Rassegna stampa 2 agosto

 

Giustizia: oltre 40 mila scontano la pena in misura alternativa

 

Redattore Sociale, 2 agosto 2005

 

Sono oltre 40 mila le persone che in Italia ad oggi stanno scontando una pena usufruendo di qualche misura alternativa alla detenzione, 15.557 coloro che hanno avuto accesso a questa possibilità nel primo semestre del 2005. Lo rivelano i dati aggiornati al giugno di quest’anno, diffusi in questi giorni dal Ministero della Giustizia. Ancora troppo marginale secondo gli esperti il ricorso a misure alternative in Italia, se si considera che in 15 anni sono quadruplicate le persone in regime di esecuzione penale, ad oggi 180mila circa. Come ricordato recentemente da Alessandro Margara, magistrato, in occasione del convegno sui trent’anni della riforma dell’ordinamento penitenziario, infatti, sono circa 70mila le esecuzioni penali sospese, in attesa di ammissione alle misure alternative e si considera che una larga parte di questa "popolazione" è costituita da tossicodipendenti, immigrati e persone in situazioni di povertà e disagio appare più evidente quanto sia necessaria una risposta sociale accanto a quella penale, favorendo percorsi di reinserimento.

Al giugno di quest’anno delle 9.706 persone "affidate in prova" a comunità o servizi sociali oltre 5.500 sono tossicodipendenti in regime di esecuzione penale, che intendono però intraprendere o proseguire un programma terapeutico; in particolare 1.538 persone sono state affidati ai servizi direttamente, mentre 528 erano già in carcere. Lo scorso anno hanno usufruito della stessa misura rispettivamente 2.486 e 846 persone tossicodipendenti. Complessivamente (compresi cioè quelli già in carico al 1 gennaio 2005) i casi seguiti dai Cssa - Centri di Servizio Sociale Adulti ad oggi di "affidamento in prova" sono 24.899 e riguardano anche, seppur in maniera residuale, i militari che si rifiutano di prestare sia il servizio di leva sia il servizio sostitutivo civile (113 complessivamente). Ad godere di questa misura alternativa prevalentemente uomini (22.796 sui 24.899) per lo più di età compresa tra i 30 ed i 39 anni (8.392) e tra i 40 e i 49 (7.113). Per quanto riguarda invece la distribuzione geografica il ricorso a questa specifica misura appare leggermente più diffuso al nord con 3.692 casi trattati solo nel 1° semestre sui 9.361 complessivamente seguiti ad oggi. In detenzione domiciliare al giugno di quest’anno 4822 persone (8782 quelli che hanno usufruito di questa misura nel 2004), 10.661 invece i casi seguiti, mentre in semilibertà (misura alternativa ritenuta per certi versi impropria, in quanto la persona rimane in stato di detenzione) sono attualmente 2710 persone di cui 1029 solo nel primo semestre del 2005. Infine godono della libertà vigilata 1871 persone, di cui 576 avviate a questa misura solo nel primo semestre del 2005, e della semidetenzione e libertà controllata 383 persone.

Giustizia: Gonnella (Antigone); le persone ristrette sono troppe

 

Redattore Sociale, 2 agosto 2005

 

"I dati sulle misure alternative alla detenzione dell’ultimo semestre vanno letti insieme a quelli che riguardano le 60mila persone in esecuzione penale che si trovano dentro le carceri". Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione per i diritti dei detenuti Antigone, commenta così le cifre aggiornate fornite dal Ministero della giustizia: oltre 9000 le persone per cui è stato possibile avviare un percorso diverso da quello del carcere al giugno di quest’anno, complessivamente ad oggi sono quasi 25mila. "Il trend è in crescita e ormai si superano le 100mila persona coinvolte nel sistema penale, senza che la sicurezza del paese ne tragga alcun beneficio - prosegue Gonnella -. Viviamo terrorizzati da un possibile attacco terroristico". Troppe dunque per il presidente di Antigone le persone ristrette, sia dal punto di vista sociale che economico, a causa di un sistema che "colpisce nel mucchio e male". E proprio perché il controllo carcerario continua ad applicarsi verso gli strati più deboli e meno tutelati della popolazione, come denuncia da tempo l’associazione, il ricorso alle misure alternative alla detenzione sembra indispensabile a ricucire lo strappo tra società e detenuti, una occasione di ricostruire la propria vita dopo la pena.

