|
Anno giudiziario: P.G., 153 magistrati inquisiti nel 2004
Ansa, 13 gennaio 2005
Sono stati 153 i magistrati che - nell’ultimo anno - sono stati sottoposti ad azione disciplinare da parte della Procura della Cassazione e dal Guardasigilli. Dunque sei in più rispetto al 2003. Lo rende noto il Procuratore generale della Suprema Corte Francesco Favara nella sua relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Nella maggior parte dei casi (45%) i giudici sotto processo per motivi "deontologici", sono accusati di aver rallentato i processi depositando atti in ritardo e determinando richieste di indennizzo in base alla legge Pinto. In alcuni casi - di particolare gravità - la lentezza delle toghe, talvolta dovuta anche alla mole di lavoro, ha portato alla scarcerazione per decorrenza termini di detenuti in custodia cautelare. Un altro motivo di incolpazione (18%) è dovuto alla violazione, da parte dei magistrati, di specifiche norme processuali; c’è poi una manipolo di togati (11%) che è scorretto nei rapporti di lavoro, specialmente con il capo del suo ufficio più che con avvocati o poliziotti. Un’altra parte dei giudici (6%) compie "inerzie o negligenze" nella fase delle indagini e per questo finisce sotto inchiesta disciplinare. Anche i reggenti degli uffici giudiziari (5%) non sono senza macchia: vengono meno al dovere di "vigilanza" o organizzano male le "risorse umane e materiali". In base all’istruttoria sommaria condotta da Piazza Cavour, in 112 casi i togati sono stati rinviati a processo con la richiesta di fissazione dell’udienza dibattimentale davanti al Csm. Nell’ultimo anno Palazzo dei Marescialli ha assolto 45 magistrati, ne ha condannati 26, ha dichiarato estinti 17 processi in seguito alle dimissioni dei togati inquisiti e ha sospeso sei giudici dalle funzioni e dallo stipendio. In linea generale, per Favara, "per quanto concerne il rispetto da parte dei magistrati dei canoni di deontologia professionale, non sono ravvisabile serie ragioni di preoccupazione, poiché le violazioni accertate si sono mantenute nei limiti fisiologici di ogni categoria professionale". Infine il Pg auspica che la riforma dell’ordinamento non introduca l’obbligo dell’azione disciplinare ma si limiti a fissare la tipologia dei comportamenti deontologici da perseguire. Altrimenti, dice, "a questo Ufficio perverrà un enorme numero di notizie di possibile rilevanza disciplinare, in misura sicuramente superiore a qualsiasi realistica possibilità di rapido smaltimento". Firenze: delegazione di parlamentari in visita a Sollicciano
Nove da Firenze, 13 gennaio 2005
"Un elemento di continuità con i temi affrontati dal consiglio comunale aperto, del mese scorso nel carcere di Sollicciano e l’assunzione di un impegno maggiore per la risoluzione dei problemi dei detenuti, che permangono ancora gravi". Queste le affermazioni del presidente del consiglio comunale Eros Cruccolini, presente all’incontro di oggi nel carcere fiorentino, cui hanno partecipato l’onorevole Enrico Buemi, presidente del comitato carceri e l’onorevole Beatrice Magnolfi, componente della commissione giustizia della Camera. Ad accogliere i rappresentanti parlamentari una delegazione di detenuti, nella quale erano presenti per la prima volta anche rappresentanti della sezione dell’alta sorveglianza. "Il nostro impegno - ha aggiunto il presidente Cruccolini - è quello di rappresentare una serie di problematiche, sollevate dai detenuti, alla commissione giustizia della Camera, in modo che possano entrare a far parte dell’agenda parlamentare. Fra queste, da non dimenticare la situazione dei detenuti extracomunitari, impossibilitati a svolgere qualsiasi attività lavorativa, dopo aver espiato la pena, perché non dotati di regolare permesso di soggiorno". Interessante il contributo di un detenuto, che ha ricordato come spesso la legge italiana non tuteli da tante violenze invisibili, come quelle derivanti dalla mancanza di un’adeguata assistenza sanitaria e sociale, dovuta alla carenza di personale. Come pure desta preoccupazione la base d’asta per i pasti giornalieri (colazione, pranzo e cena), pari ad appena 1,58 euro. I parlamentari presenti si sono dichiarati disponibili a riportare i temi discussi in sede parlamentare ma anche a garantire una continuità d’informazione a riguardo. A seguito dell’incontro con i detenuti si è tenuto poi l’incontro con la delegazione dei rappresentanti dei sindacati della polizia penitenziaria e con gli avvocati dei detenuti. "È necessario intervenire per coprire tali carenze legislative - ha concluso il presidente del consiglio comunale - per sollecitare l’approvazione della legge sul garante dei detenuti e della legge sull’affettività ma anche per garantire il diritto alla salute, ad esempio attraverso la realizzazione di un reparto di degenza detentiva per eventuali ricoveri in ospedale, ancora inesistente". Germania: aspiranti giudici studiano carcerati dietro le sbarre
Secolo XIX, 13 gennaio 2005
Nel tentativo di collegare in modo sempre più stretto la teoria alla prassi, alla facoltà di diritto dell’università di Bochum hanno pensato che il modo migliore per spiegare e far capire agli studenti la complessità dei casi, che si troveranno a dover affrontare in futuro una volta entrati nella professione, sia quello di inviarli in carcere per osservare da vicino la realtà e le motivazioni psicologiche dei reclusi. Ed è così che gli studenti destinati a diventare in seguito giudici, procuratori della Repubblica e avvocati si recano dietro le sbarre ogni giovedì. Ad avere la brillante idea, che adesso sta facendo discutere tutta la Germania, è stato Thomas Feltes, titolare della cattedra di criminologia e di indagini di polizia nell’università della città della Ruhr. "È necessario che gli studenti di diritto imparino a conoscere per tempo ogni aspetto della professione che eserciteranno in seguito, ma da un altro punto di vista, vale a dire da quello delle persone che hanno a che fare con la giustizia", ha spiegato il professore. Ciò non vuol dire che i disciplinati studenti di Bochum debbano vivere ogni volta sulla loro pelle l’intera giornata di un detenuto, anche se il fatto di sperimentare che significhi rimanere reclusi per 23 ore al giorno in una cella piuttosto angusta contribuisce a fornire un quadro esatto della realtà carceraria. Uno degli elementi fondamentali del corso consiste nell’avere lunghe ed approfondite discussioni con i vari gruppi selezionati tra i 780 detenuti della casa di pena di Bochum, dei quali non possono comunque far parte le persone ritenute pericolose o quelle incarcerate per gravi delitti di natura sessuale. Per il resto, tra le cavie da studiare si trova di tutto, dal ladro, al trafficante di droga, fino all’uxoricida. L’aspetto principale da indagare è quello riguardante i motivi psicologici che hanno indotto una persona a commettere un reato o a