Rassegna stampa 14 gennaio

 

Castelli: la mia riforma è giusta, il Quirinale è troppo severo

 

Repubblica, 14 gennaio 2005

 

"Certo che vado lo stesso a Palermo. È mio dovere farlo. Sto scrivendo il mio discorso, lo leggerò, e credo che la gente seria che lavora lì mi ascolterà con attenzione". Il Guardasigilli Roberto Castelli non medita passi indietro né risponde con la sfida alla sfida. L’Anm di Palermo annuncia che diserterà la cerimonia di sabato e ne organizzerà una in piazza, lui replica con un "appello al dialogo". Gongolante per il discorso di Favara ("Stiamo uscendo dal tunnel, non si può più dire che la giustizia è allo sfascio") Castelli tiene duro sulla prescrizione dimezzata e sull’ordinamento giudiziario annota: "Forse i tecnici di Ciampi sono stati troppo severi".

 

Non è seccato perla contestazione di Palermo?

"È solo un déja vu. Leggo da una vecchia rassegna stampa che già nel ‘75 il pg parlava di "esasperante lentezza dei processi"; nell’82 tutti i pg denunciavano "la grave crisi della giustizia", nell’84 in alcune città gli avvocati disertarono le cerimonie.

Ai magistrati faccio un modesto e accorato appello da ministro ingegnere qual sono: uscite dal triste trito e ritrito cliché. Basta con il solito teatrino. Chi ha voglia, chi ne capisce si sieda con me intorno a un tavolo e analizzi i dati con mente sgombra. Se l’Anm vuole fare teatrini li faccia, ma sarà chiaro a tutti chi vuole il dialogo e chi lo rifiuta pervicacemente".

 

A tanto le toghe non erano mai giunte. Non è un segnale?

"Fanno sempre le stesse cose, adesso alzano il tiro. Prima esibivano tutta la Costituzione, adesso un pezzetto. E io allora? Prenderò qualche parola che mi faccia comodo? Tutto questo non è costruttivo, fa calare la fiducia della gente nella magistratura. È un peccato perché i dati di Favara, che sono i dati del ministero, sono i miei stessi dati, anche se i commentatori furbi giocheranno sul diverso accorpamento dei mesi, i dati dimostrano che per la prima volta il sistema giustizia ha esaurito più procedimenti rispetto ai sopravvenuti. Nei primi sei mesi del 2004 sono stati smaltiti più di tre milioni di processi tra civili e penali Una cifra enorme che deve far riflettere".

 

Vede che i giudici tanto criticati dal centrodestra sono stati bravi?

"Non bravi ma bravissimi perché è stato tritato un numero esorbitante di processi, più di cinque milioni. Processi che né io né questi magistrati avevamo cumulato, ma che ora sono alle spalle".

 

Eppure Favara parla di 9 milioni di cause pendenti.

"Certo, e mi fa piacere che Favara usi l’espressione "debito pubblico giudiziario", che io ho utilizzato tante volte. Certo che il debito c’è. Ma nessuno assale il ministro Siniscalco perché il debito pubblico è oggi al 105% del Pil, nessuno pretende che lo azzeri da un giorno all’altro, però il trend si è invertito. Lo stesso succede per la giustizia, dove è significativo che la durata media di un processo in tribunale fosse di 597 nel 2000 e sia di 527 tre anni dopo. Stiamo uscendo dal tunnel. Se i dati sono giusti, e lo sono, la giustizia non è più allo sfascio",

 

Continua a parlare bene delle toghe, che parlano malissimo di lei.

"Perché sono il primo ministro che osa fare norme contro la loro volontà e contro il loro parere".

 

E pure il ministro che li colpisce con decine di azioni disciplinari?

"È un diritto – dovere, che la Costituzione mi attribuisce".

 

Era necessaria l’azione contro Boccassini e Colombo?

"Per me non ci sono santuari intoccabili. Colombo e Boccassini non so neppure chi sono e che processi fanno, per me sono solo x e y. Ho avviato l’azione disciplinare il 20 gennaio 2004, è una coincidenza che venga fuori oggi. Queste iniziative destano scandalo solo perché esiste una Costituzione vigente e una "vivente", che per le toghe significa essere legibus solutis. Ho per le mani un problema scottante: in alcuni uffici liquidano le parcelle ai consulenti al di fuori di ogni regola fiscale. Se fossero dei privati avrebbero le Fiamme gialle alle calcagna, i miei ispettori mi dicono che questa è una cosa comune nei tribunali. Sono un porto franco. Che dovrei fare? Forse rendermi prima conto di che processi trattano questi magistrati, oppure non guardare in faccia a nessuno e far rispettare la legge pur sapendo che mi cadrà addosso una bufera mediatica?".

 

Ma muovere gli ispettori per Fucci era indispensabile?

"Per chi occupa un incarico di responsabilità la forma dev’essere sostanza. Una battuta al ristorante con gli amici è tutelata dalla privacy, altrimenti rischiamo un clima da grande fratello, ma l’sms inviato, e io ho le testimonianze che Fucci lo ha inviato, non lo accetto perché lui doveva pensare prima alla carica di segretario dell’Anm che ricopre. In ogni caso, al momento, non c’è alcuna iniziativa disciplinare nei suoi confronti".

 

Sull’ordinamento Favara la critica, dice che non basta. Perché dopo lo stop di Ciampi vuole limitare ai quattro punti le correzioni?

"Favara ha ragione, questa legge è solo il primo tassello di un’azione più vasta e che stiamo cercando di portare avanti. Il pg ha apprezzato la mia riforma del processo civile, spero che il Parlamento la vari. Quanto all’ordinamento è inderogabile modificare solo quei punti pena la morte della legge",

 

I decreti sono a rischio?

"Certo che lo sono, è da settembre che lo vado dicendo".

 

Poteva evitare di farsi bocciare il testo da Ciampi.

"Avremmo dovuto leggere nella sua mente. E poi c’è questa storia dei concorsi giudicati incostituzionali perché invadono le competenze del Csm che mi suona singolare. Ho messo a raffronto la nostra legge e quella in vigore dal ‘63 al ‘77, che ovviamente era costituzionale. Beh, nella nostra è scritto che il Csm si attiene ai risultati delle commissioni di concorso e solo con una decisione motivata può non tener conto della graduatoria. Nella vecchia legge è scritto che il Csm deve tener conto della graduatoria "quando non vi riscontri violazioni di legge". A noi sarebbe bastato prendere di peso quella formula ed eravamo a posto".