Perugia: difensori vittime; no a permessi per Luigi Chiatti

 

Age, 2 agosto 2005

 

"Ogni indulgenza" nei confronti di Luigi Chiatti, il cosiddetto "mostro di Foligno", "potrebbe costare la vita ad altre persone". È quanto affermano gli avvocati Ariodante e Giovanni Picuti, legali di parte civile nei processi che hanno portato alla condanna definitiva a 30 anni di reclusione per Chiatti. Questi è in un carcere della Toscana per gli omicidi di Simone Allegretti, di 4 anni, avvenuto a Foligno il 4 ottobre del 1992, e di Lorenzo Paolucci, di 13 anni, ucciso nella frazione di Casale il 7 agosto successivo. I due avvocati intervengono con un comunicato sulle notizie stampa secondo le quali "Chiatti ha reiteratamente richiesto il beneficio dei permessi premio, astrattamente concedibile ai detenuti che" come lui "abbiano terminato di scontare un quarto della pena".

L’avvocato Claudio Franceschini, che ha difeso Chiatti nei processi da lui subiti, ha detto però di non avere presentato alcuna richiesta ma non esclude che possa averlo fatto personalmente il suo ex assistito che non sente da molto tempo. Nel comunicato degli avvocati delle famiglie delle vittime si ricorda che "il detenuto, già dall’epoca del suo arresto, ha sempre rilasciato dichiarazioni incompatibili con ogni possibilità di reinserimento in seno al corpo sociale.

Pertanto - continuano - sono scarse, se non nulle, le speranze di vederlo trasformato in un soggetto innocuo, da freddo e calcolato omicida quale si è mostrato". "Pur manifestando la nostra approvazione per la riabilitazione astrattamente prevista dalla legge, istituto lodevole e di altissimo profilo civile, ci dichiariamo contrari - continuano i due avvocati - ad ogni prospettiva di scarcerazione, imminente o futura, anche limitata nel tempo. Il livello di attenzione sulla pericolosità sociale del carnefice di Simone e Lorenzo deve rimanere alto, perché ogni indulgenza - concludono - anche quella più genuina proveniente da chi ha il potere di offrire il proprio perdono, potrebbe costare la vita di altre persone".

Rovereto: il Mart organizza laboratori nella casa circondariale

 

Redattore Sociale, 2 agosto 2005

 

Liberi di creare, e di uscire. Almeno con la fantasia. I detenuti del Carcere di Rovereto scoprono la loro vena artistica grazie al Museo d’Arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto (Mart). A decidere di far entrare l’arte in carcere sono state due donne: Gabriella Belli, direttrice del Mart, e Antonella Forgione, direttrice della Casa circondariale di Rovereto. L’iniziativa, che coinvolge le sezioni femminile e maschile del carcere di Rovereto, prevede un laboratorio didattico, iniziato il 19 luglio scorso, e in autunno una mostra. "Da anni sognavamo un incontro tra questi due mondi apparentemente così lontani - dice Denise Bernabé, direttrice del Centro didattico del Mart -. L’arte può aiutare a superare le diffidenze".

Gli stereotipi convivono fuori e dentro la pareti di una cella. "Il progetto é iniziato con una fase di avvicinamento ai detenuti - prosegue -. Li abbiamo conosciuti e abbiamo illustrato loro il corso. Quando si parla di tecniche artistiche, e di pittura in particolare, qualcuno pensa subito a un hobby femminile. Occorreva sfatare questo luogo comune".

Ai 5 incontri di tipo laboratoriale partecipano 5 uomini e 7 donne, dai 25 ai 60 anni. "Partiamo dall’analisi storico artistica di un’opera del Mart - spiega Denise Bernabé -. Studiamo insieme la biografia dell’artista, il movimento e la corrente a cui appartiene, fino ad arrivare alle tecniche. Con un’opera di Gastone Novelli abbiamo affrontato il tema della scrittura all’interno della pittura". Tempera, acquerello, pastelli si trasformano in strumenti per re-interpretare un’opera famosa e forse per raccontare se stessi. "Ho scoperto che detestano copiare – continua -. Quando devono rifare l’opera, ci mettono sempre qualcosa di personale". In autunno tutte i lavori realizzati dai detenuti saranno esposti in una mostra, accanto agli originali che li hanno ispirati. "L’esposizione sarà negli ambienti del carcere - precisa Denise Benabè -. Vogliamo trovare uno spazio adatto, un luogo da aprire alla comunità". Aldilà delle porte del carcere i sogni continuano. "Mi stupisce l’entusiasmo e la curiosità di queste persone, erano amareggiati che gli incontri fossero solo 5, ma spero che questo sia solo l’inizio di altri progetti. Mi sono confrontata con la direttrice del carcere di Rovereto: gli ambiti e le possibilità sono infinite. Un’idea precisa c’é, ma per scaramanzia preferisco non parlarne".

