Rassegna stampa 22 giugno

 

Vicenza: donna di 69 anni si uccide per non finire in carcere

 

Ansa, 22 giugno 2005

 

Non ce l’ha fatta a sopportare l’idea del carcere e ha preferito uccidersi davanti agli agenti che inutilmente hanno cercato di soccorrerla. Per Silvana Pieropan, 64 anni, di Chiampo ma domiciliata a Brendola, le porte del carcere si sarebbero spalancate oggi per quell’errore di dieci anni fa quando assieme ad altre cinque persone, tra cui suo fratello, nell’ottobre 1995, aveva in progetto di rapire un imprenditore vicentino suo amico. Alla vista degli agenti, che le stavano notificando la condanna a tre anni cinque mesi e dieci giorni diventata definitiva il 6 giugno, Silvana Pieropan ha agito forse d’impulso o forse seguendo un’idea nata nell’attesa della notifica: ha chiuso la porta del pianoterra e si è gettata addosso e poi acceso la benzina contenuta in una tanica.

In pochi attimi è stata avvolta dalle fiamme e tra le urla si è trasformata in una torcia. Forse non se lo aspettava neppure lei di morire così il primo giorno d’estate nel piccolo rustico che assieme a una delle due figlie stava restaurando in una vecchia contrada aggrappata a una delle prime alture dei colli Berici. A nulla è servito l’intervento dei due agenti della mobile di Vicenza che, capita l’intenzione della donna, hanno sfondato porta e finestra per entrare nella stanza nel tentativo di salvarla. Da due anni la Pieropan viveva in quest’angolo di mondo dall’ingresso angusto in una corte in comune con altre case ma affacciato sul retro all’ampia pianura tra i colli e le piccole Dolomiti. Probabilmente quel progetto criminoso le pesava addosso ancora molto: un piano mirato a ricavare denaro dal rapimento di un amico divenuto tale dopo la morte del marito, un altro imprenditore conciario. Il suo nome era così finito in cronaca il 25 ottobre del 1995 quando venne arrestata per il tentato sequestro dell’imprenditore Fernando Thiella. Un rapimento sventato dai carabinieri che il 23 ottobre nell’operazione battezzata "kidnapping" bloccarono la banda un’ora e mezzo prima che entrasse in azione. Secondo l’accusa, Silvana e il fratello Bruno, di 61 anni, avrebbero dovuto occuparsi dell’organizzazione logistica del piano. Per i carabinieri avrebbe dovuto essere proprio lei ad attirare Thiella nella trappola facendolo uscire dall’ufficio con una telefonata. Un mese dopo l’arresto il gip di Venezia Carlo Mastelloni aveva disposto la scarcerazione dei fratelli. L’uomo aveva avuto l’obbligo di residenza mentre a Silvana Pieropan erano stati concessi gli arresti domiciliari. Al termine del processo di primo grado entrambi furono condannati dal gup veneziano Roberta Marchiori a quattro anni, confermata il 6 febbraio in appello e divenuta definitiva, con le riduzioni dovute per i mesi già scontati, a inizio giugno di quest’anno.

Droghe: Cnca; 40-50% tossicodipendenti ha disturbi psichiatrici

 

Redattore Sociale, 22 giugno 2005

 

Tra il 40 e il 50% delle persone tossicodipendenti accolte nelle comunità residenziali del Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza presenta disturbi psichiatrici; l’84% ha un diploma inferiore o uguale alla licenza media, l’83% è disoccupato, il 35,5% è sieropositivo; ben il 43% ha tra i 30 e i 39 anni, mentre il 18% supera i 40 anni. Sono alcuni dati delle 3 ricerche nazionali promosse dal Cnca sull’uso di farmaci in 150 comunità residenziali per il recupero di tossicodipendenti, sul rapporto tra dipendenze e homeless, sulle madri ex tossicodipendenti con figli alloggiate in 6 comunità specifiche. Le indagini sono state presentate questa mattina presso la sede nazionale della Federazione. Le comunità per tossicodipendenti stanno cambiando, ma "se aumentano i consumi, cala il ricorso al sistema dei servizi e alle comunità: l’uso di sostanze ricade nella normalità", ha affermato Lucio Babolin, presidente del Cnca, che ha evidenziato come – diversamente dal passato – nelle comunità vengano usati i farmaci nei trattamenti delle dipendenze: metadone, ma anche psicofarmaci.

Lo ha confermato Riccardo De Facci, responsabile del Settore tossicodipendenze del Coordinamento: "Diminuiscono gli accessi nelle comunità residenziali o diurne, che rischiano di diventare contenitori di marginalità sociale; 1/3 degli ospiti ha problemi legati all’Aids, oltre 2/3 presenta altre patologie correlate alla tossicodipendenza (ad esempio, l’epatite C), quasi il 50% ha una diagnosi psichiatrica: dai disturbi della personalità ad altre patologie". Riguardo all’assunzione dei farmaci, circa 6mila ospiti delle comunità (l’80% di quelle prese in carico) prende uno psicofarmaco, quasi il 60% il metadone o antagonisti. "È in atto una trasformazione - specializzazione della vita di comunità, per rispondere ai nuovi bisogni. Ma per attuarla occorre formare gli operatori, come prevede la legge 328; tuttavia registriamo un ritardo enorme nell’erogazione di risorse da parte dello Stato", ha osservato Babolin. Così l’invio alle comunità da parte dei Ser.T. "avviene con fatica; e le cose peggiorano se si osservano i servizi innovativi o a bassa soglia che riguardano non solo le dipendenze, ma i consumi problematici".

Droghe: Cnca; come cambiano le comunità di accoglienza

 

Redattore Sociale, 22 giugno 2005

 

Cambiano le tipologie delle comunità di accoglienza per chi ha problemi di dipendenza: oltre alle comunità per madri e figli, sono nate quelle per coppie, mentre aumentano quelle per persone alcoldipendenti o con doppia diagnosi, in cui i tempi della presa in carico vengono allungati. Lo evidenzia il Cnca, che ha promosso la ricerca "Maternità In-dipendente", presentata oggi presso la sede nazionale del Coordinamento e anticipata da Redattore Sociale in 3 lanci pubblicati l’11 febbraio scorso. "Dopo i cannabinoidi, la cocaina è la droga maggiormente assunta, ma in questo caso esistono pochi interventi di prevenzione e vengono proposti percorsi analoghi a quelli degli eroinomani", ha rilevato Riccardo De Facci, responsabile per la Federazione del settore tossicodipendenze, che ha riferito sull’aumento di ricoveri in psichiatria o di Trattamenti sanitari obbligatori nei confronti di assuntori di cocaina, che abusano della sostanza e compiono atti violenti.