 

Pensa che i tecnici di Ciampi non l’abbiano letta?

"Certo che lo hanno fatto".

 

E allora?

"Non commento, sto ai fatti".

 

Almeno sulla Cirielli ammetterà che Favara l’ha bacchettata. Ha detto che già ora la prescrizione "fulmina" i processi, figurarsi dopo.

"I miei uffici mi dicono che 200mila processi ogni anno vengono "fulminati" dalla prescrizione. Non sappiamo ancora che succederà con la Cirielli. Però ho chi chiesto ai miei esperti di statistica di calcolarmi quanti processi sono stati "fulminati" con le dodici amnistie che si sono susseguite fino al ‘90, quando quello era il sistema per smaltire l’arretrato giudiziario".

 

Ma via, pure il Papa ha chiesto l’amnistia come atto di clemenza.

"La soluzione è nei processi veloci, non nella prescrizione eterna".

 

Non ha sentito che Favara raccomanda di non colpire i processi in corso come quello di Previti?

"Il favor rei non l’ho inventato io, esiste da sempre".

 

Al Senato avrete dei ripensamenti sulla Cirielli?

"Perché mai il governo dovrebbe cambiare idea rispetto alla Camera?".

Piacenza: muore suicida detenuto che denunciò traffici con agenti


Il Giorno, 14 gennaio 2005


Si è suicidato nel giorno della ripresa del processo per corruzione tra detenuti e guardie penitenziarie al carcere di Monza per introdurre alcol e droga che lui stesso in parte aveva innescato con la sua denuncia.
Mohamed El Mansouri, marocchino trentenne, detenuto per omicidio e tentato omicidio di due ucraini durante una rissa avvenuta nel Capodanno del 2003 nell'hinterland milanese, si è impiccato l'altra mattina nella sua cella della casa circondariale di Piacenza con l'elastico dei boxer. Il pm del processo monzese Flaminio Forieri, amareggiato per la tragica notizia, non collega necessariamente il suicidio alla vicenda di Monza. Ma, se di coincidenza si tratta, è senz'altro una coincidenza angosciante. Di certo c'è che l'extracomunitario si era fatto terra bruciata tra i detenuti dopo avere sporto la sua denuncia tanto che da Monza era stato trasferito prima ad Alessandria, poi a Cremona e poi ancora a Piacenza, perchè tacciato di essere un "infame".

Droghe: Ddl Fini, in parlamento documenti di Fict e Itaca Italia

 

Redattore Sociale, 14 gennaio 2005

 

Valorizzare la dimensione educativa nel recupero dalla tossicodipendenza, distinguere tra droghe leggere e pesanti, puntare alla terapia come alternativa al carcere e alle sinergie tra pubblico e privato sociale. Sono alcune delle richieste di Fict (Federazione italiana delle comunità terapeutiche) e Itaca (network europeo di operatori professionali attivi nel campo delle dipendenze) avanzate durante un’audizione parlamentare con le commissioni Giustizia e Igiene e Sanità in cui si è discusso del disegno di legge ‘Fini’ sulle tossicodipendenze.

Il Ddl. Il disegno di legge Fini sulle droghe vuole abolire la distinzione tra droghe pesanti e leggere e inasprire le pene comminate anche per il solo uso personale di stupefacenti. In particolare, ripristinando il concetto di "dose media giornaliera", chi si trova in possesso di quantità inferiori a tale dose incorre in sanzioni amministrative più pesanti di quelle attuali, come la sospensione della patente e del passaporto fino a un massimo di 12 mesi. Alla prima violazione delle norme il Prefetto è obbligato a comminare le sanzioni alla prima violazione delle norme. Inoltre, chi si trova in possesso di quantità superiori commette il reato di spaccio e può essere punito con la carcerazione (dai 6 ai 20 anni) e con una multa da 26.000 a 260.000 euro. Altri fatti di lieve entità, come il piccolo spaccio dei tossicodipendenti, vengono puniti con la reclusione da 1 a 6 anni. Il disegno di legge è tuttora all’esame del Parlamento.

La dimensione educativa. Basandosi sui dati del consumo di droga in Europa forniti dall’Osservatorio europeo di Lisbona, Itaca richiama l’esigenza di strutturare trattamenti che coprano al massimo i bisogni dell’utente, consolidando un sistema dove sia possibile scegliere tra diverse opzioni di recupero. In questo senso suggerisce al legislatore italiano la massima cautela nel definire normativamente gli aspetti dei trattamenti, approccio che corre il rischio di minare l’alleanza terapeutica tra pazienti ed operatori. Ricordando che drogarsi non è un diritto, anche la Fict ritiene fondamentale che tutte le norme del disegno di legge siano ispirate alla centralità della dimensione educativa.

Droghe leggere e pesanti. Il progetto di legge vorrebbe abolire la distinzione tra droghe leggere e pesanti. Itaca ritiene che "è il tossicomane che fa la droga, non viceversa", ribadendo un giudizio negativo verso l’approccio del disegno di legge che equipara le droghe leggere a quelle pesanti. Dal canto suo la Fict invita a porre l’accento sulle diverse modalità d’uso delle sostanze, anziché parlare di droghe leggere e pesanti.

Terapia e carcere. Itaca considera la condizione carceraria "un’aggravante" della condizione dei tossicodipendenti e un rischio per la situazione sanitaria, psicologia e sociale dei soggetti: in generale ritiene che "ogni tentativo diverso da quello della semplice detenzione può favorire percorsi positivi ed aiutare i soggetti a migliorare la loro situazione". Fict ritiene di mantenere la distinzione tra sanzione amministrativa per la detenzione finalizzata all’uso personale e sanzione penale per la finalità di spaccio, proponendo interventi amministrativi progressivi (tipo percorsi a punti) per far emergere la dimensione educativa del provvedimento.

Secondo la Fict, inoltre, è opportuno equiparare il privato sociale al servizio pubblico, nel tentativo di individuare percorsi alternativi al carcere; a patto che le comunità terapeutiche non diventino "strutture a custodia attenuata" esterne al carcere, con il pericolo di condizionarne l’intervento terapeutico e di vanificarne l’efficacia. Fict, infine, invoca il recepimento da parte di tutte le Regioni dell’atto d’intesa siglato tra lo Stato e gli stessi enti territoriali regionali, da cui anche Itaca si aspetta un incentivo a favorire le sinergie tra le realtà pubbliche e quelle del privato sociale.