Giustizia: "Politicamente scorretto", indaga su misteri d’Italia

 

Redattore Sociale, 2 agosto 2005

 

Nessun festival e nessuno spettacolo, ma una tre giorni d’indagine tra storia, memoria, mistero e letteratura. Dal 21 al 23 ottobre, con "Politicamente scorretto. La letteratura indaga i gialli della politica", Casalecchio di Reno si trasformerà in un’arena in cui giornalisti, magistrati, rappresentanti delle associazioni di vittime delle stragi e scrittori di gialli italiani e francesi si confronteranno sugli "omissis" e i misteri irrisolti dell’Italia della Repubblica.

"Con questi incontri - ha spiegato oggi il giallista Carlo Lucarelli nel corso della conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa - vorremmo unire la capacità di una certa letteratura di genere di raccontare i meccanismi misteriosi del potere, dell’intrigo e della sopraffazione, con una riflessione su questo particolare modo di fare letteratura, che da sempre racconta, o cerca di raccontare, queste situazioni". La storia e i misteri di una nazione, quindi, indagati da quella letteratura di genere che "non ha fatto altro - ha aggiunto Lucarelli - che raccontare la metà oscura della società. Una letteratura politicamente scorretta, votata a mettere in scena gli intrighi del potere e della corruzione".

In questo modo, il "giallo" diventa "romanzo sociale" e "romanzo politico" che lascia però una questione aperta: nel suo essere spesso politicamente scorretto, può essere in grado di chiarire i meccanismi che stanno dietro ai misteri della politica? Un interrogativo su cui comunque prevale la necessità di raccontare, di trovare "la chiave di lettura - ha spiegato il magistrato della Procura di Bologna, Libero Mancuso - per narrare e far crescere l’interesse attorno a queste vicende, che sono poi le nostre tragedie popolari. Sono intrecci perversi e oscuri che da cittadini non possiamo ignorare, soprattutto perché c’è ancora qualcosa di irrisolto che merita di essere svelato".

L’imperativo del "non dimenticare", alla vigilia del 25 anniversario della strage alla stazione di Bologna, è di nuovo ribadito come un impegno che deve essere preso in carico da tutta la comunità, e la cultura, secondo gli organizzatori dell’iniziativa, è il mezzo privilegiato per trasformare questo imperativo in impegno civile. Il programma in dettaglio di "Politicamente scorretto" sarà stilato a fine settembre; per ora sono confermate una rassegna di film, "il bel cinema di una volta - ha commentato Lucarelli - di Rosi, Damiano Damiani e altri, che raccontava bene le cose", e la rassegna-dibattito di letteratura sui gialli della politica, "mettendo a confronto - ha concluso lo scrittore - due città: Bologna e Palermo".

Firenze: situazione Sollicciano inaccettabile, direzione intervenga

 

Asca, 2 agosto 2005

 

Una "ordinanza prescrittiva" nei confronti della direzione del carcere fiorentino di Sollicciano per "effettuare i lavori necessari per riportare la struttura a una situazione accettabile". È l’iniziativa che prenderà il Comune di Firenze in seguito a un rapporto stilato dai tecnici dell’Azienda sanitaria dopo una ispezione di routine nella struttura. Dal rapporto, si legge in una nota, emerge un elevato sovraffollamento (935 detenuti contro i 450 per cui è stato realizzato il carcere) e una "struttura degradata". "Si tratta di uno stato di cose inaccettabile per una città come Firenze - commenta l’assessore alle politiche sociosanitarie Graziano Cioni - un degrado su cui è necessario intervenire subito. Ecco perché, sulla base del rapporto dell’Asl, gli uffici comunale dell’igiene pubblica hanno dato avvio al procedimento che si concluderà con l’ordinanza prescrittiva nei confronti della direzione del carcere per effettuare i lavori necessari per riportare la struttura a una situazione accettabile". La direzione carceraria, conclude una nota, avrà 30 giorni di tempo dal ricevimento dell’avviso per stilare un programma dei lavori.

