Indagine
Eures sulla criminalità e la certezza della pena in Italia
Sesto
Potere, 30 marzo 2004
Per
quali reati si rischia di andare in galera? Qual è la media delle condanne e
chi effettivamente le sconta? Dai risultati di un'indagine dell’Eures sulla
certezza della pena in Italia emerge che rischia il carcere soprattutto lo
straniero e che la maggior parte dei condannati ha precedenti penali. Ma è in
aumento anche "chi sbaglia" tra i giovani e le donne. Riassumendo?
L’osservatorio dell’Eures sulla criminalità ha compiuto una indagine sulla
quantità e sulla qualità delle condanne, sulla media delle pene comminate e
sulla effettiva loro espiazione, tracciando anche l’identikit del condannato.
Tutti i dati si riferiscono a condanne passate in giudicato in un arco di tempo
che comprende gli ultimi dieci anni.
Nell’ultimo decennio sono 850 mila gli anni di detenzione inflitti e non
scontati in carcere. Dal rapporto tra anni scontati e anni di reclusione
comminati dalle sentenze definitive è stato possibile realizzare l’indice di
certezza della pena, vale a dire la percentuale degli anni effettivamente
trascorsi in carcere su quelli inflitti, che tocca nel 2001 la punta più bassa
(38,4%) e nel 1995 la punta più alta (44,9%).
Condanne. Calcolando la media degli anni di reclusione comminati nell’ultimo
decennio emerge un indice di applicazione della pena ben distante dalle massime
punizioni previste dal codice penale per i singoli reati.
Per l’omicidio volontario la durata media della pena inflitta è di 12,4 anni
(il Codice prevede da un minimo di 21 anni all’ergastolo), per l’omicidio
preterintenzionale è di 8,8 anni (il Codice prevede da 10 a 28 anni), per
l’omicidio colposo 0,5 anni (da 6 mesi a 5 anni per il Codice); 2 anni per la
rapina (da 3 a 10 anni) e l’estorsione (da 5 a 10 anni); 0,4 anni per il furto
(massimo previsto 3 anni) e per la truffa (da 6 a 12 mesi per il Codice); per la
bancarotta 1,3 anni (da 6-24 mesi a 3-10 anni per la "semplice" e la
"fraudolenta" per il Codice); 1,1 per la detenzione di armi (da 1 a 4
mesi da 1 a 3 anni) e 1,3 anni per il peculato (da 3 a 10 anni la pena edittale
prevista).
Chi va in carcere. Ma per quali reati si rischia di andare effettivamente in
carcere dopo la condanna definitiva? Calcolando il rapporto tra detenuti e
condannati, la classifica vede ai primi posti il sequestro di persona e
l’omicidio volontario; seguono, nella "classifica" stilata,
estorsione, produzione e spaccio di stupefacenti, rapina, istigazione e
sfruttamento della prostituzione, violenze sessuali, furto, violenza e oltraggio
a pubblico ufficiale, infanticidio, atti osceni, lesioni personali volontarie;
in coda, a forte distanza, peculato, truffa, bancarotta, emissioni di assegni a
vuoto, lesioni personali colpose e omicidio colposo.
Identikit del condannato. Dal 1995 è cresciuto il peso dei condannati che hanno
precedenti penali, che rappresentano il 62 per cento del totale. Dato questo che
denuncia la scarsa efficacia della cosiddetta "rieducazione" e del
recupero: dal 1997 al 2001 ha precedenti penali il 76% dei condannati per
omicidio volontario, il 63,7% dei condannati per furto, il 71,3% per rapina.
Cresce tra i condannati il numero di donne (18% nel 2000 erano il 12,6% nel
1990) e dei giovani: nel 2001 rispetto al 2000 la presenza dei giovani tra i 14
e i 17 anni è aumentata di 0,6 punti percentuali, passando dall’1,2%
all’1,8% e la percentuale dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni è aumentata di 3,2
punti (dal 20,3% del 2000 al 23,5% del 2001), così come quella dei
giovani-adulti (25-34 anni), che passa dal 32,8% nel 2000 al 34,1% nel 2001.
Diminuiscono i condannati tra i 45 e i 54 anni (-2,5 punti).
"Straniero" in carcere. I condannati stranieri, per lo più immigrati,
sono aumentati: dal 94 al 2000, la loro incidenza rispetto al totale dei
condannati è passata dal 10,8% al 19,1%. Ebbene, rispetto alle condanne
ricevute, sono proprio gli stranieri a "rischiare" di più il carcere
rispetto agli italiani: nel 2000 i condannati stranieri sono stati infatti il
19,1% del totale, mentre i detenuti stranieri ammontavano al 28,8% del totale
dei detenuti, con uno scarto di quasi 10 punti percentuali tra le due
componenti. Prostituzione e furto i reati con la più alta componente di
immigrati (42,9% e 42,5%), seguiti da spaccio di stupefacenti (30,7% dei
condannati), rapina (19,8%), violenze sessuali (16,2%) e omicidio volontario
(8,6%).
Conclusioni. È più facile, dunque, andare in carcere per reati di bassa
manovalanza criminale, commessi magari da stranieri, come lo spaccio di sostanze
stupefacenti, rispetto a reati più "raffinati" come il peculato o la
bancarotta. Per i reati più gravi (omicidio e sequestro di persona) la
giustizia appare comunque intransigente. L’indagine non consente valutazioni
sulla qualità della difesa dei criminali di basso profilo o sul condizionamento
esercitato dalla estrazione sociale che, evidentemente, hanno un peso
sull’iter processuale e detentivo del condannato. Preoccupa l’aumento dei
giovani e delle donne tra i condannati. Ma ancor più preoccupante è la
constatazione che chi ha sbagliato una volta (il pregiudicato) torni a
delinquere mentre dovrebbe essere in teoria recuperato. Un atto di clemenza,
dunque, senza potenziare l’aspetto rieducativo della pena, rischia di essere
un passaggio parlamentare, pur utile, ma di scarsa prospettiva.