Droghe: 30-50% psichiatrici ha disturbi da consumo di sostanze

 

Redattore Sociale, 14 gennaio 2005

 

La diagnosi doppia o duale, chiamata anche comorbilità, è spesso sottovalutata e sotto diagnosticata; sia le équipe psichiatriche, sia i servizi per tossicodipendenze non riescono ad identificare i consumatori problematici che soffrono di disturbi mentali perché la loro formazione è di solito di tipo specialistico (medicina, psicologia, assistenza sociale ecc.).

È questo il giudizio dell’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, secondo cui spesso il personale dei centri terapeutici non ha ricevuto un’educazione adeguata per trattare con pazienti affetti da comorbilità. Secondo i dati degli osservatori europei oggi in Europa il 30-50% circa dei pazienti psichiatrici soffre non solo di disturbi mentali, ma anche di disturbi derivanti dal consumo di sostanze di vario tipo, principalmente alcool, sedativi o cannabis. Tra i pazienti dei centri terapeutici, inoltre, il fenomeno comporta un profilo diverso: il consumo di eroina, anfetamine o cocaina si unisce infatti ad uno o più disturbi della personalità, depressione ed ansia e, in misura minore, disturbi psicotici.

I dati europei disponibili indicano che le tipologie predominanti sono i disturbi antisociali e borderline; la depressione va dal 5 al 72% ed i disturbi dovuti all’ansia dal 4 al 32%. I dati in realtà mostrano un campo di variazione così ampio da rendere difficile un’analisi approfondita e mirata e come suggeriscono gli osservatori rivelano la necessità di studi più strutturati, a partire da una definizione condivisa delle caratteristiche del campione e degli strumenti di valutazione. "Quando ci troviamo di fronte a tossicodipendenti, tendiamo ad attribuire i loro problemi all’abuso di stupefacenti. Tuttavia, il più delle volte, i consumatori di droghe sono affetti da disturbi concomitanti della salute mentale, disturbi che noi spesso non riusciamo a riconoscere", spiega Marcel Reimen,presidente del consiglio di amministrazione dell’Oedt. Il trattamento dunque può essere efficace se viene pianificato e gestito per ogni individuo; i pazienti affetti da comorbilità necessitano infatti di servizi attentamente coordinati ed integrati, affinché il trattamento abbia successo. La formazione del personale appare di conseguenza uno strumento fondamentale per il personale dei centri terapeutici che deve essere in grado di affrontare pazienti che presentano modelli diversi di comorbilità. Di frequente, invece sottolinea l’Oedt, "il personale è specializzato e si sente competente soltanto entro i limiti della propria professione".

In alcuni casi i disturbi psichiatrici sono malattie croniche che necessitano di trattamenti o di assistenza a lungo termine e in particolare sono i pazienti affetti da disturbi della personalità a trarre più beneficio da interventi di reinserimento sociale a lungo termine. "Le reti sociali di queste persone sono sempre molto deboli. – spiegano gli osservatori - In genere ad esse mancano le qualità della vita ordinaria, come relazionarsi con gli altri, attenersi alle routine e tener fede agli appuntamenti, cercare e conservare il posto di lavoro, mancano le capacità sociali, le capacità di assolvere ai compiti della vita quotidiana, di gestire la casa ed il denaro". Il coordinamento dei servizi in comunità e la continuità della catena terapeutica, quindi, uniti ad un approccio personalizzato, secondo l’Oedt, risultano per essi lo strumento più efficace.

Immigrazione: documento programmatico per triennio 2004-2006

 

Redattore Sociale, 14 gennaio 2005

 

Tornerà domani in Consiglio dei Ministri il "Documento programmatico relativo alla politica dell’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato" per il triennio 2004-2006. Lo illustrerà il ministro degli Esteri, Gianfranco Fini.

Il testo è stato predisposto dagli uffici della Presidenza del Consiglio e doveva essere presentato il 3 dicembre scorso (vedi Notiziario 3/12/2004, ore 17.42); ma già l’11 novembre dello scorso anno la Conferenza Stato-Regioni aveva bocciato il Documento, perché "enfatizza la lotta alla clandestinità, ma ridimensiona le politiche per l’integrazione. E i dati non sono aggiornati...".

La programmazione ha l’obiettivo di "dare piena applicazione al Testo Unico sull’immigrazione come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189", si dice nell’introduzione, ricordando l’istituzione dello "Sportello unici per l’immigrazione" e "una politica più rigorosa di controllo degli ingressi e di espulsione di chi non ha titolo a rimanere in Italia", attuata da questo Governo. Innovazioni, rispetto alla legislazione precedente, che "si inseriscono in maniera coerente in una più ampia tendenza a livello europeo".

"Il cuore dell’approccio italiano all’immigrazione è concentrato nelle politiche per il lavoro, al fine di assicurare l’equivalenza tra ingresso nel territorio dello Stato e lavoro legale": un’impostazione sancita dal "contratto di soggiorno" e completata "da misure più incisive per il controllo delle frontiere e tramite l’identificazione, il trattenimento e l’espulsione dei clandestini", recita il Documento, precisando che "l’intensificazione delle politiche di contrasto all’immigrazione clandestina riveste carattere prioritario". Inoltre "la cooperazione allo sviluppo italiana contribuirà a stabilizzare i paesi di origine dei flussi, attenuando la propensione ad emigrare".

Per quanto riguarda l’integrazione, "inizia con l’inserimento nel mondo del lavoro ma richiede anche ulteriori azioni nel settore dell’istruzione, dell’apprendimento dell’italiano, della salute, della famiglia, della casa, della mediazione culturale, anche attraverso organismi diffusi a livello provinciale come i consigli territoriali per l’immigrazione".

Il Documento informa che gli sbarchi di immigrati clandestini sulle coste italiane sono diminuiti nel 2003 del 39,6%, rispetto all’anno precedente; sempre nel 2003, il 61,5% degli stranieri rintracciati in condizioni irregolari è stato espulso con accompagnamento alle frontiere o riammesso nel paese da cui proveniva (era il 52,7% nel 2002). L’introduzione al testo si conclude affermando: "Il grado di efficacia dei Centri di permanenza temporanea è aumentato, anche grazie all’allungamento del periodo massimo di trattenimento; nel 2003 la percentuale dei rimpatri sul numero di stranieri transitati nei centri ha raggiunto il 50,6%, rispetto al 29,6% del 2001".