Libri: Geraldina Colotti; "Certificato di esistenza in vita"

 

Gazzetta del Sud, 2 agosto 2005

 

Geraldina Colotti

Certificato di esistenza in vita

Bompiani pagine 181 - euro 7,50

 

Autrice della silloge poetica Sparge rosas, del volume di testi narrativi Per caso ho ucciso la noia e del romanzo per ragazzi Il segreto, giornalista del "Manifesto", è in libertà condizionata, dopo una lunga condanna al carcere per militanza nelle Brigate rosse. La raccolta di racconti Certificato di esistenza in vita, che ora vede la luce, è la testimonianza di una realtà violenta e drammatica, difficile e aspra anche a ripercorrerla nella liberatrice facoltà della parola. Sono racconti dal buio della reclusione, carichi di presente e di memorie, e assai lontani dalla palude della retorica. Circola un’aria attonita, rigata di inquietudine, millimetricamente attenta ai fatti della vita, ai particolari minimi, alle vibrazioni dell’insidioso gioco delle ombre. Non viene meno la difesa dell’ironia, la schermaglia con il mondo esterno: una forma di protezione, certo, ma anche l’opportunità di tenere sempre desto il brulichio di fuori. Per non perderlo, per chiuderlo in una tensione, sia pure a distanza, e per non permettere che scivoli via preso da un flusso di deriva.

È un segnale preciso quello che Gina, la protagonista di Ricordando Libo, lancia nell’avvio: "Ricaccia il fiotto di retorica fra le cose di ieri. Sarebbe invecchiata in galera, ma non voleva ridursi a una caricatura di donna". I giorni immobili, i canti delle detenute che arrivano da celle lontane, il rumore delle chiavi: ma manca la chiave delle favole di bambina, quella che faceva girare a ritroso il tempo. In un altro racconto, Paola, in permesso per alcuni giorni, prova l’impressione sgradevole del "nuovo che si sposa col vecchio": i muri scrostati della povera casa, le mani rovinate della madre, le foto ingiallite che le rinviano il pensiero di "aver sfiorato il sole senza neppure riconoscerlo", e le facce di un tempo su cui sembra essersi calata una "patina grigia di piombo".

È insidioso l’assillo di ciò che è accaduto nei roventi giorni della lotta, durante i quali qualcuno come lei, doveva provare ad andare oltre. È sufficiente un attimo di pausa nell’uguale scansione delle ore murate, perché venga allestito, nella mente febbricitante delle recluse, un immenso spettacolo di immagini. È stridente il contrasto fra l’asfittico quadrato delle celle e l’incommensurabile moltiplicarsi dei volti e dei paesaggi di un universo largo, tuttavia ancora ferito, con qualcosa di malato e minaccioso. Diametralmente diversi, divisi anche dallo scorrere del tempo, i due mondi finiscono per avere in comune un senso di vertigine. Semplice, ancorata alla sua copertura di distacco, la pagina registra, in segmenti brevi ma, capaci di fare "incetta di ricordi", casi legati dal denominatore comune della detenzione, il transito meccanico delle date, il vuoto dei visi, la separazione tra corpi che esistono e quelli evanescenti della memoria.

Episodi del passato, d’improvviso forano il muro della dimenticanza e si riaccendono affastellandosi, carichi di spunti i quali, proprio nella loro qualità di aneddoto, di nucleo in cerca di espansione, raggiungono un attestato di necessità nel mosaico narrativo. Sulla durezza del volgere quotidiano talora aleggia come "un volere metafisico". Tutto si piega a un senso di obliquità, di stordimento, cose comuni, irrilevanti vengono "trasfigurate dal buio cui il carcere ti condanna: un’oscurità che atrofizza il sistema nervoso, al punto da non sentire più le mani, gli occhi o le gambe". La vita tra quelle mura pare obbedire a una "logica ribaltata, come in Alice nel paese delle meraviglie".