Nel dettaglio, la ricerca "Maternità In-dipendente" curata da Antonella Camposeragna presenta le condizioni in cui si trovano le madri (ex) tossicodipendenti con figli alloggiate in 6 comunità specificamente rivolte a tali situazioni di disagio. Nel 2003 le utenti sono state circa 15-20 per ciascuna comunità, mentre quelle attualmente in trattamento sono tra le 8 e le 12. I bambini, in numero medio di uno per utente attualmente in carico presso la comunità, hanno un’età prevalente compresa tra 1 e 6 anni. Le donne hanno prevalentemente un’età superiore ai 25 anni. Il tasso di ritenzione in trattamento risulta piuttosto alto per l’anno passato, essendo pari all’80% e quindi superiore ai tassi riportati da comunità rivolte ad altra utenza. "La peculiarità di questa utenza adulta è caratterizzata dai bisogni di cura per la dipendenza intrecciati con un altro tipo di bisogni che sono simili a quelli che i loro figli stanno attualmente sperimentando e che proprio per questa sovrapposizione temporale vi è l’incapacità delle madri di leggerli e soddisfarli – evidenzia la ricerca -. Nel caso specifico, le donne che entrano in trattamento hanno sia bisogni di cura per se stesse che necessità di essere supportate nella genitorialità, ed in molti casi la decisione di entrare in trattamento è forzata dal decreto".

Giustizia: otto reati su dieci sono compiuti da italiani

 

La Provincia di Sondrio, 22 giugno 2005

 

Aumentano sempre di più e ormai sono quasi un terzo della popolazione carceraria totale. Sono gli stranieri che finiscono dietro le sbarre per diversi reati, anche se la maggior parte - secondo i dati dell’amministrazione carceraria - si concentra attorno allo spaccio di stupefacenti, alle risse e allo sfruttamento della prostituzione. Secondo i numeri della stessa amministrazione e del dossier immigrazione della Caritas, nel 2003 i detenuti stranieri erano il 29,5% del totale della popolazione carceraria, contro il 16% del 1991.

Ma il dato sembra destinato salire se si prende una statistica temporanea: quella secondo la quale al 31 dicembre dello corso anno i detenuti italiani erano poco più di 50 mila contro i 32 mila stranieri: quindi siamo oltre il 50% ma si tratta solo delle "presenze" in carcere, che comprendono condannati, ma anche solo imputati, non dimenticando che gli stranieri in genere sono meno in grado degli altri di usufruire delle misure alternative e che spesso, trattandosi di clandestini, sono in attesa dell’espulsione. Ma se i dati rivelano l’estensione dell’abbinamento immigrati-reati, un dossier della Migra - l’agenzia informazione immigrati associati - contesta il fatto che siano stranieri gli autori di maggior parte dei reati. Il totale dei delitti ascritti agli stranieri è marginale rispetto a quelli attribuiti agli italiani: in pratica questi ultimi sono responsabili di otto reati su dieci. Rispetto poi agli episodi di violenza sulle donne di questi ultimi giorni, per ora sono in netta minoranza rispetto al tipo di reati compiuto dagli stranieri: sempre secondo i dati dell’amministrazione penitenziaria il 30,6% dei reati sono contro il patrimonio, il 16,7 per infrazione alla legge sulle armi, il 14,9 contro la legge sulla droga e il 14,7 riguarda i delitti contro la persona che, ovviamente, non contempla solo le violenze. Sempre nei dossier emerge anche che il 22% dei detenuti stranieri arriva dal Marocco, cui fa seguito il 15% di albanesi e quasi l’11% di tunisini. I provenienti da Paesi slavi sono ancora una minoranza: il gruppo più numeroso è il romeno con l’8% seguito dal 7,6% di detenuti provenienti dall’ex Jugoslavia.

Droghe: legge Fini; il Cnca farà atto di disobbedienza civile

 

Vita, 22 giugno 2005

 

La proposta di legge Fini è "senza senso" dicono al Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca) e se la Conferenza di Pescara "non si farà, ci auto convocheremo".

La proposta di legge Fini sulla lotta alle tossicodipendenze, in discussione in Parlamento, è "senza senso" e le comunità terapeutiche aderenti al Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca) sono "pronte alla disobbedienza civile" se dovesse essere approvata. "È un testo non emendabile - hanno detto oggi il presidente del Cnca Lucio Babolin e il responsabile tossicodipendenze della federazione, Riccardo De Facci - quindi va ritirato". Babolin ha sottolineato come non solo il mondo degli operatori della lotta alle tossicodipendenze, ma anche esponenti della maggioranza si siano dichiarati in disaccordo con una proposta di legge "che vuole prima punire e poi educare", che "distrugge ogni intervento di prevenzione e ogni tentativo di mettere insieme risorse pubbliche e private" e che "rimette in discussione tutto il percorso fatto finora: non si può mettere in comunità per sei anni un ragazzo che fuma hashish o marijuana". Quanto al dialogo con governo e istituzioni e alla Conferenza nazionale prevista per settembre a Pescara, e ora in bilico dopo le dimissioni del capo del Dipartimento antidroga Nicola Carlesi che ne era stato il promotore, i responsabili del Cnca hanno annunciato che sarà comunque convocato "un momento di riflessione nazionale". Il cartello "Non incarcerate il nostro crescere", del quale Cnca fa parte insieme a numerose realtà come sindacati, servizi, terzo settore, ong è fermamente intenzionato a convocare i protagonisti della lotta alle tossicodipendenze, il mondo politico e le regioni a un evento nazionale che potrebbe tenersi intorno al 20 settembre.

Roma: a Rebibbia detenuti-assistenti per i compagni disabili

 

Roma One, 22 giugno 2005

 

Primo progetto all’interno di un istituto di pena italiano per formare detenuti che diano assistenza ai disabili. Ma anche docce spaziose per far entrare una carrozzella e una biblioteca al pianterreno.

