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Interrogazioni a Castelli
Il Manifesto, 18 marzo 2004
A Roma Rebibbia misure più severe per i detenuti in semilibertà
Tira una brutta aria a Rebibbia penale. E' scattato un drastico giro di vite per i detenuti semiliberi e "in articolo 21" (ammessi cioè al lavoro esterno), quelli che escono la mattina e tornano in carcere la sera: da qualche settimana perquisizioni severissime, test antidroga e altri controlli: "Non fanno più entrare né libri né giornali", protestano i detenuti. Per 23 su circa un centinaio - uno su quattro - la direzione ha proposto modifiche del trattamento, quasi sempre il rientro anticipato di mezzora (chi tornava alle 23 dovrà farlo alle 22,30) e a volte nuovi turni di reperibilità (che possono anche comportare problemi di lavoro). I magistrati di sorveglianza stanno decidendo caso per caso: sette-otto "trattamenti" sono già stati modificate. E in realtà la stretta ordinata dal direttore Stefano Ricca si estende a tutto il complesso penale: i detenuti denunciano perquisizioni a tappeto, "anche due volte al giorno come succedeva una volta nelle carceri speciali", racconta un ex militante di una formazione armata. Alla direzione di Rebibbia penale spiegano che "in alcune celle sono state ritrovate parecchie cose che non dovevano essere lì", a quanto pare telefonini e qualche pezzetto di hashish. Non ci sono prove contro detenuti semiliberi, però si dice che "quello è il canale privilegiato" anche se, per la verità, uno che sta fuori tutto il giorno non ha motivo per portarsi il cellulare in carcere. Ci sono stati anche due casi di mancato rientro. Ma sembrano pretesti. Le misure restrittive sarebbero state concordate anche con i vertici dell'amministrazione penitenziaria, che anzi, per economizzare sui costi del personale, vorrebbero addirittura anticipare il rientro di tutti i semiliberi alle 21,30, allineandoli così a quelli dei carcerati in affidamento in prova ai servizi sociali. E' davvero il colmo che le carenze della polizia penitenziaria finiscano sulle spalle dei detenuti ammessi ai benefici della legge Gozzini. Eppure le cose vanno così, in un istituto un tempo all'avanguardia nell'applicazione delle misure alternative alla detenzione. Le denunce sono confermate dall'associazione Papillon, che proprio da Rebibbia lanciò la mobilitazione per l'indulto. E subito sono intervenuti i parlamentari: il verde Paolo Cento ha presentato un'interrogazione urgente al ministro Roberto Castelli e ne seguiranno altre a firma di Giovanni Russo Spena (Prc) e Enzo Fragalà (An). Si è attivato anche Luigi Manconi, garante per i diritti dei detenuti nominato dal Comune di Roma, e Stefano Anastasia di Antigone chiede che "il Dap, a questo punto, chiarisca cosa sta succedendo" a Rebibbia penale. L'associazione Papillon intanto polemizza con l'altro garante, il diessino Angiolo Marroni indicato dalla regione governata da Francesco Storace. "Sulla situazione di Rebibbia l'unico che tace è lui - ironizza Vittorio Antonini di Papillon - e mi pare significativo". E Marroni replica: "Non sono stato ancora nominato, finché non arriva il decreto non posso esercitare le mie funzioni".
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