Rassegna stampa 17 dicembre

 

Una legge "ammazza-disagiati", alcune riflessioni sulla "Cirielli"

E anche sul carcere, che non elimina il disagio ma crea più disagiati

 

di Stefano Bentivogli – Redazione di Ristretti Orizzonti

 

I recidivi, quelli che, condannati per un reato, vengono poi giudicati colpevoli per altri, continuano ad uscire dal carcere e poi uccidono la gente. Questa è più o meno la dichiarazione dell’onorevole D’Onofrio alla trasmissione "Ballarò", dove si discuteva animatamente dei processi e delle relative sentenze per Berlusconi e Dell’Utri.

È preoccupante l’urgenza con cui i politici della destra decidono di affrontare una questione come quella della recidiva imponendo aumenti di pena obbligatori e tagli nelle concessioni di misure alternative e benefici. Il giorno prima si era sentito l’onorevole Vietti ricapitolare il teorema pedagogico per cui ai cattivi viene data una possibilità, ma se uno continua a fare il cattivo le possibilità finiscono ed in carcere, a quel punto, ci si resta.

È il turno poi di Berlusconi. Il presidente del consiglio ha dichiarato che la legge "salvapreviti" non esiste, l’intenzione della maggioranza è quella di contrastare i recidivi, i professionisti del crimine. Viene spontaneamente da farsi trasportare dall’emozione liberatoria che provocano queste dichiarazioni. Quando uno vuole continuare a delinquere deve restare in carcere, soprattutto perché altrimenti poi esce e uccide le persone, si può quindi tirare finalmente un sospiro di sollievo: eliminati i professionisti del crimine, i cattivi irrecuperabili, si vivrà finalmente tranquilli. Il triste è che tanta gente ci crede e plaude, si sente protetta, le è stato finalmente presentato un nemico e l’arma per sconfiggerlo. Un quadretto da grande fratello, non quello di Mediaset, quello orwelliano del romanzo "1984", dove la gente veniva riunita davanti ad uno schermo gigante a sfogare tutto l’odio represso da una società che aveva messo fuorilegge i sentimenti.

Il grande fratello aveva creato una società pulita ed ordinata, le forze dell’ordine sono la "psicopolizia" che controlla e persegue tutti quelli che mostrano sentimenti, perché questi sono il segno della corruzione dell’intero sistema.

Il nostro grande fratello conosce sicuramente George Orwell e si fa più furbo: è impossibile eliminare i sentimenti, meglio è pilotarli, nutrirli artificialmente e poi farne consenso perché questo è democrazia al di là di come lo si ottiene.

La recidiva però è un problema grave, inutile nasconderlo, anche se tanti politici sembrano trasformarla da fenomeno sociale ad una questione morale di tipo individuale, dove chi commette più di un reato diventa un mostro irrecuperabile, uno che ha fatto del male una professione.

Chiunque sappia di cosa si parla si rende conto delle tante stupidaggini che vengono veicolate sui media, resta il problema che sono poche le persone correttamente informate, e questo perché buona parte dell’informazione è sempre più fatta sulle dichiarazioni populiste di alcuni politici subito confermate dal sentire della gente.

Non c’è reale ricerca della verità quando si parla di recidiva, pochi vanno a far vedere chi sono nella gran parte questi mostri, perché è scomodo scoprire il disagio interiore, culturale e sociale che li caratterizza. Il quadro d’insieme che connota la recidiva è fatto di tossicodipendenza, povertà culturale, emarginazione sociale, realtà che sono in espansione prima ed oltre la commissione reiterata di reati.

Non voglio dire che i nostri politici sono tutti dei cinici, mi sembra piuttosto che sui grandi problemi sociali quasi nessuno abbia più niente da dire e da proporre. Quando si arriva poi ad affrontare il problema della recidiva ci si preoccupa solo di "salvare o non salvare" Previti, ma quasi nessuno ricorda che comunque anche con questi nuovi provvedimenti i disagiati continueranno a fine pena a tornare in libertà ed a commettere reati. Nessuno ancora evidenzia che questo carcere che si è rivelato inutile contro la recidiva verrà riempito oltre l’attuale che è già pieno all’inverosimile.

Non si prova più ad affrontare i problemi in maniera diversa, perché l’impegno nel sociale dello Stato va ridotto e il buon italiano deve pensare a produrre per consumare, consumare perché si produca di più, questa è la sua vita ed il suo benessere. Questa economia giocattolo ogni tanto si rompe e crea sacche di esclusione, chi resta fuori disturba, toglie sicurezza. È quindi obbligatorio, a questo punto, ridare l’illusione della sicurezza a chi è dentro il giocattolo chiudendo più gente possibile in gabbia per più tempo possibile. Oppure occorre ripensare al giocattolo, magari al carcere che non elimina il disagio ma crea più disagiati.

 

Il disagio sociale continua a riempire le carceri, ma fuori ci si sente ugualmente sempre meno sicuri

 

Al problema della recidiva abbiamo già dedicato spazio nel nostro giornale. Ci siamo interrogati personalmente sui diversi aspetti di questo fenomeno, non abbiamo trovato ricette risolutive, ma abbiamo sicuramente raccontato la vita ed i pensieri di chi è stato recidivo e di chi, inesorabilmente, rischia di diventarlo. La legge Cirielli potrebbe essere proprio definita "ammazza-recidivi": ovviamente si colpiscono i recidivi senza mai cominciare ad affrontare davvero il fenomeno recidività.

Intervenire sulla recidiva in questo modo significa considerare i giudici dei semplici burocrati, relegarli ad un ruolo contabile che non permetterà più loro di valutare se la recidiva è un’aggravante sostanziale o meno. Se la magistratura giudicante non potrà più valutare l’entità della pena da infliggere, vuol dire che non la si ritiene capace di decidere la gravità o meno delle circostanze che concorrono al reato. Un altro schiaffone ai giudici.

In particolare la Cirielli si scaglia contro coloro che sono recidivi più di una volta: per loro, oltre ad un aumento considerevole ed automatico della pena ed il divieto di concessione delle attenuanti generiche, c’è un colpo di mannaia sui termini di legge per la concessione di benefici e misure alternative alla detenzione.

Anche qui il legislatore ha dimenticato che benefici e misure alternative sono già concesse con discrezionalità dalla magistratura di sorveglianza, tant’è che per la legge Gozzini si parla di applicazione a "macchia di leopardo".

Le persone recidive sono per la gran parte dei veri disagiati, spesso dei veri disperati, con questa legge avranno lo stesso trattamento, in termini di misure alternative, di quelli sottoposti al 4bis O. P., ossia a quelli condannati per associazione di tipo mafioso o terrorismo.

C’è chi si illude che si possa fare sicurezza con leggi su leggi e aumento delle forze dell’ordine, oltre a tanto carcere e sempre minori possibilità di reinserimento sociale. Cirielli non è il primo ad elaborare proposte del genere e sulla recidiva l’opposizione pratica spesso il "silenzio assenso" e continua a concentrarsi solo sugli aspetti delle proposte di legge ribattezzate di volta in volta "salva-tizio e salva-caio".

C’è da chiedersi se oggi ci sia ancora qualcuno disposto a battersi in politica con idee nuove e meno demagogiche, qualcuno che ripensi radicalmente l’esecuzione della pena evitando miriadi di leggine. Ma anche qualcuno che cominci a mettere al centro della politica la vita delle persone, se è vero che il disagio sociale continua a riempire le carceri e fuori ci si sente, nonostante questo, sempre meno sicuri.