Passerelle, docce spaziose per consentire l’ingresso alle carrozzelle, assistenti personali, bagni per disabili e una biblioteca al pianterreno. Ma soprattutto un detenuto che assiste e collabora con i reclusi portatori di handicap. Succede nel carcere romano di Rebibbia, e il direttore, Carmelo Cantone, ne è orgoglioso: "‘Non era mai stato realizzato all’interno di un istituto penitenziario un percorso di formazione destinato ai detenuti per l’assistenza dei disabili in carcere".

Nel penitenziario dove era detenuto prima, Paolo (è un nome di fantasia), un malato di distrofia muscolare, non poteva nemmeno lavarsi. Qui, può fare la doccia da solo perché c’è posto per far entrare la carrozzella. "Ma la cosa più importante - spiega - è potermi lavare in orari diversi da quelli degli altri detenuti. Se fossi costretto a fare la doccia con gli altri che sfoggiano i muscoli, mi sentirei a disagio." Il tutto con l’assistenza di un detenuto ha frequentato uno specifico corso di formazione socio sanitaria di quattro mesi.

L’iniziativa dei "piantoni" per disabili, la prima del genere, riguarda una trentina di detenuti. Il progetto nasce dalla collaborazione del consigliere comunale di Roma, Ileana Argentin, delegata dal sindaco per le politiche dell’handicap, e la direzione di Rebibbia Nuovo Complesso, dove i detenuti disabili sono circa 25. Questo progetto contribuirà a far sentire "normali" i detenuti disabili, "‘anche se - sottolinea Paolo - soprattutto durante l’ora d’aria, vediamo che siamo diversi dagli altri".

Nel 2010, quando finirà di scontare la pena, l’assistente-infermiere spera di riuscire a trovare un lavoro fuori dal carcere perché il comune di Roma aiuta chi ha frequentato il corso per l’assistenza dei disabili. Paolo uscirà invece nel 2006. "Fuori dal carcere - racconta - non ho assistenza, ho solo l’aiuto dei familiari. Sono addirittura meno libero, perché vivo sempre dentro casa". Al rapporto tra assistito e assistente, fatto di sostegno materiale e reciproca comprensione, è dedicato anche lo speciale "carceri e disabili" pubblicato sul sito del Ministero della Giustizia.

Roma: garante acquista macchinario per detenuti malati di cuore

 

Redattore Sociale, 22 giugno 2005

 

Un "triage meter cardiaco" necessario alla diagnosi delle malattie del cuore è da oggi in dotazione del centro medico del carcere di Rebibbia Nuovo. La strumentazione è stata acquistata dall’Ufficio del Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti e consegnata questa mattina alla struttura carceraria con una breve cerimonia cui hanno partecipato, fra gli altri, il Garante regionale dei detenuti Angiolo Marroni e il direttore di Rebibbia Nuovo Complesso Carmelo Cantone. Il Triage Meter è uno strumento portatile e da banco di piccole dimensioni, adatto per i test di urgenza, che può essere utilizzato anche da personale senza conoscenze specifiche. La sua funzione principale è il dosaggio quantitativo dei marcatori cardiaci capaci di determinare, in circa 15 minuti, un infarto acuto al miocardio. Il Triage fornisce infatti la rapida visualizzazione dei tre marcatori cardiaci (creatinina–chinasi, mioglobina e troponina I cardiaca), rilasciati dal sangue in concomitanza con un infarto al miocardio.

"Tutelare i diritti dei detenuti è una delle mission di questo Ufficio - ha detto il Garante Angiolo Marroni – e quello alla salute è uno dei diritti più violati. Attraverso questo macchinario puntiamo a migliorare, dal punto di vista qualitativo e quantitativo, l’assistenza sanitaria ai detenuti all’interno del carcere. Assistenza ai detenuti che in verità, negli ultimi mesi, ha fatto parlare di se più per i casi di malasanità che per tutto il resto. Al di là della valenza concreta, questo nostro gesto vuole anche far capire ai detenuti che c’è una parte di società che si ricorda di loro". Soddisfazione per il nuovo macchinario è stata espressa dal direttore di Rebibbia Nuovo Complesso Carmelo Cantone secondo cui "la collaborazione interistituzionale fra istituti di pena e Ufficio del Garante dei detenuti, passa anche attraverso atti concreti come l’acquisto di macchinari sanitari. I diritti dei detenuti si tutelano anche facendo sentire queste persone non abbandonate dalla società".

Roma: protocollo giustizia minorile - ordine assistenti sociali

 

Redattore Sociale, 22 giugno 2005

 

Un protocollo d’intesa tra Dipartimento della giustizia minorile e Ordine degli assistenti sociali per definire al meglio la funzione che la professione di assistente sociale esplica nell’ambito della giustizia, in materia di prevenzione, intervento giudiziale, recupero e reinserimento sociale di bambini e di adolescenti con esperienze e percorsi devianti. Sarà presentato questa mattina a Roma nel corso del convegno "Servizio sociale e giustizia minorile. Un comune obiettivo: Prevenire, educare e includere", alla presenza di Claudio Cecchini, assessore alla politiche sociali della Provincia di Roma, Iole Santelli, sottosegretario con delega alla giustizia minorile, Rosario Priore, capo del Dipartimento della giustizia minorile e Paola Rossi, presidente dell’Ordine degli assistenti sociali. "L’Italia – si legge nel testo - vanta un sistema di tutela dell’infanzia e dell’adolescenza cui concorrono servizi pubblici e privati e la magistratura minorile, nel quale sono implicate alcune professionalità del sociale, tra le quali è fondamentale la professione di assistente sociale". Una figura, spiega l’Ordine che opera in settori diversi (laddove si esprimano il disagio, il bisogno e la necessità di attivare processi di inclusione sociale) e in strutture ancora oggi per lo più pubbliche, dai servizi sociali del territorio (che dipendono dagli enti locali), ai servizi sociali dello Stato, tra cui i servizi della giustizia (le pene alternative) e quelli della giustizia minorile.

