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Genova: carcere da spostare, Castelli "chiama" il sindaco
Secolo XIX, 13 settembre 2004
Spostare il carcere e liberare Marassi. Sono d’accordo i ministri Pietro Lunardi e Roberto Castelli e il sindaco di Genova Giuseppe Pericu. Il primo a parlarne, sabato, era stato il ministro delle Infrastrutture e ieri, al Salone Nautico, il responsabile della Giustizia si è detto disponibile a un primo incontro operativo con il Comune. Pericu ha detto di sì. Castelli ieri ha detto: "Dobbiamo restituire alle città i vecchi penitenziari, che sono obsoleti e non più adeguati alle moderne esigenze. La nostra idea è quella di reperire risorse finanziarie sul mercato vendendo le vecchie strutture, che invece spesso sono posizionate in luoghi di pregio e hanno un alto valore finanziario. Quindi, con questi denari, costruiremo nuove carceri con strutture migliori e in posti più consoni". Un progetto esiste già: "Abbiamo un piano, vastissimo, in questo senso - ha dichiarato Castelli - e abbiamo già cominciato con i primi 4 piccoli penitenziari, già dismessi. Possiamo andare avanti. È chiaro che spetterà poi ai Comuni decidere le destinazioni e le trasformazioni urbanistiche del caso. Posso solo dire che non possiamo pensare di trasformare tutte le carceri in centri commerciali". Quindi l’assist per il sindaco: "Proprio stamattina (ieri, ndr) ho parlato del carcere di San Vittore con il sindaco di Milano, Gabriele Albertini. Se Genova intende seguire questo progetto, come credo si debba fare, sono pronto a incontrare al più presto Pericu". E il sindaco non si è fatto attendere: "Siamo decisamente interessati. Pronti a confrontarci con Castelli per trovare una soluzione adeguata. Al momento, ovviamente, non siamo però in grado né di indicare il nuovo luogo per il carcere, né di pensare al dopo Marassi". Pericu chiede un percorso ragionato, sostenuto dagli studi di un gruppo di lavoro: "Già una decina di anni fa i governi bussarono in Comune con una società apposita, ma non se ne fece nulla. Ora possiamo riaprire la discussione, perché è evidente che, come per San Vittore, l’attuale sistemazione non risponde alle esigenze dei cittadini e degli stessi detenuti, basti pensare alle difficoltà che incontrano gli stessi visitatori. In più, l’edificio è ormai datato. Questo non significa che Genova può fare a meno di un carcere: un penitenziario deve restare in zona". Pragmatico come sempre, il sindaco non dimentica le questioni finanziarie, come dire: il Comune non può spendere un solo euro per l’operazione di trasloco. "Serve un tavolo tecnico - ha detto - con i nostri funzionari, quelli del governo e quelli dell’amministrazione penitenziaria. Con un’analisi dettagliata sui costi e sulle necessità di ogni genere". Castelli dispone già degli strumenti del caso. La gestione operativa della vendita dei vecchi penitenziari e della costruzione dei nuovi è stata affidata a una società speciale, emanazione (al 100%) della Patrimonio spa, a sua volta controllata dal governo. Sappe: su carenze organico apprezzabile posizione Castelli
Agi, 13 settembre 2004
Una posizione "apprezzabile" quella dei ministro della Giustizia. E "per diverse ragioni". Il Sappe, Sindacato autonomo di polizia penitenziaria, giudica in termini positivi le odierne dichiarazioni dei guardasigilli in relazione alle carenze di organico dei Corpo. In primo luogo, perché - spiega il sindacato in una nota - per la prima volta un ministro dichiara senza vergognarsene di vivere all’interno di un istituto penitenziario e di trascorrere le proprie vacanze tra le donne e gli uomini della Polizia penitenziaria. In secondo luogo, per la costruttiva apertura al dialogo con i sindacati, con cui il ministro dichiara di voler condividere un progetto nazionale di rilancio operativo ed organizzativo delle carceri italiane. Lo stesso Sappe è stato convocato dal Guardasigilli giovedì 21 ottobre presso il ministero dì via Arenula per un incontro proprio sulle tematiche relative al personale di Polizia penitenziaria. "Auspichiamo fin d’ora una convergenza di intenti - conclude il Sappe - per avviare una stagione costruttiva e di costante confronto su un tema estremamente importante per la sicurezza dei Paese". Napoli: Gaetano Ruggero sta diventando cieco in carcere
Lettera alla Redazione, 13 ottobre 2004
Mi chiamo Rosalba, iscritta a Cittadinanzattiva - Tribunale diritti del malato. Vorrei un aiuto su una questione, che è la seguente. A Radio Carcere, programma di Riccardo Arena (Radio Radicale), leggono lettere di detenuti; e in una di queste c’era la denuncia di un detenuto, di nome Gaetano Ruggero (Carcere Poggioreale Napoli), che non viene curato per un problema grave agli occhi e rischia di diventare cieco: in uno dei due occhi già lo è già, per una malattia contratta proprio in carcere. Ho provato a telefonare al direttore del carcere di Poggioreale e mi hanno risposto molto male, anche cacciandomi giù il telefono. Così ho spedito un telegramma con scritto il seguente testo: "egr. direttore, auspico e chiedo un suo intervento urgente per il detenuto Gaetano Ruggero , perché possa essere curato tempestivamente per lui aspettare ancora significherebbe la cecità. Attendo una sua gentile risposta". Nessuna risposta. Altri 2 telegrammi: uno al Magistrato di Sorveglianza di Napoli e uno al Dipartimento Amministrativo Penitenziario, il Dap, di Roma. In più ho fatto una segnalazione a Cittadinanzattiva - Tribunale diritti del malato. Ho scritto ad alcuni parlamentari ed all’Urp della Regione Campania. Dopo questo, mi chiedevo chi è d’accordo con me per l’invio di una lettera, con la richiesta di cure urgenti per Gaetano Ruggero , al Direttore del carcere di Poggioreale… scrivete numerosi, perché il detenuto è giovanissimo. Non lasciamo che esca dal carcere al buio, tutta una vita rovinata per una mancata cura. Rosalba. Gorizia: dal carcere al reinserimento, convegno regionale FVG