Sappe: gli organici polizia penitenziaria sono insufficienti

 

Comunicato Stampa, 17 dicembre 2004

 

"Il ministro Castelli non può continuare a sostenere, come ha fatto oggi nell’Aula della Camera, che gli organici attuali della Polizia Penitenziaria sono sufficienti". È quanto sottolinea in una nota la Segreteria Generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, commentando le dichiarazioni fatte oggi dal Guardasigilli.

"Il ministro - precisa il Sappe - ha aggiunto che la polizia penitenziaria italiana ha l’organico più folto al mondo con un rapporto tra il numero di agenti e detenuti di 1 a 1,1, a fronte di 1 a 3 in Europa e di 1 a 7 negli Stati Uniti. Ridurre il rapporto Polizia Penitenziaria - popolazione detenuti ad una semplice proporzione matematica è profondamente sbagliato perché nel nostro Paese, per fortuna, quel rapporto non si riduce esclusivamente ad aprire e chiudere le celle".

"Le norme dell’ Ordinamento penitenziario italiano - rileva il Sappe - sono state riconosciute nel mondo tra quelle più all’ avanguardia principalmente per gli aspetti e le attività connesse al trattamento rieducativo del detenuto (ore di socialità in aggiunta alle ore d’aria, attività scolastiche e lavorative all’interno dei penitenziari, etc.). In queste attività è fondamentale il ruolo degli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria sia per quanto concerne il mantenimento dell’ ordine, della disciplina e della sicurezza nei carceri del Paese sia come operatori del trattamento rieducativo".

Nuoro: un libro per i detenuti di Badu ‘e Carros

 

Sardegna Oggi, 17 dicembre 2004

 

Parte da Nuoro una nuova iniziativa, "Liberamente, regala un libro a un detenuto, gli donerai la libertà di un sogno", che cerca di trovare un percorso di promozione verso la piena cittadinanza dei carcerati nella comunità cittadina. I cittadini potranno acquistare presso tutte le librerie convenzionate, dei testi da donare ai detenuti del carcerarie di Badu ‘e Carros.

"Liberamente, regala un libro a un detenuto, gli donerai la libertà di un sogno" è il titolo dell’iniziativa, unica nel suo genere in Italia, che permetterà a tutti i cittadini di acquistare, presso le librerie convenzionate, libri a prezzi scontati che verranno regalati direttamente alla Biblioteca del carcere di Badu 'e Carros, e quindi fruibili da parte di tutti i detenuti. "Liberamente" si inserisce in un piano più ampio che prevede anche un ciclo di seminari sulla lettura tenuti da critici, scrittori e artisti, per un percorso di promozione verso la piena cittadinanza dei carcerati nella comunità cittadina.

"Un’occasione - ha detto il sindaco Zidda - per sensibilizzare la società sulle problematiche carcerarie, ma anche per creare un rapporto organico tra i cittadini e i carcerati".

La visita di qualche settimana fa da parte del sindaco Zidda e dell’assessore Pintori, evidentemente non è stata inutile e si è pensato, in concomitanza delle feste natalizie, di realizzare quella che era un’esigenza dei detenuti di poter usufruire, cioè, di una biblioteca più aggiornata e moderna.

All’iniziativa "Liberamente, regala un libro a un detenuto, gli donerai la libertà di un sogno", hanno già dato l’adesione le due case editrici nuoresi Illisso e Maestrale e l’Istituto Superiore regionale etnografico che doneranno copia delle loro pubblicazioni.

Soddisfatto dell’iniziativa e pienamente d’accordo con il sindaco è anche il direttore del carcere Paolo Sanna che preannuncia per il futuro l’inizio di seminari di lettura da tenere all’interno del carcere e con la partecipazione di illustri scrittori, critici e artisti. Inoltre è stato siglato un protocollo d’intesa con il consorzio Satta che sta lavorando alla catalogazione dei 6.000 volumi della biblioteca del carcere, in gran parte classici.

Roma: carceri, siamo giunti ad un vicolo cieco

Gruppo Consiliare Partito della Rifondazione Comunista

 

Comunicato Stampa, 17 dicembre 2004

 

La situazione carceraria a Roma è giunta ad un vicolo cieco. Sovraffollamento, scarse condizioni igieniche, sanità inesistente, progetti di recupero mai avviati o interrotti per scarsità di risorse, tagli al personale penitenziario.

Per anni le associazioni di volontariato hanno cercato di sopperire alle mancanze sofferte dal sistema penitenziario, offrendo possibili soluzioni in grado di fare del carcere una realtà moderna e democratica in cui il tempo della pena possa assumere una reale funzione di risarcimento e di reinserimento autentico.

I tagli al bilancio succedutesi dal 2002 ad oggi, rischiano ora di vanificare anche quest’ultima risorsa. Non si può pensare di andare avanti con operazioni demagogiche come gli indultini, e cominciare invece a ragionare su interventi concreti e mirati come ad esempio: il riordino della medicina penitenziaria e di quella sulle misure alternative alla detenzione e tutela del rapporto tra detenute e figli minori", nonché "una attenzione specifica ai minori sottoposti a procedimenti".

Mamone: detenuti - ecologisti impegnati in opere di bonifica

 

L’Unione Sarda, 17 dicembre 2004

 

Per 24 anni Robinson Galindo, un ragazzone dalla pelle del colore del caffè e il sorriso da gigante buono, ha vissuto in un paesino nei pressi di Calì, Colombia. Niente lavoro, pochi soldi, troppa violenza. Così un giorno d’estate del 2000 ha lasciato la donna della sua vita e due figli piccoli e si è imbarcato su un aereo diretto in Europa per cercare fortuna. Destinazione finale Genova. Nel nostro Paese però Robinson non ha trovato la terra promessa che cercava, ma solo un lavoro in nero e mal retribuito, da magazziniere.

"Non riuscivo a guadagnare abbastanza per vivere e per mandare soldi alla mia famiglia, così sono finito in un piccolo giro di spaccio", racconta. Ora sta scontando gli ultimi mesi di reclusione a Mamone, colonia penale agricola sperduta nelle campagne di un’isola che sino a qualche tempo fa non avrebbe neanche saputo trovare sulla cartina geografica.

Venerdì scorso, quando il direttore Vincenzo Alastra gli ha parlato dell’alluvione e gli ha chiesto se voleva rinunciare al suo permesso premio per dare una mano alla gente di Galtellì, Robinson ha detto subito sì, insieme ad altri 15 compagni di detenzione, tra cui molti sardi. "Perché? Mi sembrava una bella cosa - spiega in un buon italiano -, e poi sono convinto che anche questo sia un modo per riscattarsi e cercare di reinserirsi nella società".

Sono le 10,30 di ieri e nell’area dove sino a qualche giorno fa c’era un potabilizzatore, vicino all’argine destro del fiume, i detenuti di Mamone iniziano a mettere via i cassonetti dell’immondizia trascinati dalla corrente, spostano macerie, raccolgono arbusti e tronchi fradici. A distanza, discretamente, quattro agenti penitenziari controllano la situazione. La maggior parte sono giovani, ma tutti hanno già una storia difficile alle spalle.

