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Castelli: 1.500 uomini in più per la Polizia penitenziaria
Vita, 12 ottobre 2004
Sarà incrementato di 1.500 persone il corpo di Polizia Penitenziaria in Italia e almeno 1.200 saranno mandati al Nord. Ora stiamo facendo i bandi, poi procederemo con l’addestramento". Lo ha affermato il ministro alla Giustizia Roberto Castelli, a margine di un incontro a Milano, rispondendo alle domande sulla carenza di secondini nelle carceri italiane. Il Corpo di Polizia Penitenziaria italiana è il più pletorico d’Europa - precisa Castelli - il problema è che le persone sono male impiegate. Non riusciamo a intervenire così efficacemente come vorremmo perché vediamo anche grandissime resistenze, alcune delle quali assolutamente giustificate, da parte del sindacato. Abbiamo aperto un tavolo e ho sempre auspicato che si lavori alacremente per rivedere gli organici, i turni e la disposizione sul territorio. Credo che mai come in questo caso la ragione sia da tutte e due le parti: del ministro e del sindacato". Castelli: gli agenti non sono pochi, ma male impiegati
Agi, 12 ottobre 2004
Gli agenti di polizia penitenziaria in Italia non sono pochi ma male impiegati e la loro organizzazione e dislocazione deve essere rivista. Lo sostiene il ministro della Giustizia Roberto Castelli che ricorda comunque come è già previsto un rafforzamento dell’organico di 1.500 unità. "Io vivo in carcere a Regina Coeli, faccio le vacanze in carcere in Sardegna e frequento molti istituti - premette Castelli, replicando così al sindacato di Polizia Penitenziaria che lo sollecita a rendersi conto personalmente della situazione -. Non ho bisogno di inviti per sapere com’è la situazione. La conosco molto bene. Il Corpo italiano è il più pletorico d’Europa. Il problema è che gli agenti sono male impiegati. Non riusciamo a intervenire efficacemente come vorremmo perché vediamo delle grandissime resistenze, alcune delle quali - dice però - assolutamente giustificate, da parte del sindacato". Il ministro ricorda comunque che "abbiamo aperto un tavolo e sempre auspicato che questo lavori alacremente per rivedere gli organici, la disposizione sul territorio, i turni. Credo che mai come in questo caso la ragione stia da tutte e due le parti: ha ragione il ministro e hanno ragione i sindacati". I 1.500 nuovi posti comunque "sono un dato acquisito. Stiamo facendo i bandi, poi faremo l’addestramento e infine ci saranno le destinazioni su tutto il territorio nazionale". Con un occhio di riguardo al Nord Italia "dove c’è una grande sofferenza d’organico", e infatti circa 1.200 dovrebbero "essere destinati proprio al Nord". Milano: Comune cede Ipm "Beccaria" a Ministero Giustizia
Apcom, 12 ottobre 2004
Il Ministro di Grazia e Giustizia Roberto Castelli e il sindaco di Milano Gabriele Albertini hanno firmato stamattina, a Palazzo Marino, un accordo per la cessione al Ministero di Grazia e Giustizia del complesso edilizio che in via dei Calchi Taleggi 20 ospita l’Istituto di Rieducazione Minorile "Beccaria". La firma del documento è il perfezionamento di una delibera già varata dalla giunta con la quale il Comune si impegnava a cedere la struttura, per la durata di 30 anni e a titolo gratuito, al Ministero. Quest’ultimo, infatti, gestiva in comodato l’Istituto Beccaria corrispondendo all’Amministrazione comunale, proprietaria fin dal 1985 dell’intero complesso, un canone annuo pari a 113.910 euro. L’accordo prevede che il Ministero di Grazia e Giustizia si impegna a realizzare le opere di ristrutturazione, che interessano nove edifici e un’area di 22.306 metri quadrati. "Con questo accordo - i legge in una nota del Comune - viene garantita sia la continuità di una funzione istituzionale dello Stato, sia la preservazione della proprietà comunale che verrà poi recuperata e rivalutata grazie agli interventi di manutenzione straordinaria". Forlì: lavoro e formazione, per uscire dall’oblio del carcere
