Rassegna stampa 19 agosto

 

Pordenone: slittano i tempi per costruzione del nuovo carcere

 

Il Gazzettino, 19 agosto 2004

 

Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi. E così se non ci fosse da piangere, verrebbe quasi quasi da ridere per gli strani casi che combina il destino. Già, perché ieri mattina il sindaco di Pordenone, Sergio Bolzonello, in pochissimi minuti è passato dalla gioia alla tristezza, consapevole che una importante opera pubblica di cui la città ha bisogno, rischia di impantanarsi nelle carte bollate dei ricorsi e delle lunghe attese per una sentenza. A finire nel mirino, infatti, è stato il nuovo carcere di Pordenone che dovrebbe essere realizzato in Comina.

Una struttura che il capoluogo aspetta da molti anni e che ora rischia di attendere ancora per chissà quanto. Motivo del contendere un ricorso che l’Associazione nazionale dei costruttori edili ha presentato contro il bando di concorso nazionale voluto dal Ministero per la realizzazione del carcere in leasing. Una formula che consente alle imprese che parteciperanno alla gara di appalto di realizzare l’impianto senza grossi vincoli burocratici e poi di affittarlo al Ministero per recuperare i finanziamenti investiti.

Ma è proprio questa formula che non piace per nulla all’Associazione costruttori edili che hanno deciso di bloccare il bando presentando un ricorso al Tar del Lazio, chiedendo che il Tribunale amministrativo annulli il bando che è già uscito sulla Gazzetta Ufficiale. Secondo i ricorrenti, infatti, questa formula non consente a tutte le imprese la possibilità di accedere alla gara e non darebbe le garanzie previste dalle norme. Insomma, la strada che sembrava in discesa torna in salita.

Ma al di la del ricorso è sicuramente bizzarro quello che è accaduto ieri in Municipio. Nel giorno di pochi minuti, infatti, il sindaco ha ricevuto due lettere. La prima era stata spedita dal Ministero di Giustizia. "Siamo lieti di comunicarle - diceva più o meno così - che l’opera prevista a Pordenone è stata inserita tra quelle da finanziare. È già stato pubblicato il bando e alla gara hanno partecipato sei imprese".

Tutto sembrava fatto. La sorpresa, però, è arrivata subito dopo. La seconda lettera, infatti, spedita dal Provveditorato alle Opere pubbliche era di tenore ben diverso. "Comunichiamo che l’Associazione costruttori edili con sede a Roma ha provveduto a presentare un ricorso teso ad annullare il bando di gara pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale per la realizzazione del nuovo carcere di Pordenone". Non solo. Il Provveditorato alle Opere pubbliche - da indiscrezioni - sembra anche convinto che l’Associazione ricorrente abbia buoni argomenti per bloccare il tutto.

Come dire, dunque, che il nuovo carcere rischia di aspettare ancora per lungo tempo. La struttura costerà circa 45 milioni di euro, potrà ospitare 150 detenuti e - almeno nelle intenzioni - avrebbe dovuto essere pronta per i primi mesi del 2007.

Nuoro: la Cgil contro Castelli, "lavoratori snobbati"

 

L’Unione Sarda, 19 agosto 2004

 

La visita ferragostana nel carcere del Guardasigilli Roberto Castelli nel carcere di Badu ‘e Carros non è piaciuta alla Cgil che in una lettera indirizzata allo stesso ministro denuncia il mancato coinvolgimento delle organizzazioni sindacali.

"Dopo anni di lotta - scrivono il rappresentante dei lavoratori Sebastiano Poddighe e il segretario della Cgil funzione pubblica Sandro Fronteddu - non le nascondiamo il favorevole stupore nell’apprendere la notizia di una sua visita nell’istituto di Nuoro, perché ci pareva che in questo modo si volesse rendere conto in prima persona di quanto da tempo andavamo denunciando. Ci saremo attesi, a maggior ragione per la presenza sia del provveditore regionale sia del responsabile del personale dell’amministrazione centrale, che ci desse la possibilità di spiegarvi che ciò che rivendichiamo da qualche tempo sono diritti elementari, quali il riposo, le ferie, condizioni di vivibilità in strutture igienicamente idonee, problemi che di riflesso colpiscono inevitabilmente anche chi nella struttura vi risiede per scontare una pena".

Aspettative che però, spiegano dalla Cgil, sono andate deluse. "Invece così non è stato - prosegue la lettera - la sua fugace apparizione nella struttura, senza alcun contatto con i rappresentanti dei lavoratori, ha evidenziato in modo evidente quanto lontani siano i suoi pensieri dai veri problemi. Non nascondiamo la delusione dei tanti lavoratori che dopo ore d’attesa, per la ipotizzata conferenza dei servizi occasione anch’essa di dialogo, hanno assistito ad una comunicazione formale senza alcuna possibilità di confronto, vedendosi sostanzialmente snobbati.