Vita, 13 ottobre 2004
Sabato 16 ottobre, ore 9, al Convitto san Luigi in via don Bosco 48 a Gorizia. La Conferenza Regionale Volontariato e Giustizia del Friuli Venezia Giulia organizza sabato un convegno regionale per discutere sul problema inerente gli istituti penitenziari, i detenuti, le vittime dei reati e i percorsi di prevenzione e sensibilizzazione verso un’educazione alla legalità. Con questo convegno la Conferenza, alla quale aderiscono diverse associazioni della regione che operano nell’ambito della giustizia sociale e del settore penitenziario, si pone l’obiettivo di promuovere un confronto istituzionale sulle condizioni di vita all’interno dei cinque istituti penitenziari della regione, sul reinserimento sociale dei detenuti, sulle vittime dei reati e sull’educazione alla legalità. L’intento è stimolare una nuova fase di programmazione da parte delle Amministrazioni pubbliche riguardo queste tematiche, le quali richiamano il tema più ampio della protezione sociale nel territorio regionale. Questo appuntamento si svolge grazie al sostegno del Centro Servizi Volontariato del Friuli Venezia Giulia e ha il patrocinio della Regione, della Provincia e del Comune di Gorizia. Tra gli altri, interverranno i rappresentanti di tutte le istituzioni che a livello regionale e locale seguono le tematiche relative al mondo del carcere. Questo il programma del Convegno: "Dal carcere, al reinserimento sociale, alle vittime del reato, all’educazione alla legalità. Progetti e percorsi possibili nella regione Friuli Venezia Giulia". Torino: asta benefica per progetto "bambini e carcere"
Ansa, 13 ottobre 2004
Magliette, palloni e tute autografate dai giocatori della Juventus verranno messe all’asta, giovedì sera, per sostenere il progetto "Bambini e Carcere" di Telefono Azzurro. Condotta dalla presentatrice Federica Panicucci (grande tifosa bianconera) ed animata dal comico Max Pisu, l’iniziativa si svolgerà al Teatro di Torino. Gli articoli all’asta, donati dalla Juventus e personalizzati con la firma dei suoi giocatori, serviranno a finanziare la ristrutturazione della ludoteca del carcere torinese delle Vallette. I fondi raccolti, a cui verrà aggiunta anche una parte dell’incasso della serata, permetteranno così di attivare nuovi laboratori e spazi gioco per accogliere tutti i bambini e adolescenti in visita ai parenti detenuti. Vibo Valentia: detenuto tenta suicidio, salvato da agenti
Ansa, 13 ottobre 2004
Un detenuto nel carcere di Vibo Valentia, G.I., di 31 anni, ha tentato di togliersi la vita impiccandosi con la cintura dell’accappatoio. Solo il tempestivo intervento della polizia penitenziaria e dei medici ha evitato la morte dell’uomo. Sono stati due agenti, passando davanti alla sua cella, ad accorgersi di quanto stava accadendo e a dare l’allarme. Il medico della struttura ha rianimato l’uomo, che aveva perso conoscenza. Un’ambulanza lo ha poi portato nell’ospedale di Vibo Valentia dove è arrivato cosciente e non in pericolo di vita. Dopo i primi accertamenti il detenuto è stato trasferito nell’ospedale di Polla, nel salernitano. Al momento non sono stati chiariti i motivi del gesto. L’uomo, detenuto da circa sei mesi, secondo quanto si è appreso, soffrirebbe di crisi depressive, ma anche questo aspetto è da accertare. Castelli: vendere carceri in centro per farne di nuove
Ansa, 13 ottobre 2004
"Restituire i vecchi penitenziari alle città per reperire risorse finanziarie sul mercato e costruire nuove carceri": dell’ argomento ha parlato il guardasigilli Roberto Castelli a margine della sua visita allo stand della polizia penitenziaria al 44° Salone Nautico di Genova. "Noi abbiamo un piano, vastissimo, per restituire vecchi penitenziari alle città - ha dichiarato il ministro Castelli - dove le destinazioni urbanistiche sono varie. Di questo poi possono decidere gli enti locali". "Certo - ha proseguito Castelli - abbiamo necessità di sostituire i vecchi penitenziari, che sono obsoleti e non sono più adeguati alle moderne esigenze di detenzione, con nuovi. Intendiamo farlo anche reperendo risorse finanziarie dal mercato. Questi penitenziari che spesso sono ubicati al centro della città hanno alto valore storico-artistico, ma anche finanziario, intendiamo valorizzarli". Caso Dorigo: il Consiglio d’Europa censura l’Italia
Il Manifesto, 13 ottobre 2004