diventare un criminale incallito. In questo modo chi si troverà un giorno a dover giudicare persone con percorsi umani analoghi potrà avere a sua disposizione parametri di valutazione più ampi. "È importante conoscere le biografie delle persone per capire quale è la causa scatenante di comportamenti criminali", spiega il professor Feltes. Uno dei test più interessanti per gli studenti è il cosiddetto "Lombroso-Test", dal nome del famoso criminologo italiano Cesare Lombroso, che nella metà dell’Ottocento compì profondi studi di antropologia criminale, cercando di stabilire una relazione tra la forma e le dimensioni del cranio dei condannati e l’inclinazione a commettere un crimine. In questa specie di gioco gli studenti di Bochum devono cercare di capire dalla faccia chi sono i veri detenuti, in mezzo ai quali si sono mischiati anche poliziotti, giudici e procuratori. E dai risultati ottenuti non sembra che ad avere la faccia più pericolosa siano spesso proprio gli inquilini del carcere locale. Quanto ai motivi che spingono invece questi ultimi a partecipare alle lunghe sedute-dibattito, sono piuttosto banali. Un recluso ammette di venire solo per ammirare qualche attraente studentessa, dato che in carcere le donne le vedono solo sulle foto. Cagliari: protesta agenti penitenziari, "non pensate solo ai detenuti"
L’Unione Sarda, 13 gennaio 2005
"Si pensa a costruire i campi di calcetto per i detenuti ma non si pensa mai alla situazione degli agenti di polizia penitenziaria. L’organico è ridotto ai minimi termini e proprio lunedì scorso un agente del carcere di Buoncammino è stato aggredito da un detenuto. Dieci giorni di cure mediche". La denuncia corre nelle parole di Alessandro Cara, uno dei segretari regionali del Sinape, il sindacato della polizia penitenziaria, che in un comunicato esprime il suo disappunto per gli episodi di violenza accaduti nei carceri dell’Isola: "la situazione degli istituti penitenziari sardi è preoccupante. La mancanza di personale crea disagi e situazioni d’estremo pericolo. In particolar modo bisogna evidenziare i fatti accaduti poco tempo fa nelle carceri di Cagliari, Iglesias e Alghero. Non meno di dieci giorni fa, nel penitenziario algherese, c’è stata l’evasione di due detenuti dovuta alla mancanza di personale addetto alla vigilanza. Per non parlare poi delle aggressioni agli agenti di polizia penitenziaria che sono state registrate nel carcere d’Iglesias e di Cagliari pochi giorni fa". Una situazione molto spesso incontrollabile: "Il nostro sindacato - sottolinea Alessandro Cara - intende segnalare questi episodi che ultimamente si stanno verificando negli istituti penitenziari dell’Isola. Dove il sovraffollamento dei detenuti e la carenza cronica degli agenti di polizia penitenziaria creano di fatto una situazione insopportabile. Il carcere cagliaritano di Buoncammino dal primo gennaio del 2002 ha perso 40 uomini che non sono stati rimpiazzati in alcuna maniera. Il dieci gennaio hanno deciso di mandare quattro nuovi agenti ma altre quattro persone sono andate in pensione. Non è cambiato niente". Un campanello d’allarme che ha messo in allerta anche Ignazio Artizzu, consigliere regionale di Alleanza Nazionale: "Esprimo la massima solidarietà per tutti gli agenti di polizia penitenziaria della Sardegna. Si parla spesso e giustamente delle condizioni dei detenuti ma nessuno ha mai pensato a chi lavora nei penitenziari sardi. Con il mio partito ci impegneremo ad affrontare questa triste situazione per cercare di trovare al più presto una soluzione". Giustizia: Salva-Previti approda in Senato pdl su recidive
Gazzetta del Sud, 13 gennaio 2005
Prende il via in commissione Giustizia del Senato l’esame della proposta di legge sulle recidive, cosiddetta "salva-Previti", e i poli già affilano le armi. Il centrosinistra annuncia che contro un provvedimento che "di fatto stravolge il codice e il processo penale solo per salvare una persona" l’opposizione sarà durissima. Il centrodestra invece, come spiega il relatore Guido Ziccone, difende il provvedimento e nega che si tratti di una norma "fotografia". Ieri, dopo la relazione di Ziccone, è cominciata la discussione generale che continuerà questa mattina. "Questa - dichiara il capogruppo dei Ds in commissione Guido Calvi - è una proposta di legge schizofrenica che nasce da una cultura repressiva e autoritaria improntata ad una visione tipica della destra. È un provvedimento che salva i potenti e infligge pene sempre più severe ai più deboli. Per un reato grave come l’usura la prescrizione del reato passa da 15 a otto anni, mentre per una contravvenzione aumentano da 3 a quattro anni". "Questa proposta di legge - aggiunge il senatore della Margherita Nando Dalla Chiesa - è la figlia di tutte le vergogne. Siccome tutte le altre non gli sono riuscite, ora ci provano con questa che tra tutte è la più devastante perché di fatto stravolge il processo penale con un unico obiettivo: salvare uno o due potenti dal carcere. Non è un provvedimento che colpisce la sensibilità di un qualche intellettuale girotondino, ma è una norma che colpisce al cuore la sensibilità dei cittadini, la loro richiesta di giustizia". Respinge ogni critica Guido Ziccone: "È una proposta di legge importante che incide su varie materie, dalla prescrizione all’ordinamento penitenziario, fino al calcolo della pena. Credo che in commissione ci sarà un confronto adeguato all’importanza del provvedimento e nego con forza che si tratti di un provvedimento ad hoc. I tempi? Vedremo durante la discussione generale e l’esame degli emendamenti quali saranno le proposte e l’atteggiamento dell’opposizione...". Questa mattina la commissione Giustizia del Senato comincerà anche l’esame della proposta di legge sulla diffamazione. Novi Ligure: paese "boicotta" film-documentario su delitto
La Provincia di Sondrio, 13 gennaio 2005
Ha voglia di dimenticare Novi Ligure che l’altra sera ha rivissuto, attraverso le immagini del film-documentario del regista torinese Guido Chiesa, la drammatica vicenda dell’uccisione di Susy Cassini e del figlio Gianluca De Nardo, il 21 febbraio 2001 nella loro villetta del Lodolino. Lo dice chiaramente il sindaco Lorenzo Robbiano, all’epoca dei fatti assessore: "La città ha voglia di vivere la sua vita come ha sempre fatto e invece continua a tornare alla ribalta per una vicenda drammatica, che ha certamente colpito tutti e fatto vivere ore di tensione. Ma Novi è la capitale del cioccolato, ha un museo del ciclismo unico a livello nazionale, tante industrie, attività artigianali e commerciali". La pellicola, che racconta le 48 ore successive al duplice delitto, quando si era creata la psicosi degli albanesi (cui veniva attribuita la colpa del massacro), è stata vista al Cinema Moderno da poche decine di spettatori; molti sono arrivati dopo, per vedere "Lavorare con lentezza", l’ultimo film dello stesso Chiesa. In