Rassegna stampa 24 settembre

 

Il disastro carcerario e la disattenzione della politica...

 

Comunicato stampa, 24 settembre 2005

 

In alcune città si fanno spettacolari esercitazioni sull’emergenza "anti-attentato", più o meno utili e necessarie, che naturalmente e doverosamente riempiono per giorni le pagine dei giornali e dei telegiornali. C’è un’emergenza assai meno visibile e del tutto ignorata: quella che giorno per giorno accresce il disagio di chi vive in carcere ma anche di chi ci lavora. Di fronte a essa il silenzio è assoluto, la disattenzione della politica quasi totale.

Per cercare di rompere questa cappa opprimente, da 10 giorni è in atto una iniziativa nazionale che ha già raccolto molte e significative adesioni (il testo dell’appello e l'elenco delle prime adesioni è disponibile su www.dirittiglobali.it). Chi scrive è al quinto giorno di digiuno totale, altri hanno digiunato o stanno digiunando in una staffetta che durerà alcune settimane.

Oggi abbiamo tenuto una conferenza stampa davanti al carcere di San Vittore, nei prossimi giorni iniziative analoghe si terranno in altre città per dire ad alta voce che la situazione carceraria è ormai insostenibile. Il sistema penitenziario è diventato come il Titanic: sull’orlo del naufragio. E mentre questo succede, i responsabili dell’amministrazione e il governo ballano sulla tolda, incuranti del pericolo e delle grida, delle richieste di soccorso. Eppure, un piccolo miracolo i responsabili della giustizia e del governo lo hanno compiuto: quello di mettere d?accordo tutti nella denuncia senza appello di questa situazione.

Lunedì 19 gli avvocati penalisti hanno scioperato compatti contro la legge ex-Cirielli, detta "Salva-Previti". I sindacati confederali e autonomi degli agenti e del personale dipendente dell’amministrazione penitenziaria hanno proclamato lo stato d’agitazione e mercoledì 28 settembre effettueranno una manifestazione nazionale a Roma per protestare contro il sovraffollamento delle carceri (giunto al 31 agosto 2005 a 59.649 detenuti presenti a fronte di una capienza nelle 207 carceri di 42.959 posti) e le condizioni di lavoro.

Dal 5 al 7 ottobre il sindacato degli infermieri penitenziari ha organizzato la mobilitazione e a Roma gli infermieri stazioneranno giorno e notte davanti al Dap, per protestare contro la continua diminuzione delle ore di assistenza infermieristica nelle carceri e contro il trattamento economico e di lavoro loro riservato, per chiedere il passaggio al sistema sanitario nazionale, come disposto dalla legge sin dal 1999. Per capire qual è la situazione sanitaria, basti sapere che nel 57,5% delle carceri si sono registrati casi di TBC e nel 66% di scabbia.

Nei mesi scorsi gli assistenti sociali e il personale dei Centri di servizio sociale del ministero della Giustizia avevano protestato contro la legge "Meduri" sul riordino delle carriere dirigenziali, per gli effetti negativi che questa porterà dal punto di vista delle misure alternative e del sostegno al reinserimento sul territorio.

Assistenti sociali, educatori e psicologi continuano peraltro a essere pesantemente sotto organico. Rispettivamente, sono 1.223 rispetto ai 1.630 previsti dalla pianta organica (1 ogni 48 detenuti); 551 anziché 1.376 (uno ogni 107 detenuti); 400, con una media di sole 2 ore per istituto (uno ogni 148 detenuti).

Sempre nei mesi scorsi, numerose proteste hanno avuto luogo in molte carceri da parte dei detenuti per denunciare le intollerabili condizioni di vita, per chiedere riforme e indulto. Proteste invisibili, che non hanno avuto eco all’esterno e sui media, anche perché il carcere è tornato a essere un mondo opaco, a sé stante.

Infine, anche noi, associazioni, sindacati, volontariato siamo di nuovo costretti a promuovere un’iniziativa di sollecitazione dell’opinione pubblica e delle forze politiche, con il digiuno a staffetta e con altre iniziative pubbliche.

Mercoledì 28 settembre effettueremo un sit-in davanti alla sede del Consiglio Regionale della Lombardia con l’iniziativa della "Memoria itinerante", che ricorda i nomi delle 70 persone morte in carcere dall’inizio dell’anno e che sarà ripetuta davanti ad altre carceri nelle prossime settimane. Si tratta del triste censimento che meritoriamente viene svolto dalla rivista "Ristretti Orizzonti" del carcere di Padova e Venezia (www.ristretti.it), certamente incompleto, stante che i dati ufficiali da tempo non vengono resi noti. Si tratta di morti di carcere, non semplicemente in carcere: la gran parte per suicidio e per malasanità.