"L’Italia è stata costantemente richiamata a modificare la sua legislazione. Nel caso Dorigo due risoluzioni, nel 2002 e nel 2004, hanno chiesto l’adozione di misure individuali appropriate in favore del ricorrente". Così Jan Petersen, presidente del comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, ha risposto all’interrogazione del socialista olandese Erik Jungers su Paolo Dorigo, il 44enne veneziano in carcere da oltre dieci anni dopo un processo giudicato illegittimo dai giudici di Strasburgo (il teste d’accusa non si presentò mai in aula) ma per il quale il diritto italiano non consente la revisione. È l’ennesima censura per l’Italia. Da venti giorni Dorigo è di nuovo in sciopero della fame, ingerisce solo liquidi e secondo l’avvocato Vittorio Trupiano, che lo assiste, ha già perso dieci chili. Sta protestando contro la mancata concessione di una serie di esami clinici che chiede di sostenere fuori dal carcere. Foggia: nuovo direttore incontra assessore comunale
Teleradioerre, 13 ottobre 2004
"Il carcere deve essere parte integrante della città, favorendo i detenuti ad un interscambio con il mondo della cultura, dell’economia e con la società esterna". Lo ha affermato l’assessore ai Diritti umani, Michele Del Carmine, nell’ambito del colloquio avuto con il nuovo direttore del carcere di Foggia, Antonio Fullone. Nel corso della visita sono state delineate alcune delle iniziative che l’Amministrazione comunale intende promuovere in collaborazione con il dirigente del penitenziario: il coinvolgimento dei detenuti in corsi di formazione esterni, la richiesta alle imprese che lavorano con il Comune di riservare opportunità occupazionali ai carcerati, l’apertura di uno sportello per gli immigrati ospiti della struttura carceraria. Concordate anche iniziative mirate alla salvaguardia delle condizioni igieniche dei detenuti e dell’assistenza sanitaria, come il ripristino del servizio infermeria per i malati più gravi, l’assistenza per i sofferenti di Aids, e il ripristino del giudice di sorveglianza per consentire ai detenuti di usufruire di una serie di diritti sinora trascurati. Non mancheranno, infine, incontri-formazione con protagonisti del mondo dello sport e della cultura per favorire la maturazione culturale dei detenuti. Si è pensato già anche a un incontro con l’allenatore del Foggia, Giannini, e alcuni giocatori per parlare della violenza negli stadi. Castelli a Osapp: "Io vivo in carcere, a Regina Coeli"
Il Tempo, 13 ottobre 2004
Castelli risponde all’Osapp, uno dei sindacati della Polizia Penitenziaria, che nei giorni scorsi lo aveva invitato a trascorrere una giornata in carcere con gli agenti per verificare l’effettivo rapporto numerico tra agenti e detenuti che, ad avviso del sindacato, non è quello fornito dal ministero: "Io vivo in carcere a Regina Coeli, faccio le vacanze in Sardegna. Frequento tantissime carceri e non ho bisogno degli inviti per sapere come è la situazione dei penitenziari italiani. La conosco bene". Castelli, a Milano per sottoscrivere l’accordo con il Comune per la cessione al Ministero dell’edificio del carcere minorile Beccaria, ha proseguito: "I dati sono quelli: il corpo di polizia penitenziaria italiano è il più pletorico d’Europa. Il problema è che sono male distribuiti e non riusciamo a intervenire con l’efficacia che vorremmo, vediamo grandissime resistenze, alcune delle quali assolutamente giustificate, da parte del sindacato". "Noi - ha detto ancora il Guardasigilli - abbiamo aperto un tavolo e io ho sempre auspicato che lavori alacremente per rivedere gli organici, la disposizione sul territorio, i turni, insomma tutta la questione. Perché credo che mai come in questo caso, la ragione sia da tutte e due le parti. Ha ragione il ministro, ha ragione il sindacato". Castelli ha inoltre confermato che è in previsione l’aumento di organico di 1.500 uomini su tutto il territorio nazionale, "almeno 1.200 per il nord dove c’è una grande sofferenza di organico". Non si placa insomma, la polemica che vede interessato il carcere romano. Dopo la rivolta dei detenuti avvenuta nell’ultima decade d’agosto, la palla passa dai sindacati di polizia penitenziaria al ministro della Giustizia Castelli che ha ora una bella patata bollente tra le mani. La questione relativa ai penitenziari non riguarda solo il carcere romano. E anche il problema del numero di agenti al suo interno e della loro disposizione non è di poco conto e soprattutto di facile risoluzione. Come al solito il problema è politico e potrebbe avere come parziale soluzione il previsto aumento d’organico che potrebbe consentire anche una disposizione migliore del personale. Verona: ecco perché non comperiamo il Campone
L’Arena, 13 ottobre 2004
Nei giorni scorsi è apparsa una notizia salutata positivamente da diversi lettori e amministratori. L’edificio delle ex carceri di via del Pontiere, il Campone per intenderci, non è stato venduto. Messo all’asta dalla Patrimonio SpA - altro nome dello stato - per 18 miliardi di vecchie lire (9 milioni e mezzo di euro) non ha trovato alcun compratore. Difficilmente poteva andare diversamente visto che l’immobile non ha una destinazione urbanistica particolarmente appetibile e soprattutto la ristrutturazione avrebbe costi particolarmente elevati viste le caratteristiche dell’edificio e gli innumerevoli vincoli presenti. Qualcuno ipotizza l’acquisto da parte del Comune. Mi pare di poterlo escludere e spiego il perché. Pochi sanno che quell’immobile è dello Stato che tra l’altro ha già speso i soldi della mancata vendita: i conti della finanziaria prevedevano l’entrata di 18 miliardi (di lire); nessun acquisto, nessuna entrata. Se la logica non è stata bandita o condonata, noi tutti abbiamo un "buco" di 18 miliardi. Quanti altri immobili sono nelle stesse condizioni? Nessuno lo sa con