L’assenza di una qualunque possibilità di confronto con gli stessi amministratori locali ha purtroppo lasciato la sensazione che la visita sia stata un occasione casuale non tanto per conoscere i problemi quanto per verificare ulteriori possibilità di capienza dell’istituto". Poi la conclusione: "Il silenzio su tutti gli aspetti al centro della vertenza, mal si concilia crediamo con le enunciazioni ferragostane di un incremento della dotazione organica, servono azioni urgenti e significative, è necessario rivedere complessivamente la politica carceraria di questi anni, e con particolare riferimento alla Sardegna ed a Nuoro è indispensabile che assieme ad investimenti strutturali per il recupero degli istituti, all’adozione di una coerente programmazione regionale, si proceda ad una verifica dei distacchi e dei trasferimenti".

Polizia penitenziaria: a settembre proteste per attenzione

 

Agi, 19 agosto 2004

 

È ancora insufficiente l’attenzione del mondo politico rivolta alle condizioni di lavoro della polizia penitenziaria. È quanto denuncia il Salpe - Asia, il sindacato autonomo dei lavoratori penitenziari, che annuncia per settembre una serie di iniziative di protesta.

Necessario è infatti risolvere il problema del sovraffollamento, della carenza di organico e di strutture edilizie adeguate, per cui il sindacato chiede l’approvazione del progetto di legge presentato dell’onorevole Campa e attualmente fermo alla commissione Lavoro della Camera. Con esso, spiega il Sialpe in un comunicato, si arriverebbe "ad una vera organica riorganizzazione dell’amministrazione penitenziaria, finalmente rispondente alle esigenze di tutto il personale".

Civitavecchia: nuove proteste della polizia penitenziaria

 

Il Messaggero, 19 agosto 2004

 

A Regina Coeli protestano i detenuti. Ad Aurelia è il personale di polizia a dichiarare, ancora una volta, lo stato di agitazione. Sempre gli stessi i problemi, come accusa la Cgil: grave carenza di organico e mancato pagamento degli incentivi 2002/2003. "Al femminile c’è un’agente ogni 30 recluse, uno per ogni 50 al maschile - scrive il sindacato - si lavora in condizioni di emergenza e pericolo. Come è possibile mantenere ordine e sicurezza quando lo steso deve vigilare in contemporanea su più fronti?". La Cgil, annunciando una manifestazione generale a sostegno del personale, lamenta che, nonostante le costanti denunce di tutti i sindacati, il Ministero continua a distaccare altrove le persone. Mentre ad Aurelia la sezione femminile conta su solo 9 agenti e le ferie sono date col contagocce.

E proprio ieri l’altro, il consigliere regionale Enrico Luciani, in visita il carcere di Aurelia, ha avuto modo di verificare sia i problemi di chi sta dentro le celle che di quelli che li sorvegliano. E pensare che "se le leggi in vigore - è stato uno dei commenti dell’esponente di Rifondazione comunista - fossero "semplicemente" applicate il carcere di Civitavecchia ospiterebbe il 30% in meno di detenuti".

Il direttore Giuseppe Tressanti ha ricevuto Luciani, che ha "bussato" al carcere sollecitato da alcune proteste sul disservizio idrico. "Mi ha esposto i principali problemi - dice il consigliere -: dalla cronica carenza di personale (mancano circa 100 addetti per completare l’organico) al sovraffollamento (le celle da un detenuto ne ospitano due). Nonostante queste criticità e nonostante le insufficienze strutturali, la realtà locale non è paragonabile alla vergognosa situazione di Rebibbia. Tuttavia anche a Civitavecchia i problemi non mancano".

"Problemi che sono emersi dall’incontro che ho avuto con una delegazione di reclusi - continua Enrico Luciani -.

I quali sottolineato con forza alcuni specifici deficit: la presenza di due soli educatori per circa 500 detenuti; l’assenza di assistenti sociali (vengono da Roma solo su richiesta); la scarsità di attività sportive/ricreative, di programmi di formazione e di percorsi lavorativi anche all’esterno del carcere che facilitino il reinserimento sociale; la legge Gozzini spesso vanificata".

Luciani ha appurato che la situazione idrica è sotto controllo grazie alla razionalizzazione dei consumi da parte dell’amministrazione del carcere. Inoltre, anche questa estate le porte blindate non vengono chiuse di notte per una maggiore aerazione delle celle.

Spoleto: con l’istruzione migliora la vita dei detenuti

 

Asca, 19 agosto 2004

 

"La formazione lavorativa e l’istruzione scolastica aiutano a migliorare la vita dei detenuti tra le mura degli istituti penitenziari". Lo ha affermato il direttore del carcere di massima sicurezza di Spoleto, Ernesto Padovani, rendendo noto che nella casa di reclusione spoletina sono molti i detenuti che frequentano corsi di formazione finanziati dalla Regione Umbria e anche corsi scolastici e universitari.

"La Regione si è mostrata da sempre sensibile alle tematiche della formazione e dell’istruzione dei detenuti - ha detto Padovani - Negli anni sono stati finanziati percorsi di formazione che hanno permesso di valorizzare le potenzialità dei detenuti preparandone anche l’uscita".