Osservati dalla parte della narratrice, che non ha voluto vivere nei "perimetri tracciati dagli altri", si scartocciano i riti della giustizia, le tensioni dei processi, gli imputati e la folla dei parenti, i comunicati collettivi. Sotto una "grigia cappa di torpida stanchezza", presa da uno stato di "straniamento", la voce che racconta isola profili che sembrano a ogni istante essere risucchiati dall’ombra. Appaiono una donna pallida e sciupata "come uno scarto di marmo" e una ragazza col bagaglio in mano; detenute per reati comuni pronte a parlare delle loro disperate vite, e chi attende l’arrivo della notte per scrivere o per guardare la luna; chi ha dietro "il niente grigio e opaco dell’insensatezza" e chi deve arrendersi a un’ulteriore, cocente delusione.

In questa atmosfera plumbea la natura manda in scena, a frantumi, il suo spettacolo: la luna cala il suo "sipario a spina di pesce"; l’agosto è "umido di rancori"; un vento sinuoso culla le fronde come aspettando "un gesto di risposta" e uccelli hanno ancora voglia di cantare. Nel claustrofobico luogo di pena e nel vasto mondo corrono storie di sconfitti, sbandati, dispersi in un clima elettrico, privo di ancoraggi concreti, sempre in balia di un sogno che non paga. Incontriamo un uomo anziano, segnato dalla tragedia di due figli terroristi, il quale da tempo non sa più reggere il passo del mondo e si chiede dove abbia sbagliato, mentre la soluzione al suo inferno passa attraverso l’ironia tagliente di miracoli che, in forma di vento, lo sollevano conducendolo altrove, "nel nulla degli atei o nel cielo di chi crede".

E v’è la storia di Mario, il factotum della Casa del Viandante, intento a occuparsi amorevolmente di uno zingaro anoressico, "statua di cera" dalle lacrime dure "come se un fiammifero acceso ai lati delle orbite ne facesse sciogliere solo qualche goccia". È la volta poi di un sedicente poeta maledetto che vive in una baracca e si trova coinvolto in un caso di omicidio, insieme con personaggi che paiono "marionette senza più regia". Abbandonati i temi più risentiti e scolpiti nel centro di vicende personali, Geraldina Colotti imbocca la strada di un universo sognato, favoloso, dove i fatti più tenebrosi perdono asprezza nelle storie di delfini e cormorani e pescecani che oscurano l’orizzonte "come una barriera invalicabile". la scrittura lascia le voci cupe di more e distruzione in uno spazio remoto, oltrepassa il "filo spinato", che circonda la violenza di azioni funeste ed è leggera e forse parla da un "guscio di conchiglia".

Torino: ripresentata Pdl su garante regionale delle carceri

 

Agenzia Radicale, 2 agosto 2005

 

L’intero Gruppo DS del Consiglio Regionale del Piemonte, ha ripresentato la Proposta di Legge per l’ "Istituzione dell’Ufficio del Garante Regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale", predisposta nella passata legislatura dai consiglieri radicali Bruno Mellano e Carmelo Palma, e che aveva ricevuto l’adesione di tutti i gruppi consiliari, tranne quello della Lega Nord. La Pdl è stata sottoscritta da Muliere, Boetti, Travaglini, Cavallaro, Comella, Auddino, Bellion, Bertetto, Ferraris, Larizza, Pozzi, Ronzani, Reschiogna, Placido ed è già stata assegnata in sede referente alla VIII commissione permanente ed in sede consultiva alla I in data 18 luglio.

Lo scorso 26 luglio, il Gruppo consiliare di Rifondazione Comunista aveva presentato una PDL analoga, dal titolo: "Istituzione del difensore civico regionale delle persone private della libertà personale", sottoscritta da Bossuto, Barassi, Clement, Dalmasso, Deambrogio, Valloggia di Rifondazione Comunista e da Turigliatto (lista Bresso) e Robotti (Comunisti Italiani).

L’Associazione Radicale Adelaide Aglietta aveva in più occasioni invitato i nuovi gruppi consiliari a fare proprio il testo della Pdl, anche inviandolo, infine, formalmente a tutti i gruppi consiliari e all’Assessore regionale all’Assistenza, Angela Migliasso. Bruno Mellano (segretario Associazione Radicale Adelaide Aglietta) e Giulio Manfredi (Comitato Nazionale Radicali Italiani) hanno dichiarato: "Anche quest’anno l’estate rischia di essere la stagione della rimozione collettiva del problema rappresentato dagli ormai 60.000 detenuti nelle carceri italiane (di cui quasi 5.000 in Piemonte) … con magari qualche lacrima di coccodrillo versata sotto l’ombrellone leggendo dell’ennesimo suicidio o dell’ennesima rissa dietro le sbarre.