Nei giorni scorsi è stato sollecitato il presidente della Camera Casini, che ha preso atto della grave situazione e in particolare del sovraffollamento, riservandosi di sottoporre all’attenzione dei Capigruppo talune proposte di legge in materia all’esame della Camera. Nei prossimi giorni anche i promotori di questa iniziativa si rivolgeranno ai Capigruppo parlamentari per sollecitare la messa all’ordine del giorno di alcune misure legislative. Tuttavia, non possiamo certo dirci ottimisti, stante la stratificazione annosa di questi problemi e del disinteresse politico.

Questi sono il significato e gli obiettivi della nostra iniziativa e del mio appello, che abbiamo chiamato senza tema di enfasi "Il disastro carcerario e la disattenzione della politica": chiedere ad alta voce al Parlamento che in questi ultimi mesi della legislatura trovi posto nel calendario dei lavori almeno l?approvazione della legge che istituisce il Garante nazionale delle persone private della libertà, arenatasi oltre due anni fa.

Diversamente, chiediamo con forza che venga abbandonata la legge "ex Cirielli" sulla recidiva (nonché quella Fini sulle droghe), che produrrebbero in breve volgere di tempo un sensibile aumento della popolazione detenuta (stimato in una crescita di presenze del 25%), con tutti i rischi del caso e con l?ulteriore penalizzazione della gran massa dei detenuti, vale a dire i più poveri, privi di difesa e di opportunità. La vera prevenzione del crimine non si fa inasprendo le pene ma consentendo un reale recupero e reinserimento attraverso misure ad hoc, come quel "piccolo piano Marshall per le carceri" che avevamo proposto nella passata legislatura e che è stato colpevolmente lasciato cadere dopo molte promesse. Un piano che intendiamo rilanciare nei prossimi mesi. Se pensiamo che tenere una persona in carcere, per giunta in queste condizioni inaccettabili, costa 200 euro al giorno, è agevole pensare che investire nel recupero e nel reinserimento consente anche risparmio economico alla collettività, oltre che rispetto delle leggi e prevenzione della recidiva.

Chiediamo che alcune buone leggi già esistenti vengano finalmente applicate: dalla legge "Finocchiaro" per la scarcerazione di bambini e delle detenute madri (oggi vi sono in carcere 60 bambini e 54 madri, più di quanti ve ne fossero prima della legge), a quella "Smuraglia" per incentivare il lavoro penitenziario, a quella del passaggio di competenze della sanità penitenziaria al sistema sanitario nazionale, a quella che consente la scarcerazione dei malati gravi, sino al Regolamento penitenziario approvato nel 2000, tuttora inapplicato o eluso nella gran parte dei penitenziari. Il carcere, abbiamo detto in questi giorni, è in situazione di pesante e perdurante illegalità.

Ma, al di là di questo scorcio di legislatura, chiediamo alle forze politiche e in particolare al centrosinistra che si candida a governare nel 2006, di prendere sin da ora precisi impegni su queste materie, da inserirsi nei programmi e da realizzare nei primi 100 giorni di governo. Impegni che diano il segno inequivocabile di un cambiamento di rotta rispetto alla politiche sin qui seguite (e non solo nell’attuale legislatura) in materia penale e penitenziaria. Magari riprendendo anche quella proposta di abolizione dell’ergastolo, già approvata da un ramo del parlamento nella passata legislatura e poi lasciata cadere, e quella dell’amnistia e indulto per la quale ci siamo a lungo battuti, che si è scontrata contro il muro di gomma dell’indifferenza e indisponibilità delle forze politiche di entrambi gli schieramenti. Indifferenza e indisponibilità che ci hanno condotto su questo Titanic, ora in procinto di affondare definitivamente.