Proprio in questo settore è maturata una condivisione di progetti e di programmi tesi alla salvaguardia e al recupero degli adolescenti in situazioni di difficoltà che ha dato vita al protocollo presentato stamani. Tra i punti di rilievo del documento: nuovi corsi di formazione congiunta, la garanzia della continuità della relazione tra il minore e l’assistente sociale e il riconoscimento dell’attività di raccordo tra l’attività del servizio sociale per i minorenni - in carcere o affidati al servizio sociale quale misura alternativa - e i servizi sociali degli enti locali e socio-sanitari sul territorio. "I due assi portanti della professione sono costituiti dal servizio e dalla promozione, attraverso la relazione con le persone, le famiglie, le comunità. – sottolinea la presidente dell’Ordine Paola Rossi – (…) Il servizio sociale intreccia costantemente le prospettive del soggetto individuale, della comunità e delle forme istituzionali e di altre forme organizzate e spontanee, quali quelle del privato sociale e del volontariato. La professione di assistente sociale ha sostanziato con i propri valori e le proprie finalità azioni ed interventi tesi ad affrontare i fenomeni della devianza, ha dato sicuramente impulso anche in quest’ambito peculiare al superamento di schemi di comportamento ancorati a vecchie concezioni, ha sostenuto e motivato cambiamenti, come ha fatto nell’indirizzarne le politiche nella pubblica amministrazione in genere. Le politiche sociali infatti, non sono solo quelle che implicano azioni di governo, ma anche quelle che si attuano attraverso azioni concrete e costanti di attenzione alla diversità, alla cura della persona, al sostegno e allo sviluppo del mondo comunitario, in cui ognuno deve poter trovare un proprio spazio relazionale, il riconoscimento necessario alla sua esistenza, alla sua dignità di persona e di cittadino, affinché gli sia possibile esprimere il proprio contributo e quindi dare senso alla sua presenza in seno alla comunità".

Napoli: Comunità S. Egidio e Poggioreale, una battaglia per la vita

 

Il Mattino, 22 giugno 2005

 

"Vivere e lavorare per gli altri riabilita qualunque esistenza umana, attivando energie insospettate che vanno a colmare grandi vuoti d’amore, causa primaria di molti mali del mondo. E spesso le risposte più sorprendenti si hanno proprio tra i più miseri ed emarginati, quelli che non a caso finiscono per affollare i luoghi di detenzione, sedi simbolo della criminalizzazione della povertà". Anna Ruocco è una volontaria della Comunità di San’Egidio. Insegnante elementare di sostegno, da qualche anno è a contatto con i detenuti del carcere napoletano di Poggioreale, dove ieri pomeriggio, nella cappella della casa circondariale, ha partecipato a un incontro organizzato dalla sua Comunità sul problema della pena di morte nel mondo.

Con lei, tra gli altri, anche il direttore Salvatore Acerra, disponibile ad una singolare iniziativa di riflessione che - ulteriore tappa di un cammino di amicizia iniziato con la proiezione di un video sulle drammatiche condizioni dei manicomi in Albania, proseguito con una intensa Via Crucis e con un toccante pranzo di Natale all’interno della struttura penitenziaria - ha coinvolto un centinaio di detenuti, i religiosi e cappellani del carcere, gli agenti di custodia e Stefania Tallei, pedagogista e referente della Comunità di S. Egidio sui problemi della detenzione e della pena capitale. "Abbiamo scelto Napoli, e Poggioreale, perché qui la nostra campagna per la moratoria e l’abolizione della pena capitale ha trovato la maggiore solidarietà", dice Stefania Tallei, spiegando che delle 20mila adesioni raccolte tra il 1998 e il ‘99 nelle carceri italiane - le firme complessive sono ora a quota oltre 5 milioni -, più di 4mila venivano da Napoli: "Un primato encomiabile, segno di una sensibilità misconosciuta all’esterno e testimonianza che tutti possono fare qualcosa per gli altri, quando si tratta di difendere il valore della vita, di tutte le vite.

Purché si spezzi l’isolamento dei detenuti, li si sappia ascoltare e li si coinvolga in iniziative per costruire una società diversa, più umana". Perché in fondo il carcere è lo specchio oscuro della città che l’ospita, e l’inasprimento della repressione - fino alla pena capitale vigente in molti Paesi del mondo - è solo un segnale dell’impotenza ad arginare la violenza. Per Anna e Stefania la strada è invece un’altra: "C’è bisogno di parlare al cuore di tutti, per umanizzare questa città che sembra diventare sempre più violenta - concludono -. E riflettere sulla barbarie della pena di morte, da più parti invocata di nuovo come risposta a una criminalità disumana, può aiutare a capire che la violenza genera solo altra violenza".

Teramo: detenuti utilizzati nella pulizia delle vie della città

 

Il Messaggero, 22 giugno 2005

 

Arriverà dalla creatività e dalla voglia di reintegrazione sociale dei detenuti nel carcere di Castrogno una prima, interessante novità per l’appuntamento con la seconda edizione della Notte bianca: potrebbero infatti essere proprio loro una presenza inedita del cartellone, magari con un vero e proprio spettacolo teatrale o un recital di poesie. È, questa, solo una delle idee puntate a sostanziare adeguati percorsi di integrazione emerse ieri durante l’incontro, pensato e organizzato dal consigliere Guido Campana, che sindaco e giunta hanno avuto nel piccolo teatro interno all’istituto di pena con una rappresentanza di detenuti, italiani ed extracomunitari, alla presenza del direttore Giovanni Battista Giammaria. Tra gli altri suggerimenti, oltre a questo lanciato dall’assessore alla Cultura, Mauro Di Dalmazio, anche la volontà di coinvolgimento nelle prossime domeniche ecologiche espressa dal vice sindaco Berardo Rabbuffo o l’impiego di queste particolari energie nel volontariato, come ipotizzato dall’assessore al ramo, Giorgio D’Ignazio. Un tour inedito quello a Castrogno: se da un lato, infatti, si è trattato del primo, storico incontro istituzionale del genere dall’altro si è ripercorsa la volontà di ascolto e assunzione di impegni che ha finora contraddistinto gli incontri della giunta itinerante nei quartieri e nelle frazioni. Sollecitazioni sono arrivate anche dai 196 appartenenti al corpo di polizia penitenziaria e dei 27 dipendenti del personale civile dell’amministrazione penitenziaria che lavorano nell’istituto: a richiamare attenzione, manutenzione ed illuminazione della strada di accesso.

