (attualmente sono 1.300). Infine la richiesta al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria di "una netta inversione" sulla politiche del personale: "Siamo 44 mila, ma a contatto con i detenuti ci sono circa 32 mila poliziotti penitenziari. Molti svolgono infatti compiti amministrativi al Dap o al ministero della Giustizia", viene fatto notare. Su questo punto l’Osapp è ancora più duro e chiede il "commissariamento della direzione generale dei detenuti e di quella del personale del Dap, responsabili - a detta del sindacato - del fallimento della politica dell’amministrazione". Giustizia: 60 bimbi in cella con la mamma, appello a Ciampi
Ansa, 26 settembre 2005
Un intervento "a favore dei 60 bambini in cella insieme alle loro mamme attualmente detenute nelle carceri italiane". È quanto chiede al presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, il leader del "Movimento diritti civili", Franco Corbelli. "Al di là delle sue stesse prerogative costituzionali - scrive Corbelli nel suo appello - le chiedo una iniziativa umanitaria: un invito al governo a varare un disegno di legge per estendere il beneficio degli arresti domiciliari a tutte le donne detenute, madre di bambini sino a 10 anni di età". Attualmente la legge - approvata nel ‘98 - prevede la concessione della detenzione domiciliare solo per le donne recluse, mamme di bambini sino a 3 anni di età: nelle prigioni italiane sono attualmente oltre 60 i bambini, di età compresa tra i 3 e i 10 anni, in cella insieme alle loro mamme detenute, che non possono beneficiare dei domiciliari. "Una vergogna e una disumanità, un fatto indegno di un Paese civile", afferma Corbelli. "Purtroppo - aggiunge - così come nel ‘95, quando iniziai la mia prima battaglia per togliere i bambini dal carcere, che portò poi qualche anno dopo alla prima legge con il beneficio dei domiciliari per le donne detenute mamme di bambini sino a tre anni di età, anche adesso sono da solo a combattere questa nuova battaglia. Confido in un aiuto del presidente Ciampi, conoscendo e apprezzando la sua sensibilità per i temi della giustizia e per i diritti dei bambini". Giustizia: l’appello di Castelli; senza nuovi fondi collasso nel 2006
Giornale di Brescia, 26 settembre 2005
Risorse straordinarie in Finanziaria o altrimenti alla fine del 2006 le carceri italiane collasseranno sotto il peso di 67mila detenuti. Il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, non aspetta neanche 24 ore dall’insediamento di Giulio Tremonti al Ministero dell’economia per fare la sua prima, allarmata richiesta: "Ho assoluto bisogno di qualche decina di milioni di euro" per "aumentare il sistema di ricettività delle carceri", ristrutturando bracci attualmente chiusi e recuperando 2.000-3.000 nuovi posti. Servono soldi - spiega il Guardasigilli - perché si prevede che gli attuali 60mila detenuti cresceranno al ritmo di 4.000 unità all’anno: alla fine del 2006 arriveranno a 67.000, dopo di che "il sistema crollerà". La richiesta di Castelli accende la polemica. L’opposizione, le associazioni di volontariato e i sindacati penitenziari accusano il ministro di accorgersi solo ora dell’emergenza sovraffollamento. "Il sistema è già al collasso", dicono. Di fatto, le 207 carceri italiane a fine agosto hanno raggiunto il record di presenze degli ultimi dieci anni: 59.649 detenuti I dati del Dap rilevano che in sei regioni (Campania, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Toscana, Trentino Alto Adige e Veneto) è stato superato il limite "tollerabile" regionale. "La situazione è già esplosiva, non c’è bisogno di aspettare di arrivare a 67mila detenuti", accusa il sindacato di polizia penitenziaria (Osapp) che fa notare come il limite di capienza delle carceri sia stato già "abbondantemente superato, anche se sulla carta non risulta solo perché un paio di anni fa la capienza "tollerabile" è stata calcolata al rialzo: prima era di 59.438 posti, oggi è passata a 62.747". E mentre cinque sindacati (Osapp, Fp Cgil, Cisl-Fps, Uilpa, Sag-Unsa) annunciano una manifestazione nazionale contro le "condizioni spaventose" delle carceri prevista a Roma il 28, lo stesso giorno della festa della Polizia penitenziaria, accuse e allarmi si levano anche dalle file dell’Unione e dal mondo del volontariato. "La responsabilità politica" del sovraffollamento - afferma Paolo Cento - "è del Governo e del Centrodestra che si sono rifiutati di approvare un provvedimento di clemenza come l’amnistia e l’indulto". Rincara la dose Luigi Manconi, responsabile diritti civili dei Ds; "Il ministro Castelli, in un raro sussulto di lucidità, riconosce che la sua (proprio la sua) politica penitenziaria ha prodotto solo disastri". "I problemi delle carceri si risolvono con il nuovo Codice penale, che dovrà essere la priorità della nuova legislatura" aggiunge Giuliano Pisapia (Prc), puntando il dito contro la mancata promessa di Castelli di approvare la riforma entro il 2003. Frosinone: musica e teatro in carcere, al via due laboratori