sala nessun coetaneo di Erika, figlia e sorella delle vittime, e Omar, i responsabili di quel feroce duplice omicidio, condannati a 16 e 14 anni, dei quali si è tornati a parlare in questi giorni per il primo permesso-premio che potrebbero ottenere, dopo quasi quattro anni di carcere. Una possibilità, prevista dall’ordinamento penitenziario, che divide la città: a chi dimostra rispetto per la legge, si contrappone chi sostiene che i ragazzi devono rimanere in carcere e che la condanna è stata troppo mite per quanto hanno fatto. Ma in generale i novesi sono stanchi di essere sotto i riflettori. Graziano Moro, novese, consigliere provinciale, vedendo il documentario ha "rivissuto la stanchezza di quei giorni, quando prima si parlava di presunta responsabilità di slavi e albanesi, poi si tentava di inventare soluzioni terapeutiche per cercare risposte ad una vicenda drammatica". Per chi abita a Novi il film "ripropone momenti scontati", perché li ha vissuti e non dimenticati. "Novi chiede la massima normalità - aggiunge Moro - che significa tenere in piena considerazione ogni cosa, compreso il fatto che in questi giorni si sia riaccesa l’attenzione attorno al possibile recupero di Erika e Omar". Per il consigliere provinciale "la cosa migliore è il massimo rispetto per chi si deve occupare di questo aspetto e anche per la famiglia della ragazza". Ieri sera il film di Chiesa - intitolato "Sono stati loro. 48 ore a Novi Ligure" - è stato proiettato nella vicina Ovada e stasera concluderà il suo tour alessandrino a Tortona. Il documentario, realizzato con il contributo della Provincia, come sottolinea il vice presidente Daniele Borioli vuole essere "un momento di riflessione sullo spaccato di quell’ondata di panico collettivo che ha attraversato l’Italia in quei due giorni, 48 ore in cui sulla scia dell’emozione, forze politiche, organi di informazione, conversazioni private hanno prima delineato il nemico straniero in casa, per poi scoprire il nemico era tra le mura di casa". Piacenza: lavoratori disagiati, contributo 500.000 € da provincia
Sesto Potere, 13 gennaio 2005
Anche nel 2005 le piccole e medie imprese della provincia di Piacenza potranno usufruire dei contributi previsti dalla Legge Regionale 45/96. La Giunta Provinciale ha infatti approvato le modalità attuative per le agevolazioni la cui gestione è delegata alle Province. Per il 2005, la Provincia di Piacenza ha stanziato 500.000 euro. Le domande dovranno essere presentate entro il 31 0ttobre agli uffici della Amministrazione, secondo modalità indicate dai singoli bandi. La Legge prevede contributi a fondo perduto per diverse tipologie di lavoratori: portatori di handicap iscritti nelle liste provinciali per l’avviamento obbligatorio di cui alla legge 68/99 (gli importi dei contributi variano da € 5.600,00 a € 15.493,00 a seconda delle caratteristiche dell’intervento; persone in situazione di disagio sociale), ex detenuti o detenuti ammessi a lavoro esterno o a regime di semilibertà e detenuti ammessi al lavoro all’interno del carcere (se assunti da impresa privata o cooperativa); e persone in trattamento curativo per tossicodipendenza o alcoolismo (gli importi dei contributi variano da € 7.500,00 a € 15.329,00 a seconda delle caratteristiche dell’intervento). Altri contributi sono previsti per l’assunzione a tempo indeterminato di lavoratori di età superiore a 40 anni iscritti nelle liste di mobilità, ammessi al trattamento di Cigs, in stato di disoccupazione da almeno 12 mesi. Per potere accedere ai contributi, le imprese devono essere in possesso dei requisiti di media e piccola impresa in base alla disciplina prevista dall’Unione Europea e non avere effettuato licenziamenti, per ragioni diverse dalla giusta causa o giustificato motivo, nei due anni precedenti alla domanda di contributo. La Legge opera nella nostra provincia dal 1997 ed ha conosciuto un particolare impulso dal 2000, da quando, cioè, le Province hanno potuto operare in piena autonomia nella fase istruttoria, nella determinazione dell’entità delle risorse da impegnare e nella loro gestione. La presentazione delle istanze avviene senza pesantezze burocratiche, imprese e lavoratori possono in tempo reale conoscere lo stato della pratica, la liquidazione dei contributi è rapida. Dal 2000 ad oggi, la Provincia di Piacenza ha erogato per ogni anno dai 500.00 ai 700.000 Euro. L’articolazione delle fasce di contributo privilegia le situazioni con maggiore difficoltà di inserimento lavorativo e tenta di integrare e raccordare le provvidenze previste dalla L.R. 45/96 con le agevolazioni derivanti dalla legislazione nazionale in una logica di efficacia ed equità dell’intervento. Le domande riferite all’art. 8 devono essere presentate prima dell’assunzione, quelle riferite all’art. 9 entro il 31 Ottobre 2005. Dopo tale data, per entrambi gli articoli avrà inizio l’istruttoria delle domande e la compilazione delle graduatorie. Nei mesi immediatamente successivi avverrà la liquidazione dei contributi. Le domande devono essere presentate presso gli uffici Protocollo dell’Amministrazione Provinciale, Borgo Faxhall - P.le Marconi o Via Garibaldi 50, Piacenza. Per informazioni, lavoratori e imprese si possono rivolgere agli Uffici di Borgo Faxhall - P.le Marconi, Piacenza, ai Centri per l’Impiego di Piacenza, Fiorenzuola, Castelsangiovanni, Bettola, Bobbio e all’Ufficio Collocamento mirato disabili, Piacenza. Sul sito internet www.provincia.pc.it e presso gli uffici di cui sopra sono disponibili i bandi riportanti modalità attuative, tempi, requisiti e moduli per la presentazione delle istanze. Castelli: nuovo ordinamento non basta, serve riforma più ampia
La Padania, 13 gennaio 2005
Secondo il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, la relazione del Pg della Cassazione in occasione dell’inaugurazione dell’Anno giudiziario per la prima volta contiene una novità: "Ha illustrato luci e ombre, ma mi pare che per la prima volta le luci siano superiori alle ombre". Castelli fa notare: "Fino al 1990 il sistema si è basato sull’amnistia. Altro che prescrizioni... Era un sistema che tagliava centinaia di migliaia di processi penali". La "strada maestra" da seguire, ribadisce il Guardasigilli, è "la velocizzazione dei processi da un lato e, soprattutto, dobbiamo cercare di far arrivare in tribunale i reati più gravi". Per questo la riforma dell’ordinamento giudiziario non basta: "Non c’è il minimo dubbio: ora occorre riformare ampiamente il sistema". Luigi Vitali (FI): "c’è una visione autoritaria dello Stato"…
Corriere della Sera, 13 gennaio 2005
Oggi riprende al Senato il dibattito sulla "legge Cirielli" che, con alcune esclusione, accorcia i tempi in cui i reati vanno prescritti. In commissione ci sarà il neo sottosegretario Luigi Vitali (FI) che, dopo alcune rinunce, è diventato una sorta di custode parlamentare della cosiddetta "Salva Previti".
