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Un "piccolo" tragico caso nascosto alla pubblica opinione
Un "piccolo" tragico caso nascosto alla pubblica opinione dai (grandi?) giornali: per non suscitare orrore contro la disumanità del carcere? per non far capire a noi "bravi cittadini" il costo umano della "sicurezza"?
Basta leggere con attenzione e "incrociare" le notizie della cronaca per capire quanta spaventosa ipocrisia e disinformazione...
(titolo da Il Giorno 9.11.2004). Sorvegliata a vista, ma s’impicca in cella (...) È semplicemente falso: non era certo "sorvegliata a vista", bensì "abbandonata" in cella...
(da La Provincia di Lecco 9.11.2004). La giovane lecchese scontava la pena a Como per due colpi realizzati cinque anni fa. In carcere per rapina, si toglie la vita. Un altro morto (il sesto dall’inizio dell’anno), un altro suicidio (il terzo) scuote la tranquillità del Bassone di Como (...) (tranquillità???) (...) La giovane brianzola era stata arrestata una prima volta cinque anni fa perché sospettata di due rapine in una cartoleria di Monticello e in un centro di abbronzatura di Barzanò, bottino complessivo di 300 mila lire dell’epoca. (3 anni di carcere per 300.000 lire del 1999!) (...) in carcere la donna avrebbe dovuto rimanere fino al 1° aprile del 2007. Ha scelto di liberarsi con largo anticipo. ("liberarsi": è lecito irridere in questo modo?) La tragedia di questa giovane brianzola è l’ultima di una scia di lutti che da circa un anno si è abbattuta sulla casa circondariale di Albate, istituto inaugurato 20 anni fa come carcere di massima sicurezza e considerato da sempre "modello" per le condizioni di vita che riesce a garantire alla sua popolazione (che tra l’altro ha una densità due volte inferiore alla media italiana). Eppure negli ultimi mesi qualcosa si è rotto. A marzo un uomo arrestato per piccolo spaccio si era suicidato con il gas dello scaldino, a luglio si impiccò un operaio rumeno accusato di violenze dalla figlia, tragedie inframezzate dalla morte dell’uomo accusato di essere il dirottatore del pullman di Cantù. L’inchiesta sul suo decesso non è ancora stata chiusa. A.G. (si saprà mai qualcosa di queste "inchieste"?)
(da La Provincia di Como 8.11.2004). Dietro le sbarre La giovane lecchese doveva scontare altri 3 anni per rapina: era depressa e sorvegliata speciale, ha dribblato i suoi guardiani Maria, 34 anni, suicida dopo 40 giorni al Bassone: terzo caso in pochi mesi. (..) Maria, 34 anni, (...) si è tolta la vita nella notte tra domenica e ieri. Per raggiungere il suo proposito, la ragazza ha atteso un’attenuazione della vigilanza speciale (come volevasi dimostrare) - cui era sottoposta in regime continuato per ordine della direzione della casa circondariale - (...)
(da Kataweb News, 9 novembre 2004). Detenuta 34enne si suicida in carcere (...) La donna era già stata in carcere nel settembre ‘99 per aver rapinato una cartoleria a Monticello Brianza e un centro di abbigliamento a Barzanò (nel lecchese) con un bottino complessivo di 30mila euro. (30.000 euro anziché 300.000 lire? nel 1999?) Il sostituto Silvia Perrucci della procura di Como ha aperto una inchiesta per stabilire se il suicidio potesse essere evitato. (chissà mai cosa scopriranno i signori magistrati: aspettiamo "fiduciosi"?) È il terzo caso che si registra da inizio anno all’interno del carcere comasco: a marzo si era tolto la vita un ventiseienne detenuto per spaccio di droga e che si era asfissiato con una bomboletta di gas, in luglio si era impiccato un operaio rumeno, residente nel lecchese, arrestato con l’accusa di violenze sessuali sulla figlia. L’ultimo era stato un giovane di Cantù che poche settimane prima aveva dirottato un bus di linea. Da altra fonte (come si vede i giornali non lo riportano, evidentemente perché abituati a copiare le "veline" di giudici e carcerieri) si è potuto sapere che la ragazza era depressa e disperata anche perché da qualche tempo i giudici avevano allontanato da lei la figlioletta di pochi anni, ora in adozione presso altre persone.