 

Sergio Segio, Associazione Società Informazione

Giustizia: Ucpi; urgono interventi per garantire dignità detenuti

 

Apcom, 24 settembre 2005

 

"A cinque anni di distanza dal decreto del Presidente della Repubblica di approvazione del nuovo regolamento carcerario, che introduceva modalità idonee a garantire condizioni di vita dignitose in carcere, nulla è cambiato. Anzi, la situazione è drammaticamente peggiorata". Lo denuncia la Giunta dell’Unione delle camere penali italiane."La popolazione detenuta ha raggiunto un record storico per il nostro Paese: 60.000 persone, di cui più di 21.000 in attesa di giudizio. In questa condizione di evidente illegalità, i detenuti - si legge in un comunicato - sono privati di ogni minima tutela, esposti alle malattie, alla promiscuità, al sovraffollamento, all’assenza di condizioni igieniche minime. L’Unione, nel denunciare la gravità della situazione, ribadisce la propria ferma posizione a difesa del dettato Costituzionale, che esige una pena sempre ispirata al senso di umanità e tesa alla rieducazione del condannato, nel segno dei più alti principi che informano la nostra civiltà giuridica"."Invitiamo, pertanto, le forze politiche e istituzionali ad intervenire urgentemente; proponiamo - prosegue il comunicato - a tutte le associazioni e a tutti i soggetti che si occupano delle tematiche carcerarie di costituire un osservatorio permanente in grado di monitorare costantemente l’evolversi della situazione e di individuare iniziative a sostegno dei diritti dei detenuti. L’Unione si impegna a promuovere, per i prossimi mesi, dibattiti pubblici e convegni per informare e sensibilizzare l’opinione pubblica al fine di garantire condizioni di vita accettabili a tutti i detenuti".

Giustizia: record storico di detenuti, privati di ogni minima tutela

 

Ansa, 24 settembre 2005

 

Il record storico di sovraffollamento nelle carceri italiane che tocca i 60 mila detenuti e l’ assenza di ogni tutela per i reclusi richiedono interventi urgenti: lo afferma l’ Unione delle Camere Penali, che propone a tutte le associazioni e a tutti i soggetti che si occupano delle tematiche carcerarie di costituire "un osservatorio permanente in grado di monitorare costantemente l’ evolversi della situazione e di individuare iniziative a sostegno dei diritti dei detenuti"."A cinque anni di distanza dal decreto del Presidente della Repubblica di approvazione del nuovo regolamento carcerario, che introduceva modalità idonee a garantire condizioni di vita dignitose in carcere, nulla è cambiato - fa notare. Anzi, la situazione è drammaticamente peggiorata". Ricordando che dei 60 mila detenuti, 21 mila sono in attesa di giudizio, l’Unione delle Camere Penali afferma: "questa condizione di evidente illegalità, i detenuti sono privati di ogni minima tutela, esposti alle malattie, alla promiscuità, al sovraffollamento, all’ assenza di condizioni igieniche minime". Nei prossimi mesi l’organismo dei penalisti italiani "si impegna a promuovere dibattiti pubblici e convegni per informare e sensibilizzare l’opinione pubblica al fine di garantire condizioni di vita accettabili a tutti i detenuti".

Giustizia: Cento (Verdi): la Cdl non ha voluto l’amnistia e l’indulto

 

Dire, 24 settembre 2005

 

"Se le carceri italiane sono in una condizione drammatica e il sovraffollamento ha raggiunto la cifra record di 60 mila persone, la responsabilità politica è del governo e del centrodestra che in questi quattro anni si sono rifiutati di discutere e approvare un provvedimento di clemenza come l’amnistia e l’indulto". È quanto sostiene il deputato dei Verdi, Paolo Cento, vicepresidente della commissione Giustizia. Il ministro Castelli, aggiunge, "non scarichi su chi governerà nel 2006 le responsabilità questa situazione aggravata da un clima autoritario e giustizialista nei confronti di tossicodipendenti, di immigrati e di tutti quei comportamenti della devianza sociale a cui l’unica risposta e offerta è stata quella dell’aumento delle sanzioni penali e la reclusione carceraria". Insomma, secondo il deputato del Sole che ride, "non c’è bisogno di nuove strutture carcerarie per aumentare la popolazione detenuta, ma di una riforma che faciliti l’accesso alle misure alternative, depenalizzino i reati sociali, offrano un’alternativa seria ai tossicodipendenti".