Cremona: dopo "Vivicittà" ancora carcere e sport insieme

 

La Provincia di Cremona, 22 giugno 2005

 

È passato un mese dal Vivicittà, e la casa circondariale di via Cà del Ferro si apre di nuovo grazie allo sport. L’occasione è la premiazione del torneo di pallavolo che ha coinvolto i detenuti negli ultimi mesi. Il presidente della Uisp Goffredo Iachetti ha premiato le quattro squadre classificate, assieme a Sergio Bandera e a Maurizio Romani, rappresentanti del gruppo arbitri (con Enrico Sassi e Alberto Bernardelli), alla presenza degli educatori Colucci e Cucurachi e alle guardie della Polizia Penitenziaria nella palestra del carcere. "Dobbiamo ringraziare, oltre alla direzione del carcere, agli educatori e agli agenti della polizia penitenziaria, anche la Fipav per la collaborazione nell’organizzazione di questo torneo - dichiara Iachetti -. Purtroppo non siamo riusciti a chiuderlo con una amichevole con una squadra esterna, come avevo sperato: ci riproveremo".

Intanto però continuano le iniziative sportive dell’Uisp all’interno del "progetto carcere". Partirà la settimana prossima il torneo interno di calcio a sette (chiuso, nella scorsa edizione, da una sfida tra i vincitori ed una rappresentativa del Beltrami): la novità sono gli arbitri formati da un corso interno, che affiancheranno gli arbitri inviati dall’Uisp. Rimane in piedi anche il progetto di un torneo fra squadre di detenuti di diverse case circondariali. "Stiamo ancora lavorando in questo senso - spiega Alberto Saldi, dell’Uisp di Brescia, responsabile regionale del "progetto carcere" -. Abbiamo già fatto un quadrangolare tra detenuti e polizia penitenziaria dei due istituti di Brescia. Pare ormai certa la partecipazione al nostro torneo della squadra dei detenuti di Bergamo, siamo in attesa di una risposta da Cremona o Mantova. Dovremmo giocare il 30 giugno". Intanto le premiazioni sono stati l’occasione per i detenuti per spiegare le loro necessità. "Ci chiedono materiale sportivo di ogni genere - racconta Iachetti -. Ciò che per noi è inutile, per loro è oro: palloni, scarpe da calcio, magliette, racchette, materiale da palestra. Noi raccoglieremo questo materiale, e chiediamo a privati e società sportive di aiutarci, portando alla nostra sede materiale sportivo".

Sofri: il ministro Matteoli; niente scandali, questa è la legge

 

Ansa, 22 giugno 2005

 

Adriano Sofri "ha accettato il carcere con dignità: quindi, se le norme vigenti gli consentono di poter andare a lavorare alla "Normale" e la sera rientrare in carcere, non trovo nulla di scandaloso che questo avvenga". Lo ha dichiarato il ministro per l’Ambiente, Altero Matteoli, a margine in corso a Lucca. "Quando si parlò di una eventuale amnistia a Sofri - ha proseguito Matteoli - mi dichiarai favorevole, se questo avesse significato la chiusura di una stagione politica ed anche terroristica che aveva riguardato una generazione per diversi anni e resto di questo parere". Il Ministro ha anche rilevato di aver "sempre interpretato l’atteggiamento di Sofri da due punti di vista: il primo è che ci sono stati vari processi ed i vari processi hanno stabilito che sia colpevole.

L’altro è che egli continua a dichiararsi innocente, ma la magistratura ha interpretato in otto processi atteggiamenti diversi". "Preferisco un Sofri che va a lavorare alla Normale - ha detto ancora Matteoli - e che non si nasconde dietro certificati medici, che non chiede la grazia perché ritiene di essere innocente nonostante i processi. Inoltre - ha concluso - non c’è pericolo che possa scappare, perché se lo voleva fare, lo avrebbe fatto negli anni in cui era in attesa dei processi stessi".

Bari: Vendola, istituiremo garante regionale dei diritti del detenuto

 

Ansa, 22 giugno 2005

 

La Regione Puglia prevede di istituire la figura del Garante dei diritti del detenuto: lo ha annunciato il presidente della giunta pugliese, Nichi Vendola (Prc). La decisione è contenuta nelle dichiarazioni programmatiche che Vendola sta leggendo al consiglio regionale, che ha voluto intitolare "Una Puglia migliore". "Nelle carceri pugliesi c’è, come ovunque, - ha detto Vendola - un dolore supplementare, quello di un "fuori" indifferente che si cumula a un "dentro" degradato, e spesso la burocrazia penitenziaria divora vite che diventano solo pratiche o cartelle penali". "Per questo - ha aggiunto Vendola - noi dobbiamo riorganizzare i punti di comunicazione tra il "dentro" e il "fuori", attraverso l’organizzazione del lavoro e della formazione, attraverso la rottura del muro culturale e informativo, cominciando con il prevedere l’ istituzione di una figura di Garante dei diritti del detenuto".

Giustizia: Polizia penitenziaria, più autonomia ai commissari

 

Ansa, 22 giugno 2005

 

Al ministro della Giustizia hanno chiesto il riallineamento delle carriere dei funzionari della polizia penitenziaria ai commissari della Polizia di Stato e del Corpo forestale dello Stato; all’amministrazione penitenziaria la riforma dei compiti dei funzionari che garantisca l’indipendenza dal direttore del carcere. Queste le istanze illustrate dall’Associazione Nazionale Funzionari di Polizia Penitenziaria (Anfu) al sottosegretario alla Giustizia, Luigi Vitali, e al capo del Dap, Giovanni Tinebra, nel corso di un convegno organizzato oggi a Roma.

"È necessario un rafforzamento del ruolo dei funzionari per una gestione autonoma della sicurezza all’interno e all’esterno del carcere - ha spiegato Giovanni Battista Durante, vicepresidente dell’Anfu - con funzioni di direzione e coordinamento delle attività di sicurezza, indipendenti dal direttore". Il sottosegretario Vitali, che ha la delega per la polizia penitenziaria, ha detto di condividere le esigenze dell’Anfu e ha dato la disponibilità ad avviare, in questi ultimi mesi della legislatura, il percorso di riforma con un disegno di legge delega che interessa attualmente 116 funzionari in tutta Italia. "Fino ad oggi - ha spiegato - tutto il sistema penitenziario ha ruotato intorno alla figura del direttore.