esattezza, la finanza creativa ha colmato la voce "entrate" mettendo in vendita di tutto e di più, e come se i soldi delle vendite fossero già presenti li ha semplicemente spesi: si chiama cartolarizzazione. Cosa accadrà quando queste immaginifiche possibili entrate si sommeranno le une alle altre? Semplice il buco sarà ancora più grande. E chi lo pagherà? Molti cittadini pensano che toccherà a loro e non si sbagliano. Ma perché non compera il Comune? L’immobile potrebbe servire per un ampliamento degli uffici giudiziari, forse per la Corte d’appello da tempo immemore agognata dai veronesi? Sarebbe veramente singolare, lo Stato vende un suo immobile, che potrebbe servire per la giustizia che è una sua esclusiva competenza, e il Comune cioè i veronesi lo comperano, per ridarlo allo Stato che lo usa. Oltre a ridurre annualmente i trasferimenti dallo Stato ai Comuni delle risorse finanziarie, cioè la quota dei Comuni del gettito fiscale (si chiama federalismo alla rovescia) questi Comuni dovrebbero utilizzare quelle poche risorse che restano in loro possesso per comperare immobili per le funzioni dello Stato (si chiama masochismo istituzionale). Se qualcuno fosse determinato a soffrire nonostante tutto almeno si usi la clausola che una volta riavuto il bene, lo Stato non lo possa rivendere nuovamente. La precauzione non sarebbe peregrina, è già successo. Il Comune di Verona anni fa cedette a prezzo agevolato un’area in Lungadige Capuleti per la sede della ferrovia, era importante per Verona avere la sede compartimentale e ciò autorizzava una cessione svincolata dalle tradizionali aste che normalmente procurano al Comune introiti ben superiori. Non molto tempo fa le Ferrovie, trasferiti gli uffici altrove, hanno venduto l’immobile alla Provincia che, con fondi veronesi, ha ricomprato l’immobile per le sue finalità istituzionali. Se questo è il federalismo meglio tornare a un sano centralismo rispettoso delle autonomie locali. Si eviterà, almeno, di essere presi in giro.
Roberto Uboldi, assessore del Comune di Verona Belluno: la giustizia "riparativa", situazioni e prospettive
Il Gazzettino, 13 ottobre 2004
Il Comune, unitamente al Centro Servizi Volontariato della Provincia di Belluno e Cssa di Venezia hanno organizzato, per sabato 16 ottobre, un seminario per sensibilizzare e illustrare possibili percorsi di collaborazione tra Enti locali, organizzazioni del privato sociale, del volontariato e il Cssa per la realizzazione di progetti individuali in favore della collettività. L’appuntamento è al Centro congressi Papa Giovanni XXIII a Belluno (inizio alle 9.30). Si tratta di un appuntamento che si colloca all’interno delle linee d’indirizzo e politiche del Piano di Zona dei Servizi alla Persona della Conferenza dei Sindaci dell’Ulss n. 1. I Centri di Servizio Sociale per Adulti (Cssa), sono uffici periferici dell’Amministrazione Penitenziaria distribuiti su tutto il territorio nazionale. Tra i loro compiti quello di contribuire a realizzare percorsi di trattamento, riabilitazione e reinserimento sociale nei confronti di persone condannate che si trovino in stato di detenzione o in misura alternativa. La giustizia riparativa può essere definita come un modello di giustizia che coinvolge la vittima, il reo e la comunità nella ricerca di soluzioni. La giornata si aprirà con i saluti delle autorità. L’introduzione sarà di Chiara Ghetti, direttore Centro Servizi Sociali per Adulti, per proseguire con gli interventi di Maurizio Mazzi, presidente Conferenza regionale veneta Volontariato e Giustizia; fra Beppe Prioli, responsabile Coordinamento enti e associazioni di volontariato penitenziario del Veneto; Franco Rui, presidente Cooperativa sociale "Lavoro Associato"; don Gigetto De Bortoli, presidente Ceis di Belluno; Renzo Da Rif, Associazione Auser El Broi di Agordo. Verona: cercasi carcere adatto per donna incinta
Il Gazzettino, 13 ottobre 2004
È successo anche questo ieri, a Verona, durante la mega operazione che vede indagate 71 persone, una cinquantina di loro già da ieri dietro le sbarre, mentre per gli altri le ordinanze sono scattate tra ieri e stamattina, per l’operazione "Cheria" che ha sgominato un’organizzazione dedita allo spaccio di cocaina, allo sfruttamento della prostituzione ed all’organizzazione di rapine. I 600 agenti della Questura di Verona e delle altre 15 città coinvolte nell’operazione non sapevano più dove "mettere" gli arrestati. Soprattutto quando a finire in manette è stata una donna incinta di 4 mesi. Gli agenti l’avevano portata al carcere di Montorio, ma lì, subito, hanno fatto sapere che non erano attrezzati per accogliere un ospite di quel tipo. Il carcere veronese vive da anni in una situazione di sovraffollamento. Basti pensare che si tratta di una struttura pensata per accogliere 270 carcerati ne conta oggi quasi 800. E così, la detenuta è stata trasferita in un altro carcere, più attrezzato, del Veneto. Gli agenti, poi, si sono trovati anche a dover "sistemare" una decina di giovani prostitute Moldave, che erano sfruttate dall’organizzazione. Alcune verranno rispedite nel loro Paese, mentre quelle che stanno collaborando con la Questura per definire nei minimi dettagli le attività della banda, potranno godere di alcuni benefici e della protezione concessa ai collaboratori di giustizia. Un voto per tenere Sofri in carcere, Castelli soddisfatto...