Onorevole, il Pg Favara ci è andato giù pesante sul tema della prescrizione. Che ne pensa? "Relazione equilibrata, ma non posso condividere assolutamente quel passaggio".
Favara parla di processo "fulminato". "Chiaramente questa è una visione autoritaria dello Stato che non può coincidere con la nostra. Soltanto i regimi autoritari concedono allo Stato la pretesa punitiva assoluta imprescrittibile. Invece deve esserci un tempo ragionevole, certo, nel quale il cittadino deve essere processato".
Ma la legge Vitali, ora all’esame del Senato, interviene sui processi in corso. "Abbiamo reso la prescrizione uguale per tutti e accertabile a priori e in maniera oggettiva. Adesso, però interverremo anche sulla procedura: oggi ci sono le cosiddette nullità assolute che possono essere eccepite in ogni grado del processo e ne provocano la nullità".
Il pg prevede un aumento delle impugnazioni. "Non dice una cosa completamente esatta. Secondo noi, se la parte deve eccepire qualcosa deve farlo subito evitando che il processo vada avanti per poi farlo saltare in appello. E c’è anche la necessità di reintrodurre l’obbligo dell’avviso di garanzia: va stabilito con certezza quando il pm deve iscrivere il soggetto nel registro degli indagati perché oggi i pm procedono un anno contro ignoti e poi, quando hanno elementi, "iscrivono". Infine, va stabilito con certezza quando il pm deve chiedere il rinvio a giudizio. Ecco, se noi sommiamo questi tempi è ovvio che si arriva al dibattimento quando il 50 per cento del tempo è trascorso. Qui bisogna intervenire". Milano: dormiva nel parco, immigrato muore di freddo e stenti
Corriere della Sera, 13 gennaio 2005
Era riverso sul vecchio materasso che usava come letto di fortuna, appoggiato sull’erba ghiacciata. Accanto, una bottiglia di vodka ormai quasi vuota. Così ieri pomeriggio è stato trovato il corpo di un clochard polacco di circa 50 anni, morto qualche ora prima senza che nessuno potesse soccorrerlo. È successo nel parco pubblico in via Giulio Aristide Sartorio, all’Ardeatino, dove un giovane appartenente ad un’associazione di volontariato si è recato poco prima delle 17 proprio per sincerarsi delle condizioni di salute dello straniero, da tempo in precarie condizioni di salute, e lo ha invece trovato senza vita. Il cadavere del polacco era all’interno della tenda che lui stesso aveva montato da pochi giorni in una parte isolata del giardino, fra alberi e cespugli, dove nelle ultime notti la temperatura è scesa più volte sotto lo zero. È stato proprio il volontario a dare l’allarme, ma ormai per il polacco non c’era più nulla da fare. Sul posto sono intervenuti gli agenti del commissariato Tor Carbone che hanno transennato la zona mentre il medico-legale eseguiva l’esame esterno del corpo. Secondo lo specialista il decesso sarebbe avvenuto per cause naturali, anche se per avere risposte definitive bisognerà attendere i risultati dell’autopsia prevista per domani all’istituto di medicina legale dell’università La Sapienza. Non viene comunque esclusa l’ipotesi che, oltre che dalle precarie condizioni fisiche dell’uomo, la morte del senzatetto possa essere stata provocata dal freddo intenso. In mattinata, come hanno riferito alla polizia altri emarginati che frequentano il parco, il polacco era stato notato barcollare intorno alla sua tenda con la bottiglia di vodka in pugno. Quando è stato colto da malore, probabilmente tre-quattro ore prima del ritrovamento del cadavere, l’uomo era forse ubriaco. Con la morte del barbone all’Ardeatino salgono così a tre i decessi di senzatetto dall’inizio dell’anno. Gli ultimi due casi sono avvenuti la settimana scorsa al Casilino, dove è stato trovato carbonizzato il corpo di un romeno deceduto nell’incendio della sua baracca all’interno di un cantiere edile, e alla Giustiniana, dove un suo connazionale di 56 anni ha trovato una fine orribile in un cassonetto dei rifiuti. Proprio su questo episodio sono ancora in corso indagini dei carabinieri, che escludono l’ipotesi dell’omicidio. Sempre da Capodanno, invece, sono decine le segnalazioni raccolte ogni notte dalle forze dell’ordine su persone senza fissa dimora in difficoltà a causa della temperatura rigida, degli stenti e dello stato d’abbandono. E questa mattina alle 9 si terrà a Santa Maria in Trastevere il funerale di Leonardo Zizzari trovato morto pochi giorni fa su un marciapiede di via San Francesco a Ripa. Roma: venditore "Terre di mezzo" accoltellato a Torre Argentina
Terre di Mezzo, 13 gennaio 2005
"Terre di mezzo", il giornale di strada, denuncia la sanguinosa aggressione subita domenica 9 gennaio, nel pomeriggio, da C.K. venditore del giornale, in pieno centro a Roma. Una coltellata inferta dopo un diverbio a sfondo razzista, in cui C.K. ha avuto la sola colpa di far valere civilmente le sue ragioni. "Un’aggressione che a nostro avviso ha caratteristiche di razzismo e intolleranza molto gravi - dice Carlo Giorgi, direttore di Terre di mezzo -, un episodio che ci aspettiamo sia stigmatizzato e condannato con forza anche dalle autorità cittadine. I nostri venditori lavorano da anni sulle strade di Roma, Milano, Genova, Trieste e di diverse altre città italiane. Il loro è un lavoro legale, previsto dalla legge sull’editoria (decr. leg. n. 170, 24.4.2001) e chi lo sceglie spesso lo preferisce ad altre forme di ambulantato invece irregolari. Terre di mezzo è uno strumento concreto di lotta alla povertà e di maggiore integrazione per gli stranieri. Anche per questo è tanto più grave l’episodio capitato a C.K". L’aggressione