Romagna Oggi, 12 ottobre 2004
Questa mattina sono stati presentati nella sede della Provincia di Forlì-Cesena di piazza Morgagni, i progetti della Casa circondariale di Forlì per il recupero e la riabilitazione alla vita sociale dei detenuti. I progetti sono realizzati da Technè, il consorzio provinciale per la formazione professionale, in collaborazione con la Provincia di Forlì-Cesena. All’incontro con la stampa hanno preso parte la direttrice della Casa circondariale di Forlì, Rosa Alba Casella, gli assessori della Provincia di Forlì-Cesena Margherita Collareta (delega alla Formazione professionale), Iglis Bellavista (Politiche del lavoro) e Alberto Manni (Politiche sociali). Unanime è stata l’attenzione posta su problemi cruciali per i detenuti, in primis le condizioni di drammaticità del carcere. Ma una maggior vivibilità delle case circondariale perde significato se non è accompagnata da un’adeguata politica del lavoro, che consenta ai detenuti di poter davvero uscire da quel pericoloso tunnel psicologico e tornare ad essere cittadini "normali". "Il lavoro - è stato sottolineato - può rappresentare l’asse centrale per la costruzione di alla condizione detentiva ed alle pene, un vero e proprio strumento di investimento sociale, un ostacolo alla recidiva del crimine, una garanzia per la sicurezza della società". Parma: carcere, emergenza per il personale dipendente
Lungo Parma.it, 12 ottobre 2004
Nei giorni scorsi il Ministro della Giustizia ha risposto ad una lettera che l’On. Carmen Motta e la Sen. Albertina Soliani gli avevano inviato nel mese di luglio u.s. sulla situazione di emergenza in cui si trovano gli Istituti Penitenziari di Parma. "Nella lettera – affermano le parlamentari -, che fa seguito a una serie di interrogazioni, interventi e incontri da noi promossi, avevamo evidenziato la grave carenza di personale che perdurando ha determinato pesanti condizioni di lavoro con inevitabili ricadute negative anche sulle condizioni delle persone recluse. A ciò vanno aggiunti i rischi che questa situazione potrebbe comportare sia sul piano della sicurezza interna che di quella esterna agli Istituti stessi". Nella nota del Ministro si rappresenta che in conseguenza della particolare realtà degli Istituti di Parma il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha provveduto ad inviare in missione da istituti del Sud Italia un primo nucleo tra ispettori, sovrintendenti, agenti-assistenti e che "sta per essere emanato un bando di concorso per 1.500 nuovi agenti di cui almeno i due terzi saranno assegnati alle carceri attualmente in grave carenza di organico, fra cui sicuramente rientrerà la situazione degli Istituti Penitenziari di Parma". "In considerazione delle notizie apparse recentemente sugli organi di stampa cittadini - proseguono l’On. Motta e la Sen. Soliani - che riportano l’ennesima denuncia da parte delle organizzazioni sindacali della persistente mancanza di personale, l’impegno assunto dal Ministro non risponde alle aspettative e ai problemi rappresentati dal personale degli Istituti di Parma; infatti il prossimo mese di novembre andranno in scadenza i contratti di 9 agenti-ausiliari e pertanto la situazione dell’organico continuerà ad essere di assoluta emergenza". "Per queste ragioni - concludono le parlamentari - continueremo il nostro impegno ed interverremo nuovamente sul Ministero affinché sia reperito ulteriore personale da destinare a Parma e siano nel contempo accelerate le procedure concorsuali per il reclutamento di nuovi agenti procedendo quanto prima ad una assegnazione di nuovo personale, tale da poter superare definitivamente una situazione ormai riconosciuta da tutti di particolare criticità". Forlì: detenuti al lavoro con Progetto "Equal Pegaso"