Il Messaggero, 26 settembre 2005
Corsi di musica e di recitazione per i detenuti del carcere di Frosinone partiranno da ottobre fino ai primi mesi del 2006. Da diversi anni la casa di detenzione della nostra città ospita iniziative sociali volte all’integrazione e alla rieducazione dei detenuti, ma quest’anno è stato particolarmente vivo l’interesse dei partecipanti ai laboratori che, nonostante il tetto massimo di 15 elementi per corso (stabilito per motivi di sicurezza) è stato possibile formare anche una classe di 64 persone, che hanno condiviso, nonostante le loro diversità culturali, svariati momenti d’incontro e d’integrazione. 106.000 euro stanziati dal Comune di Frosinone e dalla Regione per offrire a circa 200 detenuti, sui 400 presenti nel penitenziario, dodici corsi di vario tipo, fra cui laboratori di informatica, inglese, cinematografia, web designer, montaggio video, musicoterapica e danze popolari. Nel programma, anche corsi di formazione scolastica, resi possibili grazie all’intervento d’istituti statali come la scuola media "Luigi Pietrobono" o l’Ipsia di Frosinone, che hanno contribuito a combattere il problema dell’analfabetismo di alcuni detenuti, e ad assegnare attestati utili per la futura integrazione nel mondo del lavoro. Dodici corsi fra cui due laboratori, di teatro e di musica, al via dal mese di ottobre. Sarà l’associazione culturale Caos a introdurre nel penitenziario l’arte del teatro, con tanto di esibizione di fine corso che vedrà intervenire, sul palco presente all’interno del carcere, anche il gruppo teatrale formato dagli anziani dei centri sociali di Frosinone. Per quanto concerne la musica sarà invece l’associazione Keros, di cui fanno parte professori del conservatorio di Frosinone, a sviluppare, fino ai primi mesi dell’anno venturo, un laboratorio di musica. "La nostra amministrazione ha mostrato vivo interesse per i detenuti, e per l’anno prossimo vogliamo ripetere queste iniziative - ha commentato l’assessore ai servizi sociali Michele Marini - Le attività programmate sono risultate gradite e utili ai fini della riabilitazione, come dimostra anche la ludoteca allestita da tre anni all’interno del carcere, motivo di vanto per la nostra città perché fra le prime ad essere introdotte in un carcere maschile, che ha una frequenza media giornaliera di 30 o 40 bambini". Iniziative che sembravo piacere realmente ai detenuti. Uno di loro, in una lettera, ha commentato "La musica popolare è un cammino alla scoperta di noi stessi, ci toglie le ansie, le paure, le immagini che ci turbano e la fatica nel trovare un nuovo equilibrio, insegnandoci a vedere come ognuna di queste forme ci prende per mano per aiutarci a scoprire dentro di noi i nostri personali pensieri verso la felicità". Firenze: il Giardino di Sollicciano, si realizza l’utopia di Michelucci
Ansa, 26 settembre 2005
L’architetto lo progettò vent’anni fa per farne uno spazio aperto alla città: cinquemila metri quadri luminosi e alberati per gli incontri con le famiglie. L’opera è quasi finita, mancano 300 mila euro: il ministero non li stanzia Non è solo un’opera d’arte, ma un luogo che ci consentirà di allentare un po’ la tensione all’interno dell’istituto. Dietro questo progetto c’è la volontà di tante persone: lasciarlo incompiuto sarebbe uno spreco e un’ingiustizia. Per fare un albero ci vuole un fiore, ma a volte è necessario un uomo. Giovanni Michelucci si presentò al cancello di Sollicciano una mattina di primavera dell’85. Aveva 94 anni, la caparbietà di un vecchio salice ancora infaticabile. I detenuti gli chiesero di dare corpo a un sogno: maestro, ci faccia sentire più liberi, ci disegni un giardino. Volevano qualcosa al limite del possibile: un pezzo di carcere che non fosse più il carcere, un dentro che sapesse di fuori. Un luogo dove poter parlare con la famiglia seduti su una panchina, passeggiare intorno a un lago, vedere i figli giocare sull’erba, un’illusione di normalità. La città che rientra nel suo rovescio, in quel mondo fatto di chiavi, barriere, porte, sbarre, per eroderlo e provocarlo. Vent’anni dopo, quel salice vive ancora. È diventato una giovane quercia, tante querce, una foresta di cemento. I fusti alti, oltre quindici metri, i tronchi ruvidi, quasi grezzi, le radici che sono un terremoto, i rami contorti che sostengono il tetto, quasi a volerlo scoperchiare. Su quelle radici sono spuntate panchine, sedute con le piastrelle di ceramica, un ambiente dove la