Giustizia: Osapp a Castelli; carceri già al collasso ora, non nel 2006

 

Ansa, 24 settembre 2005

 

"La situazione è gia esplosiva oggi con 60 mila detenuti senza attendere che arrivino a 67mila".Così Leo Beneduci, segretario generale dell’ Organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria (Osapp), replica al ministro della Giustizia, Roberto Castelli, che oggi ha chiesto lo stanziamento di fondi straordinari per le carceri altrimenti il sistema rischia di collassare alla fine del 2006, quando si calcola che i detenuti raggiungeranno quota 67 mila". Purtroppo il ministro Castelli dimentica, come al solito, che le carceri funzionano solo con la polizia penitenziaria, che al momento è già carente. Aumentare i locali di detenzione senza il personale che li faccia funzionare - secondo l’Osapp - è un assurdo". E ancora: il sindacato fa notare come il limite di capienza delle carceri sia stato già "abbondantemente superato, anche se sulla carta non risulta perché un paio di anni fa la capienza tollerabile è stata calcolata al rialzo: prima era di 59.438 posti, oggi è passata a 62.747".Contro le "condizioni spaventose" delle carceri italiane l’Osapp e altri quattro sindacati (Fp Cgil, Cisl-Fps, Uilpa, Sag-Unsa) hanno deciso di scendere in piazza, a Roma, per una manifestazione contro "la "crisi strutturale" dell’ amministrazione, il 28 settembre prossimo, giorno della festa della polizia penitenziaria. Beneduci cita un esempio per tutti: "A Pozzuoli, più grande istituto sud Italia, isole comprese, nella sezione femminile le stanze per 4-5 persone ospitano 14 detenute. La promiscuità tra nuove giunte, pene definitive, appellanti è tale che scoppia una rissa al giorno". L’Osapp ritiene che per decongestionare il sistema carcerario bisognerebbe "studiare forme di depenalizzazione e circuiti esterni al carcere per reati di minore allarme sociale. L’indulto - conclude Beneduci - può essere utile ma sarebbe comunque un palliativo senza misure di carattere sostanziale, quali ad esempio l’accelerazione dei tempi del processo".

Vicenza: convegno "Carcere e dipendenze: nuove integrazioni"

 

Ansa, 24 settembre 2005

 

A Vicenza, alle 9,00 del 30 settembre 2005, presso la sala convegni dei Chiostri di Santa Corona, si apriranno i lavori del convegno "Carcere e dipendenze: nuove integrazioni", un Progetto a cura della Regione Veneto, che da alcuni anni opera nel settore delle dipendenze in carcere, promuovendo lo studio di modelli di intervento significativi per l’assistenza e la cura delle persone detenute con problemi di dipendenza da sostanze d’abuso. L’obiettivo formativo del convegno è quello di sviluppare un confronto ed una riflessione sul tema della presa in carico e cura di soggetti tossicodipendenti ed alcoldipendenti detenuti. Una particolare attenzione, da parte di medici e professionisti del settore che parteciperanno a questa giornata di formazione, rivolta a operatori e volontari che si occupano di dipendenze da sostanze di abuso, sarà rivolta alla presentazione dello studio e della ricerca sulla situazione veneta e all’indicazione di nuove prassi integrate ad una progettualità sostenibile.

Bolivia: 27 detenuti fuggono dal carcere, due evasi uccisi

 

Ansa, 24 settembre 2005

 

Frenetica caccia all’uomo nei dintorni della città di Santa Cruz, nella zona orientale della Bolivia, dove sono evasi 27 reclusi del carcere di massima sicurezza di Palmasola. Nelle prime ore subito dopo la fuga, avvenuta ieri, un detenuto è stato catturato ed altri due sono stati uccisi dalla polizia.

I carcerati, durante l’ora delle visite, brandendo delle armi, hanno sequestrato un camion che si trovava all’interno del penitenziario e, poi hanno abbattuto il portone di metallo dell’edificio. Una volta all’esterno, sparando all’impazzata, molti di loro si sono impossessati di altri veicoli, fuggendo un po’ ovunque. Uno dei detenuti è caduto dal camion venendo subito catturato. Altri, a bordo di un taxi, sono finiti contro un muro. Usciti illesi, hanno preso d’assalto un autobus e dopo aver fatto scendere i passeggeri minacciandoli con le armi, sono fuggiti. Nella caccia all’uomo subito fatta scattare dal ministro dell’interno Gustavo Avila due evasi sono stati rintracciati ad una decina di chilometri dalla città e uccisi. "L’ordine è di sparare per uccidere", ha precisato oggi il governatore di Santa Cruz, Grover Campero.