Francia: castrazione chimica, al via test per i maniaci sessuali

 

Sani Help, 14 gennaio 2005

 

A 48 uomini volontari, ex detenuti, tutti condannati per crimini di natura sessuale sarà sperimentato un metodo di castrazione chimica. Per 24 mesi dovranno prendere due farmaci che hanno la proprietà di inibire le pulsioni sessuali, e limitare l’erezione. Se il test avrà successo i farmaci potranno essere immessi nel mercato farmaceutico. La Francia ha deciso di prendere di petto il problema del reato a sfondo sessuale: quasi un quarto dei detenuti sono in carcere per questo tipo di crimini (8200 persone) e di questi il 70% è colpevole di pedofilia. Gli psicologi si sono dichiarati contrari. Pensano che la sola consapevolezza che il trattamento esiste può indurre i maniaci sessuali a pensare di non essere più responsabili delle loro azioni.

Firenze: finite visite Comitato Carcere della Commissione Giustizia

 

Nove da Firenze, 14 gennaio 2005

 

I parlamentari hanno focalizzato la loro attenzione innanzitutto sul primario ed imprescindibile problema del sovraffollamento che accomuna tutti gli istituti di pena e che incide negativamente su tanti aspetti del complesso sistema carcerario.

"L’istituto di Sollicciano, ad esempio" ha riferito l’on. Enrico Buemi (SDI), "è stato pensato per circa 400 detenuti, mentre ne ospita attualmente più di 900. In queste condizioni diventa assai difficile assicurare la possibilità di lavoro ai carcerati, come richiedono a gran voce gli stessi e come riconosciuto anche dalla legge Smuraglia". Ma il sovraffollamento ha pesanti ripercussioni anche sul livello di assistenza sanitaria all’interno del carcere e sulla possibilità di predisporre programmi rieducativi e di recupero delle persone ivi recluse.

Particolarmente significativo è stato poi l’incontro con le organizzazioni di categoria del personale di sorveglianza e di polizia penitenziaria, tenutosi nel Carcere di Arezzo. Qui è emersa con forza la situazione di gravissima inadeguatezza degli organici. I rappresentanti del personale carcerario hanno evidenziato che senza gli opportuni investimenti volti a riequilibrare il rapporto tra numero di detenuti e di personale, è difficilmente pensabile un qualsiasi miglioramento del funzionamento del pianeta carcere. "La Toscana è da sempre terra di grande civiltà giuridica" ha affermato l’on. Magnolfi "Ed infatti alcuni segnali positivi vengono soprattutto dalla proficua collaborazione con gli enti territoriali come comuni e regione. Nonostante ciò è indispensabile a livello centrale una più efficace politica carceraria che riparta da interventi strutturali ed investimenti consistenti per fare in modo che il sistema carcerario del nostro paese risponda davvero all’obiettivo di rieducazione che la nostra Costituzione gli assegna".

Toscana: Commissione Giustizia, sovraffollamento piaga maggiore

 

Asca, 14 gennaio 2005

 

È il sovraffollamento il problema più grande delle carceri della Toscana. È quanto emerge dalla visita di due giorni fatta in alcuni penitenziari della regione dal Comitato carcere della Commissione giustizia della Camera dei Deputati. "L’istituto di Sollicciano a Firenze ad esempio - ha riferito Enrico Buemi (Sdi) - è stato pensato per circa 400 detenuti, mentre ne ospita attualmente più di 900. In queste condizioni diventa assai difficile assicurare la possibilità di lavoro ai carcerati, come richiedono a gran voce gli stessi e come riconosciuto anche dalla legge Smuraglia".

Particolarmente significativo, spiega una nota, è stato l’incontro con le organizzazioni di categoria del personale di sorveglianza e di polizia penitenziaria, tenutosi nel carcere di Arezzo. Dalla riunione, prosegue la nota, è emersa con forza la situazione di gravissima inadeguatezza degli organici. "La Toscana è da sempre terra di grande civiltà giuridica - ha sottolineato Beatrice Magnolfi (Ds) -.

Ed infatti alcuni segnali positivi vengono soprattutto dalla proficua collaborazione con gli enti territoriali come Comuni e Regione. Nonostante ciò è indispensabile a livello centrale una più efficace politica carceraria che riparta da interventi strutturali e investimenti consistenti per fare in modo che il sistema carcerario del nostro paese risponda davvero all’obiettivo di rieducazione che la nostra Costituzione gli assegna".

Milano: detenuti San Vittore contestano dati P.G. Favara

 

Ansa, 14 gennaio 2005

 

I detenuti di San Vittore ammettono che la Simeone - Saraceni ha permesso a molti condannati per reati lievi di rimanere in libertà ma spiegano anche i motivi per i quali è stata approvata: in passato, in caso di esecuzione (carcere), quando la condanna diventava definitiva, non era possibile fissare la Camera di Consiglio per la discussione dell’affidamento nei 4 mesi che il Procuratore ha evocato come tempo minimo di pena da espiare.

Scarsità di personale, lentezza della macchina giudiziaria e i controlli prima dell’udienza facevano slittare la discussione come minimo di un anno e mezzo o due; a quel punto il provvedimento risultava quasi inutile perché la pena era già stata in gran parte completamente scontata. "Le carceri - è scritto inoltre nel sito - non erano in grado di assorbire il gran numero dei condannati per lievi reati; sono già al collasso ora in questa situazione; se per caso la norma dovesse essere revocata nessuno saprebbe dove mettere tutti quei condannati. Per inciso le persone in affidamento sociale sono circa 30.000".

Altra puntualizzazione sulla Simeone-Saraceni: la maggior parte dei condannati per lievi reati lo sono sulla scorta di un inasprimento delle pene verificatosi negli ultimi anni, in special modo per quello sulla droga, con l’esclusione del possesso per uso personale. "Quindi, in definitiva - spiegano i detenuti - il tono polemico del Procuratore su questo punto ci pare alquanto singolare: se oltre all’incremento delle pene si eliminano anche i correttivi per le situazioni meno gravi si finisce per carcerizzare intere fasce di popolazione.