luce si respira, le pareti arancioni, il soffitto giallo, gli allacciamenti pronti per un punto ristoro, un chiosco di giornali. Il salice si è trasformato in un lago e in un ponte di legno, in un anfiteatro per duecento persone dove i detenuti potranno recitare, suonare, oppure ascoltare e vedere artisti da fuori. Uno spazio pubblico, ma sempre dentro al carcere, questa l’utopia di Michelucci. Oggi l’impossibile è diventato un possibile grande cinquemila metri quadri, duemila al coperto, il resto verde e acqua che scorre. Una provocazione che ha la leggerezza dell’idea che lo anima: non ci sono serrature in quell’utopia. Il muro di recinzione che separa Sollicciano dal viale Minervini resta un confine fisico invalicabile, ma nella foresta le porte sono aperte. Basta appoggiarci una mano, la mano di chi ha sbagliato, e la porta si apre: la città è già un po’ più vicina, il carcere un po’ più lontano. Il Giardino di Michelucci è quasi finito. È cresciuto senza di lui, tra il settore matricole e l’ex campo sportivo degli agenti: l’architetto consegnò il progetto di massima nel novembre del ‘90, un mese dopo morì. Ma ognuno di questi cinquemila metri, costati cinque miliardi di vecchie lire e progettati in maniera definitiva dal collegio degli Ingegneri di Firenze in collaborazione con la Fondazione Michelucci, racconta il suo modo di pensare l’architettura, dove al centro ci sono le persone e il loro vivere, anziché la ricerca della forma. Il nome stesso di questo luogo ne è una bandiera: Giardino degli Incontri. A proporlo furono i detenuti che lavorarono fianco a fianco a Michelucci all’interno del carcere durante la progettazione. Un lavoro corale che porta con sé come un’ossatura invisibile il clima culturale degli anni in cui nacque: quelli della legge Gozzini, l’idea e la possibilità concreta del recupero sociale dei detenuti. Oggi che le carceri sono al collasso, celle sovraffollate, strutture fatiscenti e poco rispetto per la dignità umana, uno spazio così non sarebbe mai stato neanche pensato. Averlo realizzato a Sollicciano, che vive lo stesso dramma di altri istituti, mille detenuti dove c’è posto per quattrocento, è una conquista. "Nessuno in Italia potrà vantare una struttura come la nostra: non è solo un’opera d’arte, ma un luogo che ci consentirà di allentare un po’ la tensione all’interno del carcere". Ne parla al futuro, il direttore del carcere Oreste Cacurri, perché quello che fa di questo Giardino l’oggetto di una battaglia civile è la sua incompiutezza. Per poterlo aprire, mancano trecentomila euro e la volontà di stanziarli. Fondi non ancora erogati dal ministero delle infrastrutture, che ha finanziato il resto dell’opera, e che servirebbero alla ditta costruttrice, la Calosi-Del Mastio, per realizzare gli ultimi lavori: l’impianto di condizionamento dell’aria, il sistema di telecamere per la sorveglianza, le piante per l’esterno. "È un delitto lasciarlo incompiuto: questo Giardino non finito è lo specchio della condizione della giustizia italiana oggi" dice Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti, che per vederlo realizzato ha smesso di mangiare: un digiuno lungo ormai quattordici giorni, una battaglia politica, e di civiltà prima ancora. Senza quei trecentomila euro, i detenuti di Sollicciano continueranno a vedere le loro famiglie nelle attuali stanze per i colloqui: venti metri quadri, la porta blu blindata chiusa a chiave, l’agente dietro il vetro, sei tavolini per sei detenuti, ciascuno con sei parenti intorno, tutti contemporaneamente. Celle anche quelle, la natura è un pappagallo disegnato sul muro. Senza quei soldi, l’ossigeno da respirare resterà quello mortificante dei passeggi, i recinti dell’ora d’aria: scatole di cemento scoperchiate, neanche duecento metri quadri macinati avanti e indietro da cinquanta detenuti alla volta. Senza quei soldi, il sogno di Michelucci resterà un sogno, la città non entrerà mai nel carcere. Corrado Marcetti, uno degli architetti della Fondazione Michelucci che ha continuato il lavoro del maestro, ha fiducia: "Lo finiremo: dietro questo progetto c’è la volontà comune di tante persone, tante istituzioni, sarebbe uno spreco inaccettabile". Una merla ha già fatto il nido in quella foresta. Grazia: primo atto della Consulta sul conflitto Ciampi - Castelli
Adnkronos, 26 settembre 2005