Come Bakim Sadickaj, che ha 30 anni e un passato da rifugiato politico e guerrigliero nell’Uck. È albanese di Pech, nel Kosovo, da dove fuggì nel’94 per riparare in Svizzera quando iniziarono i bombardamenti dei serbi. Nel’99 tornò in patria e si arruolò come volontario: "Volevo aiutare il mio popolo". Finita la guerra arriva a Brescia, finendo nel mezzo di un’inchiesta per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina".

Sono qui per aiutare - dice -, mi piace dare una mano agli altri e così almeno vediamo altre facce". Vanga in mano e guanti da lavoro, gli sguardi un po’ intimiditi, i ragazzi di Mamone si danno da fare come se stessero mettendo a posto il cortile di casa. "Per loro è molto importante essere qui - spiega l’educatore che li accompagna, Adriano Mencarelli, 52 anni di Roma -, è un modo per sentirsi utili e per capire che fuori dal carcere c’è bisogno di loro".

Poco dopo le 11 arriva addirittura il provveditore regionale alle carceri, Francesco Massidda. "È un fatto encomiabile - è il suo commento -, questi ragazzi stanno sacrificando un giorno di permesse per dare una mano, è davvero un bel modo per dimostrare la sensibilità che hanno". Soddisfatissimi anche il sindaco Renzo Soro e il direttore Alastra, veri promotori della prima iniziativa di questo tipo in Italia.

"È una bella pagina per il nostro paese - dice Soro -, nella disgrazia abbiamo scoperto una solidarietà incredibile". "Sono rimasto sorpreso anche io dal loro entusiasmo - sottolinea invece Alastra -, quando gli ho proposto la cosa sa come mi hanno risposto? Con un grande applauso? ". Lo stesso che da dentro le case invase dal fango e dalle aziende trasformate in cimiteri di animali, la gente di Galtellì ha voluto dedicare a ognuno di loro.

Oristano: il carcere trasloca in un’area di Nuraxinieddu

 

L’Unione Sarda, 17 dicembre 2004

 

Località Palloni, Nuraxinieddu, a poco meno di tre chilometri da Oristano. Questa sarebbe la zona neo candidata ad ospitare il nuovo carcere. Dopo il rincorrersi di voci con l’area di Pabarile nei pressi di Fenosu, prima bocciata e poi ripescata, adesso tutto sembra confermare che quella zona sia stata definitivamente tagliata fuori. Tanto più che in Comune ci si è dati un gran da fare per cercare siti alternativi da proporre al Ministero della Giustizia.

E infatti qualche settimana fa i funzionari, arrivati direttamente da Roma, hanno ricevuto un elenco con le nuove possibilità: località Palloni a Nuraxinieddu, Is Argiolas a Massama e altri terreni comunali in agro di Oristano. "Abbiamo fornito queste tre ipotesi - fa sapere l’assessore al Patrimonio Fabio Porcu (Fortza Paris), - e adesso spetterà al Ministero decidere quale sia la soluzione migliore".

I funzionari del ministro Castelli hanno sempre ripetuto che è necessaria un’area di circa 14 ettari e proprio queste dimensioni farebbero scartare la zona di Massama dove sono disponibili soltanto 6 ettari. L’area più accreditata, quindi, sembrerebbe essere quella di Nuraxinieddu anche se l’assessore Porcu va cauto e ricorda "che quei terreni erano stati dati al Cnr per le ricerche anche se poi non sono stati utilizzati". Senza dimenticare la vicinanza con la scuola agraria "e che alcune di quelle aree sono libere e altre in concessione" sottolineano dagli uffici comunali.

Regna comunque un certo ottimismo, anche perché si tratta di aree "più vicine al contesto cittadino e questo è un aspetto che i funzionari dello Stato hanno sempre tenuto in considerazione", aggiunge Fabio Porcu. Il Ministero, infatti, è stato da subito molto preciso e attento alle aree: delibere, decreti, stanziamenti di fondi e il recente inserimento di Oristano nella graduatoria per la realizzazione dei nuovi istituti penitenziari, ma il semaforo verde finora non si è acceso forse proprio per il sito che era stato individuato dall’amministrazione.

Per Pabarile di fatto non è mai arrivato il via libera definitivo: al Ministero non è mai andata a genio la vicinanza con la discarica di Bau Craboni. Nonostante le rassicurazioni del deputato azzurro Giovanni Marras e del sindaco Antonio Barberio che, durante una conferenza stampa di qualche mese fa, ribadirono "il problema del sito è superato: il carcere si costruirà a debita distanza dalla discarica, ci sono atti ufficiali che ritengono quei terreni idonei".

Adesso gli ultimi sviluppi smentiscono quelle dichiarazioni. Chissà comunque se questa potrà essere la vota buona: da tempo si parla del nuovo carcere, i soldi a disposizione ci sarebbero (oltre 27 milioni di euro) e come ha sottolineato l’assessore Porcu "ora tocca a noi far andare avanti la pratica magari con un progetto di programma integrato".

Vibo Valentia: bimbi ucraini ospitati nella casa circondariale

 

Quotidiano di Calabria, 17 dicembre 2004

 

Il direttore del Centro "Malva", Tamara Konoval, con sede a Kiev, ha scritto al ministro della Giustizia, Roberto Castelli, e al Capo del Dipartimento amministrazione penitenziaria, Giovanni Tinebra per ringraziare ed esprimere la sua "profonda gratitudine" per l’ospitalità riservata ad un gruppo di bambini ucraini, dal 18 luglio al 6 settembre scorsi, presso la casa circondariale di Vibo Valentia.

"Si tratta di un gruppo di 16 bambini - scrive Tamara Konoval ­ venuti in Italia per migliorare la loro salute" e ricorda che il Centro che dirige rappresenta l’Associazione dei pompieri di Kiev, di cui una gran parte aveva partecipato allo spegnimento dell’avaria nucleare di Cernobyl ed all’eliminazione delle conseguenze della catastrofe".

La lettera indirizzata a Castelli prosegue facendo presente che "per i bambini nati e cresciuti sul territorio radiottivamente inquinato (90-100 km della centrale nucleare) è molto importante poter passare almeno un mese l’anno vicino al mare, con il cibo ecologicamente pulito e salubre. Purtroppo spesso le loro famiglie economicamente non sono in grado di dare ai figli questo tipo di riposo. Ancora di più ci sembra sintomatico che le iniziative di grande umanesimo e sensibilità sociale provengano dalle strutture subordinate al vostro ministero".

Aggiunge che questo fatto ha avuto grande risonanza tra vari enti e tra le persone della zona e sottolinea come gli accompagnatori dei bambini sono rimasti favorevolmente colpiti dalla perfetta organizzazione del vitto, alloggio e programma di soggiorno presso l’Istituto penitenziario gestito dalla direttrice, Rachele Catalano, così come i bambini sono rimasti vivamente impressionati dall’attitudine e dalla cortesia del personale con il comandante Nazzareno Iannello in testa.

Gli stessi concetti vengono ripetuti nella lettera a Tinebra aggiungendo che ora la radioattività è scesa al suolo e attraverso il cibo, si accumula nell’organismo soprattutto dei bambini. E solo un soggiorno come questo in Calabria, vicino al mare con il cibo sano può aiutarli a resistere ai radionuclidi. Infine un particolare ringraziamento Tamara Konoval rivolge al provveditore Paolo Quattrone per la grande disponibilità manifestata nei confronti dell’iniziativa messa in atto dalla direzione e dal personale tutto della casa circondariale vibonese.