avviene domenica 9, alle ore 18 circa, davanti alla libreria Feltrinelli, a Largo di Torre Argentina, in pieno centro. Mentre C.K. sta vendendo libri e giornali assieme ad alcuni connazionali, un uomo dall’età apparente di 30 anni, jeans e giubbotto, comincia ad apostrofare i venditori di strada: "Sporchi negri tornatevene a casa vostra". C.K reagisce dicendo: "Come ti permetti di dire così?". Il tizio gli si avvicina estrae un coltello a serramanico e lo affonda nella coscia sinistra di C.K. che cade a terra chiedendo aiuto. L’aggressore fugge, inseguito solo da altri venditori, i quali (molto più avanti, quasi a campo dè fiori) lo sentono chiamare da un motorino "dai vieni salta su". La Polizia, sopraggiunta su segnalazione dei passanti, accompagna C.K. all’ospedale S. Spirito. Il referto medico del 9.1 ore 18.36 recita: "ferita da taglio su coscia sinistra laterale; medicazione, sutura e prescrizione terapia antibiotica. 10gg di prognosi, medicazioni periodiche in ospedale". C.K ha sporto denuncia-querela al Commissariato RM1 Trevi-Campo Marzio e in data 10.1 alle ore 16.20. Si uniscono alla denuncia di "Terre di mezzo" ed esprimono solidarietà ai venditori del giornale: Acli, Arci Roma, Caritas italiana, Casa dei diritti sociali, Centro Astalli, ass. Chiama l’Africa, Cir (Consiglio italiano per i rifugiati), Cipax (Centro interconfessionale per la pace), Cser (Centro studi smigrazione Roma), Fondazione Don Luigi Di Liegro, ass. Giufà, ass. Insieme nelle Terre di mezzo, Opera nomadi, Rivista del Volontariato, Sinnos Editrice, Ucsi (Unione Cattolica Stampa Italiana) Lazio. Per maggiori informazioni: Terre di mezzo, Carlo Giorgi, tel.02-48.95.30.31. cell.347-81.01.823. Sabina Eleonori, cell. 333.3939193. Rovigo: una nuova "guida" per gli ex detenuti…
Il Gazzettino, 13 gennaio 2005
Le mani si stringono non solo l’una con l’altra, ma anche sulle penne per siglare l’intesa che sancisce l’impegno ad attuare un piano per il reinserimento sociale dei detenuti prossimi all’uscita dal carcere. L’atto sancisce un ulteriore momento del tavolo nato nell’aprile dell’anno scorso, che riunisce realtà pubbliche e del volontariato per definire progetti sul recupero sociale dei carcerati. "Già abbiamo fatto un progetto per la mediazione culturale in carcere - ricorda l’assessore Gianni Saccardin - poi per gli inserimenti lavorativi. Infine un corso di formazione per operatori e volontari, che ha avuto gran successo: ci aspettavamo una ventina di persone, erano oltre cinquanta". Ora nasce un gruppo di lavoro di operatori che sei mesi prima dell’uscita dal carcere della persona, attuano dei programmi specifici per il reinserimento e accompagnano il percorso post-detentivo con verifiche periodiche". A questo lavoro partecipano l’Ulss 18, la direzione della Casa circondariale, il Centro servizi sociali per adulti di Padova, il Centro territoriale per l’educazione permanente e il coordinamento degli assistenti volontari, ma al tavolo sono attivi anche la San Vincenzo, Porta Verta e il Centro francescano d’ascolto. "L’intesa dà operatività all’accompagnamento dopo la dimissione, un impulso a quanto la legge prevede", sottolinea Antonio Ciotti, del Cssa, che tra l’altro a settimane conta di avere la sede anche a Rovigo "per essere più presenti sul territorio". Alberto Poirè, direttore dei servizi sociali dell’Ulss, evidenzia che "l’uscita dal carcere significa riacquisire i diritti civili. Ma come si attua? In Veneto non esistono tavoli ampi come questo, che rappresenta la società con la quale l’ex detenuto si deve riconciliare". Tra le linee seguite già negli altri progetti c’è la formazione, perché come sostiene il dirigenti dei servizi sociali del Comune Giuliano Casonato, "va costruito un quadro organico di servizi e fondamentale è dare il lavoro: il reinserimento viene dall’autosufficienza della persona". Così il Ctp, guidato da Marinella Longhi, è attivo a portare la scuola in carcere, e l’Iripa della Coldiretti, rappresentata da Giorgio Rocchi, insegna lavori come la manutenzione del verde. Il corso ultimo, seguito da Floriana Nicolè, funzionario del Sociale del Comune, è servito "a condividere le conoscenze tra operatori e volontari. Le reti migliorano gli interventi". "In una delle prime visite da sindaco in carcere - chiude Paolo Avezzù - espressi l’auspicio che non ci fossero due città, una dentro e una fuori, ma una sola, fatta di solidarietà e sussidiarietà. Questa intesa è un esempio importante". Droghe: Federazione Comunità Terapeutiche; "legge Fini da cambiare"…
Vita, 13 gennaio 2005
Ieri alle 15.00, il Sac. Egidio Smacchia, in qualità di Presidente della Federazione Italiana Comunità Terapeutiche - FICT, è stato invitato all’audizione sulle tematiche attinenti ai disegni di legge nn. 2953, 44, 488, 1113, 1322, 2599, 2922, 2985, presso l’Ufficio di Presidenza delle Commissioni riunite 2° (Giustizia) e 12° (Igiene e Sanità) del Senato della Repubblica. La FICT ha espresso la propria posizione in materia di tossicodipendenze rappresentando 48 Centri dislocati in tutta Italia con oltre 600 servizi per tossicodipendenti, malati di Aids, cocainomani, doppia diagnosi, detenuti in carcere, donne tossicodipendenti con bambini, minori, giocatori d’azzardo. La Federazione Italiana Comunità Terapeutiche ha presentato un documento, in cui si afferma che:
La finalità ultima dell’intervento sanzionatorio, sia esso amministrativo o penale, dovrà in ogni caso essere il recupero della persona prevedendo la possibilità del suo inserimento in un programma di recupero.