La Corte costituzionale si prepara a sciogliere il nodo del potere di grazia. La concessione della clemenza è di competenza esclusiva del capo dello Stato o è duale, ed è quindi necessaria la controfirma del ministro della Giustizia al provvedimento? La pronuncia dei giudici della Consulta nel merito del conflitto tra poteri dello Stato sollevato a metà giugno dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi dovrebbe arrivare solo tra qualche mese (entro fine gennaio, al massimo, dovrebbe iniziare la discussione). Ma mercoledì prossimo, 28 settembre, si alza il sipario: sul tavolo la questione preliminare, il primo atto, decidere cioè l’ammissibilità del ricorso. Un esito scontato visto che il firmatario è l’inquilino del Colle. E in quella sede la Corte sarà chiamata a stabilire anche la controparte: il ricorso va notificato soltanto al ministro in questione, il Guardasigilli, o al governo? Una volta definita questa fase, della quale è relatore il giudice Alfonso Quaranta, la Consulta invita il Quirinale a notificare alla controparte il ricorso, entro 20 giorni dalla comunicazione dell’avvenuta decisione. E, a quel punto, il ministro o il governo dovranno decidere se costituirsi in giudizio e a chi affidare la difesa. L’iniziativa del Quirinale nasce dalla richiesta di grazia avanzata da Ovidio Bompressi, l’ex esponente di Lotta continua condannato, assieme al latitante Giorgio Pietrostefani e ad Adriano Sofri, a 22 anni di carcere per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi, avvenuto nel ‘72. In più di un’occasione Ciampi si è dichiarato favorevole a graziare sia Bompressi che Sofri, ma quest’ultimo non ha mai presentato domanda, proclamandosi innocente. Così, il capo dello Stato è intervenuto solo sul caso Bompressi. Il contrasto con Castelli, che si è sempre dichiarato contrario a provvedimenti di clemenza ad personam per i due esponenti di Lc, è scoppiato il 24 novembre dello scorso anno. Quando Ciampi - contestualmente alla firma della grazia per Graziano Mesina, Luigi Pellé e Aldo Orrù - faceva sapere di "essere favorevole anche ad un atto di clemenza verso Ovidio Bompressi" e annunciava che, di fronte al "no" del Guardasigilli, "si riservava di assumere le proprie decisioni". Una posizione che Ciampi ufficializzava in una nota diffusa dal Quirinale. L’8 novembre 2004, spiegava in quell’occasione il capo dello Stato, "dopo attento e accurato esame della documentazione fattagli pervenire, su sua richiesta, dal ministro della Giustizia", aveva comunicato al Guardasigilli di "essere pervenuto nella determinazione di concedere la grazia della pena detentiva residua a Ovidio Bompressi" e lo aveva "invitato a inviargli il relativo decreto ai fini della sua emanazione". Nel corso dell’udienza al Quirinale, il 24 novembre appunto, "il ministro Castelli - riferiva ancora la nota - ha fatto presente di essere contrario alla concessione della grazia a Ovidio Bompressi e che, conseguentemente, non è in grado di inviare al capo dello Stato il relativo decreto". "La Costituzione vigente - ricordava il ministero - pone in capo al ministro della Giustizia la responsabilità di formulare la proposta di grazia". Una risposta di cui allora Ciampi aveva "preso atto", riservandosi "di assumere le proprie decisioni". Sempre l’anno scorso, il caso era approdato anche in Parlamento, con la proposta di legge Boato, poi non approvata dalle Camere, che intendeva assegnare esplicitamente al capo dello Stato direttamente il potere di concedere l’atto di clemenza. Poi, a distanza di sei mesi dall’inizio del contrasto tra Ciampi e Castelli, il 13 giugno scorso il Quirinale aveva rotto gli indugi, sollevando davanti alla Consulta il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato riguardo alle prerogative sulla concessione della grazia. La posizione del presidente della Repubblica è nel ricorso di 15 pagine, più 7 di allegati, preparate dal vice avvocato generale dello Stato Ignazio Francesco Caramazza. "Non spetta al ministro della Giustizia il potere di rifiutare di dare corso alla determinazione, alla quale il Capo dello Stato è pervenuto, di concedere la grazia ad Ovidio Bompressi", è la conclusione. Ciampi rivendica quindi "l’integrità delle proprie esclusive attribuzioni costituzionali nell’esercizio del potere di concessione della grazia", che a suo dire "è stata lesa dal rifiuto, da parte del ministro della Giustizia, di predisporre il relativo decreto di concessione", nel caso di Bompressi, oltre che "di controfirmarlo". Con queste decisioni del Guardasigilli sarebbero stati violati, secondo la tesi sostenuta nel ricorso del Quirinale, gli articoli della Costituzione che riguardano i poteri del capo dello Stato (art. 87) e la controfirma ministeriale sugli atti del presidente della Repubblica (art. 89). "Il ministro è sicuramente titolare di poteri istruttori ma questi non possono che concludersi, al più con una valutazione", legge ancora nel ricorso firmato da Caramazza. "Il presidente della Repubblica, per il suo ruolo istituzionale di garante super partes della Costituzione, è l’unico organo che offra la garanzia di un esercizio imparziale del potere di grazia", esulando questa "del tutto da valutazioni di natura politica" e non essendo "riconducibile all’indirizzo politico della maggioranza di governo", scrive ancora il vice avvocato generale dello Stato. Vicenza: il carcere in condizioni migliori, ma è sovraffollato