Sesto Potere, 12 ottobre 2004
Continuano le attività d’inserimento dei carcerati o detenuti in semilibertà. La Provincia di Forlì-Cesena già da 2 anni sta promuovendo progetti rivolti alla formazione professionale dei carcerati per reati minori, che sono a bassa/bassissima pericolosità, ma che presentano un alto tasso rischio di recidività, circa il 60% delle possibilità di tornare a commettere il reato. "Ai due progetti in vigore, Pegaso I e Nuovi Orizzonti, si aggiungerà a fine anno Equal Pegaso, che durerà 3 anni e coinvolgerà oltre alla Provincia di Forlì-Cesena, anche i territori di Ferrara e di Bologna, con i quali saranno scambiate esperienze e buone pratiche per rafforzare un sistema regionale" dichiara Margherita Collareta, Assessore alla Formazione Professionale. Il Protocollo d’intesa firmato il 01/06/04 tra gli enti locali, il sistema penitenziario, l’Ausl, il Terzo settore e le rappresentanze del mondo del lavoro della Provincia di Forlì-Cesena, ha dato l’avvio alla Rete per il Lavoro, la collaborazione tra gli operatori per favorire la riabilitazione e l’inserimento lavorativo di chi rischia l’esclusione sociale. Equal Pegaso ha l’obiettivo di predisporre tutte le condizioni per dare sbocchi sociali e lavorativi concreti per detenuti ed ex detenuti, ad esempio con la costituzione di cooperative sociali/imprese in rete con le attività produttive del territorio. I fronti sui quali si favorirà il progetto sono 3: l’organizzazione efficiente della Rete tramite i Comitati locali, lo studio e la promozione degli strumenti per la creazione delle opportunità lavorative durevoli, la creazione di un’Agenzia di Comunicazione che mantenga alta la soglia d’attenzione sociale sulle problematiche del carcere. Roma: "Cattività", quei sorrisi delle donne dietro le sbarre
Corriere della Sera, 12 ottobre 2004
Marco Delogu è un pittore che ama i ritratti. Questo quarantenne di origine sarda, ma nato a Roma dove vive e lavora, ai ritratti ha dedicato più di una mostra e di un libro. Non sembra amare tanto i ritratti singoli quanto quelli di una certa categoria o di un certo gruppo di persone. Per esempio nel 1996 ha esposto a Villa Medici i ritratti dei compositori dell’Ircam, il celebre istituto parigino di musica contemporanea diretto da Boulez, nel 2000 ha dedicato un libro e una mostra ai fantini del Palio di Siena e nel 2001 in un volume e in una esposizione ha raccolto le immagini dei vecchi cardinali della curia romana. Il ritratto è un genere fotografico, e prima ancora pittorico, particolare. Romanzi di varie epoche - basti pensare al celebre "Ritratto di Dorian Gray" di Oscar Wilde dove un’immagine dipinta vive in drammatica simbiosi con la persona vera che raffigura - ne hanno messo in luce spesso il valore magico, o di specchio della più vera personalità umana. A un ritratto non si chiede tanto la verosimiglianza, quanto di svelare l’anima, l’essenza di una personalità. Perché in genere le persone che fanno da soggetto a un ritratto, in passato come oggi, hanno una personalità riconosciuta che il ritrattista deve cogliere. Il ritratto non è una foto-tessera, quella che gli addetti a controlli di vario tipo guardano alternativamente al viso di chi è fotografato per vedere se la forma degli occhi o il naso o la bocca riportati sul documento corrispondono a occhi naso e bocca reali. Il ritratto è altro, è corpo e anima, in altri termini è un genere chiamato a esprimere la nobile singolarità della persona. La nuova mostra di Delogu - che a febbraio sarà anche un libro - si intitola "Cattività". Anche qui - cioè allo Studio Stefania Miscetti a Trastevere, via delle Mantellate - sono esposti dei ritratti, alcuni