Giustizia: Fassino; con "Cirielli" vita facile per i delinquenti

 

Corriere della Sera, 17 dicembre 2004

 

Nel giorno in cui il capo dello Stato rinvia al Parlamento la riforma dell’ordinamento giudiziario, la Casa delle Libertà incassa il primo sì ad un altro provvedimento contestato da opposizione e magistratura. È la legge ex Cirielli, dal nome del deputato di An che l’aveva presentata per poi ritirare la firma, ribattezzata "salva Previti" dal centrosinistra.

Il testo è stato approvato ieri dalla Camera a voto segreto: 279 sì e 245 no. I 24 franchi tiratori e i malumori di Lega e Udc non hanno affondato la maggioranza. E Cesare Previti commenta: è una "legge giusta" ma "non avrò la necessità di avvalermene perché sarò assolto" nonostante una "folle persecuzione politica e mediatica". "Mi hanno attaccato in modo feroce senza neanche conoscere le carte dei processi", sottolinea.

Nel testo che ora passa al Senato ci sono misure diverse fra loro aggiunte via via durante il dibattito: inasprimento delle pene per i recidivi e i reati di mafia; niente carcere per gli incensurati sopra i 70 anni; prescrizione più breve per i processi in corso con un meccanismo più favorevole all’imputato nel conteggio delle sospensioni del processo. Nel caso Previti la prescrizione arriverebbe non più nel 2009 ma quest’anno. Ed è stato proprio questo punto ad accendere la discussione.

"Voi siete mossi da un solo grande problema: salvare Previti" ha detto Piero Fassino (Ds), secondo cui così si "rende più facile la vita ai delinquenti". "State sfasciando il Paese - ha aggiunto - ma gli italiani vi presenteranno il conto e vi manderanno a casa". "Per salvare una persona - ha aggiunto Dario Franceschini, Margherita - si bloccheranno migliaia di processi". Giudizio condiviso da Antonio Di Pietro: la "legge non accorcia i processi ma la possibilità di giudicare gli imputati".

Critiche anche dalla magistratura. Carlo Fucci, segretario dell’Associazione magistrati, parla di "provvedimento allarmante: non si dovevano ridurre i tempi della prescrizione, semmai il contrario". Gli otto consiglieri delle correnti di sinistra del Csm hanno chiesto di aprire un fascicolo sugli effetti della legge.

"Era da tempo che i cittadini ci chiedevano un provvedimento del genere" ha detto per An Ignazio La Russa che sottolinea le "norme contro i professionisti del crimine". "Voi - ha osservato Francesco Nitto Palma (FI), rivolgendosi all’opposizione - volete solo il cadavere di Previti e non vi preoccupate di quanto bene questa legge farà ai cittadini". Il malumore della Lega si legge nelle parole del capogruppo Alessandro Cè: "Questi provvedimenti non ci entusiasmano. Il ministro della Giustizia è nostro, ma io mi confronto con lui. A volte amichevolmente, a volte meno". Mentre per l’Udc parla Bruno Tabacci: "Non è una bella pagina. Non credo sia stato saggio ancorare la politica della giustizia ad alcuni processi. Aver inseguito provvedimenti parziali ha finito per determinare una rottura con il nostro elettorato".

A chi gli chiede cosa ne pensa della legge cosiddetta "salva Previti", Marcello Dell’Utri risponde così: "Sarei più contento se facessero un decreto salva Dell’Utri". Il senatore di Forza Italia, reduce da una condanna a nove anni per concorso in associazione mafiosa, spiega che "sarebbe bello un decreto salva Dell’Utri", salvo poi aggiungere un "ovviamente scherzo".

Dichiarazioni fatte all’uscita del teatro Biondo Stabile di Palermo, dove inaugurava il ciclo di spettacoli organizzati dall’associazione culturale "Il Circolo", di cui è fondatore. In programma anche un recital di Bruno Lauzi. Dell’Utri ha sottolineato che il suo ritorno a Palermo "non ha alcun significato particolare" e che lo spettacolo "non è stato organizzato considerando la novità", cioè la sentenza. "Non c’è nessun nesso, anche se questo inevitabilmente appare". In un altro teatro, al Valle di Roma, L’Apologia di Socrate , voluta da Dell’Utri, era saltata di recente per il rifiuto dell’interprete Carlo Rivolta, contrario alle "strumentalizzazioni politiche" dell’opera.

La Camera dei deputati ha approvato ieri con voto segreto la legge ex Cirielli, dal nome del deputato di An che l’aveva presentata (e che ha poi ritirato la firma). Hanno votato a favore 279 deputati, contro 245. La legge prevede l’inasprimento delle pene per i recidivi e per i reati di mafia, niente carcere per gli incensurati sopra i 70 anni e prescrizioni più brevi per i processi in corso.

Busto Arsizio: ripartono corsi professionali per i detenuti

 

Varese News, 17 dicembre 2004

 

Finalmente una buona notizia dal carcere di Busto Arsizio, fonte di problemi e polemiche. La buona notizia è che riprendono i corsi professionali per i detenuti, nei quali si insegnano materie quali panificazione, falegnameria, pelletteria, giardinaggio.

I corsi, previsti in funzione del reinserimento nella società una volta scontata la pena, erano sospesi fin dalla primavera di quest’anno, da quando cioè la direttrice era stata reintegrata nel suo posto dal Giudice del Lavoro.

Infatti Caterina Ciampoli, in seguito alle generalizzate lamentele per la sua gestione del carcere, nel dicembre 2003 era stata trasferita ad Aosta, ma in maggio una sentenza della Magistratura del Lavoro l’aveva reintegrata. Il suo ritorno, com’è comprensibile, non fu accolto bene; né la direttrice, comprensibilmente, sembrava disposta a dimenticare l’affronto. Da allora, si può dire, all’interno del carcere di Busto è stato il muro contro muro, fino alle ultime positive novità.

Qualcosa si è mosso, dunque, in fatto di recupero dei detenuti attraverso il lavoro; ma il corso più importante, quello di risocializzazione, non partirà. La causa questa volta non risiede nella direttrice Ciampoli, ma nella Provincia di Varese, cui è demandato il finanziamento di questo corso. Da Villa Recalcati non giungerà un centesimo, almeno per il momento.

"Non basterebbe un romanzo per raccontare cosa succede in questo carcere" dicono gli agenti di Polizia Penitenziaria, furibondi contro la Ciampoli per una gestione di cui non riescono a comprendere i modi. "In questo istituto di pena mancano i medicinali" denuncia il consigliere comunale Antonello Corrado, da tempo in contatto con il personale del carcere.

"In passato i responsabili sanitari hanno più volte denunciato i tagli alle richieste di farmaci, e addirittura pressioni per allungare con acqua le dosi (!). A questo punto forse bisognerà organizzare una raccolta di farmaci per il carcere..."

Savona: detenuti in misura alternativa aprono un bar

 

Vita, 17 dicembre 2004

 

"Attenzione, tra noi e quelli che stanno dietro le sbarre non c’è un abisso e in carcere ci possiamo finire tutti, anche senza l’aiuto di polizia e carabinieri, possiamo finire chiusi in una cella che ci siamo costruiti da soli, mattone su mattone, con i nostri luoghi comuni e le nostre debolezze".

È il messaggio lanciato dai 12 detenuti (in semilibertà, agli arresti domiciliari, in affidamento ai servizi sociali) che costituiscono la cooperativa sociale il Miglio Verde a Savona. "La cooperativa - racconta L.P. - è nata per occuparsi della manutenzione del verde pubblico e privato, ma nell’autunno scorso abbiamo avuto l’idea del bar, che poi abbiamo aperto il 13 dicembre".