Giornale di Vicenza, 13 ottobre 2004
Si allontana sempre più la grazia per Adriano Sofri. L’ultimo "siluro" è arrivato ieri dall’aula di Montecitorio, dove la maggioranza si è spaccata ed è andata sotto (grazie al voto decisivo di An) sull’art. 24 relativo ai poteri del capo dello Stato, compreso quello di grazia. Era nascosta lì, tra le pieghe di un emendamento presentato dalla Cdl al disegno di legge, la speranza di un atto di clemenza per l’ex leader di Lotta Continua, condannato a 22 anni di carcere per l’omicidio Sofri. Alleanza Nazionale gli ha sbarrato la strada. "C’era un accordo nella Casa delle libertà di non fare uscire Sofri dal carcere se prima non chiedeva la grazia", si è giustificato il coordinatore del partito di Fini, Ignazio La Russa, di fronte all’indignazione di Lega e Udc. "Non capisco perché piangere - ha aggiunto - anche Calderoli sarà contento, o preferiva spiegare agli elettori della Lega che voleva far uscire Sofri alla chetichella? A piangere dovrebbe essere la sinistra, visto che Sofri resta in carcere". Gli ha dato manforte il ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri: "Non è stata bocciata la devolution, ma si è respinta la scarceration". Respinto l’articolo 24 del ddl le prerogative del capo dello Stato restano invariate, per la grazia occorre la controfirma del Guardasigilli. Nel Carroccio l’unico soddisfatto appariva il ministro della Giustizia Roberto Castelli, che ha sempre sbarrato la strada ad un atto di clemenza nei confronti di Sofri: "Finché sono io ministro credo che Sofri e Bompressi non avranno la grazia". Poi ha definito "schizofrenico" l’atteggiamento dell’opposizione. Il centrosinistra, accusato di aver fatto "autogol", risponde a muso duro: Sofri non c’entra, noi abbiamo votato solo contro "una riforma confusa e pasticciata". E il presidente del Gruppo Misto Marco Boato ha replicato: "In odio ad Adriano Sofri erano disposti addirittura a stravolgere il testo della loro riforma. Ho provato disgusto e un senso di vomito, e così ho preferito non esserci". Sono trascorsi più di sei mesi dal 30 marzo, giorno in cui dopo un lungo braccio di ferro Ciampi inviò a Castelli due richieste: trasmettere al Quirinale il fascicolo con la domanda di grazia presentata a favore di Ovidio Bompressi, anche lui condannato per l’omicidio Calabresi, e, ove non fosse già stato fatto, aprire un’istruttoria relativa al caso "strettamente connesso" di Adriano Sofri. Il procuratore generale di Milano e il giudice di sorveglianza di Pisa hanno bocciato l’uscita dal carcere di Sofri, mentre Bompressi ha incassato il parere positivo del giudice di sorveglianza di Massa. Ieri Castelli ha di nuovo gelato le speranze dei due ex esponenti di Lotta Continua. Nigeria: due donne condannate a morte per adulterio
L’Unione Sarda, 13 ottobre 2004
Dopo Safiya e Amina, è la volta di Hajara e Daso. Le autorità nigeriane hanno reso noto ieri che altre due donne sono state condannate a morte con lapidazione per rapporti extraconiugali, mentre i due uomini con cui hanno detto di aver avuto relazioni sono stati assolti dai tribunali islamici per mancanza di prove. Le sentenze, emesse il mese scorso nello stato di Bauchi, devono essere confermate dal governatore locale prima di essere eseguite, e le donne possono fare appello. Dopo l’introduzione dalla sharia (legge islamica) in 12 stati del nord della Nigeria, nel 2000, nessuno è stato ancora lapidato per legge. Ma le sentenze dei tribunali islamici acuiscono le tensioni tra le due principali comunità del Paese: cristiani e musulmani. Hajara Ibrahim, 29 anni, è stata condannata il 5 ottobre da un tribunale della regione di Tafawa Balewa, dopo aver confessato di aver avuto rapporti sessuali con un uomo di 35 anni, Dauda Sani, e di essere incinta. Il tribunale ha sancito che la sentenza potrà essere eseguita dopo il parto. Alla seconda donna, Daso Adamu di 26 anni, è stata inflitta la stessa condanna il 15 settembre da un tribunale islamico nella regione di Ningi. La giovane donna ha ammesso di aver avuto rapporti sessuali per 12 volte con un uomo di 35 anni, e ora si trova in carcere. Finora tutte le condanne alla lapidazione pronunciate negli stati islamici della federazione nigeriana sono state annullate, in seguito a campagne di pressione di organizzazioni per i diritti umani. Particolare eco hanno avuto nel 2002 e 2003 - specie in Italia - le vicende di Safiya Hussaini Tungar Tudu e Amina Lawal, riconosciute colpevoli di adulterio per aver avuto figli fuori dal matrimonio. L’ultimo caso di cui si era avuta notizia, prima delle condanne di Hajara e Daso, è quello di Jibrin Babaji, un ragazzo che nel 2003 fu condannato alla lapidazione per sodomia e poi, il 21 marzo 2004, è stato assolto dall’Alta Corte della Sharia dello stato di Bauchi. Lecce: progetto per inserimento lavorativo di detenuti