Il Gazzettino, 26 settembre 2005
Il carcere di S. Pio X per l’on. Lalla Trupia è un "osservato speciale", i problemi all’interno non mancano e in più occasioni la struttura di via Della Scola è salita agli onori delle cronache cittadine, e non solo dopo le denunce di sindacati e parlamentari. "Ci sono tornata l’altro ieri - sostiene l’on diossina - e devo ammettere che qualcosa è cambiato -: il controllo medico è costante e decisamente in grado di prevenire e di curare le emergenze, così come è positivo l’aumento di attività lavorative e di formazione a favore dei detenuti anche all’esterno dell’istituto di pena: le serre ed altri laboratori di lavoro per esempio". Con l’on Trupia c’era la direttrice , la dott. Iannucci - che ha l’incarico a Udine, anche se trascorre qualche giorno a Vicenza - e il comandante delle guardie Campanella. "Ma nonostante questi cambiamenti positivi - ribadisce la parlamentare - non è stato risolto il problema più grave che riguarda la casa circondariale di Vicenza come quelle del resto d’Italia: il sovraffollamento. All’interno c’erano 247 detenuti e la struttura è stata costruita ancora negli Anni Ottanta per 120 carcerati. Questo crea non poche situazioni di disagio all’interno delle celle, le quali dovrebbero garantire maggiore vivibilità e una dignitosa permanenza. Inoltre, in caso di piogge o esondazioni, le aree inferiori sono sempre soggette ad allagamento. Infine, nonostante le ripetute richieste, fuori dal carcere deve ancora essere costruito un tratto asfaltato di circa 30 metri, che dalla fermata dall’autobus costeggia la struttura, un tratto sterrato che quando piove diventa un lago con i problemi che ne conseguono per i famigliari che vengono in visita". Anche l’organico ha avuto un incremento. "Ma di fatto i rinforzi sono già stati assorbiti, anche perché le attività all’interno sono aumentare per cui i controlli vanno di pari passo, e quindi servirebbe un maggior numero di dipendenti". All’interno di S. Pio X ci sono essenzialmente giovani: il 40 per cento è rappresentato da extracomunitari e i reati più diffusi - tra le cause della loro detenzione - sono legati al mondo della droga. Sulmona: una laurea per i detenuti, l’intesa è quasi pronta
Il Messaggero, 26 settembre 2005
Verrà presentato entro la prima settimana di ottobre, dal professor Fabrizio Politi, preside del consorzio universitario di Sulmona, una bozza del protocollo d’intesa che mira a varare un corso di laurea in materie giuridiche ed economiche per i detenuti del carcere di Via Limaccio e per il personale. Così si è concluso un confronto a tutto campo tra il presidente dell’associazione "Istituto per lo studio del diritto dell’esecuzione generale e del diritto penitenziario" presieduto dall’avvocato Lando Sciuba promotore dell’iniziativa, il direttore del carcere di Sulmona Giacinto Siciliano, il direttore della scuola di formazione ed aggiornamento della polizia penitenziaria Luigi Magri, l’assessore provinciale Teresa Nannarone, il vice sindaco Filadelfio Manasseri ed alcuni componenti del consiglio dell’Ordine degli avvocati di Sulmona. La tavola rotonda che si è tenuta qualche giorno fa presso la sala delle udienze del palazzo di giustizia del capoluogo peligno, è stata l’occasione per discutere e per tentare di risolvere i problemi relativi al primo esempio in Italia, di un corso di laurea indirizzato alla popolazione di un istituto penitenziario e del personale dell’Amministrazione in servizio presso tale struttura e presso la scuola di formazione, senza comunque escludere ulteriori possibili ambiti di utenza. "Si tratta di un altro passo avanti nella sperimentazione di soluzioni innovative che delineano il nuovo sistema di istruzione e formazione professionale anche all’interno del carcere – dice Giacinto Siciliano - È questa l’occasione per far sì che il legame tra la città e l’istituto penitenziario si rafforzi. Spero si cominci il più presto possibile. La buona volontà e l’entusiasmo degli altri attori presenti al tavolo mi lascia ben sperare per il futuro". Velletri: inaugurata una casa di accoglienza per detenuti
Il Messaggero, 26 settembre 2005