Sbarre alle pareti, bancone in cemento, foto giganti di detenuti prese in tutto il mondo, celle - dove ci si porta da bere - al piano superiore: il locale, che si trova nella darsena del porto di Savona, svolge con intensità il tema carcerario, per il resto è un vero e proprio bar, aperto solo la sera, con un barista professionista aiutato dai soci-detenuti.

Giustizia: Castelli; su recidiva tempi brevi anche al senato

 

Ansa, 17 dicembre 2004

 

"Spero che il Senato possa approvare in tempi brevi il disegno di legge sulla recidiva e le prescrizioni". Lo dice il ministro della Giustizia Castelli parlando con i giornalisti al Senato. "Spero che il disegno di legge abbia un iter rapido perché contiene norme importanti per il contrasto della criminalità", aggiunge il ministro.

Ma alla domanda se il governo prema per un’approvazione definitiva prima della fine dell’anno, Castelli risponde con una battuta: "Non fatemi dire niente, non voglio inimicarmi i senatori che magari vogliono andare in vacanza...".

Giustizia: La Russa; provvedimento che cittadini chiedevano

 

Ansa, 17 dicembre 2004

 

"Il provvedimento che ho ridefinito "salva libertà dei cittadini in tema di prescrizione, fa quello che ha proposto al Senato la stessa sinistra e che rende più chiaro e più semplice il termine di prescrizione": lo ha detto Ignazio La Russa, vicepresidente vicario di An. Secondo il parlamentare, il provvedimento "soprattutto inserisce delle norme per la sicurezza contro la criminalità e soprattutto contro i professionisti del crimine, quelli che commettono uno, due, tre, quattro reati e continuano liberamente a circolare, a entrare e uscire dal carcere.

Contro di loro, alla terza condanna, scattano sanzioni assai più dure". "Era tempo - conclude La Russa - che i cittadini chiedevano un provvedimento di questo genere, e ora il centrodestra, e An, l’hanno realizzato".

Francia: sì a legge per braccialetto a criminali sessuali

 

Ansa, 17 dicembre 2004

 

L’Assemblea nazionale francese ha approvato oggi una proposta di legge, del gruppo dell’Ump, il partito di maggioranza, che permette ai giudici di imporre un braccialetto di sorveglianza elettronica, all’uscita di prigione, alle persone condannate ad almeno 5 anni di carcere per reati sessuali. La legge, approvata oggi in prima lettura, è stata votata solamente dai deputati del partito di Nicolas Sarkozy come "misura di sicurezza".

La sinistra, Psf e Pcf, che ha votato contro e il partito di centro Udf, che si è astenuto hanno denunciato la creazione di una "doppia pena". A decidere l’applicazione della misura e la sua durata sarà il tribunale d’applicazione delle pene dopo una valutazione della pericolosità del condannato, da parte del giudice, due anni prima dell’uscita dal carcere.

Nei giorni scorsi l’Unione sindacale dei magistrati aveva evocato rischi di incostituzionalità, perché la misura si applicherebbe a persone che hanno finito di scontare le loro pene. L’Assemblea nazionale francese ha approvato oggi una proposta di legge, del gruppo dell’Ump, il partito di maggioranza, che permette ai giudici di imporre un braccialetto di sorveglianza elettronica, all’uscita di prigione, alle persone condannate ad almeno 5 anni di carcere per reati sessuali.

La legge, approvata oggi in prima lettura, è stata votata solamente dai deputati del partito di Nicolas Sarkozy come "misura di sicurezza". La sinistra, Psf e Pcf, che ha votato contro e il partito di centro Udf, che si è astenuto hanno denunciato la creazione di una "doppia pena".

A decidere l’applicazione della misura e la sua durata sarà il tribunale d’applicazione delle pene dopo una valutazione della pericolosità del condannato, da parte del giudice, due anni prima dell’uscita dal carcere. Nei giorni scorsi l’Unione sindacale dei magistrati aveva evocato rischi di incostituzionalità, perché la misura si applicherebbe a persone che hanno finito di scontare le loro pene.

Castelli: prescrizioni in aumento, circa 210 mila nel 2004

 

Ansa, 17 dicembre 2004

 

È prevedibile che nel 2004 "le prescrizioni saranno circa 210 mila". Lo ha detto nell’Aula della Camera il ministro della Giustizia Roberto Castelli rendendo il parere sugli ordini del giorno alla proposta di legge contro i recidivi che contiene la norma salva-Previti ed il "pacchetto Napoli".

"Nel 2001 - ha detto all’Assemblea il Guardasigilli - i reati prescritti sono stati 123.000, 151.000 nel 2002, 184.000 nel 2003 e 105 mila nel solo primo semestre del 2004: un trend che è decisamente in aumento".

Castelli ha poi aggiunto che la "Polizia penitenziaria italiana ha l’organico più folto al mondo: il rapporto tra il numero di agenti e i detenuti è di 1 a 1,1, a fronte di 1 a 3 in Europa e di 1 a 7 negli Stati Uniti".

Giustizia: Tano Grasso; salva-Previti salva anche usurai

 

Ansa, 17 dicembre 2004

 

La legge contro l’usura approvata nel 1996, ricorda Tano Grasso, "fu il risultato di una grande mobilitazione della società civile e portò all’innalzamento delle pene per questo reato, aumentando i tempi di prescrizione da 7 e mezzo a 15 anni. Ora con questa nuova norma si torna indietro".

Gli usurai, rileva, "sono spesso colletti bianchi: significa che sono incensurati e possono permettersi i migliori avvocati; se si aggiunge il fatto che la costruzione della prova in questi processi non è facile, si capisce come con la prescrizione ad 8 anni gli usurai non saranno mai condannati".

Non solo, continua il presidente onorario della Fai, "ma al danno si aggiunge la beffa per le vittime. Infatti - spiega - di solito, quando un usuraio presta i soldi riceve qualcosa in cambio, ad esempio un assegno. Quando poi la vittima denuncia, il giudice sequestra il titolo.

Ma se il reato viene prescritto, quel titolo acquista efficacia esecutiva: vuol dire che l’ usuraio, con quell’assegno può rivolgersi all’ufficiale giudiziario che con un decreto ingiuntivo può, ad esempio, sottrarre la casa alla vittima. È come se all’assassino venisse restituita la pistola con cui ha commesso l’omicidio". Tano Grasso ed il presidente della Fai, Lino Busà, hanno annunciato per i prossimi giorni un sit-in delle vittime dell’usura davanti al Senato, "perché - spiegano - chi approva questa legge deve sapere cosa c’è in gioco".

I responsabili della Federazione hanno poi criticato il mancato finanziamento del Fondo anti-usura. Si tratta, osserva Grasso, "di un efficace strumento di prevenzione introdotto con la legge 108 del 1996, grazie al quale il ministero del Tesoro dava risorse alle associazioni che garantivano i prestiti delle banche alle persone a rischio usura. Abbiamo così sottratto al circolo vizioso dello strozzinaggio tantissime persone. Ma in Finanziaria, così come accade lo scorso anno, il Fondo non è stato finanziato".

Giustizia: Di Pietro; con pdl Cirielli escalation di crimini

 

Ansa, 17 dicembre 2004

 

"Contrariamente a quanto sostengono alcuni (a cominciare dal presidente della commissione Giustizia Pecorella) la legge che accorcia la prescrizione non accorcia i processi ma diminuisce solo possibilità di chi è imputato di poter essere giudicato": lo afferma Antonio Di Pietro, presidente dell’Italia dei Valori.