Ansa, 13 ottobre 2004
Un progetto sperimentale per favorire l’ingresso lavorativo dei soggetti incorsi in reato sarà sostenuto dalla Provincia di Lecce. Sono queste le risultanze di un incontro tenutosi alla Provincia, alla presenza dell’assessore provinciale alle Politiche del Lavoro Mario Pendinelli, del responsabile del coordinamento dei Centri per l’Impiego Adriana Margiotta, dei responsabili di alcuni Centri per l’Impiego, del responsabile dell’area pedagogica dell’Istituto penitenziario Fabio Zacheo e della direttrice del Centro Servizi Amministrativi di Lecce Patrizia Calabrese. Il progetto, promosso dal Ministero del Lavoro, e affidato ad una società di consulenza, prevede un’azione di sostegno ai Servizi Pubblici per l’Impiego che operi su più fronti e che comprenda: - orientamento per i detenuti ed ex-detenuti; - supporto agli operatori addetti alla formazione; - informazione e sensibilizzazione delle imprese; - servizi di help-desk giuridico sulle problematiche relative all’attuazione della L.193/00 (legge Smuraglia in tema di opportunità concesse ai soggetti che sono incorsi in reati). Allo scopo di favorire una maggior integrazione fra i soggetti coinvolti (Centri per l’Impiego, Istituti Penitenziari, Centro Servizi Sociali, Imprese e associazioni di categoria), il progetto prevede, inoltre, la realizzazione di uno sportello informatico contenente informazioni sulle varie professionalità dei detenuti, una sorta di banca dati, aggiornata e curata dalle strutture collegate con il Ministero della Giustizia e consultabile da tutti i Centri per l’Impiego. Risorsa base del progetto una consulenza orientativa, che comprende una serie di attività di assistenza del detenuto e di individuazione dei percorsi integrati finalizzati al suo inserimento lavorativo. Questo, soprattutto, con l’intento di stimolare un bisogno di autopromozione e autoimpiego da parte dei soggetti in esecuzione penale e dunque risultare uno strumento rieducativo volto al recupero delle proprie potenzialità. Nuovi incontri saranno programmati per definire le azioni di intervento più opportune da intraprendere, che saranno inizialmente incentrate sulla formazione e l’accoglienza per poi mirare all’obiettivo finale dell’eventuale assunzione. Referenti del progetto sono Simona Orsi e Giuseppe Stifano, del Centro Servizi di Matera, che ha curato la stesura del progetto stesso. Insieme alla Provincia di Lecce, all’interno dell’Obiettivo 1, aderiscono al progetto anche le Province di Benevento e Potenza. Vallanzasca: "Sono stanco, non ho più voglia di lottare"
Vita, 13 ottobre 2004
"Sono esausto e non ho più voglia di lottare, ma non perdo la speranza, che è l’unico conforto rimastomi, né la voglia di poter esprimere il mio sdegno di fronte a certe cose". Così Renato Vallanzasca, che sta scontando quattro ergastoli per altrettanti omicidi, commenta la decisione del Tribunale di sorveglianza di concedere permessi premio a Giovanni Brusca, ex boss della mafia ed oggi collaboratore di giustizia. Vallanzasca parla della decisione adottata per Brusca in una lettera inviata al giornalista Mario Campanella, che l’ha resa nota. Campanella sta intervistando Vallanzasca insieme alla psicoterapeuta Maria Rita Parsi, nell’ambito di un progetto editoriale educativo sul "male che educa il bene". "Cerco una logica per tante cose - aggiunge Vallanzasca nella lettera -. Io e Graziano Mesina siamo rinchiusi nel carcere di Voghera da una vita, mentre altri come il signor Brusca, che a differenza nostra si sono pentiti, anche se hanno ucciso bambini meritano addirittura i permessi premio. Ho accettato di pagare per rispetto delle persone cui ho fatto del male e non ho mai chiesto permessi: ho solo chiesto, inutilmente, di essere trasferito a Milano per curare i disturbi odontoiatrici di cui soffro e rivedere mia madre, che ha 87 anni e che non incontro dal 2001. Chi si pente dopo avere ucciso bambini di 12 anni può addirittura uscire dal carcere e penso che questo sia un problema da affrontare in Italia". "Non sono in carcere per avere ucciso delle mosche - scrive Vallanzasca a Campanella - ma persone e di questo sono consapevole. Ma so anche che 32 dei miei 54 anni li ho trascorsi in galera e che è inumano non concedere ad una persona il diritto di curarsi e di vedere la propria madre senza che questo comporti un giorno di sconto della pena". Sappe: il governo ha recepito le nostre richieste
Adnkronos, 13 ottobre 2004