Così, per caso, una "piccola", "normale" e "invisibile" tragedia della "giustizia" e delle carceri in Italia... non resta che lavorare perché simili fatti non si ripetano (magari anche istituendo il Garante per i Diritti dei Detenuti) e pregare nostro Signore per l’anima dell’infelice ragazza e per tutte le persone ristrette nelle carceri italiane.
Marzia Canitto Prosperi - Roma Di seguito il testo integrale degli articoli di giornale sopra citati.
(da La Provincia di Lecco 9.11.2004) La giovane lecchese scontava la pena a Como per due colpi realizzati cinque anni fa. In carcere per rapina, si toglie la vita
Un altro morto (il sesto dall’inizio dell’anno), un altro suicidio (il terzo) scuote la tranquillità del Bassone di Como, carcere peraltro considerato tra i più ordinati e "vivibili" d’Italia. L’ultima vittima è una brianzola di trent’anni in carcere da 40 giorni per scontare altri 31 mesi per rapina, che si è tolta la vita nella notte tra domenica e ieri. Per raggiungere il suo proposito, la donna ha atteso un’attenuazione della vigilanza speciale - cui era sottoposta in regime continuato per ordine della direzione della casa circondariale - ha strappato la federa del cuscino del suo letto, se l’è stretta attorno al collo e infine si è appesa alle sbarre della finestra. Quando gli agenti della sezione femminile del Bassone si sono accorti dell’insolita quiete, purtroppo, era tardi. I soccorritori non hanno potuto che prendere atto dell’avvenuto decesso della giovane e informare il magistrato per avviare gli accertamenti necessari a capire se siano ravvisabili responsabilità, anche omissive, per quanto accaduto. Il pubblico ministero di turno, Silvia Perrucci, ha aperto un’inchiesta - ancora contro ignoti - che permetterà di svolgere una serie di attività tecniche (a cominciare dalla autopsia) necessarie ad escludere eventuali altri "apporti causali" nella tragedia. La giovane brianzola era stata arrestata una prima volta cinque anni fa perché sospettata di due rapine in una cartoleria di Monticello e in un centro di abbronzatura di Barzanò, bottino complessivo di 300 mila lire dell’epoca. Scarcerata durante l’istruttoria, la giovane era stata nuovamente arrestata il 30 settembre scorso, in esecuzione questa volta di una sentenza definitiva ed esecutiva per rapina; in carcere la donna avrebbe dovuto rimanere fino al 1° aprile del 2007. Ha scelto di liberarsi con largo anticipo. La tragedia di questa giovane brianzola è l’ultima di una scia di lutti che da circa un anno si è abbattuta sulla casa circondariale di Albate, istituto inaugurato 20 anni fa come carcere di massima sicurezza e considerato da sempre "modello" per le condizioni di vita che riesce a garantire alla sua popolazione (che tra l’altro ha una densità due volte inferiore alla media italiana). Eppure negli ultimi mesi qualcosa si è rotto. A marzo un uomo arrestato per piccolo spaccio si era suicidato con il gas dello scaldino, a luglio si impiccò un operaio rumeno accusato di violenze dalla figlia, tragedie inframezzate dalla morte dell’uomo accusato di essere il dirottatore del pullman di Cantù. L’inchiesta sul suo decesso non è ancora stata chiusa.