Da ieri a Velletri c’è una casa di accoglienza, composta da due piccoli appartamenti, a disposizione dei detenuti della locale casa circondariale, i quali, una volta ammessi a godere di permessi o di licenze, non hanno la possibilità di raggiungere le proprie famiglie e non hanno dove andare. Ad allestirla, in piazza Ignazio Galli, sono stati gli operatori della Caritas diocesana della Chiesa suburbicaria Velletri-Segni, che ora si occuperanno anche della sua gestione. "Si tratta - ha detto Marco Toti, delegato laziale della Caritas italiana, intervenuto ieri all’inaugurazione dei due locali - di una struttura al servizio dei detenuti e delle loro famiglie come contributo a chi vive un’esperienza drammatica in carcere". Il vescovo della diocesi, Andrea Maria Erba, ha illustrato le motivazioni dell’idea che, nel mese di ottobre, sarà concretizzata anche a Frosinone: "Sono i tempi e le circostanze del mondo che cambia che ci invitano a promuovere iniziative e progetti del genere". All’inaugurazione è stato presente anche il direttore della casa circondariale veliterna, Giuseppe Makovec. "Abbiamo accolto questa iniziativa della Caritas - ha detto il direttore - con vero entusiasmo. Poter coniugare la pena con un atteggiamento umano è una grande sfida". "La realtà del carcere veliterno - ha aggiunto - è varia, ospitando detenuti di tipo diverso. Tra di loro ci sono anche coloro che potrebbero uscire, potendo godere di permessi, ma non hanno né famiglia né casa sul territorio. Per loro, oggi, esiste una nuova opportunità, questa casa". Caltanissetta: ex detenuti chiedono al comune beni in comodato
La Sicilia, 26 settembre 2005
L’associazione culturale Papillon per i diritti dei detenuti ed ex detenuti e la cooperativa "Lar.Co" liberi artigiani e contadini hanno chiesto al Comune di avere assegnati in comodato beni immobili di sua proprietà non utilizzati (e in particolare le ex scuole rurali) per realizzarvi centri di accoglienza e centri sociali. Hanno chiesto pure di avere assegnate terre abbandonate e inutilizzate per coltivarle e renderle produttive. La richiesta è stata presentata al sindaco Salvatore Messana e al presidente del consiglio Paolo Iannello. "Chiediamo - affermano i responsabili dell’associazione Alfredo Maffi e della cooperativa Nicola Arboscelli - passi concreti per iniziare progetti di lavoro in cui i primi ad usufruirne siano le persone disagiate, ex detenuti, le famiglie dei detenuti e persone migranti". "Noi - hanno tenuto a precisare - non chiediamo assistenza, ma gli strumenti per essere autonomi e indipendenti. Non vogliamo soldi e sussidi per sempre, ma solo piccoli aiuti economici per avviare i progetti legati all’agricoltura biologica, all’artigianato e alla promozione per il commercio". "Chiediamo inoltre - hanno aggiunto - terra e beni immobili non utilizzati per produrre e per organizzare centri di accoglienza e centri sociali, e invitiamo il Comune a non negare il patrimonio sociale a sua disposizione (vedi scuole rurali) ma di affidarlo in comodato d’uso a cooperative e associazioni per progetti sociali e produttivi". Si rivolgono poi "a tutta la classe politica di destra e di sinistra" perché "prendano posizione nei consigli comunale e provinciale affinché le nostre richieste non vengano collocate nel dimeticatoio e non siano insabbiate". Trapani: detenuto in sciopero della fame per accudire figlia malata
La Sicilia, 26 settembre 2005
Mazara. Giuseppe Genco, 31 anni di Mazara del Vallo, in carcere per scontare una pena detentiva a 5 anni e sei mesi per rapina, domenica scorsa ha cominciato lo sciopero della fame e della sete. Protesta contro il provvedimento del Tribunale di Trapani che ha dichiarato inammissibile la richiesta della concessione degli arresti domiciliari, avanzata dal suo legale. Una figlia di Giuseppe Genco, Francesca di 5 anni, è affetta da una gravissima patologia che non le consente neppure di alimentarsi. Infatti la bambina è costretta a nutrirsi attraverso un sondino chirurgico impiantato nell’addome. La piccola (come attestano i certificati medici dell’ospedale dei Bambini di Palermo) necessita di un’assistenza 24 ore su 24. Francesca non parla, forse neppure riconosce chi le sta intorno. "Io vivo con un sussidio di 400 euro al mese - dice Tiziana Aliseo, moglie del recluso e madre della piccola - e non riesco più a vivere. Non ho neppure i soldi per recarmi a Palermo per le visite di controllo per la bambina. Mi hanno offerto un lavoro part-time ma ho dovuto rifiutare perché non ho a chi lasciare Francesca". "Si tratta di un caso davvero umano, drammatico e pietoso", dice l’avvocato Vincenzo Bonanno (legale di Genco), che ha già presentato un’istanza al Tribunale della Libertà per chiedere i domiciliari. Tiziana Aliseo lancia un appello affinché "possa avere ospitalità in una trasmissione televisiva per raccontare la triste situazione. Se la gente sapesse le condizioni della nostra famiglia, qualcosa si smuoverebbe". Novara: Sappe; polizia penitenziaria verso lo sciopero bianco