È, quindi, ancor più significativa l’iniziativa dei consiglieri regionali dei DS e di Rifondazione Comunista, grazie alla quale è stata disseppellita dai cassetti una proposta di legge che ha rappresentato l’eredità lasciata dai radicali al nuovo Consiglio Regionale; un modo per concretizzare e far durare nel tempo il nostro lavoro nella passata legislatura, le nostre 120 visite ispettive nelle carceri piemontesi. Il "Garante regionale delle carceri" può e deve essere un aiuto per coloro che, dietro le sbarre, non hanno neppure la consapevolezza di avere dei diritti e delle opportunità; chiediamo che tale nuova figura sia varata al più presto dal Consiglio Regionale, alla riapertura dei lavori, per non diventare oggetto e ostaggio di una campagna elettorale che si preannuncia feroce e senza esclusione di colpi".

Usa: condannato per stupro 18 anni fa, il Dna lo scagiona

 

Tg Com, 2 agosto 2005

 

Thomas Doswell, 44 anni, è stato scagionato grazie al test del Dna dall’accusa di violenza sessuale ed è stato liberato dopo 18 anni trascorsi nel carcere di Pittsburgh. L’uomo, che era stato giudicato colpevole per avere stuprato nel 1986 una donna in un ospedale, si era sempre detto innocente. Il giudice gli aveva negato quatto volte la libertà condizionale perché l’uomo non aveva mai ammesso la sua colpevolezza. Doswell avrebbe trascorso ancora molto tempo in carcere se non avesse incontrato i volontari dell’organizzazione non-profit "Innocence Project" che è riuscita a riaprire il caso e a dimostrare la sua innocenza. Dopo aver ricostruito la sua vicenda giudiziaria, gli specialisti dell’organizzazione si sono resi conto che il processo si era concluso con una condanna non supportata da prove schiaccianti, se non un riconoscimento attraverso una foto, unico elemento concreto in mano all’accusa che ha portato i giudici a formulare una sentenza di detenzione, all’inizio di 14 anni e in seguito di 20 anni. Per questo motivo è stato richiesto un test del Dna che ha permesso di accertare che il codice genetico di Doswell non era quello dell’aggressore. Una portavoce di Innocence Project, che è già riuscita altre volte a scagionare detenuti con l’esame del Dna, ha accusato la polizia di avere agito con negligenza all’epoca dei fatti, nella fase del riconoscimento del colpevole, che la vittima identificò attraverso una foto.

Brescia: i detenuti protestano contro il sovraffollamento

 

Giornale di Brescia, 2 agosto 2005

 

Sovraffollamento in carcere. È l’annoso problema attorno al quale i detenuti della Casa circondariale di Canton Mombello hanno voluto attirare l’attenzione dei cittadini con una protesta, cui hanno dato vita nel corso della mattinata di ieri. I carcerati, cui il caldo torrido di queste settimane aggiunge ulteriore disagio, hanno voluto segnalare ai passanti della zona compresa tra via Spalto S. Marco e il piazzale da cui l’istituto di reclusione cittadino trae il nome, la grave situazione in cui si trovano, con uno dei pochi metodi a loro disposizione.

I detenuti hanno infatti inteso far udire la loro voce, ricorrendo a pentole e cucchiai, trasformati a più riprese fino a sera in "percussioni", con cui è stato prodotto il rumore metallico a lungo udito da chi si trovava nell’abitato circostante. L’avvenuta protesta è confermata anche dalla direttrice della Casa circondariale bresciana, la dottoressa Annamaria Bregoli, che al riguardo fa sapere: "I detenuti hanno iniziato una forma di protesta pacifica per sensibilizzare l’opinione pubblica e le autorità di Governo sul problema del sovraffollamento che affligge il sistema carcerario italiano. Canton Mombello - ha dichiarato sempre la direttrice - è interessato pesantemente da questo grave cruccio che incide in modo significativo sulla qualità della vita dei cittadini reclusi".