Giustizia: sono 70 i detenuti "morti di carcere" dall’inizio dell’anno

 

Redattore Sociale, 24 settembre 2005

 

Bayren Mestiri, 21 anni, Padova. Dario B., 73 anni, Firenze. Si chiamano così più giovane e il più vecchio dei 70 detenuti morti nelle carceri italiane dall’inizio dell’anno, scomparsi nei modi più diversi: suicidi (41 casi), malattie (17), overdose (3), omicidi (2) o per cause non accertate (7). Numeri rilevati dalla rivista "Ristretti Orizzonti" dei detenuti del carcere di Padova, "nel silenzio dell’amministrazione penitenziaria", dicono i promotori della campagna "Il disastro carcerario". Tra loro c’è Sergio Segio, al quinto giorno di un digiuno a staffetta che sta raccogliendo l’adesione di 89 uomini politici, sindacalisti, docenti universitari, volontari ed esponenti del Terzo settore di tutta Italia, tra cui don Virginio Colmegna e don Luigi Ciotti. Uniti nella denuncia delle piaghe delle carceri italiani: sovraffollamento, carenza di personale, strutture fatiscenti, misure alternative insufficienti, mancanza di lavoro all’interno e all’esterno del carcere, legislazione bloccata da veti parlamentari.

"In queste ore a Milano c’è un’esercitazione per l’emergenza terrorismo, ma c’è un’emergenza strisciante e dolorosa, che aumenta giorno per giorno - dice Sergio Segio -. È quella delle persone morte in carcere, anzi di carcere". Secondo di dati di Segio ("probabilmente sottostimati", dice) nel 2004 il dissesto sanitario degli istituti di pena si è ulteriormente aggravato, "con il 7,5% dei detenuti sieropositivi (il 2,6% secondo il Ministero della Giustizia, ndr), il 38% positivo al test per l’epatite C; il 50% a quello dell’epatite B, di cui il 7% presenta l’infezione in atto; il 18% risulta positivo al test della Tbc. E sono cresciuti i gesti di disperazione: almeno 52 suicidi, 1.110 tentati suicidi, 6.450 scioperi della fame, 4.850 episodi di autolesionismo". Numeri eloquenti, che secondo Segio e i sostenitori della sua campagna hanno cause ben precise. Di impronta politica.

"Non uno degli impegni presi da questo governo è stato portato avanti - denuncia Giuliano Pisapia, parlamentare di Rifondazione Comunista e coordinatore del programma dell’Unione per la Giustizia. La proposta di legge sul Garante per i detenuti era stata annunciata come una delle priorità all’inizio della legislatura dal presidente della Camera Casini. Da tempo è bloccata alla Commissione affari costituzionali dai veti del Ministero dell’Interno e della Lega". Pisapia snocciola le "promesse mancate" del governo e i dati di spesa del ministero della Giustizia: "Ogni anno lo Stato paga 1,1 milioni di euro per tenere in carcere i detenuti tossicodipendenti, non potrebbero essere spesi per il loro reinserimento? Si investe troppo poco anche nelle misure alternative al carcere, che invece risultano efficaci: soltanto lo 0,2% di quanti ne hanno beneficiato è recidivo". Sotto accusa anche la legge Cirielli: "L’unico provvedimento che potrà essere approvato entro fine legislatura - dice Pisapia -. Se passerà nel giro di un anno aumenterà del 25% il numero dei detenuti, tutti legati a reati di marginalità sociale. Saranno invece favoriti gli autori di reati di natura economico-finanziaria, che potranno permettersi avvocati migliori e ottenere la prescrizione". I prossimi appuntamenti della campagna "Il disastro carcerario" sono in programma il 28 settembre a Milano, con un sit-in davanti alla sede della Regione Lombardia, e il 5-7 ottobre a Roma, con un presidio del sindacato degli infermieri penitenziari davanti alla Direzione dell’amministrazione penitenziaria.

Giustizia: l’edilizia carceraria? serve solo per fare buoni affari…

 

Redattore Sociale, 24 settembre 2005

 