Verona: Tiziana Valpiana; "i detenuti costretti a fare la fame"
L’Arena di Verona, 13 gennaio 2005
Colazione, pranzo e cena messi insieme non devono costare più di 1,43 euro. Sì, avete letto bene. Un euro e 43 centesimi, meno di un cappuccino e brioche al bar. Tanto vale il vitto di un detenuto della casa circondariale di Montorio, come ha avuto modo di appurare ieri pomeriggio l’onorevole Tiziana Valpiana (Rifondazione), che ha effettuato un sopralluogo alla struttura assieme al collega di partito, capogruppo in consiglio comunale, Fiorenzo Fasoli. "Molti detenuti", confida la parlamentare, "si sono lamentati del cibo. Facciamo la fame, mi hanno detto senza mezzi termini. Così ho voluto approfondire la questione e ho scoperto che la ditta che si è aggiudicata l’appalto della fornitura del vitto per i detenuti ha offerto 1,43 euro al giorno per ospite. Una somma che trovo assolutamente inadeguata. Chi ha famiglia o lavora può comprare qualcosa extra per nutrirsi, ma chi si ciba di quel che passa l’organizzazione penitenziaria fa la fame. E non mi sembra umanamente accettabile". Quella del vitto non è l’unica carenza che la parlamentare ha registrato nella sua dodicesima visita all’interno della casa circondariale. "Le conseguenze dei tagli imposti dal governo sono evidenti, si deve risparmiare su tutto. Alcuni esempi, per inquadrare la situazione. I mezzi della polizia penitenziaria sono fermi in garage: non ci sono soldi per fare la manutenzione e acquistare la benzina. Avere meno soldi in cassa significa poi tagliare sull’acquisto di carta igienica e detersivi per fare le pulizie. Vuol dire anche poter pagare solo tre ore, anziché le abituali sei, ai detenuti che si occupano delle pulizie interne: ma in tre ore cosa e come si può pulire? Il carcere è un luogo di pena, ma anche di recupero: ma cosa si può recuperare, in assenza di qualità minime di dignità? Penso che nessun giudice infliggerebbe a un detenuto la pena di vivere in un ambiente così degradato, dove l’esasperazione può diventare esplosiva". Unica nota positiva riscontrata dalla parlamentare, l’aumento del personale di polizia penitenziaria: "Trenta elementi in più, ma siamo ancora sotto organico, considerando che a Montorio sono attualmente detenuti 654 uomini e 42 donne". La parlamentare di Rifondazione tira poi le orecchie ai veronesi: "Riscontro il totale disinteresse della città alle problematiche connesse alla casa circondariale. Non c’è un segnale stradale a indicare dove si trovi. I parenti dei detenuti, quando arrivano a Verona, non sanno dove andare. In carcere arrivano pochi volontari e anche all’esterno si fa poco per i detenuti. Penso a una raccolta di abiti usati, ad esempio. A Montorio ci sono anche dei poveretti che non hanno di che vestirsi e hanno bisogno di tutto". Nuoro: riapre il centro servizi, un aiuto per i soggetti svantaggiati
L’Unione Sarda, 13 gennaio 2005
Martedì prossimo riapre il Centro servizi, costituito da sportelli di formazione e orientamento per il mondo del lavoro, che sono a disposizione dei soggetti definiti svantaggiati. Questo servizio è stato attivato nel marzo 2004 in paese e ha visto entrare nel gruppo i Comuni di Nuragus, Nurallao, Villanovatulo, Asuni e Samugheo, quest’anno si aggiungono anche Isili e Genoni. Il progetto di natura sperimentale è finanziato dalla Regione con i fondi Por, ci lavorano 5 persone di cui 2 operatori e tre specialisti: una sociologa, una psicologa del lavoro e una tutor commercialista. Il servizio ha dovuto affrontare delle difficoltà nel primo periodo, in quanto mancava l’informazione sul tipo di servizi che venivano forniti. "Ci scambiavano per un ufficio di collocamento, si veniva qui speranzosi di trovare lavoro, o per il servizio di informagiovani - spiegano gli operatori - c’è molta diffidenza, e considerando che il nostro servizio è rivolto a soggetti disabili, ex tossicodipendenti, alcolisti, ex detenuti e altri soggetti svantaggiati sicuramente non è facile operare nel territorio. Ci si è resi conto dei problemi esistenti e di come ci si nasconde dietro un muro fatto di silenzi". Il lavoro ha avuto dei riscontri positivi grazie alla preziosa collaborazione degli operatori sociali dei vari Comuni che hanno indirizzato le persone che necessitavano di questo supporto alla struttura del Centro servizi. Durante il primo anno gli utenti sono stati un centinaio, si possono riportare alcuni successi come i casi della partecipazione di una decina di loro ai tirocini formativi in alcuni enti, l’approvazione di un progetto per lo svolgimento di attività culturali che coinvolgano i giovani. Importante è stata l’edizione del Job-club a Nuragus e ad Asuni la scorsa estate, si tratta di una serie di incontri tra gruppi di auto-mutuo-aiuto, persone con le stesse esperienze nel mondo del lavoro che manca, che si raccontano e utilizzano il gruppo come strumento di cambiamento. Tolmezzo: detenuto liberiano ferisce due agenti con la scopa
Il Gazzettino, 13 gennaio 2005
Un detenuto di nazionalità liberiana del carcere di Tolmezzo ha aggredito ieri un ispettore e un assistente della polizia penitenziaria, durante il suo trasferimento a un’altra sezione. Secondo una prima ricostruzione dei fatti, l’uomo avrebbe espresso la propria contrarietà allo spostamento di reparto. In un primo tempo avrebbe cercato di fare resistenza passiva, successivamente si è impossessato di una scopa e di uno sgabello con i quali ha dapprima minacciato e poi colpito i due agenti che hanno cercato di disarmarlo. L’assistente ha riportato ferite ad una mano, giudicate guaribili in qualche giorno, mentre l’ispettore è stato colpito alle gambe. I sanitari hanno diagnosticato sospette lesioni ai legamenti, guaribili almeno in un mese. La direttrice dell’istituto di pena, Silvia Della Branca, ha annunciato che nei confronti dell’aggressore saranno assunti provvedimenti disciplinari. Un rapporto sulla vicenda è stato trasmesso alla Procura della repubblica di Tolmezzo, per l’appendice di carattere penale. Non sarebbe la prima volta, secondo quanto si è appreso, che il detenuto si rende protagonista di episodi di violenza. Napoli: Favara; "molti camorristi ricorrono alla Cirami"
Il Mattino, 13 gennaio 2005
Troppe riforme inutili rischiano di mettere in ginocchio il nostro sistema processuale. È il parere del giudice Giustino Gatti, presidente della quarta Corte di Assise di Napoli, che accetta di affrontare i temi della relazione del pg presso la Cassazione Francesco Favara. Come funziona il processo penale italiano? "Per i giuristi giapponesi il nostro sistema è un modello, tanto che hanno deciso di studiare il funzionamento della Corte d’Assise prima di introdurre anche da loro la giuria popolare". Ed è realmente un modello? "Penso che si stia facendo di tutto per distruggere gli aspetti positivi a colpi di riforme che non risolvono i problemi ma anzi in alcuni casi li acuiscono". Ad esempio? "La nostra difficoltà principale è la lentezza dei processi. Nessuna delle leggi fin qui approvate incide su questo punto. Altre norme, come la Cirami sul legittimo sospetto, ha prodotto un unico risultato: tutti i camorristi provano a ottenere il trasferimento del giudizio altrove. Poi non ci riescono, ma intanto è tempo che passa". Perché i processi non si riescono a celebrare rapidamente? "La Corte d’Assise, già