L’Aquila: fondi per il reinserimento lavorativo dei detenuti

 

Asca, 2 agosto 2005

 

Finanziato dalla Regione Abruzzo, dal Ministero del Lavoro e dalla Unione Europea nell’ambito dell’iniziativa comunitaria Equal fase II, in partnership fra Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria Abruzzo e Molise, le Amministrazioni Provinciali di Chieti, LAquila e Teramo, Ance Abruzzo e Confcooperative Abruzzo, ha preso il via il progetto IntraAzioni integrate per la transizione al lavoro di detenuti ed ex detenuti. Il progetto prevede la definizione e sperimentazione di un insieme di servizi integrati di carattere formativo e di accompagnamento al lavoro destinati alla popolazione carceraria. Tali servizi saranno programmati ed erogati attraverso il coinvolgimento attivo delle organizzazioni, pubbliche e private, a vario titolo operanti sul territorio (Istituti di Pena, Centri per l’impiego, Asl, Istituti Scolastici, Associazioni di Volontariato), nonché del mondo imprenditoriale (Camere di Commercio, Associazioni datoriali, Imprese). Le attività si svilupperanno nel territorio delle province di Chieti, L’Aquila e Teramo per un periodo di 30 mesi a partire dal mese di luglio 2005 e i loro risultati saranno progressivamente diffusi al contesto regionale, nazionale e comunitario. L’iniziativa rappresenta una esperienza pilota nelle pratiche di intervento per l’inclusione socio-lavorativa di una fascia di popolazione particolarmente svantaggiata, con particolare riferimento ai servizi offerti durante il periodo di detenzione per il potenziamento delle capacità individuali di reinserimento nel mercato del lavoro.

Minori: Bari, giustizia con le tasche vuote... e i baby-clan sparano

 

La Gazzetta del Mezzogiorno, 2 agosto 2005

 

La giustizia minorile è in agonia. Lenta, inesorabile. Appelli, denunce, lettere, sos. E nessuna risposta. A gridare il disagio, dopo gli stessi magistrati, gli avvocati e le associazioni, è ora la Funzione Pubblica della Cgil che accusa senza mezzi termini il Dipartimento della Giustizia, colpevole di una "continua distrazione verso gli operatori che intervengono sul territorio, quelli che con grande dignità ed impegno professionale continuano ad assolvere alla loro missione fondamentale: quella del recupero degli adolescenti". Giuseppe Gesmundo è il segretario provinciale della FP Cgil. È lui a firmare una lettera aperta inviata alle forze politiche e agli organismi che si occupano di recupero dei minori. Lo spunto dell’ennesima riflessione sulle prevenzioni inefficaci viene dalla Giustizia degli adulti, dove i Centri di Servizio Sociale, che avrebbero dovuto svolgere interventi prevalentemente rieducativi, sono stati ridotti a Centri di esecuzione penale. "Con l’approvazione della Legge Meduri del 14 luglio scorso - commenta Gesmundo - nella Giustizia minorile l’aspetto rieducativo e di recupero sta diventando sempre più residuale. E tutto ciò operato con una lenta, lucida, graduale destrutturazione dei servizi imputati a tali funzioni, impedendo o limitando gli interventi degli operatori e la loro efficacia, diminuendo gli investimenti fino all’inverosimile".

L’organizzazione sindacale parla anche dell’Istituto penitenziario minorile, chiamato ad accogliere un’utenza residuale "importante" sia per età (la detenzione può arrivare fino a 21 anni) che per qualità di crimine. Eppure l’Istituto "Fornelli" rimane svuotato di educatori. "A Bari - scrive la Cgil - sono 2 o 3 le persone che si occupano di una presenza di minori che ha raggiunto punte di 30 unità, senza contare che per motivi di sovraffollamento, arrivano periodicamente detenuti da altri istituti penitenziari". I riflettori sono accesi, ancora, sull’Ufficio Servizio Sociale per Minori, che riesce, malgrado tutto, con fatica a fronteggiare le richieste della magistratura. "A tutt’oggi - spiega Gesmundo - è l’ufficio che ha risposto al maggior numero di interventi in Italia (1541 interventi a fronte di oltre 2000 richieste dell’Autorità Giudiziaria).