Anche il resto della relazione di Favara per i detenuti di san Vittore "fa riflettere". "È come se ci improvvisamente ci si fosse accorti che la nostra giustizia è una giustizia di classe, e che i ricchi, tra avvocati, cavilli e prescrizioni se la cavano quasi sempre, mentre i poveretti vanno dritti filati dietro le sbarre - osservano -. Per questa importante deduzione non c’era bisogno della Cirielli, Salva Previti ecc., i ricchi e i potenti di oggi non sono né i primi né i soli a cadere sempre in piedi. Infatti, quando il P.G. Favara parla delle garanzie degli imputati "estese oltre ogni ragionevole misura", non capiamo a quali imputati si riferisca". Anche sui numeri dei reati forniti dal pg i detenuti hanno qualcosa da dire: "Bisogna vedere se siano aumentati i reati o semplicemente la loro denuncia; e sono due cose molto diverse".

Un numero che piace a san Vittore è quello delle evasioni dai permessi dal carcere "che è inferiore perfino al dato ritenuto fisiologico per cose di questo tipo dallo stesso Ministero. In pochi scappano, dunque".

"Un dato che non abbiamo e che invece ci piacerebbe conoscere - concludono - è quello di confronto dell’incidenza della recidiva tra i detenuti che sono usciti al termine della pena e quelli che hanno usufruito dei benefici di legge". "Un dato interessante - sottolineano - foriero magari di qualche concreto progetto di pubblica utilità, ma sicuramente troppo poco demagogico per rientrare nell’elenco delle malefatte del Paese".

Giustizia: sinistra; quanti processi estinguerà la "salva-Previti"?

 

Ansa, 14 gennaio 2005

 

Che impatto avrà la proposta di legge ex Cirielli sui processi in corso? L’opposizione, prima di andare avanti con la discussione generale in commissione Giustizia del Senato della proposta di legge che dimezza i tempi di prescrizione dei reati, vuole saperne di più. E così il senatore dei Ds Massimo Brutti oggi ha chiesto, a nome dell’opposizione, di conoscere tutti i dati relativi alla durata dei processi di usura e di sapere quanti sono i processi in corso che verranno prescritti da qui a sei mesi e da qui ad un anno grazie a questa norma.

"Fino a quando non ci saranno fornite queste informazioni che noi riteniamo necessarie - insiste Brutti al termine della seduta di commissione - credo che non si potrà andare avanti con la discussione generale". Il sottosegretario Giuseppe Valentino (An) ha accolto la richiesta e ha dato la sua disponibilità a fornire tutte le informazioni del caso. "Vorrei precisare però - sottolinea il senatore dei Ds - che la nostra richiesta non ha alcuna intenzione dilatoria.

Non vogliamo cioè cercare di allungare i tempi della discussione in maniera strumentale. Vogliamo solo sapere che tipo di impatto avrà questo provvedimento sul sistema processuale. Non si può esaminare un testo così importante senza conoscere questi dati". "I cittadini infatti - aggiunge Brutti - devono sapere quali saranno le conseguenze di una proposta di legge di questo tipo. A prescindere dalla persona o dalle persone alle quali possa servire". Brutti non vuole più fare il nome di Cesare Previti: "Voi - dichiara rivolgendosi ai cronisti - sapete bene a chi serve questa norma lo abbiamo detto più volte e più volte lo avete scritto sui giornali. Ma non pronunceremo più quel nome perché vogliamo solo mettere al corrente l’opinione pubblica degli effetti che ci saranno sul processo penale. E basta"

Catania: rock e swing in uno spettacolo per i minorenni detenuti

 

La Sicilia, 14 gennaio 2005

 

Un "raggio" di musica ha attraversato ieri i locali dell’Istituto penale per minori di Bicocca, grazie ad una iniziativa dell’assessorato ai Servizi sociali, condivisa dalla dottoressa Rita Barbera, direttore della struttura di Bicocca e con il contributo gratuito della Cooperativa sociale "Ecotourist" presieduta da Lucia Di Mauro. Forte l’idea che sta alla base del progetto e che vede la musica come un mezzo capace di superare il tempo e lo spazio, di aprire tutte le porte e di portare la speranza di un nuovo cammino oltre le mura.

Messaggio pienamente accolto dai trenta giovani che intensamente hanno partecipato alle due ore di performance del gruppo Zapato e the Bluesacci. Al ritmo del rock ‘n roll (un misto tra lo swing degli anni ‘40 e ‘50 e il rock a billy degli anni ‘50, personalizzato in uno stile definito "Swing a Billy"), "Zapato", al secolo Renato Zappalà, come meglio conosciuto a Catania, accompagnato dai "Bluesacci" (Alfio Sciacca, chitarra; Seby Barbagallo, basso; Giovanni Arcuri, tastiera; Stefano Grasso, sax e Andrea Abadessa, batteria), ha saputo coinvolgere ed emozionare, trascinare e portare sul palco, in uno spettacolo dagli aspetti corali, portando in scena un frammento di speranza capace di interrompere il tran tran quotidiano.

"Tutte le forme di arte - afferma Marco Forzese - devono essere trasmesse anche a chi non ha avuto la fortuna di accoglierle e svilupparle. Anche uno spettacolo musicale può essere un mezzo per iniziare un percorso educativo. Nato da una consolidata intesa di carattere istituzionale tra pubblico e privato, questo spettacolo, attraverso la musica, ha voluto porre le basi per una nuova e più forte collaborazione che ha in programma la ripetizione dell’esperienza in altre strutture detentive e l’avvio di laboratori dedicati a percorsi formativi riservati ai giovani che, scontando una pena, condividono percorsi di riabilitazione".

"Una bella occasione - spiega Rita Barbera, direttrice dell’Ipm di Bicocca - per far comprendere, attraverso questo momento di divertimento, il valore e il significato della libertà. Questa iniziativa, di cui ringrazio l’assessore Forzese e gli artisti, è un forte messaggio per far capire ai nostri giovani che vivono in questi tristi luoghi come cambiare è possibile, grazie ad uno sforzo di volontà e l’aiuto di tanti".

Veneto: persone senza fissa dimora, 698 mila euro ai Comuni

 

Veneto Sociale, 14 gennaio 2005

 

Per sostenere gli enti locali nell’assistenza a persone che versano in stato di estrema povertà o senza fissa dimora, la Regione ha assegnato 698 mila euro complessivi a progetti d’intervento presentati secondo le linee guida fissate con un provvedimento dello scorso maggio.