La Stampa, 26 settembre 2005
Gli agenti della polizia penitenziaria in servizio al carcere di Novara hanno proclamato lo stato di agitazione e per giovedì prossimo è previsto una "sciopero bianco". Vuol dire che si atterranno strettamente agli ordini di servizio ed alle mansioni individuali. Poiché esiste una carenza di organico di almeno quindici unità potrebbe sorgere qualche problema. I motivi della protesta, come dice Silvano Cofrancesco il segretario regionale del Sappe (il sindacato autonomo più rappresentativo) "sono da ricondurre alla mancata applicazione degli accordi sottoscritti a livello di Provveditorato sulla contrattazione decentrata. Abbiamo sollecitato, ormai da 15 giorni, la direzione per un incontro. Non ci ha neppure risposto". Ma di quali temi si dovrebbe occupare la contrattazione decentrata? "I turni di servizio, l’impiego dei singoli agenti sul posto di lavoro e più in generale la gestione del personale. Così com’è organizzato non va bene. Per far fronte alle carenze c’è chi fa 40 ore di straordinario chi solo dieci con evidenti sperequazioni. È arrivato un nuovo comandante di reparto, un commissario al posto di un ispettore e non è stato emesso alcun ordine di servizio. Abbiamo interessato qualche parlamentare. Se non saremo ascoltati pensiamo anche ad una manifestazione". Giustizia: Castelli; carceri sovraffollate? costruiamone di più
Il Manifesto, 26 settembre 2005
"Servono 30 milioni di euro. Altrimenti il sistema carcerario crollerà". L’ha detto ieri, con la solita faccia da impunito e per allungare le mani sulla finanziaria, il ministro della giustizia Roberto Castelli. I detenuti aumentano a colpi di 4 mila unità l’anno. Hanno appena sfiorato quota 60 mila, alla fine del 2006 saranno 67 mila. Quindi, per il ministro leghista, "va aumentata la ricettività carceraria". Mentre Castelli a Roma sciorinava la sua tabellina, a Milano di fronte a San Vittore associazioni del volontariato, politici e sindacalisti della Cgil partivano dalle medesime cifre per proporre soluzioni opposte a quella meramente "edilizia" del ministro-ingegnere. Il sistema carcerario è come il Titanic, diceva Sergio Segio, "sull’orlo del naufragio". Ma ad avercelo portato è il governo, che "balla sulla tolda", incurante delle sofferenze di chi in carcere è rinchiuso e dei suggerimenti di chi in carcere ci lavora. L’approvazione della legge Cirielli, ricordava Giuliano Pisapia (Prc), farà aumentare del 30% la popolazione carceraria. È l’unica che sta a cuore al centrodestra, mentre la promessa riforma del codice penale, che con le pene alternative dimezzerebbe il numero dei detenuti, non è ancora decollata. Come se non bastasse, il governo ha fatto di tutto per bloccare l’attuazione di buoni leggi, come la "Smuraglia" sul lavoro penitenziario e la "Finocchiaro" per la scarcerazione dei bambini e delle detenuti-madri. Da un paio di settimane si moltiplicano le iniziative per togliere il carcere dal cono d’ombra: uno sciopero della fame a staffetta (iniziato da Franco Corleone, garante dei detenuti in Toscana), presidi, appelli, mobilitazioni sindacali. L’obiettivo comune, fare pressing sul governo e sul parlamento, deve fare i conti con una maggioranza in agonia. Persino una cosa minima, come l’approvazione entro quattro mesi della legge che istituisce il garante nazionale dei detenuti, sembra fuori portata. Per questo chi si mobilita bussa al centrosinistra, all’ipotetica futura maggioranza, perché si impegni a realizzare "nei primi 100 giorni di governo" politiche penitenziarie che segnino un inequivocabile "cambiamento di rotta". Nel programma dell’Unione, garantisce Pisapia, ci sarà la legge sul garante e l’approvazione del nuovo codice penale. Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, boccia la ricetta "edilizia" di Castelli. "Il sovraffollamento si combatte spostando fuori dal sistema penitenziale tossicodipendenze e immigrazione e con un provvedimento di amnistia generale". Cifre alla mano, la Corte dei Conti ha certificato che la costruzione di nuove carceri assorbe ingenti risorse senza migliorare in modo tangibile le condizioni di vita dei detenuti. Questi ultimi crescono a uno velocità superiore al tempo necessario per tirare su i muri. Il ministro fa bene a temere il collasso da sovraffollamento, ironizza Gonnella. Allora sia coerente: "La prossima settimana vada alla Camera a dire che la ex Cirielli sulla recidiva, alias salva Previti o ammazza Gozzini, scaricherà nelle galere decine di migliaia di persone". La responsabilità politica del disastro carcerario è tutta di questo governo che si è rifiutato di discutere e di approvare un provvedimento di amnistia o di indulto, afferma il verde Paolo Cento, Castelli faccia il piacere di non scaricarla sul governo che verrà. Replica del ministro: "Consiglio vivamente a Cento di sollecitare su questo argomento l’onorevole Violante, così tutti potranno conoscere l’opinione sull’amnistia di un autorevole esponente del centro sinistra". Benevento: giovedì sei detenuti in concerto al Teatro Comunale