per sua natura, funziona più lentamente anche per la presenza dei giudici popolari. Qui da noi si aggiungono altri fattori: le strutture per le videoconferenze sono ferme alla fine degli anni ‘90 e il collegamento è disponibile solo una volta alla settimana. Gli apparecchi per la registrazione stenotipica scarseggiano e ogni mattina sono oggetto di caccia grossa. Il Palazzo di Giustizia del Centro direzionale è già inadeguato". Un altro problema riguarda le scarcerazioni per scadenza dei termini. "Vale lo stesso discorso di prima. Nella situazione attuale basta un minimo intoppo per far saltare un’udienza. Mi è capitato di dover rinviare un processo perché un detenuto, trasferito dal carcere di Secondigliano a quello di Ancona, non era stato tradotto in tempo a Napoli. E non è certo un caso isolato". Il pg Favara ha ricordato la diffusa omertà che si respira a Napoli e in Campania. "Nei processi di camorra si avverte spesso la frustrazione per una verità che si percepisce ma che non diventa prova. Però il nostro compito è applicare le norme. E il giudice non deve cedere alla tentazione di trasformarsi in giustiziere". Criminalità: progetto di teledidattica per il mezzogiorno
Sesto Potere, 13 gennaio 2005
La Dgsia del ministero della Giustizia ha stipulato il contratto con il raggruppamento di imprese aggiudicatario della gara per il progetto di Teledidattica, un’iniziativa promossa e finanziata nell’ambito del Programma operativo nazionale Sicurezza per lo sviluppo nel Mezzogiorno. I destinatari dei corsi, che avranno come tema la sicurezza informatica e che si svolgeranno in parte in aula e in parte in modalità e-learning, sono i dipendenti degli Uffici giudiziari, del DGM, del DAP e della Polizia penitenziaria nelle regioni Obiettivo 1. Il programma PON Sicurezza (Programma Operativo Nazionale "Sicurezza per lo Sviluppo del Mezzogiorno d’Italia 2000-2006") è parte del Quadro Comunitario di Sostegno italiano per le regioni Obiettivo 1, identificate, sulla base di parametri di sviluppo stabiliti in sede comunitaria, nelle regioni del Mezzogiorno. In particolare l’Obiettivo 1 interesserà le regioni in ritardo di sviluppo, il cui PIL pro capite è inferiore al 75% della media comunitaria. Il Programma Operativo, di cui è titolare il ministero dell’Interno vede la partecipazione, a diversi livelli, di altre amministrazioni pubbliche, tra cui il ministero della Giustizia–DGSIA. L’obiettivo generale del progetto è quello di garantire nelle regioni meridionali un livello di sicurezza pari a quello delle regioni del nord al fine di favorirne lo sviluppo. Nell’ambito di tale programma sono ammesse a beneficiare per il periodo 2000-2006 le seguenti regioni: Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna. Il Quadro Comunitario di Sostegno ed i relativi Programmi Operativi sono stati definiti durante un processo di programmazione, valido per il periodo 2000-2006, che ha visto coinvolti la Commissione europea, le amministrazioni centrali e regionali, le parti economiche e sociali. Il ministero della Giustizia-DGSIA è attualmente titolare della Misura I.4. "Potenziamento tecnologico del sistema informativo per la giustizia". Inoltre, nell’ambito della Misura I.5. "Risorse umane per la Sicurezza", di cui è titolare il ministero dell’Interno, la DGSIA è chiamato a realizzare un progetto di formazione, il "Progetto Teledidattica", il cui fine è l’aggiornamento professionale e la formazione del personale dell’Amministrazione giudiziaria, per adeguare il profilo degli operatori nel settore della sicurezza e consentire di conseguire il patentino Europeo d’informatica Ecdl (European Computer Driving Licence). Sulmona: suicidio sindaco, non censurabili pm e gip
Repubblica, 13 gennaio 2005
Non è censurabile il comportamento tenuto dal pm e dal gip che si occuparono dell’inchiesta nell’ambito della quale venne arrestato il sindaco di Roccaraso, Camillo Valentini, poi suicidatosi nel carcere di Sulmona. Lo ha stabilito la Prima Commissione del Csm che perciò ha proposto al plenum di archiviare il fascicolo che era stato aperto sui due magistrati. Il Csm era intervenuto in conseguenza delle polemiche scoppiate sulla vicenda. E aveva puntato l’attenzione sul pm Maria Teresa Leacche, che aveva chiesto l’arresto del sindaco per concussione aggravata e calunnia e che subito dopo aveva preso un anno di aspettativa e sul gip Luigi D’Orazio che avrebbe dovuto interrogarlo proprio nel giorno del suicidio. Obiettivo principale verificare se rispondesse a verità l’accusa mossa ai magistrati di non aver voluto ascoltare Valentini. Un’accusa che è risultata priva di fondamento dagli accertamenti compiuti dalla Prima Commissione: l’interrogatorio del sindaco di Roccaraso non ci fu, hanno stabilito i consiglieri, non per colpa dei due magistrati, ma per la semplice circostanza che il difensore di Valentini, una volta fissata la data, ne aveva chiesto il rinvio. Iran: per Afsaneh, condannata a morte, c’è la grazia
Il Messaggero, 13 gennaio 2005
Un gruppo di parlamentari iraniane, impegnate nel difendere la "dignità della donna iraniana", ha vinto una battaglia nella guerra contro un regime misogino e incline a strumentalizzare la legge coranica per dominare la popolazione femminile e far abortire ogni riforma sociale. Nella sua fredda e buia cella, prima in un carcere di Bandar Abbas, nel sud dell’Iran, e poi a Teheran, dove abitano suo marito e suo figlio, Afsaneh Nowrouzi, 39 anni, non sapeva che la sua sorte era diventata la ragione di lotta di molte associazioni iraniane impegnate nella difesa dei diritti umani, e anche di organizzazioni europee, come "Donne in Nero". Due anni fa, grazie alla europarlamentare Luisa Morgantini, una campagna di solidarietà con Afsaneh aveva permesso di raccogliere centinaia di firme, spedite all’ambasciata dell’Iran a Roma, per chiedere alle massime autorità religiose iraniane di intervenire per salvare la donna dall’impiccagione. La Corte suprema di Teheran aveva infatti respinto un anno fa il ricorso della Nowrouzi che ha sempre sostenuto di aver ucciso a coltellate il suo aggressore per difendersi dello stupro. I fatti erano avvenuti nel 1997, mentre Afsaneh si trovava con la sua famiglia nella casa del capo dei Servizi di sicurezza della Polizia dell’isola di Kish, nell’Iran meridionale. La donna aveva affermato, al suo arresto, che aveva agito per difendersi dall’uomo che voleva violentarla, approfittando dell’assenza del marito. Ma la Corte ha ritenuto valida la tesi dell’accusa che affermava che la Nowrouzi e suo marito, incarcerato per tre anni, avevano fomentato una vendetta ai danni dell’uomo. Nessuna attenuante fu concessa alla giovane donna che fu condannata alla pena capitale. Afsaneh è rimasta sette anni in carcere, nel braccio della morte, mentre l’organizzazione per la difesa dei diritti umani Amnesty International lanciava una campagna per salvarla, interpellando il leader supremo dell’Iran, l’ayatollah Sayed Ali Khamenei. "La nostra redazione ha portato avanti una tenace campagna di solidarietà, durata anni, per salvare Afsaneh Nowrouzi. Alla fine siamo riusciti a convincere la famiglia della vittima a concedere la grazia", ci spiega il corrispondente del quotidiano riformista Etemaad Farhad Pezeshki. Secondo la legge islamica (la Dyah) un colpevole può essere salvato se viene perdonato dai figli maggiorenni. La famiglia dell’uomo ha così deciso di graziare la donna che sarà perdonata se pagherà un risarcimento di 500 milioni di rial iraniani (45 mila euro). Ma se la Dyah fa cadere il "diritto di sangue" di fronte a una somma di denaro, spesso simbolica, non fa cadere il diritto dello Stato, precisano i giuristi musulmani, che può comunque decidere di perseguire il colpevole, secondo la legge penale. Nonostante tutto, è una bella vittoria delle donne e dei progressisti iraniani. In queste società prive di democrazia spesso le donne che uccidono per difendersi da aggressioni sessuali sono processate e condannate come veri killer. Raramente, vengono loro concesse le attenuanti. Le loro dichiarazioni non sono prese sul serio, soprattutto se l’aggressore è potente. Giustizia: raddoppiare numero magistrati e dare più mezzi