(da La Provincia di Como 8.11.2004) Dietro le sbarre La giovane lecchese doveva scontare altri 3 anni per rapina: era depressa e sorvegliata speciale, ha dribblato i suoi guardiani Maria, 34 anni, suicida dopo 40 giorni al Bassone: terzo caso in pochi mesi
Un altro morto (il sesto dall’inizio dell’anno), un altro suicidio (il terzo) scuote l’apparente tranquillità del Bassone di Albate, carcere peraltro universalmente considerato tra i più ordinati e "vivibili" d’Italia. Maria, 34 anni, nata e residente nel Lecchese, in carcere da 40 giorni per scontare altri 31 mesi per rapina, si è tolta la vita nella notte tra domenica e ieri. Per raggiungere il suo proposito, la ragazza ha atteso un’attenuazione della vigilanza speciale - cui era sottoposta in regime continuato per ordine della direzione della casa circondariale - ha strappato la federa del cuscino del suo letto, se l’è stretta attorno al collo e infine si è appesa alle sbarre della finestra. Quando gli agenti della sezione femminile del Bassone si sono accorti dell’insolita quiete, purtroppo, era tardi. I soccorritori non hanno potuto che prendere atto dell’avvenuto decesso della giovane e informare il magistrato per avviare gli accertamenti necessari a capire se siano ravvisabili responsabilità, anche omissive, per quanto accaduto. Il pubblico ministero di turno, Silvia Perrucci, ha aperto un’inchiesta - ancora contro ignoti - che permetterà di svolgere una serie di attività tecniche (a cominciare dalla autopsia sul cadavere) necessarie in primo luogo ad escludere eventuali altri "apporti causali" nella tragedia. Maria era stata arrestata una prima volta nel settembre di cinque anni fa perché sospettata di due rapine in una cartoleria di Monticello e in un centro di abbronzatura di Barzanò, bottino complessivo di 300 mila lire dell’epoca. Scarcerata durante l’istruttoria, la giovane era stata nuovamente arrestata il 30 settembre scorso, in esecuzione questa volta di una sentenza definitiva ed esecutiva per rapina; in stato di limitazione della libertà (eufemismo sinonimo di galera) Maria avrebbe dovuto rimanere fino al 1° aprile del 2007. Ha scelto di liberarsi con largo anticipo. La tragedia di Maria è l’ultima di una scia di lutti che da circa un anno si è abbattuta sulla casa circondariale di Albate, istituto inaugurato 20 anni fa come carcere di massima sicurezza e considerato da sempre "modello" per le condizioni di vita che riesce a garantire alla sua popolazione (che tra l’altro ha una densità due volte inferiore alla media italiana). Eppure negli ultimi mesi qualcosa si è rotto. A marzo un 26enne arrestato per piccolo spaccio si era suicidato con il gas dello scaldino, a luglio si impiccò un operaio rumeno accusato di violenze dalla figlia, tragedie inframezzate dalla morte di Sergio La Scala, il dirottatore del pullman di Cantù. L’inchiesta sul suo decesso non è ancora stata chiusa. A. G.
(da Kataweb News) 9 novembre 2004) Detenuta 34enne si suicida in carcere
Una donna di 34 anni residente in provincia di Lecco si è tolta la vita ieri notte impiccandosi all’interno della cella dove era rinchiusa nel carcere del "Bassone" di Como. Detenuta dal 30 settembre scorso per scontare una pena fino al primo aprile 2007 per rapina, ha approfittato dell’allentata sorveglianza speciale cui era stata sottoposta su indicazione della direzione penitenziaria e, dopo aver realizzato delle rudimentali corde con la federa di un cuscino, si è impiccata alle sbarre della finestra. La donna era già stata in carcere nel settembre ‘99 per aver rapinato una cartoleria a Monticello Brianza e un centro di abbigliamento a Barzanò (nel lecchese) con un bottino complessivo di 30mila euro. Il sostituto Silvia Perrucci della procura di Como ha aperto una inchiesta per stabilire se il suicidio potesse essere evitato. È il terzo caso che si registra da inizio anno all’interno del carcere comasco: a marzo si era tolto la vita un ventiseienne detenuto per spaccio di droga e che si era asfissiato con una bomboletta di gas, in luglio si era impiccato un operaio rumeno, residente nel lecchese, arrestato con l’accusa di violenze sessuali sulla figlia. L’ultimo era stato un giovane di Cantù che poche settimane prima aveva dirottato un bus di linea.
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