"Insomma - prosegue - con la riduzione dei termini di prescrizione si riducono i processi ma soprattutto si riducono la Giustizia e lo Stato di diritto perché legge non sarà più uguale per tutti ma sarà più favorevole per coloro che avendo potenti mezzi finanziari e potendo contare sulla loro posizione personale (politici, parlamentari pubblici ufficiali) potranno invocare mille ragioni per ritardare i processi fino ad arrivare all’auspicata prescrizione.

È da aggiungere altresì che questa norma produrrà nella realtà fattuale un esercito di pseudo-incensurati che come tali si avvantaggeranno dei termini prescrizione breve. Avremo sempre più spesso persone che pur commettendo decine di reati e pur essendo sottoposti ad una miriade di processi dichiarandosi al primo processo incensurati potranno ottenere la prescrizione rimanendo, quindi, incensurati per così poterla ottenere volta successiva. E così via una volta dopo l’altra in un escalation di crimini".

Giustizia: Parisi; per salvare Previti libertà a delinquenti

 

Ansa, 17 dicembre 2004

 

"Per salvare Previti approvano provvedimenti che mettono in libertà migliaia di delinquenti". Lo afferma Arturo Parisi (Margherita) commentando i lavori dell’aula della Camera che ha all’esame la proposta di legge sulla recidiva.

"E li approvano costi quel che costi - aggiunge Parisi - piegando ancora una volta l’interesse generale agli interessi di pochi. Indifferenti alla umiliazione delle nostre istituzioni. Indifferenti alla sicurezza delle nostre case e delle nostre vite. Ancora un giorno da dimenticare".

Giustizia: parlamentari Ulivo, Napoli serve a salvare Previti

 

Ansa, 17 dicembre 2004

 

"Napoli usata per salvare Previti. È l’amara conclusione che siamo costretti a trarre dalla vicenda consumatasi ieri ed oggi alla Camera dei Deputati". Lo affermano dieci parlamentari napoletani del centro sinistra (Tuccillo, Petrella, D’Antoni, Bianco, Villari, Ranieri, Siniscalchi, Cennamo, Marone e Gambale) in un documento congiunto.

A loro giudizio "l’iniziativa del "Mattino", di provare ad attivare un tavolo bipartisan dei parlamentari napoletani, che ci aveva trovati disponibili ad un lavoro comune con i colleghi della maggioranza, si risolve, in questo modo, in un nulla di fatto".

Per i parlamentari del centro sinistra "la decisione del ministro Castelli di inserire il cosiddetto "pacchetto Napoli" nell’ex legge Cirielli (ricordiamo che lo stesso presentatore della legge ha ritirato la propria firma dal provvedimento dopo l’inserimento dei pericolosi emendamenti "salva prescrizioni" ha impedito ogni possibilità di dialogo e di ricerca comune della soluzioni su cui pure si stava lavorando.

Ha prevalso dunque - è quanto si sottolinea - la linea del ministro leghista Castelli e non quella del ministro Pisanu, che pure aveva più volte ribadito l’opportunità di rispondere all’ondata criminale che sta devastando la nostra città con un provvedimento organico, che fosse il frutto meditato di un lavoro non di parte ed estemporaneo, ma comune e condiviso, tendente soprattutto a recuperare la effettività delle pene e la rapidità dei processi".

Secondo i dieci parlamentari "così è avvenuto che le norme inserite dal Governo risultano essere inadeguate e insufficienti rispetto anche alle prime riflessioni che erano venute dal tavolo dei parlamentari, e comunque non tali da realizzare gli obiettivi prioritari che ci eravamo posti, vale a dire garantire l’efficienza della giustizia".

Secondo i dieci eletti nell’area napoletana "è stato consumato dunque un vero e proprio "tradimento" rispetto all’iniziativa messa in campo, ed, altresì, una vera e propria frode legislativa, dal momento che il testo mentre da una parte inasprisce le pene per alcuni reati dall’altra riducendo in modo considerevole i termini di prescrizione per reati quali associazione mafiosa, furto aggravato, incendio doloro, corruzione, ed altri ancora, favorisce di fatto la criminalità".

Si tratta, dunque, di "una riduzione dei termini di prescrizione che certamente ha l’effetto di garantire qualche imputato eccellente (vedi Salva Previti), ma che dall’altro rappresenta l’esatto contrario di quella da più parti sempre tanto invocata certezza della pena".

Per queste ragioni, quindi, "per come cioè si è inteso ancora una volta da parte del Governo ed in particolare del ministro leghista Castelli usare il nome della nostra città e le drammatiche vicende di violenza che la attraversano, per finalità di tutt’altro tipo, pur restando disponibili per iniziative congiunte a difesa degli interessi della nostra città in particolare in tema di sicurezza, abbiamo espresso con fermezza convinzione il nostro voto contrario a tale provvedimento".

In ogni caso, concludono i dieci parlamentari, "a prescindere anche da iniziative congiunte confermiamo il nostro impegno ad incalzare la battaglia sulla sicurezza e sulla legalità a Napoli e nel Paese trovi quelle risposte adeguate che ad oggi ancora mancano".

Perugia: "Canto Libero", raccolta di scritti e immagini

 

Redattore Sociale, 17 dicembre 2004

 

Molte cose sono possibili "se si crede nel valore dell’uomo e nell’intima capacità di attuare delle mutazioni nel percorso di vita". Ne è convinta Bernardina Di Mario, direttrice della casa di reclusione femminile di Perugia.

Di Mario, insieme a Patrizia Costantini di Arcisolidarietà-Ora d’Aria e all’assessore regionale umbro alle Politiche sociali Gaia Grossi, ha presentato il libro Canto Libero, semplicemente noi, raccolta di scritti e immagini prodotti durante un laboratorio di musica popolare organizzato da Ora d’Aria all’interno del carcere femminile di piazza Partigiani. All’attività hanno aderito 20 detenute, che hanno dimostrato un interesse crescente.

"Il carcere è, per consueta ma errata convinzione, un luogo di pena dove la dimensione creativa non dovrebbe trovare spazio" ha detto Di Mario. "Al contrario, tra le persone ristrette, è possibile rintracciare capacità espressive spesso ignorate o non utilizzate prima". Il volume - che racconta i figli e gli affetti, il tempo trasformato in un contenitore vuoto e la speranza - "è stato voluto dalle detenute, che hanno scommesso sul laboratorio musicale lavorando insieme e superando tutti i momenti difficili e le tensioni che normalmente si creano tra le persone costrette a dividere gli spazi" ha riferito Costantini.

Per l’assessore Gaia Grossi "il libro dimostra l’importanza della collaborazione tra le istituzioni pubbliche e il privato sociale. Il carcere non è un luogo avulso dalla società - ha aggiunto - e può essere percorso anche da correnti culturali che, insieme alla formazione, contribuiscono alla crescita delle persone che scontano una pena".

La sezione femminile del carcere di Perugia ospita una settantina di detenute, circa il 6,9 per cento del totale della popolazione che sconta la pena negli istituti presenti in Umbria. Di queste, molte sono straniere che stanno scontando condanne per violazione della legge sulla droga.