Presso il Dipartimento della Funzione Pubblica ed alla presenza del Vice Premier Gianfranco Fini, è stato siglato oggi l’accordo relativo alla negoziazione ed alla concertazione per il biennio economico 2004/2005 delle Forze di Polizia e delle Forze Armate". Lo rende noto la segreteria generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, il più rappresentativo della categoria con 13 mila iscritti ed il 40% di rappresentatività, aderente, insieme a SAP per la Polizia di Stato e Sapaf per il Corpo Forestale, alla Consulta Sicurezza dei Sindacati autonomi di Polizia. "Il Governo - prosegue il Sappe - ha recepito la nostra specifica richiesta e si è impegnato ufficialmente a costituire un tavolo tecnico con le organizzazioni sindacali rappresentative del Corpo della polizia penitenziaria e del Corpo forestale dello Stato per esaminare le problematiche emerse in sede di contrattazione sui fondi per l’efficienza dei servizi istituzionali". Altrettanto importante, annota ancora il sindacato, un altro impegno di governo:" in caso di attivazione dell’art. 14, comma 5, del disegno di legge Finanziaria 2005, si impegna a riconoscere al personale destinatario dei presenti ipotesi di accordo e schema di concertazione gli stessi incrementi riconosciuti al restante personale pubblico" ed inoltre "si impegna, altresì, ad informare le OO.SS. ed i Cocer degli andamenti dei lavori della legge finanziaria 2005 in tema di risorse contrattuali del pubblico impiego". "Soltanto l’impegno del Sappe, della Consulta Sicurezza, ha permesso, durante la scorsa estate, di evitare una ennesima ingiustizia, obbligando il Governo a prendere gli impegni adeguati. Il Sappe e la Consulta Sicurezza hanno inoltre ricevuto garanzie sulla rapida approvazione dell’Accordo da parte del Consiglio dei Ministri e della firma del Presidente della Repubblica. Passaggi necessari per concretizzare in busta paga, forse già dal mese in corso o con più probabilità da novembre, il pagamento degli arretrati derivanti dagli aumenti contrattuali." Terni: troppi detenuti, il carcere rischia di scoppiare
Il Messaggero, 13 ottobre 2004
È nato per diventare un modello. Doveva rappresentare l’efficienza e la modernità del sistema carcerario italiano. Ma il "modello" ha resistito poco. Travolta dalla gravissima crisi delle carceri italiane, anche la casa circondariale di vocabolo Sabbione ha cominciato ben presto a fare i conti con una realtà che rappresenta molto di più uno specchio del malessere che quel modello a cui avrebbe dovuto mirare. Attrezzato per ospitare circa 180 detenuti, il carcere ternano ne ospita almeno 350. Praticamente il doppio, addirittura più della media nazionale che vede 56.000 detenuti per soli 42.000 posti disponibili. Basterebbero queste cifre per far capire la situazione di crisi. Ma c’è molto di più nella lista delle lamentazioni che ieri mattina i rappresentanti della Sas della polizia penitaenziaria aderente alla Cisl hanno presentato al direttore Dell’Aira. C’è una situazione che pur accomunando Terni alle altre realtà italiane ha in sé qualcosa di esplosivo. "Lo stato di sovraffollamento crea una situazione di emergenza vera, che aggrava pesantemente la vita lavorativa di tanti operatori", affermano gli agenti della Fps Cisl. A Terni per rispettare l’intera turnazione sono solo 200 i poliziotti e al loro fianco collaborano una ventina di ausiliari. Dire che è poco è una banalità, ma non basta. La carenza di personale, soprattutto quello addetto al "trattamento", cioè alla rieducazione ed al recupero dei detenuti è drammatica. "Da un decennio - denunciano gli agenti - l’amministrazione penitenziaria non bandisce concorsi per educatori ed è scandaloso che in certe strutture di questa figura siano presenti due o tre per carceri anche tre volte quello di Terni. Questo fatto non si può neanche commentare". Quello che veramente viene messo in discussione dalle fondamenta in situazioni di sovraffollamento e precarietà come quella attuale, è la sicurezza dell’istituto, sia del personale che degli stessi detenuti. "E senza sicurezza - affermano gli agenti della Cisl in un documento - non ci può neanche essere trattamento, così si tengono chiusi all’interno delle mura del carcere, nell’ozio più totale che in molti casi è solo generatore di ulteriore violenza, soggetti che hanno tutto meno che l’opportunità di rigenerarsi". Quello che gli agenti di custodia fanno presente, oltre alle rivendicazioni salariali per stipendi "da miseria" e l’adeguamento degli organici, è dunque una situazione in cui il carcere sta pian piano diventando solo una realtà coercitiva incapace di svolgere anche un ruolo positivo con progetti di rieducazione e "trattamenti" differenziati in rapporto con l’esterno. Così la casa circondariale di vocabolo Sabbioni, con il suo 80% del totale dei detenuti proveniente da paesi extracomunitari e con seri problemi di tossicodipendenza per tanti dei suoi "ospiti" appare anche più complessa e delicata, come situazione, di tante altre realtà italiane con numeri più grandi. Cosenza: intesa per inserimento detenuti al lavoro