E ciò malgrado l’annoso sott’organico, cioè 19 assistenti sociali sulla carta rispetto ai 31 previsti nelle nuove piante organiche in via di approvazione, che equipara la città a quelle più a rischio in Italia". La Funzione Pubblica della Cgil evidenzia poi il gran lavoro svolto da educatori e assistenti sociali che sono costretti, "per udienze e missioni, a lavorare ben oltre la media oraria settimanale prevista, accumulando ore in esubero per cui non sono stati stanziati adeguati fondi di straordinario".

I disagi sono per certi versi comici: l’automobile di servizio dell’Ufficio Servizio Sociale per Minori è ferma da tempo, perché sono esauriti i fondi per il carburante. Gli operatori devono pertanto effettuare le missioni anticipando somme consistenti. I minori assistiti, tra l’altro. risiedono spesso fuori dai centri abitati. Accuse pesanti, dunque, contro il Dipartimento della Giustizia, "che continua ad essere attento alla sua dirigenza, aumentata ancora malgrado non se ne ravvisasse la necessità, in una redistribuzione inerte ed inutile di numeri e risorse lontane dai bisogni reali. I numeri, d’altra parte, - sostiene il sindacato - denunciano il disinvestimento di questi anni e tradiscono una chiara visione della tendenza politica tesa unicamente alla punizione e al controllo".

 

I numeri dell’emergenza

 

32% in meno di risorse da destinare agli interventi in favore dei minori affidati (nel 2001 erano 16.5 milioni di euro, nel 2004 sono diventati 12 milioni) 40% in meno di risorse da destinare alle spese di funzionamento e gestione dei servizi minorili e degli Uffici Giudiziari (erano 11 milioni di euro nel 2001, sono diventati 4 milioni nel 2004) per le spese di mantenimento dei minori si passa dai circa 9,5 milioni di euro del 2001, ai circa 7,3 milioni di euro per l’assistenza sanitaria ai minori si passa dai 780mila euro del 2001 ai circa 650mila del 2004 per il pagamento delle comunità esterne si passa dai circa 6,5 milioni di euro del 2001 ai circa 5 del 2004

Alessandria: carcere San Michele diventa azienda agricola "bio"

 

Giornal.it, 2 agosto 2005

 

Agricoltori in attesa della certificazione "bio", artigiani del legno che producono "manufatti di pregio", studenti universitari, attori di teatro. Stiamo parlando dei detenuti del Carcere San Michele di Alessandria, visitato questa mattina dal Consigliere Regionale Alberto Deambrogio. Dopo la struttura torinese delle Vallette, l’esponente di Rifondazione Comunista a Palazzo Lascaris ha eseguito un sopralluogo per rendersi conto della realtà locale.

"Nonostante nei mesi estivi si acuisca il disagio all’interno di queste strutture conosciute come luoghi di sofferenza", ha spiegato Deambrogio, "devo dire che San Michele si colloca tra le carceri migliori per progetti di riabilitazione attivati ed attività per il recupero sociale dei detenuti".

Deambrogio definisce il carcere alle porte di Alessandria come un modello da seguire proprio per la disponibilità della Direzione, nonostante il numero di agenti sia sotto di 80 unità, di attivare percorsi formativi e dare diverse opportunità al carcerato.

Uno dei progetti più importanti è quello denominato "Cascina San Michele". Aree verdi sono state preparate e trasformate in orto per la coltivazione di verdura. L’obbiettivo è ricevere a breve la certificazione di produzione biologica e "sdoganare" i frutti della terra fuori dalle mura. Ma anche i manufatti artigianali che escono dai laboratori di falegnameria sarebbero degni, secondo il politico di PRC, di essere commercializzati per "umanizzare" la vita di galera. "Faccio appello alle botteghe di commercio equo e solidale affinché siano sensibili alla causa e, una volta ottenute le certificazioni, siano disposte a rivendere i prodotti dei detenuti di San Michele".

Nota dolente è invece l’accesso ai farmaci di tipo "C", per i quali non è prevista alcuna agevolazione od esenzione, come invece fa l’ASL di Vercelli. L’impegno di Deambrogio, che ha promesso di rivisitare il carcere in futuro, sarà dunque quello di sensibilizzare enti ed amministrazioni per venire incontro alle esigenze dei 375 detenuti (40% extracomunitari).

 

 

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