È arrivato il momento di ridimensionare il suo ruolo, andando a riempire di funzioni e di competenze di primaria importanza, la figura del commissario senza dimenticarne o mortificare il ruolo, altrettanto importante, dell’ispettore di polizia penitenziaria". Vitali ha inoltre assicurato la convocazione in tempi brevi di un tavolo sulle questioni più generali dell’amministrazione penitenziaria. Anche il direttore del Dap, Tinebra, e il suo vice Emilio Di Somma, ritengono necessaria una riforma che assicuri funzioni decisionali e di gestione del corpo di polizia penitenziaria dentro e fuori gli istituti di pena, a condizione di mantenere il ruolo del direttore del carcere come coordinatore delle varie figure all’interno dell’istituto. Il parlamentare di An Maurizio Gasparri ha promesso, inoltre, l’impegno del suo partito per far crescere il ruolo dei funzionari di polizia penitenziaria in piena sintonia con le altre forze di polizia per la sicurezza delle carceri italiane.

Roma: un Polo Universitario negli istituti del Lazio

 

Ansa, 22 giugno 2005

 

Creare un polo universitario all’interno delle carceri laziali da realizzare insieme agli atenei cittadini. È la proposta degli assessori della Regione Lazio Luigi Nieri e Alessandra Tibaldi e dei consiglieri regionali del partito di Rifondazione comunista Ivano Peduzzi, Enrico Luciani e Anna Pizzo, che oggi hanno visitato il carcere romano di Regina Coeli. Nieri e Tibaldi hanno illustrato anche una proposta di legge che prevede "interventi a sostegno dei diritti della popolazione detenuta della regione Lazio" e si occupa di tutti gli aspetti relativi alla detenzione: dalla sanità alla formazione al lavoro".

"In particolare - ha aggiunto Nieri - la legge regionale vuole dare attuazione alla riforma Bindi che è stata completamente disattesa dalla Giunta Storace". "La proposta - ha proseguito Nieri - punta al riconoscimento dei diritti dei detenuti occupandosi anche di istruzione, oltre che di lavoro: l’istruzione è un tema sul quale insistere se si vuole che il carcere sia realmente uno strumento in grado di garantire il reinserimento sociale dei detenuti una volta pagato il debito con la giustizia". Sul fronte sanitario il presidente dell’associazione Antigone, che si batte per i diritti dei detenuti, Patrizio Gonnella ha sottolineato come "questa proposta di legge prevede una assunzione di responsabilità da parte delle Asl di provenienza dei detenuti in modo da evitare loro tempi lunghi di attesa".

Competitività: sott. Sestini; protesta volontariato mi stupisce

 

Ansa, 22 giugno 2005

 

Il sottosegretario al welfare con delega alle politiche sociali, Grazia Sestini, si dice "stupita" della manifestazione del mondo del volontariato contro i tagli del settore. "Si tratta di proteste strumentali - ha affermato Sestini - non è previsto alcun taglio al volontariato". "Sono stupita - ha precisato - delle ripetute manifestazioni di piazza di una parte del volontariato contro il progetto di riforma dell’art. 15 della legge 266/91, un progetto che oltretutto è frutto di svariati incontri tra Governo, fondazioni bancarie e associazioni di volontariato.

Ripeto per l’ennesima volta che il nostro progetto di legge non taglia fondi al volontariato, se non altro per il fatto che non si tratta di soldi pubblici. Il progetto intende soltanto permettere un utilizzo più razionale di questi fondi a chi ne è destinatario". Per Sestini, "è strumentale e fuorviante per l’opinione pubblica l’affermazione secondo cui il Governo taglia i fondi al volontariato. Un’affermazione talmente ripetuta quanto fuori luogo, che non può non far pensare ad una strumentalizzazione politica. Abbiamo fatto questa modifica perché vogliamo che, accanto ai centri di servizio, ci siano altri soggetti erogatori dei finanziamenti, già previsti peraltro dalla stessa legge 266, che siano interlocutori diretti delle associazioni di volontariato".

Al termine della manifestazione odierna - riferisce un comunicato del Forum del terzo settore - una delegazione della Consulta Nazionale del Volontariato e della Convol ha incontrato i Gruppi Parlamentari Ds, Margherita, Alleanza Nazionale, Udc ed ha avviato i contatti con alcuni parlamentari di Forza Italia. "Tutti - dice il Forum - hanno ascoltato con interesse motivazioni e richieste provenienti dal mondo del volontariato in particolare legate al ruolo ed al riconoscimento dei centri di servizio. Ds e Margherita hanno condiviso la necessità di una riforma complessiva della legge sul volontariato e l’ inopportunità di utilizzare un ddl omnibus. L’Udc si è resa disponibile a seguire un percorso che tenga conto delle proposte del volontariato. An ha preso atto con interesse delle informazioni e delle proposte assicurando attenzione e nuovi contatti prima dell’approvazione della legge".

Sulmona: dirigente sanitario; nessuno parla dei suicidi a Padova

 

Ansa, 22 giugno 2005

 

"Nel carcere di Padova da gennaio ad oggi vi sono stati tre suicidi e gli organi di stampa hanno quasi tenuto nascosta la notizia preoccupandosi solo di puntare i riflettori sul carcere di Sulmona dove la percentuale di episodi autolesionistici è stata di gran lunga inferiore". Il responsabile dell’area sanitaria del carcere di Sulmona, Fabio Federico, protesta per l’eccessivo risalto mediatico che Tv e carta stampata hanno riservato negli ultimi mesi ai suicidi nel carcere di Sulmona; la stessa cosa non sarebbe avvenuta per quelli registrati negli altri penitenziari.

"Per giorni non si è fatto altro che parlare della nostra struttura carceraria come di un carcere dove i detenuti vengono vessati e istigati al suicidio - aggiunge Federico - politici e giornalisti sono accorsi in massa a Sulmona chiedendo ispezioni ministeriali e addirittura la chiusura della struttura penitenziaria come ha fatto l’onorevole Deiana di Rifondazione comunista". Il dirigente non sa spiegarsi "questa disparità che viene usata dagli organi di stampa nel trattare questi eventi visto che in altri carceri accadono le stesse cose e in molti casi in misura superiore". "Ora - conclude Federico - capisco perché i detenuti che siamo riusciti a salvare ci hanno confessato che erano venuti a Sulmona per suicidarsi perché consapevoli che il loro gesto sarebbe finito sui giornali e sulle televisioni di tutta Italia".