Ne ha dato comunicazione l’assessore regionale alle politiche sociali Sante Bressan ricordando che i contributi vengono ripartiti tra i Comuni capoluogo di provincia per attivare e coordinare progetti e interventi di potenziamento dei centri e dei servizi di pronta accoglienza, di accompagnamento e di reinserimento sociale e lavorativo, facendo da punto di riferimento per l’attività di tutte quelle organizzazioni di volontariato, degli organismi non lucrativi di utilità sociale e delle Ipab che, nel corso degli anni, si sono dimostrati particolarmente attivi nel gestire i bisogni delle persone in difficoltà o senza fissa dimora.

I progetti presentati dai comuni capoluogo e finanziati dalla Regione sono: per Venezia (200 mila euro) "Senza fissa dimora 2005", per Padova (quasi 100 mila euro) "Agape - centro diurno integrato tra la strada e l’accoglienza notturna", per Verona (100 mila euro) "Progetto Giona - percorsi di inclusione sociale per contrastare la grave marginalità", per Rovigo (80 mila euro) "Lungo la strada", per Treviso (oltre 78 mila euro) "Rimotivazione al lavoro per essere persone di partecipazione", per Vicenza (quasi 72 mila euro) "Vicenza accogliente", per Belluno (circa 67 mila) "Per Forma".

Catanzaro: è morto Said Zigoui, detenuto nel Cpt di Lamezia

 

Il Manifesto, 14 gennaio 2005

 

Il cuore di Said Zigoui ha cessato di battere mercoledì alle 13.45. Il 9 gennaio si era buttato dal secondo piano dell’ospedale di Lamezia Terme. Sua moglie è arrivata al policlinico di Messina soltanto dopo le quattro. Era arrivata in Sicilia da Quinto Vercellese con il figlioletto. Pensava che suo marito stesse male.

Lo shock di scoprire che era morto è stato tremendo. Anche perché Said aveva spesso telefonato ala moglie dal centro di detenzione di Lamezia, dove si trovava da quando era uscito dal carcere di Frosinone. Qui Said Zigoui, 45 anni, marocchino, aveva scontato 5 anni per reati connessi allo spaccio di stupefacenti. Ma il mese scorso, quella pena, aveva finito di scontarla. Avrebbe dovuto uscire dal carcere, un uomo libero. Invece era stato trasferito nel cpt calabrese. Gli avvocati della moglie hanno chiesto che vengano effettuati gli esami autoptico e tossicologico. L’autopsia si svolgerà questa mattina.

 

La cronaca

 

Said Zigoui, nazionalità marocchina, 44 anni, due figli, trattenuto presso il Cpt di Lamezia Terme, viene ricoverato il 7 dicembre 2004 all’Ospedale civico della cittadina catanzarese per forti dolori addominali. La permanenza presso l’ospedale del migrante è avvolta nel mistero: differenti versioni dei fatti testimoniano, comunque, che S. si auto infligge delle lesioni e si getta dalla finestra del plesso ospedaliero. Sono forti i sospetti che S. abbia invece tentato il suicidio. Il 9 gennaio scorso giunge al Policlinico Universitario di Messina: in coma per insufficienza respiratoria, oggi molto probabilmente verrà dichiarato deceduto. Le indagini in corso sono seguite dal procuratore della Repubblica, dottoressa Pinto.

 

Una tragedia annunciata

 

La triste cronistoria di una vicenda purtroppo anticipata da molti precedenti. La situazione dei Cpt tristemente presenti in tutta Italia è purtroppo nota ma - nonostante le molteplici denuncie avviate dall’Arci come da altre associazioni promotrici dei diritti umani e di cittadinanza - permane nella sua assurdità. I Cpt sono noti non solo per la loro natura di galere etniche e per la sospensione dei diritti che mettono in atto, ma anche per i numerosi casi di autolesionismo registrati tra gli "ospiti", per le pessime condizioni igienico-sanitarie in cui versano i centri, per la somministrazione indiscriminata di psicofarmaci da parte degli operatori. Quanto è imputabile, dunque, direttamente alla gestione ed all’esistenza stessa di luoghi di detenzione come i cpt, alla responsabilità e la conclamata colpevolezza in merito ai tanti casi registrati? L’accesso ai Cpt è negato. Le notizie trapelano tra mille difficoltà e sono pochi gli "addetti ai lavori" (sono solo i deputati della Repubblica a potere entrare, come previsto da una circolare ministeriale) a cui è permesso l’accesso ai centri. A chi milita nel movimento antirazzista, a chi si batte per la chiusura di questi luoghi di reclusione resta la triste registrazione dei decessi, suicidi, autolesioni, frantumazione dei legittimi legami familiari, trattenimento illegittimo dei richiedenti asilo, negazione dei diritti di difesa.

Droghe: parere Comunità; creare centri di crisi nelle carceri

 

Redattore Sociale, 14 gennaio 2005

 

Mantenere la distinzione fra sanzione amministrativa per l’uso personale e sanzione penale per lo spaccio, porre l’accento sulle diverse modalità d’uso tra droghe cosiddette leggere e pesanti, equiparare il privato sociale al servizio pubblico nei percorsi alternativi al carcere, creare "centri di crisi" negli istituti di pena: sono alcune delle proposte illustrate dalla Fict alle commissioni giustizia e sanità del Senato, nel corso di un’audizione sulle proposte di legge in materia di tossicodipendenze.

"Drogarsi non è un diritto" si afferma nel documento presentato dal presidente della Federazione italiana comunità terapeutiche, don Egidio Smacchia, che pone l’accento sulla centralità della dimensione educativa. Senza sottovalutare i danni derivanti dall’uso delle cosiddette droghe leggere e poi, la Fict invita a porre l’accento sulle diverse modalità d’uso tra le sostanze. Le comunità chiedono poi che sia mantenuta la distinzione tra sanzione amministrativa per detenzione finalizzata all’uso personale e sanzione penale per detenzione finalizzata allo spaccio: la sanzione amministrativa dovrà avere la doppia finalità di contrasto all’uso di sostanze stupefacenti e di pressione psicologica, per favorire l’inserimento della persona in un programma di recupero, e per questo viene proposta una progressività di interventi amministrativi, tipo percorso a punti.