in bianco e nero (in genere, nei ritratti Delogu lavora con il bianco e nero) alcuni in vividi colori. I soggetti sono detenuti e detenute del carcere di Rebibbia: Delogu e la sua macchina fotografica lo hanno frequentato dal 1998 al 2003 , prima la sezione maschile poi quella femminile, per realizzare questa serie che ha caratteristiche diverse rispetto alla precedente produzione. Non solo perché le foto, ingrandite e ingabbiate in una superficie di plexiglas, appartengono ancora più vistosamente che in passato a un tempo contemplativo che è quello dell’opera d’arte e non del documento, ma per la natura dei soggetti stessi delle immagini. Un importante compositore ad ogni concerto può diventare materia di ritratto, e così un fantino ad ogni vittoria o sconfitta, e un cardinale per qualche importante celebrazione. Invece i carcerati molto probabilmente appariranno in foto segnaletiche, foto sui giornali, foto di documenti, anche foto ricordo in mano a qualche addolorato familiare, ma molto improbabilmente saranno oggetto di ritratti. Un ritratto punta non alla riconoscibilità dei lineamenti, ma alla unicità della persona. Per questo la mostra di Trastevere, lontana da Rebibbia ma a fianco delle alte mura di Regina Coeli, colpisce chi va a visitarla: i detenuti delle grandi carceri romane per i loro concittadini liberi sono in genere oggetto di riprovazione o di pena, di indignazione o di cordoglio, un caso sociale o un problema civile, ma difficilmente delle singole riconoscibili persone nella loro irripetibile unicità. Delogu ha cominciato lavorando nel reparto maschile di Rebibbia in bianco e nero: i carcerati assomigliano forse al proprio spettro nella luce livida e contrastata della foto, ma nessuno assomiglia a un altro - la foto restituisce quella differenza tra le persone che la vita libera esalta e il carcere annulla. Con le donne irrompe il colore. Forse per questo o forse per altri più intrinseci motivi, il loro corpo, a differenza di quello maschile, trionfa nell’immagine. E le detenute sorridono quasi sempre all’obiettivo, come se fossero felici della possibilità di essere se stesse - nella loro singolare corporeità: vestiti, trucco, capelli, gesti, sguardo - che l’occhio fotografico per un momento concede. Milano: sciopero fame per sanatoria, già raccolte 400 firme
Corriere della Sera, 12 ottobre 2004
La lotta degli immigrati per la regolarizzazione continua e si estende. Dopo i sit-in, gli incontri con le istituzioni, le manifestazioni, è arrivato anche lo sciopero della fame. Per sensibilizzare le forze politiche, il governo e gli immigrati stessi, sull’annoso problema delle lungaggini per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno. Quattro persone da oltre ventiquattro ore hanno deciso di incrociare le braccia e non toccare cibo. Sono stranieri, membri del Comitato Immigrati di Milano, dell’associazione Multietnica 2001 e dell’associazione Todo Cambia. Con loro anche il vicepresidente dell’Arci, Emanuele Patti. Tutti ospitati nella sede dell’Arci di piazza XXIV Maggio, all’esterno della quale vengono distribuiti volantini e raccolte firme di solidarietà per la petizione che verrà consegnata alla prefettura sabato prossimo, dopo la manifestazione che si terrà in piazza San Babila. "Dopo un giorno di digiuno - spiega Patti - non ci sentiamo affatto spossati. Anzi, siamo galvanizzati da quello che, in queste ore, è accaduto. Domani avremo un incontro con il questore. Le associazioni ci sostengono e abbiamo già raccolto oltre 400 firme, molte delle quali di cittadini italiani". Così da lunedì, operatori e dirigenti dell’Arci faranno la staffetta dello sciopero della fame a sostegno della "vertenza". "Sono centinaia di migliaia gli immigrati che attendono il rinnovo del loro permesso di soggiorno - spiega Filippo Miraglia, responsabile del settore immigrazione -. I tempi di attesa sono talmente lunghi che in moltissimi casi superano la durata del permesso stesso. Questa situazione rischia di rigettare nella clandestinità una grande percentuale di lavoratrici e lavoratori stranieri che si erano regolarizzati e avevano ottenuto un contratto di lavoro. Lo sciopero terminerà quando il governo riceverà una delegazione di immigrati e fornirà assicurazioni su una soluzione positiva". Una lotta che non riguarda solo i permessi di soggiorno "bloccati" in questura, ma anche il riesame dei permessi di soggiorno respinti nell’ultima sanatoria. Con un volantino che riporta lo slogan "Uno, cento, mille scioperi e mobilitazioni", gli extracomunitari chiedono inoltre la fine della clandestinità e i pieni diritti di cittadinanza; la fine delle deportazioni e la chiusura dei centri di accoglienza definiti da loro di detenzione; il diritto all’asilo politico che rispetti i diritti e la dignità delle persone; l’abolizione della legge Bossi-Fini, senza nessun ritorno alla legge Turco-Napolitano, ma una nuova legge quadro sull’immigrazione; il diritto al voto. "Sono in Italia da 11 anni - spiega Bogdan Kwappik, 33 anni, polacco e presidente dell’associazione sportiva Multietnica 2001 -: faccio lo sciopero della fame per una serie di motivi, non ultimo quello che, lo scorso luglio, io ed altri quattro atleti stranieri abbiamo disputato e vinto in rappresentanza dell’Italia il campionato del mondo di "street soccer" che si è disputato a Goteborg. E il permesso scaduto non ci permette di uscire dall’Italia, proprio alla vigilia di una serie di appuntamenti sportivi all’estero". Ricorda anche che "ho perso il lavoro di recente e per avere un permesso di soggiorno per disoccupazione, pur essendo polacco e quindi comunitario, devo avere sul conto corrente circa 5 mila euro". Giovanni Brusca esce dal carcere: permessi all’ex boss pentito
Repubblica, 12 ottobre 2004
Permessi premio per Giovanni Brusca. Il boss mafioso, mandante di un centinaio di omicidi tra cui quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido a 13 anni per punire il padre pentito, può uscire dal carcere ogni 45 giorni o al massimo ogni due mesi. Lo ha deciso il tribunale di sorveglianza di Roma, per premiare la buona condotta del detenuto, ora collaboratore di giustizia. Il provvedimento risale alla primavera scorsa, ma se ne è avuta notizia solo oggi. Secondo quanto rivelato dal Giornale di Sicilia, Brusca ha trascorso i suoi permessi in una località protetta in compagnia della famiglia. Scortato, in stato di detenzione domiciliare, l’ex capomafia di San Giuseppe Jato ha lasciato la cella per alcuni giorni. Prima della decisione dei giudici, l’uomo che ha premuto il telecomando a Capaci nella strage che uccise il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta, era uscito dal carcere soltanto in seguito ad un’autorizzazione straordinaria per motivi familiari. "Anche lui è entrato nel circuito dei benefici carcerari", ha spiegato il suo legale, l’avvocato Luigi Li Gotti. Nelle prossime settimane i giudici del tribunale di sorveglianza dovranno decidere anche sull’istanza di scarcerazione del pentito. L’udienza era stata fissata per il mese scorso ma è stata poi rinviata per mancanza dei pareri delle procure che hanno seguito la collaborazione dell’ex boss. I Pm di Palermo, Caltanissetta e Firenze dovranno esprimersi sugli effetti del pentimento di Brusca. Sulla scarcerazione, a cui dovrebbero seguire gli arresti domiciliari, si pronuncerà anche la Direzione Nazionale Antimafia. Giovanni Brusca venne arrestato il 20 maggio del 1996. In seguito al suo pentimento, l’ex boss si è accusato di un centinaio di omicidi. Venezia: il nuovo ruolo della Polizia Penitenziaria...