Competitività: Zanella, tagli volontariato, Sestini non convince

 

Dire, 22 giugno 2005

 

"Le rassicurazione del sottosegretario Sestini sono poco convincenti, perché dare un diversa destinazione ai fondi attualmente disponibili per il volontariato, come vuole il governo, equivale ad un taglio". Lo afferma la deputata Verde della commissione Affari sociali, Luana Zanella, dopo le manifestazioni di oggi del Forum del terzo settore che esprime forti preoccupazioni per il futuro del settore. "Il disegno di riforma del governo non lascia dubbi- sottolinea Zanella- metà dei fondi attualmente destinati ai centri servizi di volontariato possono prendere altre strade, magari anche meritorie, come il servizio civile nazionale ma che, proprio per questo, devono essere finanziati direttamente dallo Stato. Una materia così delicata va trattata nella sua organicità con una riforma ad hoc e non con stravolgimenti fatti qua e là con procedura d’urgenza.

Sottosegretario Vitali: ridimensionare il ruolo dei direttori penitenziari

Empoli: incontro-dibattito con le ospiti della Casa Circondariale

 

Comunicato stampa, 22 giugno 2005

 

Palazzo delle Esposizioni, sala conferenze, nell’ambito della Festa dell’Unità, venerdì 24 giugno alle 21. "Toc toc… dateci un’opportunità": incontro-dibattito con le ospiti della Casa Circondariale femminile a custodia attenuata di Empoli. Saranno presenti la direttrice del carcere, Margherita Michelini e Antonella Benucci, educatrice.

Non è la prima volta che le ospiti della Casa Circondariale femminile a custodia attenuata di Empoli partecipano alla Festa dell’Unità. Negli anni passati sono state protagoniste di spettacoli teatrali, senza mai incontrare, però, la cittadinanza più da vicino. Quest’anno lo faranno in un incontro-dibattito, venerdì 24 giugno 2005 alle 21, nella sala conferenze del palazzo delle Esposizioni nell’ambito, appunto, della Festa dell’Unità.

All’iniziativa, Toc toc… dateci un’opportunità, parteciperanno la direttrice dell’Istituto, Margherita Michelini e l’educatrice della struttura, Antonella Benucci e tre donne ospiti della struttura che godono già di permessi per attività collettive: Cielo, Monica e Fatima.

"Gli operatori e le ragazze hanno accettato con piacere di partecipare all’incontro-dibattito, che si terrà venerdì prossimo nell’ambito della Festa dell’Unità di Empoli, "Toc Toc... dateci un’opportunità" - ha detto la direttrice Michelini -. Ritengo che lo spazio che ci è stato offerto sia di estrema utilità per far conoscere ai cittadini la realtà del carcere e le opportunità che anche un carcere può offrire in termini di reinserimento sociale, se all’esterno vi è un territorio che lo include e che lo sostiene. Ed è proprio per sostenere e rafforzare questo legame che abbiamo, altresì, organizzato con il contributo del Comune di Empoli e con la collaborazione di varie associazioni, la manifestazione "Estate... al fresco!" per far sì che il carcere sia sempre meno luogo di esclusione e divenga sempre più luogo di incontro con la cittadinanza".

Catania: stop a corsi professionali, penalizzati anche i detenuti

 

La Sicilia, 22 giugno 2005

 

Questa mattina, dalle 8.30, avrà luogo una manifestazione davanti l’Ufficio provinciale del Lavoro in via Coviello, da parte dei dipendenti dell’Infaop di Catania (Istituto nazionale per la formazione, l’addestramento e l’orientamento professionale), i quali non percepiscono lo stipendio da oltre 11 mesi a partire dal luglio 2004. Oltre che per sensibilizzare l’assessorato regionale al Lavoro e alla Formazione professionale, la protesta dei formatori dell’Infaop verte anche per la ripresa dello svolgimento dei Corsi, bloccati dal dicembre scorso assieme allo Sportello Multifunzionale, che è il partner privilegiato dei Servizi per l’impiego. Ampia solidarietà è stata espressa dal Cespes, (Centro studi politici economici e sociali), presieduto da Santo Milici, che ha anche "invitato tutti gli operatori della formazione professionale ad aderire all’iniziativa o a sospendere le lezioni per un’ora".

Questa vertenza ha una valenza di grande impatto sociale, non solo perché coinvolge i legittimi interessi di una ventina di formatori altamente specializzati - di cui 10 a tempo indeterminato e un’altra decina con contratto a progetto - ma soprattutto perché l’Infaop svolge prevalentemente Corsi di formazione rivolti ai detenuti. Infatti, i suoi dipendenti operano presso l’Istituto di Bicocca-Minori e l’istituto penitenziario di Bicocca dove si trovano gli adulti, presso la Casa circondariale di Piazza Lanza, e si occupano anche dei giovani ospitati presso l’Istituto di custodia attenuata per tossicodipendenti, nella Casa circondariale di Giarre. Ciò significa che il personale dell’Infaop di Catania, oltre che della formazione dei giovani, utile per il conseguimento di qualifiche professionali - per ceramisti, operatori informatici, lavoratori nella pelletteria - spendibili nel mondo del lavoro, si occupa anche di collaborare con gli educatori degli istituti di pena per l’orientamento personale e professionale degli allievi. Per cui sarebbe di grande utilità, soprattutto per la nostra società, la ripresa delle attività dell’Infaop, visto che il Catanese è tutt’ora un’area con un alto tasso di disoccupazione, dove numerosi sono i detenuti minorenni con una bassissima scolarizzazione, i quali hanno però ripetutamente dimostrato una grande volontà di inserimento nella società, solo se ne avessero la possibilità.

Sofri: torno alla "Normale", che mi cacciò nel 1963…

 

Corriere della Sera, 22 giugno 2005

 

È un frastuono che non fa rumore quel martello pneumatico che non smette mai sopra le impalcature del restauro. Non per lui. Non oggi. Non qui. Adriano Sofri è tornato alla Normale di Pisa, per quello che in gergo si chiama articolo 21 e che per un detenuto vuol dire il permesso di uscire tutto il giorno dal carcere per andare a lavorare. Sono dieci i detenuti in articolo 21 al carcere di Pisa, tredici quelli in semilibertà. Adriano ieri mattina è uscito insieme con Stefano, il suo vicino di cella, tutti e due al loro primo giorno di lavoro. Stefano è andato alla cooperativa, farà il guardiano. Adriano alla Normale si occuperà della biblioteca, dei libri, dei nuovi fondi arrivati alla storica università. La finestra del suo piccolo studio può rimanere spalancata: è l’aria che ha la meglio su un frastuono che oggi non può fare rumore.