Il Quaderno, 26 settembre 2005
Presentata stamani, presso la sala consiliare di Palazzo Mosti a Benevento, la manifestazione "Canto… dentro!", terzo saggio-concerto dei detenuti del corso di Educazione musicale della Casa Circondariale di Arienzo. L’evento, patrocinato dall’assessorato alla Cultura del Comune di Benevento, è in programma il 29 settembre alle ore 11.00, presso il teatro Comunale di Benevento. L’Ufficio Stampa del Comune riporta in merito una dichiarazione dalla direttrice della Casa Circondariale di Arienzo, Carmen Campi: "Il lavoro che presenteremo giovedì prossimo nel capoluogo sannita rientra nell’ambito di un programma trattamentale iniziato circa cinque anni fa. Un lavoro che consentirà a sei detenuti della nostra casa circondariale e ad un minore detenuto presso il carcere di Airola di potersi esprimere attraverso la musica. L’evento è stato reso possibile dalla collaborazione del Comune di Benevento che ringrazio e del Centro Servizi Amministrativi che si è attivato per consentire ad alcune scolaresche di assistere alla rappresentazione". Il maestro Franco Capozzi ha, infine, spiegato i contenuti del saggio: "I detenuti presenteranno canzoni del repertorio musicale leggero nazionale e napoletano, oltre che brani dei principali cantautori italiani. L’impegno che hanno profuso in questa esperienza rappresenta la manifestazione più evidente della loro volontà di riscatto". Giustizia: Castelli; rimango contrario all'amnistia...
Ansa, 26 settembre 2005
Il ministro della Giustizia Roberto Castelli rimane contrario alle ipotesi di provvedimenti di clemenza, nonostante l’allarme da lui stesso lanciato con la richiesta di fondi per le carceri il cui sistema, altrimenti, potrebbe collassare nel 2006 a causa del sovraffollamento. A margine di un convegno a Erba, alla domanda se, considerata la situazione, avesse cambiato idea su amnistia e indulto, il ministro ha risposto: "Personalmente no. Io sono convinto che questi problemi non si risolvono scaricandoli dal governo e caricandoli sui cittadini". "Noi apriamo le porte dei penitenziari a persone che evidentemente sono in carcere per dei reati, e le rimettiamo in condizione di commettere questi reati. No! La via - ha osservato Castelli - è quella di garantire una ricettività adeguata alle esigenze della società, non certo quella di aprire le porte dei penitenziari". Giustizia: Vitali: mi spiace per le frasi di Castelli sui penitenziari
Ansa, 26 settembre 2005
Il sottosegretario alla Giustizia, Luigi Vitali (Fi), si dice "dispiaciuto" per le dichiarazioni del Guardasigilli Roberto Castelli sulla manifestazione della polizia penitenziaria programmata lo stesso giorno della festa del Corpo. "Ho forse mancato io di avvisare il ministro che avevo convocato i sindacati penitenziari per lunedì prossimo, proprio per far revocare la protesta e per non rovinare la festa", dice il sottosegretario che ha la delega dei rapporti con il personale penitenziario. "La polizia penitenziaria mi sta molto a cuore e fino ad ora ho incontrato interlocutori assolutamente responsabili. Non avrei immaginato - conclude Vitali - che il ministro avrebbe preso una posizione del genere. Mi auguro che tutto ciò non guasti il clima". Iraq: Usa rilasciano 507 detenuti dal carcere di Abu Ghraib
Agi, 26 settembre 2005
Il Comando Usa in Iraq ha annunciato che sono stati rimessi in libertà 507 individui finora detenuti ad Abu Ghraib, il famigerato penitenziario alla periferia occidentale di Baghdad venuto alla ribalta per lo scandalo delle sevizie inflitte ai prigionieri iracheni dai loro carcerieri americani. Sotto la dittatura di Saddam Hussein ad Abu Ghraib erano sistematicamente rinchiusi e torturati gli oppositori politici. I 507 ex prigionieri sono già stati liberati, e a essi ulteriori cinquecento saranno rilasciati ai primi di ottobre, in coincidenza con l’inizio del Ramadan, il mese sacro ai musulmani riservato al digiuno e alla preghiera. Già in passato i vertici militari statunitensi avevano disposto il rilascio di un elevato numero di detenuti, sia per ragioni di sovraffollamento del penitenziario sia perché in seguito alle indagini erano risultati estranei all’insurrezione; almeno in parte però tali provvedimenti avevano anche lo scopo di placare lo sdegno dell’opinione pubblica irachena per la vicenda dei maltrattamenti inflitti ai carcerati.
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