Asca, 13 ottobre 2004
È stato firmato oggi, nella sede della Provincia di Cosenza, un protocollo di Intesa fra il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria della Calabria, nella persona del Provveditore Regionale - Dirigente Generale, Paolo Quattrone, e l’Amministrazione Provinciale di Cosenza, rappresentata dal Presidente, Gerardo Mario Oliverio, per l’inserimento dei soggetti in esecuzione di pena o in misura alternativa alla detenzione. Il progetto, curato dall’Assessore all’Edilizia Pubblica e Scolastica Oreste Morcavallo, prevede attività di formazione professionale e lavorativa, sia all’interno degli Istituti sia all’esterno, per i soggetti in misura alternativa, nonché a favorire e promuovere l’attività lavorativa delle persone in esecuzione penale, in special modo incentivando e favorendo la disponibilità del mondo dell’imprenditoria e della cooperazione. "Rendendo operativo questo protocollo - ha dichiarato Oliverio - si è realizzato un momento importante di sinergia delle istituzioni, a favore dei soggetti più esposti, realizzando contemporaneamente un vantaggio per l’intero tessuto sociale; utilizzando le competenze dei detenuti, infatti, sarà possibile la realizzazione e la manutenzione di parte dell’arredo scolastico delle scuole del nostro territorio. È un primo passo - ha concluso il Presidente - verso una maggiore attenzione delle Istituzioni pubbliche al recupero sociale dei detenuti, perché è importante e vitale che la società non resti indifferente di fronte alle problematiche carcerarie". Per l’Assessore Provinciale all’Edilizia Pubblica e Scolastica, Morcavallo, si tratta di "riempire di contenuti un accordo importante, che presenta una duplice finalità sociale: di reinserimento dei detenuti e di carattere educativo per gli studenti, che utilizzeranno il materiale che verrà prodotto dai detenuti stessi. È una grande occasione - ha concluso Morcavallo - per suscitare nei giovani una maggiore comprensione verso i carcerati e il loro dramma sociale, nonché di rispetto per la cosa pubblica e il patrimonio comune". Padova: presentato "Il brontolo", nuovo giornale di strada
Redattore sociale, 13 ottobre 2004
"Brontoliamo insieme per farci sentire senza urlare, per creare un rumore significativo, ma non fastidioso": questo l’obiettivo di "Il Brontolo" il nuovo giornale di strada di Padova, presentato questa mattina presso il Centro di servizio del volontariato. Cinquemila saranno le copie distribuite (ad offerta libera), nelle edicole, nelle librerie, nei negozi "solidali" e nelle parrocchie che decideranno di aderire all’iniziativa. "Parlare e scrivere di qualcosa significa permettere ai cittadini che vivono nella città e soprattutto nelle strade e nelle piazze, di incontrarsi e di leggersi - affermano i promotori dell’iniziativa -. Le famiglie, gli studenti, i pensionati, i lavoratori, i giovani, gli immigrati, i senza dimora, i diversamente abili, i disoccupati: spazio a chi vuole vivere in modo attivo quanto succede attorno a lui, con un’attenzione particolare ai senza casa, perché essere senza alloggio oggi significa non essere, non avere diritti". Gestito dalle associazioni "Gruppo Operatori Volontari Carcerari", "Il Granello di Senape" e dalle cooperative sociali Cosep e AltraCittà, Il Brontolo nasce assieme al progetto "Avvocati di strada", sostenuto dal CSV di Padova, che sarà avviato venerdì 15 ottobre. "Il mondo dei senza dimora e quello del carcere sono come due vasi comunicanti - spiega Francesco Morelli, ex detenuto, oggi responsabile dell’ufficio stampa di Ristretti orizzonti -. Da una ricerca tra circa 400 detenuti, è emerso che il 25% di essi non sa dove andrà a vivere una volta uscito dal carcere e un altro 25% non sa se avrà ancora la residenza. Inoltre il 40% è vissuto in strada per almeno qualche periodo della propria vita". La redazione del giornale, composta da circa dieci persone, ha sede presso la cooperativa Cosep. L’impaginazione e la grafica del giornale sono realizzate dai detenuti della redazione di Ristretti Orizzonti, nella Casa di Reclusione di Padova. A breve sarà attivo anche un sito (www.ilbrontolo.org) per diffondere maggiormente i contenuti del giornale e coinvolgere soggetti come scuole ed enti. Informazioni: tel. 339/2049422, email: redazione@ilbrontolo.org.
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