Senza respiro. Ai detenuti delle carceri manca persino l’aria. Stretti, pigiati, spalla contro spalla. Trascorrono ore sdraiati sulle brande: 6 adulti in piedi non hanno lo spazio fisico per muoversi. Un problema di numeri. Anzi, di sovraffollamento. A quanti invocano l’edilizia carceraria come unica soluzione risponde Silvia Buzzelli, docente di Diritto dell’Esecuzione penale all’Università di Pavia. "La costruzione di nuovi istituti è un business – dice -. Rischia di favorire il grande internamento: invece che garantire migliori condizioni, farebbe lievitare oltremodo la popolazione detenuta". Una mano di vernice sui muri scrostati e prodotti sbiancanti per far brillare lavandini e sanitari. I carceri cercano un aspetto più umano. Le crepe davvero profonde però restano. "Prevale il diritto alla sicurezza sulla sicurezza dei diritti - prosegue Silvia Buzzelli. La tolleranza zero ha ormai preso il sopravvento sull’effettività dei diritti e sulla loro concreta attuazione. Così a uscirne sconfitta è la dignità umana". Per riaffermare il valore della dignità umana, la docente universitaria ha aderito alla campagna "Il disastro carcerario", una raccolta di firma sostenuta da associazioni di volontariato e uomini politici. Silvia Buzzelli ha firmato per protestare contro una riforma carceraria che si è arenata in Parlamento. "Non era risolutiva, ma proponeva novità determinanti, come l’introduzione del Garante dei diritti dei detenuti - denuncia -. Sono state approvate invece le iniziative di riforma sugli stupefacenti: si colpisce il consumatore, l’anello debole del traffico di droga, non il trafficante. Una scelta inaccettabile: così si incrementano le attività criminali che operano a livello transnazionale e finanziano i piani terroristici". Ogni anno, a fine corso, la docente accompagna i propri allievi nelle carceri italiane. Per superare il suo esame non basta saper compilare un’ordinanza di custodia cautelare. "I futuri avvocati devono conoscere i codici, ma anche sporcarsi le mani - afferma Silvia Buzzelli. L’impatto con le sbarre serve per capire le condizioni di chi sta dentro". A ottobre incontreranno i detenuti e gli agenti di polizia penitenziaria di due istituti di reclusione del nord Italia. La destinazione è ancora segreta: motivi di sicurezza. "Non andremo a visitare lo zoo - conclude la docente. Non vogliamo curiosare nella vita dei detenuti. Chiediamo di vedere con i nostri occhi il collasso delle nostre carceri".

Varese: cinque detenuti - imbianchini rendono più bella la città

 

Varese News, 24 settembre 2005

 

Sono cinque i detenuti del carcere di Varese che da lunedì scorso sono impegnati nella ristrutturazione del sottopasso di piazzale Trieste. Si tratta di volontari, scelti tra quelli che hanno diritto ai "permessi premio" e preparati dal punto di vista psicologico. Lavorano da lunedì a venerdì, dalle 8 alle 16, con una pausa per il pranzo dalle 12 alle 13 e durante la loro attività sono sorvegliati da alcuni agenti penitenziari. In questi giorni si sono occupati della pulizia e dell’imbiancatura delle pareti del sottopasso che dovrebbe essere definitivamente ultimato entro lunedì prossimo. L’iniziativa rientra in un programma di sperimentazione di "giustizia riparativa" attuata nell’ambito del progetto Sparsi, un intervento finanziato dalla Fondazione Cariplo che ha l’obiettivo di favorire il reinserimento sociale dei detenuti. A carico del Comune sono invece le spese - circa mille euro - per il materiale per la pulizia e l’imbiancatura e per l’assicurazione Inail.

Giustizia: Castelli; Cento chieda a Violante un parere sull'amnistia

 

Agi, 24 settembre 2005

 

"Paolo Cento sostiene che in questi quattro anni il centro-destra si è rifiutato di discutere e approvare un provvedimento come l’amnistia. Gli consiglio vivamente di sollecitare su questo tema l’onorevole Luciano Violante, così tutti noi potremo conoscere l’opinione sull’amnistia di un autorevole esponente del centro-sinistra". Il ministro della Giustizia Roberto Castelli replica così al coordinatore dei verdi che ha attribuito alla Cdl la responsabilità "politica" del sovraffollamento carcerario.

Giustizia: Castelli; 67mila detenuti nel 2006, servono 3 mila posti

 

Redattore Sociale, 24 settembre 2005

 

"Ha ragione il Ministro della Giustizia Castelli a dire che il sovraffollamento delle carceri è insostenibile ma allora perché ha contribuito ad affossare l’amnistia, perché la settimana prossima non va a Montecitorio a dire che la ex Cirielli sulla recidiva (c.d. salva-Previti o ammazza-Gozzini) getterà in galera altre decine di migliaia di persone, perché non ha fatto niente per evitare che il sistema penitenziario andasse fuorilegge in aperta violazione delle norme regolamentari approvate con Decreto dal Presidente Ciampi, perché ha definito le carceri hotel a 5 stelle?" Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, risponde così al ministro che oggi, nel corso della conferenza stampa seguita al Consiglio dei Ministri, ha annunciato che il sistema carcerario reggerà fino a dicembre 2006, dopo di che crollerà. Castelli ha anche dichiarato che i detenuti aumenteranno fino ad arrivare a quota 67mila per il prossimo anno e che sono necessarie risorse per "qualche decina di milioni di euro".