L’istituto può ospitare stabilmente anche i loro bambini fino all’età di tre anni. Per le mamme con a seguito i figli è previsto un reparto dotato di celle più ampie, di una cucina attrezzata e di una sala giochi con televisore e videoregistratore. La mattina i bambini vanno all’asilo nido accompagnati dalle suore di Gesù Redentore, con le quali passano anche alcuni pomeriggi.

Attenzione alle amnistie griffate, di Paolo Pillitteri

 

L’opinione on line, 17 dicembre 2004

 

Che sia o meno una (la) norma ad personam, un ennesimo provvedimento ad hoc, e meriti davvero la definizione di "salva - Previti", conta assai poco, al di là delle pur accorate e lucide "prediche" di Bruno Tabacci. Ciò che conta è ben altro e ce ne accorgiamo ogni giorno, man mano che dalla melma, dal pantano dell’irrisolta questione giudiziaria, non si riesce a venir fuori con l’unico gesto che una classe dirigente può compiere. E che non compierà.

Ne aveva parlato con passione Barbara Spinelli qualche anno fa, nel suo "Il sonno della memoria", mettendo l’accento su una classe dirigente come la nostra che, reduce da Tangentopoli, dunque, coinvolta nelle pratiche dei costi della politica ma salvatasi in virtù delle Toghe "amiche", nulla aveva fatto per chiarire a sé stessa e al paese quella lunga parentesi di illegalità, accontentandosi della ricerca dei capri espiatori, evitando accuratamente la rigenerazione dei partiti miracolati e continuando sulla strada degli eterni trasformismi propri di chi mai vuole pagare prezzi, mai vuole fare ammenda, mai vuol dire il vero.

Attirata dal fascino della melma nella quale ha continuato a trascinarsi, la "nuova" classe politica ha evitato qualsiasi luogo alto e altro, ma pur sempre politico, per dire una Commissione Parlamentare ad hoc - se ne sono fatte a decine, per i motivi più disparati e, spesso, meno nobili e meno necessari - in grado di fermare la rincorsa dei Poli alle delegittimazioni in un crescendo di accuse reciproche e di violente invettive nei confronti dei magistrati che in qualsiasi altro paese avrebbero fatto naufragio politico, se non fossero apparsi e apparissero ancora, non neutrali.

Quando la CdL ha vinto nel 2001 - quella vittoria derivava anche e soprattutto dall’abilità berlusconiana nell’aver saldato la reiterata "persecuzione" politico-giudiziaria nei suoi confronti con quella realizzata precedentemente contro il Caf,cioè la Prima Repubblica - era avvertita l’esigenza di una ampia riforma liberale della giustizia e dello stato "criminogeno", come lo chiamava il Tremonti liberista prima di diventare colbertista.

Alla strada maestra della grande riforma della giustizia,è stata preferita la scorciatoia di leggi confezionate ad uso e consumo privatistico, vuoi con le Cirami, vuoi col Lodo Schifani, vuoi con provvedimenti cancella reati o ad personam, dando l’idea del privilegio piuttosto che quella della necessità collettiva.

Sinistra e destra hanno fatto a gara a dimenticare il grande dolore delle carceri sovraffollate, disattendendo persino le invocazioni del Papa che, in Parlamento, aveva implorato giustizia e pietà per i carcerati. Sinistra e destra fanno a gara a riproporre soluzioni ad personam, ultima quella per Adriano Sofri, per paura di accogliere il significato di un’amnistia che altro non è che la chiusura solenne e consapevole di un’epoca storica.

Il fatto è che il trascinarsi nella melma serve a evitare i conti con se stessi ma, nello stesso tempo,impedisce alla politica di liberare se stessa dai condizionamenti del passato. Solo le elite di potere degne di questo nome riescono a tagliare dignitosamente i lacci col passato senza rimanerne impigliate. Le altre, rimaste nella melma, inseguono leggine ad hoc, prescrizioni personalizzate, auto-amnistie con la griffe. E non sanno che i bambini li guardano.

Padova: al Due Palazzi i detenuti in concerto

 

Il Gazzettino, 17 dicembre 2004

 

La musica come linguaggio universale che rende possibile la comunicazione fra diverse culture e realtà lontane. È questo l’obiettivo del concerto che si terrà all’interno del Casa Circondariale di Padova lunedì prossimo alle ore 10. L’iniziativa, che fa parte di un progetto più ampio realizzato all’interno delle mura carcerarie, è stata organizzata dalla Cooperativa Sociale "Nuovi Spazi", in collaborazione con un’emittente radio locale, grazie al patrocinio della Regione Veneto.

Programmato in occasione delle festività natalizie, rappresenta un’occasione per prestare attenzione ad una realtà che vive all’interno del carcere e che ha voglia di comunicare con il mondo esterno. Il concerto prevede l’esecuzione di brani musicali da parte dei due gruppi presenti: i Viceversa e gli East Rodeo.

Il primo, composto dai detenuti ospiti del penitenziario, è coordinato per le percussioni da Luca Bellan e per la voce e la tastiera Annalisa Attanasi. Le loro espressioni musicali sono il frutto della fusione di sonorità e linguaggi diversi sperimentati durante i corsi di musica, tenuti per due pomeriggi alla settimana, presso la casa circondariale di Padova. Il secondo gruppo, è invece una band esterna formata da ragazzi croati, che si esibiranno gratuitamente con pezzi di folk-rock balcanico.

I progetti, promossi e coordinati da Franca Fazzini, psicologa all’interno della Casa Circondariale Due Palazzi, con la collaborazione di Alessia Colzada e Raffaele Sammarco della Cooperativa Nuovi Spazi,si inseriscono nelle attività di recupero dei detenuti con scopo ulteriore di coinvolgere le diverse figure che operano all’interno della struttura.

Napoli: carcere militare, iniziative per il recupero

 

Il Mattino Ansa, 17 dicembre 2004

 

Stimolare e far riemergere nei detenuti quei valori morali, sociali e civili, probabilmente smarriti nel percorso quotidiano della vita, ma che costituiscono oggi, certamente, le indispensabili premesse per un proficuo reingresso nella società.

Motivo per cui, ormai da diversi mesi, l’amministrazione penitenziaria militare, diretta dal generale Celeste Rossi, ha dato inizio grazie alla dinamicità del comandante della struttura penitenziaria di Santa Maria Capua Vetere - colonnello Salucci - una serie di iniziative che fondano nella fattiva partecipazione e pieno coinvolgimento degli "ospiti" della struttura al fine del recupero e del reinserimento sociale.

Dopo aver creato una vera e propria squadra di Rugby facente riferimento al Clan Santa Maria Capua Vetere presieduta da Giuseppe Casino; dopo aver dato vita ad una manifestazione di raccolta fondi per la costruzione di una scuola in Africa; dopo aver ospitato i volontari dell’Avis per la donazione preziosa del sangue; ecco una nuova iniziativa organizzata con i militari dell’arma Carabinieri.

Il "Trofeo della Solidarietà" ha richiamato a Santa Maria una squadra composta da detenuti già appartenenti alla polizia di stato ed una dai militari di alcune stazioni di Roma che hanno voluto dimostrare il loro impegno civico.

Milano: 100 detenuti liberi per un giorno di volontariato

 

Antennatre, 17 dicembre 2004

 

Domani alle nove 100 detenuti delle carceri lombarde si raduneranno a Palazzo Marino, sede del Comune di Milano, per cominciare una giornata di lavoro volontario in enti e case di riposo milanesi. Inizierà così, con il saluto del sindaco, Gabriele Albertini, e del presidente della Regione, Roberto Formigoni, la prima "Giornata fuori dal carcere al servizio della collettività ", un’iniziativa presentata oggi, nella sede del Comune, dal vicepresidente del Consiglio comunale e della commissione Carceri, Alberto Garocchio, insieme agli assessori Tiziana Maiolo (Servizi sociali del Comune) e Franco Nicoli Cristiani (Ambiente in Regione).