Il Gazzettino, 12 ottobre 2004
Stamane alle 10 nella basilica della Salute i vertici degli istituti penitenziari di Venezia, insieme alle autorità locali, esponenti delle forze armate, della polizia e cittadini parteciperanno alla festa annuale Corpo di polizia penitenziaria. Come ogni anno, la celebrazione sarà occasione per porre l’attenzione sull’operato prezioso e difficile cui sono chiamati con dedizione e impegno le donne e gli uomini appartenenti al corpo; oggi arricchita dalla figura del commissario, ruolo direttivo della polizia penitenziaria. Pur nella consapevolezza delle difficoltà esistenti all’interno delle strutture penitenziarie, il personale del Corpo è garante della sicurezza e della rieducazione del detenuto; ogni giorno gli addetti si confrontano con impegno e dedizione, svolgendo complessi compiti al servizio delle istituzioni. Una forza di polizia moderna, che opera ad alti livelli di professionalità ed efficienza nei compiti assegnati, dal servizio traduzioni, scorte, piantonamenti, al servizio navale e servizio cinofili. Professionalità, efficienza, impegno, riconosciuti dalla società e dalle istituzioni, anche a livelli internazionale, sono occasioni di frequenti apprezzamenti che contraddistinguono il Corpo di polizia penitenziaria. Oggi più che mai la polizia penitenziaria è chiamata a dimostrare grande maturità e consapevolezza nei compiti che gli vengono attribuiti e che la proiettano in un futuro sempre più all’avanguardia. La Russa: "Abbiamo impedito che Sofri avesse la grazia"
Repubblica, 12 ottobre 2004
"Abbiamo impedito che Sofri uscisse dal carcere, An non ce l’ha con nessuno è Cè che non ha letto i contenuti dell’articolo bocciato". Così il coordinatore di An Ignazio La Russa replica ai mal di pancia leghisti dopo la bocciatura dell’articolo 24 che trattava dei poteri del capo dello Stato. Insomma una "finezza" nel gioco parlamentare che i leghisti non avrebbero capito. Immediata la reazione leghista: "Non si può venire in Aula con un accordo e poi votare il contrario". La Russa, dunque, ritiene di aver fatto un favore anche ai padani con quei voti sommati a quelli della sinistra che hanno cancellato l’articolo sulle prerogative del presidente della Repubblica dalla nuova Costituzione della Casa delle libertà. "Con noi - dice La Russa - ce l’ha la sinistra che voleva che Sofri potesse ottenere la grazia senza neppure chiederla, è questa l’unica cosa che è stata bocciata. Con il voto negativo all’emendamento resta il vecchio testo con tutti i poteri del presidente della Repubblica". La Russa ha quindi sottolineato che "la nostra non è un’operazione politica, ma squisitamente di tecnica" ed ha spiegato che "la novità di quest’articolo è che voleva introdurre il fatto che il presidente della Repubblica non avesse bisogno della controfirma del ministro di Giustizia per firmare la grazia". "La votazione è stata chiarissima - prosegue La Russa - e l’articolo 89 della Costituzione rimane così com’è, con l’atto di grazia del presidente della Repubblica che necessita la controfirma. È il centrosinistra che dovrebbe piangere visto che Sofri resta in carcere". La Russa poi sottolinea che "la Lega non hanno letto bene, oppure c’era un accordo con il centrosinistra del quale non eravamo a conoscenza...". A chi gli chiedeva di spiegare invece le numerose assenze che avevano determinato la ripetuta mancanza di numero legale in aula alla camera, La Russa ha risposto: "Le assenze? ma non c’entrano, tant’è vero che gli emendamenti precedenti sono passati tutti". Ma il capogruppo della Lega Cè ribalta il ragionamento. "La Lega - ha detto il capogruppo rivolgendosi ai banchi di An - è sempre stata contraria alla grazia a Sofri, ma vorrei ricordare all’onorevole Anedda (capogruppo di An n.d.r.) che ha sottoscritto un accordo di maggioranza sulle riforme e che non è possibile che si venga in Aula con un accordo e poi si voti al contrario: evidentemente si vuole far trasparire la volontà di affossare la riforma". Un ragionamento che non è piaciuto per nulla a Marco Boato. "Non ho preso parte alla votazione dell’articolo 24 - spiega il presidente del Gruppo misto - perché ho capito subito quello che stavano facendo. In odio ad Adriano Sofri erano disposti addirittura a stravolgere il testo della loro riforma. Ho provato disgusto e un senso di vomito e così ho preferito non esserci...".
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