"La società voluta dal Ministro per costruire nuove carceri – la Dike Aedifica - non ha finora fatto proprio grandi cose (la convenzione con tale società, a dire della Corte dei Conti, non è mai stata approvata né pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale). – prosegue Gonnella - Infine meglio di tutte risuonano le parole della Corte dei Conti: "la costruzione di nuove carceri, la ristrutturazione e l’ampliamento di quelle esistenti assorbono ingenti risorse finanziarie, ma non riescono a migliorare in modo tangibile le condizioni di vita dei detenuti, a causa del continuo aumento del loro numero. Gli stanziamenti recati dalle leggi n.41 e n.910 del 1986, per complessivi 2600 miliardi di lire, sono stati diluiti fino al 2000 vale a dire in un arco temporale di ben 13 anni, pari a più di tre volte quello originariamente previsto." "Pertanto - conclude - usiamo i soldi pubblici non per costruire nuove galere ma per rendere la vita dentro più dignitosa: ci sono ancora decine di migliaia di detenuti privi di acqua calda in cella o persone malate che non vengono curate per mancanza di fondi. Il sovraffollamento si combatte spostando fuori dal sistema penale le tossicodipendenze e l’immigrazione, nonché con un provvedimento di amnistia generale."

Ciampi: la giustizia che arriva tardi è una giustizia denegata

 

Ansa, 24 settembre 2005

 

"Più volte, e fin dal mio insediamento, ho sottolineato che una giustizia che arriva tardi è una giustizia denegata e che, per dare credibilità al sistema, sono necessarie scelte incisive e condivise". È il pensiero di fondo espresso dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nel messaggio inviato al prof. Mario Chiavario, Presidente dell’Associazione tra gli studiosi del processo penale. Messaggio che era iniziato con un cordiale saluto ed aveva quindi sottolineato il punto più importante: "Quest’anno l’Associazione, ponendo al centro dei suoi approfondimenti, il tema della ragionevole durata dei processi, ha voluto tener conto della esigenza più avvertita dal cittadino comune: quella legata alla tempestività della risposta giudiziaria". Di qui il rilievo sul problema della lentezza e sulla necessita di "scelte incisive e condivise". Quindi il messaggio prosegue: "Auspico fortemente che dalle vostre riflessioni discendano spunti e proposte in grado, per la loro autorevolezza, di dare innovativo impulso alla compiuta elaborazione delle soluzioni da dare e un problema di così vitale importanza".

Giustizia: appello del SAI (Sindacato Infermieri Penitenziari)

 

Comunicato stampa, 24 settembre 2005

 

Da qualche giorno il dr. Corleone, Garante dei diritti dei detenuti e delle detenute di Firenze, al quale in segno di solidarietà si sono aggiunte diverse personalità, sta attuando lo sciopero della fame per attirare l’attenzione sulla drammatica situazione nelle carceri. Solidarizziamo in pieno con l’azione del dr. Corleone e crediamo che sia utile ribadire la penosa situazione in cui versa la medicina penitenziaria. Situazione venutasi a creare per vari motivi:

mancanza di progettualità assistenziale che noi infermieri chiediamo da anni;

mancanza di corsi di aggiornamento per gli infermieri penitenziari che chiediamo da anni;

disinteresse assoluto su qualsiasi tematica assistenziale presentata al Ministro della Giustizia;

silenzio ed assoluta mancanza di volontà sul passaggio della medicina penitenziaria alle AA.SS.LL.;

per un assurdo arroccamento a salvaguardia dei medici incaricati e dei loro privilegi;

depauperamento costante delle somme assegnate alle aree sanitarie degli istituti di pena;

assoluto disprezzo della professionalità e dignità degli infermieri.

Molto altro ci sarebbe da scrivere ed è anche per questo e non solo per una mera protesta sindacale che dal 5 al 7 ottobre il segretario nazionale ed il suo Vice faranno un presidio permanente dvanti al DAP in Largo Luigi Daga 2 a Roma con sciopero della fame e della sete per vedere di sensibilizzare, chi già per dovere istituzionale dovrebbe esserlo, sulla gravità del problema e per un democratico confronto per il suo superamento.

In funzione di quanto sopra, facciamo appello a tutte le istituzioni, ai politici, ai colleghi, e a tutte le persone comuni ancora credono che un mondo democratico fatto di umanità e civiltà e a tutti coloro che credono nella validità della nostra costituzione e a coloro che hanno nella loro convinzione che lo stato ha il dovere di punire ma non il diritto di vendicarsi e per una pena che sia realmente espiativa e non affittiva. Pertanto ribadiamo la richiesta di una vostra adesione al nostro appello tramite telefonino ai numeri 3488473294, 3395936403 o per e-mail a saisind@libero.it; poggimarco2@libero.it; sandroquaglia@virgilio.it.