La finalità ultima delle sanzioni, sia amministrative che penali, dovrà in ogni caso essere il recupero della persona. Per quanto riguarda il percorso di recupero come alternativa al carcere, la Fict ritiene opportuno equiparare il privato sociale al servizio pubblico, soprattutto nell’individuazione di percorsi alternativi al carcere. Per evitare il rischio di far diventare le comunità terapeutiche strutture a custodia attenuata esterne al carcere, si propone la creazione di centri di crisi all’interno delle carceri, costituiti da equipe miste di operatori del servizio pubblico e del privato sociale non profit, per gestire e valutare le diverse situazioni e definire insieme il progetto adeguato.

La Fict pone l’accento in particolare sul problema delle donne tossicodipendenti in carcere con figli - "alle quali bisogna offrire la possibilità di usufruire delle alternative educative esterne al carcere" - e degli immigrati tossicodipendenti, anche clandestini: è indispensabile, affermano, prevedere un aumento di fondi per fronteggiare la maggiore richiesta di inserimento nei programmi di recupero, in gran parte residenziali, prevedendo anche la strutturazione di programmi terapeutici diversificati.

Le comunità sottolinea poi la necessità di perseguire una corretta politica di prevenzione e di intervento sulle dipendenze, "ponendo l’accento sulla centralità della persona con le sue problematiche, bisogni, paure, potenzialità e risorse, e la famiglia come valore e risorsa irrinunciabile", e chiede finanziamenti adeguati per i programmi di prevenzione nelle scuole, nei centri giovanili, nelle attività aggregative e del tempo libero. Infine, la Fict chiede di garantire il recepimento in tempi brevi, da parte di tutte le Regioni, dell’Atto d’intesa Stato-Regioni, "oggi in grave e inspiegabile ritardo".

Castelli: legge sui minori va cambiata, oggi godono impunità

 

Ansa, 14 gennaio 2005

 

La legge sui minori che delinquono va cambiata, altrimenti si dà loro un messaggio deviato: "voi godete dell’impunità". Ne è convinto il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, che ha ribadito il suo punto di vista partecipando alla puntata di oggi a "Porta a Porta". Punto di partenza della riflessione la vicenda del minorenne che ad Agrigento uccise a maggio un coetaneo per uno sguardo di troppo ad una ragazza e che l’altro giorno ha ottenuto la scarcerazione e l’affidamento ad una comunità. "Non c’è dubbio che i magistrati con queste decisioni creano sconcerto - ha detto il ministro - ma loro agiscono secondo la legge".

Sono dunque le norme che vanno cambiate e che sono ispirate ad una "cultura che guarda esclusivamente a chi ha commesso il delitto, ignorando la sete di giustizia dei parenti delle vittime". Una cultura che soprattutto dà ai minori un messaggio "deviato": "il messaggio non può essere, dopo 8 mesi che hai ammazzato qualcuno te ne vai in albergo - ha detto il ministro -.

Io la penso così e proprio per questo ho presentato un ddl abbastanza severo e che ahimè il Parlamento ha ritenuto non degno di approvazione. Tant’è che giace ancora lì". Il ministro ha insistito sul fatto che è vero che le pene devono tendere alla rieducazione, ma vanno scontate.

Fassone: con ex Cirielli migliaia processi a rischio prescrizione

 

Ansa, 14 gennaio 2005

 

Il senatore dei Ds Elvio Fassone attacca la proposta di legge ex Cirielli affermando che "non servirà solo a salvare un famoso imputato", ma avrà effetti "devastanti per migliaia di processi in corso". "Il cosiddetto salva-Previti - dichiara Fassone - è disseminato di errori tecnico-giuridici mostruosi. Ma la cosa più preoccupante è che qui non ci si limita solo a salvare un famoso imputato.

Questo progetto, se approvato così com’è, condizionerà naturalmente i processi futuri, ma avrà un impatto devastante per molti, moltissimi processi in corso. Per migliaia di processi gestiti sulla base della normativa attuale, queste norme avranno un vero e proprio effetto Hiroshima".

"Proprio per questo - aggiunge - abbiamo chiesto al governo di fornire dei dati sull’impatto che queste norme avranno su tutti i processi i corso. da parte nostra non c’è nessun tentativo di prendere tempo, ma volgiamo avere un quadro chiaro delle conseguenze di queste norme. E, soprattutto, crediamo che su questo punto sia doveroso informare i cittadini. E ancora, il dimezzarsi dei tempi di prescrizione andrà ad incidere proprio sui processi per reati di grande rilevanza sociale. Non solo l’usura, ma anche i reati relativi agli incidenti mortali sul lavoro".

Droghe: operatori; non mettere tutte sostanze su stesso piano

 

Ansa, 14 gennaio 2005

 

Bisogna distinguere tra uso problematico o patologico e uso non problematico o ricreazionale delle sostanze stupefacenti, che non possono comunque essere messe tutte sullo stesso piano: è la posizione dell’associazione europea di operatori delle tossicodipendenze Itaca, che è stata ascoltata insieme ad altre organizzazioni del settore dalle commissioni giustizia e sanità del Senato.

"L’uso ricreazionale - spiega Maurizio Coletti, presidente di Itaca Europa - può creare problemi se è continuativo e se ha conseguenze rilevanti, ma se non ne ha o si tratta di conseguenze simili a quelle provocate ad esempio dal tabacco o dall’alcol, va valutato allo stesso modo. Il problema sta nelle persone e nelle loro problematiche, non nelle sostanze".

Coletti critica poi le proposte di legge che mettono tutte le sostanze stupefacenti sullo stesso piano: "le droghe - sostiene - non sono tutte uguali". Il presidente di Itaca Europa ha inoltre invitato i legislatori a non entrare con le leggi nel merito dei trattamenti. "Non si può imporre un trattamento per legge - ha detto ai senatori - perché altrimenti tutto diventa molto difficile e si limita l’efficacia del trattamento stesso".

Trattamenti che, ha avvertito, devono comunque essere il più variati possibile e, soprattutto, basati su evidenze scientifiche: "no - ha sottolineato - alle cialtronate". Altro problema evidenziato da Itaca nell’audizione è quello del carcere: "l’accoppiata detenzione-dipendenza è drammatica, è un errore tragico" ha denunciato l’operatore. Ultimo, ma non meno importante, il capitolo risorse: "nei ddl all’esame del Parlamento - ha detto - non si parla di fondi". "Se si vuole fare qualcosa per migliorare la situazione non si può non investire - ha concluso - mentre invece negli ultimi anni si è assistito a una progressiva diminuzione dei fondi".