 

Un ritorno il suo, Sofri, alla Normale di Pisa. Lei qui ha studiato, vero?

"Sì, ma ben poco in realtà. Non ho fatto in tempo a prendere il diploma. Ero già laureato all’università, ma il diploma qui alla Normale non sono riuscito a prenderlo".

 

Perché?

"Mi hanno espulso prima".

 

Come mai?

"Ragioni disciplinari. Diciamo di donne. Portavo le donne nella camera del residence. Una donna, in realtà. Mia moglie Alessandra. Ma non significava nulla questo. Erano altri tempi, era il 1963".

 

Ma lei non è stato espulso forse per motivi politici?

"Forse, alla fine. Però mi sembra più onorevole parlare di donne".

 

Era il 1963: lei era già un rivoluzionario? Eppure il Sessantotto era lontano.

"Io nel Sessantotto ero già sposato, avevo due figli, molti anni di attività politica alle spalle. Avevo scelto l’idea di fare il rivoluzionario. Mi occupavo dei consigli di fabbrica".

 

Però frequentava la Normale.

"Frequentavo la Normale e contestavo la carriera accademica. Ero un moralista, uno dei pochi: la carriera accademica mi sembrava una compromissione con il potere".

 

E adesso?

"Sono molto felice di stare qui. E adesso a ripensarci sono stati davvero anni belli. I maestri di allora erano buoni maestri. Contestavamo la carriera accademica, ma con loro personalmente i rapporti erano buoni. Ricordo con piacere Cantimori: per lui io all’epoca ero inesistente. Lui per me rimane un punto di riferimento. Poi ci sono i maestri di oggi, fantastici. Molti sono i miei compagni di allora. Li ho incontrati stamattina".

 

Chi ha incontrato?

"Carlo Ginzburg, Adriano Prosperi, Umberto Carpi. Poi tanti altri, magari meno noti, ma altrettanto cari".

 

Che sensazione le dà questo cambio di vita?

"Quale cambio?".

La possibilità di uscire fuori dal carcere, di lavorare qui. Di poter tenere la finestra spalancata...

"Vogliamo parlare della vita intesa come i mutamenti del corpo? Allora certo è cambiato molto. Ma se per vita intendiamo qualcosa di più intimo: cosa è cambiato?".

 

Lei è in articolo 21: esce dal carcere dalle otto del mattino alle otto di sera e torna soltanto per dormire. Un permesso che ha chiesto lei, era difficile aspettarselo…

"E perché?".

 

Ma forse per il suo modo di porsi rispetto a questa condanna. Lei che ha sempre detto che non chiederà mai la grazia...

"Cosa c’entra? Non ho mai detto: "Io non chiederò mai permessi". Per un sacco di tempo non li ho chiesti, semplicemente".

 

E non è strano? Lei poteva chiedere permessi per uscire già da tempo, ma non l’ha mai fatto. Un detenuto che ha la possibilità di uscire non è la prima cosa che chiede di fare?

"Ah sì? Pensate questo? Si pensa questo? Un detenuto non è un concetto astratto: ci sono migliaia e migliaia di detenuti nelle carceri. Ci sono migliaia e migliaia di storie dietro di loro. Bisogna starci dentro ad un carcere per capire. Mi mancherà".

 

Che cosa?

"La vita del carcere. Ma non fraintendiamo: non mi mancherà il bugigattolo dove ho passato più di otto anni, non sono folle. Mi mancherà il legame con le storie di chi ci vive dentro al carcere".

 

Parla della galera come se fosse davvero fuori?

"Assolutamente no. Sono un detenuto e la mia fine pena è nel 2016. Stavo soltanto spiegando la differenza tra un dormitorio e la vita in una galera con la gente che soffre, piange".

 

Lei ha sofferto? Soffre?

"Sono stato imputato, poi condannato da innocente, anche se questo è un dettaglio che non importa più a nessuno. Adesso a distanza di un numero di anni di galera non certo infimo, otto anni e mezzo, ho scoperto, ad esempio, di essere additato come nemico pubblico numero uno del popolo padano. Questo, ad esempio, mi fa soffrire. E molto. Anche se...".

 

Anche se?

"Anche se capisco che per molti di quelli che gridano "Sofri assassino", non sono altro che uno slogan. Non credo che quelli del popolo padano sappiano chi sia Adriano Sofri. Che conoscano la mia storia. Ma non si fa così. Non si trasforma una persona in uno slogan".

Calderoli: castrazione chimica; Fini e Pisanu: ci vuole equilibrio

 

La Repubblica, 22 giugno 2005

 

"La risposta delle Istituzioni è la garanzia migliore contro ogni tentazione di giustizia sommaria". Lo ha affermato il ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu, dopo l’arresto dei presunti responsabili dello stupro della ragazza di Bologna. Le dichiarazioni di Pisanu, arrivano dopo la proposta del ministro per le riforme, Roberto Calderoli, di "Castrazione chimica per reati sessuali".

"La Polizia di Stato - ha sottolineato Pisanu - è giunta rapidamente all’arresto dei due presunti responsabili del gravissimo stupro di villa Spada, grazie anche all’esemplare collaborazione dei cittadini e del Comune. Sono certo che ora anche la magistratura saprà essere sollecita e severa. Mi auguro, comunque - ha aggiunto il responsabile del Viminale - che la comunità onesta e laboriosa degli immigrati regolari di Bologna possa procedere sulla via dell’integrazione e contribuire attivamente ad emarginare i violenti che la disonorano".

"Non si può pensare che tutti i delinquenti siano clandestini. Per queste cose ci vogliono grande equilibrio ed idee chiare - ha dichiarato il vice premier e ministro degli Esteri, Gianfranco Fini, interpellato dai giornalisti sull’episodio di stupro a Bologna e sulla proposta del ministro Calderoli. Il vice premier a tal proposito ha ricordato la legge che porta il suo nome e quello di Umberto Bossi, che "ha il merito di avere idee chiare: solidarietà, integrazione e parità di diritti e doveri per chi si integra con il lavoro e severità per chi è clandestino".

"Davanti a delitti così aberranti, come le violenze sessuali degli ultimi giorni, l’unica legge che può valere è quella del taglione - aveva dichiarato in mattinata il ministro Calderoli, commentando lo stupro di Bologna - così come in altri Paesi, credo sia necessario introdurre come pena la castrazione chimica per i reati sessuali".

 

 

Precedente Home Su Successiva