 

Marco Poggi, Segretario nazionale del SAI

Sandro Quaglia, V. Segretario Nazionale del SAI

Droghe: conferenza nazionale di Palermo verso lo stop definitivo

 

Il Manifesto, 24 settembre 2005

 

Avrebbe dovuto concludersi oggi, a Pescara, la quarta Conferenza nazionale sulle droghe. Invece, come accade da ormai due anni, il governo Berlusconi l’ha rinviata a dicembre. Ma a causa dei tempi ristretti è probabile che salterà ancora. Intanto operatori e associazioni riunite nel cartello Non incarcerate il nostro crescere si auto-convocano per discutere di tossicodipendenze e chiedono al centro-sinistra di inserire la depenalizzazione del consumo nel programma elettorale. L’incontro tra governo, operatori del settore ed enti locali avrebbe dovuto tenersi già nel 2003, ma fino a tutto il 2004 l’esecutivo ha evitato di convocarla. Nel frattempo usi e stili di consumo si sono evoluti rapidamente. Ad esempio è esplosa l’emergenza cocaina, che da droga d’élite è diventata sostanza da strada a basso costo. Così si è arrivati al 2005 e nell’ultimo scorcio di legislatura compare la data del 20-22 settembre. Che però salta quasi subito per le dimissioni di Nicola Carlesi, uomo di Fini alla guida del Dipartimento nazionale antidroga e per il conseguente passaggio di consegne al generale Ragusa, che a poco più di dieci giorni dalle dimissioni del predecessore lascia l’incarico. Alla fine si viene a capo dell’empasse e l’esecutivo fissa la nuova convocazione della Conferenza al 5, 6 e 7 dicembre a Palermo.

Ma sembra irrimediabilmente destinata a saltare anche questa data: questa volta il problema sarebbero i tempi troppo ristretti per organizzarla. A rivelarlo è stato il prefetto Pietro Soggiu, in un’intervista sul numero del settimanale Vita in edicola sabato prossimo. In serata, però, arriva una timida smentita di Soggiu. "Conferenze di questa rilevanza - ha spiegato - si preparano con un anno di anticipo, io ho ricevuto l’incarico questo mese e ho circa due mesi e mezzo a disposizione per organizzarla, quindi dovremo fare miracoli, ma ci vogliamo riuscire". Difficile credere al miracolo. Sembra assai più probabile, invece, che in cinque anni di legislatura il governo Berlusconi non sia riuscito a convocare una conferenza. Quasi certamente non concluderà il suo iter parlamentare neanche la tanto sbandierata proposta di legge Fini sulle droghe, ferma in commissione bilancio al Senato, in attesa che se ne quantifichi il costo.

Mancando gli spazi istituzionali di confronto il cartello "Non incarcerate il nostro crescere", che riunisce oltre 40 organizzazioni nazionali del mondo sindacale, degli operatori del settore, ha organizzato ieri a Roma una giornata di dibattito sulle tossicodipendenze, cui hanno partecipato anche parlamentari del centro sinistra e rappresentati degli enti locali. Dall’incontro il cartello ha lanciato al governo le condizioni irrinunciabili per partecipare all’appuntamento siciliano. Ossia: blocco dell’iter parlamentare della proposta di legge Fini e non presentazione di alcun decreto legge o stralcio che ne riprenda in parte i contenuti, il coinvolgimento attivo delle Regioni, l’assicurazione che i contenuti che emergeranno dal dibattito siciliano saranno poi la base per eventuali proposte di modifica legislativa. Per il futuro delle politiche sulle tossicodipendenze, invece, gli operatori chiedono la depenalizzazione del consumo, l’1,5% del Fondo sanitario agli interventi in materia di droghe (oggi è lo 0,8%), la trasformazione delle azioni di riduzione del danno da progetti una tantum a parti integrate del sistema degli interventi e servizi incisivi per gli oltre 14.000 tossicodipendenti detenuti. Proposte condivise da Livia Turco, responsabile welfare dei Ds, presente all’incontro. "Il centro-sinistra - ha spiegato - deve inserire nel suo programma la modifica della legge Jervolino Vassalli necessaria alla totale depenalizzazione del consumo e accogliere le indicazioni dell’Ue".

 

 

Precedente Home Su Successiva