I detenuti, 96 uomini e 4 donne, che hanno aderito alla proposta formulata dai responsabili carcerari, passeranno la giornata al Parco Nord, ai giardini Montanelli (ex Pubblici), al Castello Sforzesco e alla Villa comunale, con attività di servizio ambientale e culturale, ma entreranno anche in contatto con gli ospiti di due case di riposo, la "Ferrari" per anziani e quella di via dei Cinquecento, per coniugi. Alle 16 parteciperanno a una messa in Duomo celebrata dal cardinale Tettamanzi.

Artefice della giornata di lavoro fuori dal carcere, che ha già avuto un precedente promosso dall’istituto di pena di Verbania, è il provveditorato regionale per la Lombardia, diretto da Luigi Pagano, promosso dal Dipartimento centrale dell’amministrazione penitenziaria, rappresentato oggi a Palazzo Marino dal direttore generale dei detenuti e del trattamento, Sebastiano Ardita.

"Iniziative come questa - ha spiegato Ardita - servono a fare capire che i detenuti possono essere recuperati", soprattutto perché, ha aggiunto il responsabile dell’Amministrazione penitenziaria, spesso l’unica alternativa che resta a chi esce dopo un periodo di detenzione è il reclutamento nelle file della camorra o della mafia, proprio perché rifiutato dalla società.

Roma: carcere protagonista con progetti, libri, incontri

 

Osservatorio sulla legalità, 17 dicembre 2004

 

Se due giorni fa è stato il momento della protesta, e le associazioni che vivono il carcere sono scese in piazza di fonte a Montecitorio per i diritti dei detenuti, ieri e oggi è il giorno della concretizzazione dei progetti e della riflessione.

Ieri presso la Scuola di formazione del personale della Giustizia minorile, si è tenuta la proiezione-dibattito "L’immagine di noi: storie filmate dai minorenni degli Istituti Penali", alla presenza dei dirigenti del dipartimento della Giustizia minorile, di diversi rappresentanti degli Enti locali e di alcuni esponenti del mondo dello spettacolo.

Nell’occasione sono stati premiati anche i ragazzi vincitori del 3° Concorso nazionale per gli Istituti Penali per i Minorenni "Una sceneggiatura per la realizzazione di Prodotti multimediali". Le iniziative fanno parte di un progetto per lo sviluppo della comunicazione in ambito penitenziario e verso l’esterno, che quest’anno ha come titolo "Dal gruppo di amici alla comunità: un aiuto alla consapevolezza sociale ed ambientale".

Il progetto, nato in collaborazione con l’associazione’Il Soffiò, ha coinvolto tutti gli istituti penali minorili italiani e prevede anche la realizzazione di cortometraggi che saranno assemblati successivamente da giovani montatori detenuti della Casa di reclusione di Padova 2 Palazzi.

Oggi, invece, alle 21.30, presso l’Oratorio di Santa Cecilia di Perugia, le detenute del locale penitenziario presentano un libro con le loro storie, una raccolta di testimonianze scritte e fotografiche, frutto delle attività svolte all’interno dell’istituto in collaborazione con l’associazione Arcisolidarietà - Ora d’aria. Per l’occasione, l’attrice Patrizia Zappamulas leggerà alcuni passi del libro accompagnata dal musicista Franco Battistelli.

Presso la Casa circondariale di Rimini, si conclude oggi pomeriggio con un dibattito ed una mostra il progetto "padri dentro e figli fuori", incentrato sul rapporto tra genitori detenuti ed i loro figli e sugli aspetti critici legati alla separazione imposti ad entrambi dalla condizione di detenzione, ma anche sul rafforzamento del legame affettivo che spesso ne consegue.

L’iniziativa si è svolta nell’ambito di una partnership con l’Unicef e in collaborazione con alcune realtà di volontariato, sotto il coordinamento del dr. Vincenzo Di Pardo. Sono stati realizzati incontri con operatori ed esperti e laboratori artistici di fotografia e ceramica i cui prodotti saranno in mostra presso la Sala delle Colonne dal 17 al 29 Dicembre, mentre il laboratorio di musica ha realizzato un CD con le filastrocche e ninne nanne delle varie etnie presenti nel carcere.

Roma: il "mentoring" per il reinserimento dei detenuti?

 

Redattore Sociale, 17 dicembre 2004

 

Aiuto informale da una persona all’altra, supporto, assistenza, guida per il raggiungimento di un obiettivo, dono della propria esperienza di vita, scuola o lavoro ad un’altra persona in difficoltà, sostegno da un individuo all’altro, incontro tra due persone che condividono volontariamente esperienze diverse per alimentare un processo di crescita talvolta reciproca.

Tante sono le possibili definizioni e modelli del mentoring, uno strumento di arricchimento relazionale teso al raggiungimento di un obiettivo sociale, che dagli Usa e dai Paesi anglosassoni sta assumendo anche in Italia un rilievo crescente nei progetti tesi a combattere il disagio nell’età evolutiva, a promuovere l’inserimento in azienda dei soggetti svantaggiati, a facilitare il reinserimento sociale dei detenuti. Non un tutor, non un coach, né uno psicologo o un educatore, il mentor è una figura che svolge volontariamente un compito più difficile, che organizza il suo intervento senza bordi né angoli, senza margini prefissati e che per questo richiede sensibilità, formazione e monitoraggio dell’attività.

Se ne è discusso oggi a Roma in un seminario di studi promosso dall’Isfol-Regioni (OIS) a chiusura dei lavori di ricerca e sperimentazione realizzati in ambito di mentoring nel 2004 e finanziati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali all’interno di azioni di sistema promosse e finanziate dal Fondo Sociale Europeo. All’incontro, moderato da Nadio Delai, hanno preso parte Alessandra Felice, responsabile Ois-Isfol, Antonio Francioni, direttore Isfol, Luigia Culla, direttore generale dell’Istituto Superiore Studi Penitenziari del ministero della Giustizia, oltre a moltissimi esperti e tecnici del settore.

La mattinata si è articolata in due momenti distinti. Nella prima parte è stato affrontato il tema del mentoring e delle suoi modelli ed applicazioni al disagio giovanile: dagli interventi basati sull’ascolto nelle scuole elementari di Telefono Azzurro, all’accompagnamento degli adolescenti centrato sul "fare insieme" del Gruppo Abele, dal mentoring per il superamento delle difficoltà scolastiche basato sul modello americano di Mentoring Usa-Italia alle esperienze territoriali realizzate con gruppi di volontari nella provincia di Firenze, al coinvolgimento della micro imprenditorialità per progetti di responsabilità sociale d’impresa nel Nord-Est, al mentoring universitario teso all’autonomia degli studenti condotto presso la Facoltà di Scienze dell’Educazione a Roma. In un secondo momento l’attenzione si è spostata sulla dimensione del reinserimento sociale dei detenuti: anche in questo caso sono state illustrate alcune buone prassi di mentoring sperimentate negli istituti di pena italiani, soprattutto grazie all’incontro dei volontari con i bisogni dei detenuti giovani e adulti del territorio.

 

 

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