L’Opinione, 13 gennaio 2005
La musica non cambia, siamo alle solite: il "cahier de doléance" è lo stesso dello scorso anno, forse è un po’ più lungo. Parliamo dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2005, che martedì 11 gennaio è andata in scena nell’Aula Magna della Corte di Cassazione. Nel bilancio dello Stato non ci sono soldi per l’"emergenza giustizia", mentre aumentano, in modo abnorme, i costi che il cittadino è costretto a pagare per un servizio inefficiente, che non dà neppure la certezza che il processo penale o la causa civile che ha promosso vada in porto e quindi che il risultato ne ripaghi i costi. 8 milioni e mezzo di processi civili e penali schiacciano 9500 magistrati ed esasperano centinaia di migliaia di cittadini. Favara è preoccupato da una parte che la lunghezza del processo civile rischia di determinare la "fuga dei cittadini da questo tipo di procedimento, come forse è confermato dal minor numero di nuovi processi che si è registrato lo scorso anno", e dall’altra che la legge che taglia i tempi della prescrizione potrebbe vanificare i processi penali, mentre lo scorso anno aveva chiesto l’"allungamento dei termini di prescrizione". Quella del dott. Favara, è, quindi,una relazione che contraddice il comportamento del governo, senza dare alcun apporto costruttivo. Non ci sono spazi sufficienti né per i giudici né per gli avvocati: la foto, scattata nel Tribunale di Roma, di quell’avvocato che redige il verbale di udienza utilizzando le spalle del collega ha fatto il giro del mondo, raddoppiando, se non triplicando, i 9500 magistrati in servizio, mediante massicce assunzioni con concorsi che garantiscano severe selezioni, ed aumentando gli organici degli ausiliari, fornendo macchinari ed attrezzature adeguate per lo svolgimento dei processi. La giustizia di questo paese, poi, non conosce, e quindi non applica, la "Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo" del 1950. L’Italia è al primo posto per numero di condanne inflitte dalla Corte di Strasburgo non solo per lungaggine dei processi, ma anche e soprattutto per "ingiusta detenzione". È noto ormai che ci sono GIP e PM che dimenticano in carcere i loro arrestati, anche quando sono scaduti i termini della custodia cautelare. Per non dire delle indagini preliminari infinite, come quella che si svolge presso un Tribunale calabrese, in cui il pubblico ministero chiede la proroga dei termini ed il GIP non si pronuncia, e di questo passo si è arrivati alla terza richiesta, ed intanto sono trascorsi oltre dodici mesi. Si sostiene, altresì, la dilatorietà dell’80% dei ricorsi in Cassazione. Sarà pure vero, ma cosa si può dire di quella condanna all’ergastolo inflitta da una Corte di Assise sulla base di una intercettazione ambientale, la cui trascrizione è stata "interpretata, in modo palesemente errato? L’obiettivo deve essere il processo garantito per tutti come regola e non come eccezione. Biella: interpellanza consiglieri radicali su ispezione carcere Biella
Agenzia Radicale, 13 gennaio 2005
L’interpellanza reca come primo firmatario Bruno Mellano (presidente gruppo consiliare radicale). Seguono le firme di: Carmelo Palma (radicali); Marisa Suino e Wilmer Ronzani (DS); Rosa Anna Costa (UDC); Enrico Moriconi (Verdi); Pino Chiezzi (Comunisti Italiani); Mario Contu (Rifondazione); Giancarlo Tapparo (gruppo misto). Nel documento si riportano i fatti accaduti nella Casa Circondariale di Biella lo scorso 20 dicembre: un’ispezione nei confronti dei 14 detenuti reclusi nella sezione EIV (Elevato Indice di Vigilanza) ha comportato la requisizione di buona parte delle suppellettili di proprietà dei reclusi, giudicate "eccessive"; in particolare, risulta agli interpellanti che sono state requisite ad ogni cittadino detenuto: tutte le posate, ad eccezione di un cucchiaio, un coltello e una forchetta; scatole di detersivo; un vasetto di miele; le pentole per le torte; i bloc notes; la posta personale; tutte le riviste e i libri, esclusa la Bibbia, ma compresi il codice carcerario e il codice penale; le foto dei familiari; gli atti giudiziari; i francobolli; i quotidiani; i lettori e cd musicali; gran parte dell’abbigliamento; le coperte (a parte due). Risulta anche agli interpellanti che attualmente i detenuti possono leggere in tutto quattro pubblicazioni, tra riviste e libri… ma un libro alla volta; chi vuole può richiedere altri libri oltre ai quattro concessi, previa richiesta scritta motivata. I consiglieri chiedono all’Assessore regionale alle Politiche Sociali (Mariangela Cotto) di fornire al Consiglio Regionale: adeguate informazioni su come si sono svolti realmente i fatti e quali siano state le motivazioni a fondamento della suddetta ispezione e delle suddette requisizioni; una sua valutazione sulla congruenza delle misure adottate nel carcere di Biella con la legge 354/75 (riforma carceraria) e il regolamento generale delle carceri; una relazione sintetica sulla situazione esistente nei 13 istituti di reclusione piemontesi nonché nel Carcere minorile Ferrante Aporti e nel Centro di permanenza temporanea per extracomunitari di Torino. Bruno Mellano ha dichiarato: "Partendo dai fatti di Biella, abbiamo inteso interpellare la Giunta regionale per ottenere, al termine della legislatura, una fotografia dello stato delle cose nelle carceri piemontesi che possa essere utile al prossimo Consiglio regionale; per noi radicali sarebbe la degna conclusione di un impegno lungo cinque anni che ci ha visto varcare per oltre cento volte i cancelli degli istituti". Rep. Ceca: detenuti fanno colletta per vittime maremoto
Ap, 13 gennaio 2005
I detenuti di una prigione ceca hanno organizzato una colletta in favore delle popolazioni del sudest asiatico colpite dallo tsunami. Lo ha annunciato una portavoce del penitenziario, Sona Haluzova. Quarantuno detenuti del carcere Bohunice di Brno, duecento chilometri a sudest di Praga, hanno raccolto complessivamente 10.040 corone (329 euro circa). Le offerte sono oscillate tra le 20 e le 6.000 corone (50 centesimi e 197 euro). La Haluzova ha riferito che il denaro sarà inviato alla filiale ceca dalla Caritas. Se lavorano, i detenuti ricevono una diaria massima mensile di mille corone (33 euro). Diverse organizzazioni umanitarie hanno raccolto in Repubblica Ceca circa 230 milioni di corone (7,5 milioni di euro) per le vittime dello tsunami. Il governo di Praga ha stanziato una cifra simile per le popolazioni colpite dal terremoto-maremoto.
|