Caserta: internato Opg non viene dimesso perché senza casa

 

Il Mattino, 14 gennaio 2005

 

"Siamo pronti a ospitare il detenuto di Sant’Eframo presso una delle nostre case-famiglia, dedicandogli le cure di cui ha bisogno". La direzione dell’Asl Ce 2 di Aversa, con la manager Angela Ruggiero, scrive una nuova pagina di solidarietà, venendo in soccorso al protagonista di una storia tristissima, di quelle che non si vorrebbero nemmeno ascoltare, né, tanto meno, raccontare, e dando un esempio di come debba essere effettivamente inteso il servizio pubblico.

Protagonista dell’amara vicenda (al confine tra un romanzo di Pirandello e un racconto di Kafka, ma tutt’altro che caso letterario) il signor Rosario Laversa, siciliano, attualmente detenuto presso l’ospedale psichiatrico giudiziario "S. Eframo" di Napoli.

L’uomo avrebbe da tempo finito di scontare la propria pena e sarebbe pronto per essere scarcerato. Ma questo tipo di malati-detenuti dovrebbe essere affidato a un familiare. Nel caso specifico, il malcapitato di turno non avrebbe altri congiunti se non un fratello che sarebbe impossibilitato a occuparsi di lui. Motivo per il quale, l’uomo nonostante sia pronto per essere scarcerato, continua a vivere da detenuto.

Da qui la decisione della manager dell’Asl Caserta 2 che ha inviato una lettera a Salvatore De Feo, direttore sanitario coordinatore del carcere-nosocomio napoletano, con la quale propone la propria disponibilità, nel caso di necessità, alla presa in carico presso le strutture territoriali dell’azienda sanitaria, di Rosario Laversa, anche "in virtù dell’ampia e consolidata esperienza - sottolineano dall’Asl - nel campo dell’assistenza alle persone affette da disagio psichico".

Sulmona: suicidio sindaco Valentini, magistrati scagionati da Csm

 

Il Messaggero, 14 gennaio 2005

 

Comportamento legittimo e comunque "non censurabile". È quanto ha stabilito la Prima commissione del Consiglio superiore della magistratura (Csm) nel valutare il comportamento di alcuni magistrati del Tribunale di Sulmona che si occuparono dell’inchiesta nell’ambito della quale fu arrestato il sindaco di Roccaraso Camillo Valentini, suicidatosi poi nel carcere di Sulmona il giorno dopo Ferragosto.

Le risultanze della Prima commissione, che dovranno essere valutate dal Plenum del Csm, rappresentano un’azione di ricerca avviata da parte del Comitato di presidenza del Csm stesso che già il 18 agosto, e cioè due giorni dopo il suicidio di Valentini, chiedeva alla Procura generale dell’Aquila un’informativa dettagliata sulla vicenda, e nuovamente stimolata qualche giorno dopo da un legale del sindaco Valentini.

La difesa, ma non solo, aveva sollevato alcuni interrogativi sul comportamento del Pubblico ministero, Maria Teresa Leacche, che aveva firmato la richiesta di arresto del sindaco per concussione aggravata e calunnia e del Gip Luigi D’Orazio che quella richiesta l’aveva accolta. A dire il vero il comportamento di entrambi i magistrati era apparso fin troppo chiaro e trasparente, e dunque senza particolari zone d’ombra, già all’indomani delle contestazioni della difesa di Valentini. L’esame della Prima commissione del Csm non fa altro che confermare le impressioni della prima ora, anche se furono in pochi in quei giorni a mantenere i nervi saldi.

Il suicidio in carcere del sindaco di Roccaraso aveva scatenato le emozioni e i sentimenti più svariati. Davanti ad una folta platea di giornalisti e di cittadini, la difesa di Camillo Valentini aveva pubblicamente contestato il fatto che al proprio assistito fosse stata preclusa la possibilità di essere interrogato sulla vicenda prima dell’emissione del provvedimento di custodia cautelare. La circostanza è stata valutata "priva di ogni fondamento" dagli accertamenti compiuti dalla Prima commissione: l’interrogatorio del sindaco non ci fu, hanno stabilito i consiglieri, non per colpa dei due magistrati, ma per la semplice circostanza che il difensore di Valentini, una volta fissata la data, ne aveva chiesto il rinvio.

Il giudizio di "non censurabilità" del comportamento dei magistrati sulmonesi secondo la Prima commissione del Csm si va ad aggiungere alle conclusioni della stessa natura dell’indagine amministrativa interna al carcere di Sulmona avviata dal Dipartimento di polizia penitenziaria (Dap) all’indomani del suicidio di Camillo Valentini. A settembre il Dap accertò che nessuna negligenza poteva essere imputata al personale nella tragica vicenda del suicidio del sindaco di Roccaraso. Le risultanze della Prima commissione del Csm chiudono il cerchio degli "accertamenti istituzionali" che quel tragico gesto si è portato dietro.

Ue: i suicidi più numerosi delle vittime di incidenti stradali

 

Vita, 14 gennaio 2005

 

I decessi dovuti a suicidio superano in Europa quelli causati dagli incidenti stradali. È quanto risulta da un rapporto pubblicato dalla Commissione Europea, che ha invitato l’Ue a stanziare dei fondi per favorire delle più efficaci politiche comunitarie di igiene mentale. Lo rende noto l’Ansa.

I decessi annuali dovuti a suicidio o automutilazione, legati per la maggior parte "ad una malattia mentale e in particolare alla depressione", sono 58mila contro le circa 50.700 morti causate da incidenti stradali e i 5.300 omicidi, si legge nel rapporto. "La malattia mentale è l’assassino invisibile dell’Europa", ha affermato il Commissario alla Sanità Markos Kyprianou, che si è lamentato della "poca attenzione" che tale dramma suscita nell’Ue. Il Commissario, che parteciperà questa settimana ad Helsinki al vertice dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, intende fare di tale questione "una priorità politica".

Crotone: i detenuti donano dipinto al presidente Ciampi

 

Adnkronos, 14 gennaio 2005

 

I detenuti della Casa circondariale di Crotone hanno donato un dipinto realizzato da uno di loro al presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, in occasione della visita di oggi a Crotone. Lo ha reso noto il direttore della Casa circondariale, Maria Luisa Mendicino.

"Il quadro, raffigurante un albero proteso verso l’alto - spiega una nota del direttore - rappresenta simbolicamente la crescita e l’evoluzione dell’animo umano verso il cambiamento, nella speranza di un futuro migliore".

 

 

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