"Ma poi c’è tutto il settore dell’istruzione scolastica che rappresenta forse l’opportunità più nobile per le persone recluse - ha precisato il direttore dell’istituto penitenziario - Qua dentro incontriamo uomini con storie particolari, ai quali, in gioventù, sono state negate alcune possibilità, come appunto quella di studiare.

I destini delle persone passano attraverso strane combinazioni - continua - che esaltano alcuni tratti del carattere e ne sacrificano altri. In più di un caso ci siamo trovati di fronte a detenuti che hanno rivelato doti intellettuali molto alte che, però, non avevano sfruttato prima per varie ragioni".

Amnistia e benefici: ora si prepara la "campagna d’ottobre"

 

Il Messaggero, 19 agosto 2004

 

"Indulto e amnistia per decongestionare le carceri, drastica riduzione dei poteri di discrezionalità dei magistrati di sorveglianza e la verifica, con l’istituzione di una commissione parlamentare, della reale applicazione delle misure alternative previste dalla legge Gozzini": su questa base condivisa di istanze considerate irrinunciabili, si è aperto nelle carceri il dibattito su una nuova stagione di protesta collettiva e pacifica che dovrebbe cominciare alla metà di ottobre e proseguire a scacchiera per quattro settimane. Sciopero della fame a rotazione, sciopero dei lavoranti, sciopero del carrello; le voci del carcere riprendono la parola e prendono le distanze da episodi come la mezza rivolta nella IV sezione di Regina Coeli a Roma che ha invece fatto divampare la polemica tra il ministro della Giustizia Roberto Castelli e i radicali Daniele Capezzone e Rita Bernardini.

Oltre 56mila detenuti su 42mila posti, 17mila extracomunitari, la misura di clemenza invocata dal Papa proprio a Regina Coeli durante il Giubileo ridotta all’indultino che ha fatto uscire dalle carceri poco più di 5000mila detenuti e perfino settimane di proteste, come a Enna e Civitavecchia, per rivendicare diritti elementari come l’acqua potabile; lo stato delle cose nel circuito dell’esecuzione penale è stata riassunta in un documento dei detenuti di Regina Coeli che si somma a quello dell’associazione Papillon sulla mobilitazione d’ottobre, ora in circolazione in un centinaio di carceri.

Dalla vecchia prigione della Capitale le principali istanze di riforma riguardano "la cancellazione in automatismo dei precedenti penali degli ultimi cinque anni in assenza di nuovi reati, l’espulsione dei detenuti stranieri che vogliano scontare la pena nel loro paese e l’abrogazione delle leggi sulla custodia cautelare con l’introduzione del deposito cauzionale". Tre giorni dopo, il suicidio di Camillo Valentini a Sulmona fa riesplodere il dibattito sulla carcerazione preventiva. E ieri notte, per un’ora a Regina Coeli si è respirata l’aria delle rivolte degli anni ‘70. Dice il vice direttore generale dell’amministrazione penitenziaria, Emilio Di Somma, che per una quarantina di detenuti si è reso necessario il trasferimento in un’altra sezione e che saranno le due inchieste già aperte a stabilire le cause della degenerazione di una protesta che durava da due giorni e che ieri è proseguita pacificamente. Dice il ministro Castelli che "questi episodi che possono mettere a repentaglio l’incolumità di agenti e detenuti avvengono sempre a pochi giorni di distanza dalle visite di certi personaggi". Parla di "cattivi maestri" il ministro, di chi "si fa bello sui giornali" e allude a "partiti che hanno pretese di governo e dimostrano volontà di strumentalizzazione". I radicali, sabato scorso erano a Regina Coeli per chiedere ai detenuti la firma sulla richiesta di referendum sulla procreazione assistita, si sono sentiti chiamati in causa e hanno preannunciato una denuncia. A Regina Coeli, intanto, alle tre del pomeriggio e poi in serata è ricominciata la battitura delle sbarre, nella terza sezione.

Lavoro: il call center di san Vittore raddoppia

 

Vita, 19 agosto 2004

 

Anche le detenute del carcere milanese sono state ammesse a lavorare al call center Info12. Prosegue l’accordo tra Telecom Italia e Ministero della Giustizia per la realizzazione del progetto "Telelavoro Info12 a San Vittore".

Dopo l’iniziativa avviata lo scorso novembre, che ha visto, per la prima volta in Europa, 30 detenuti gestire 20 postazioni di un call center all’interno di un penitenziario, si è deciso di ampliare con altre 12 postazioni collocate nel ramo femminile il servizio, 15 donne, infatti, già dal mese di luglio rispondono alle chiamate dell’Info 12. Con questa iniziativa - si legge in una nota - Telecom Italia conferma ancora una volta il proprio impegno nel sociale mettendo a disposizione le proprie strutture per favorire la rieducazione e il reinserimento dei detenuti nel mondo del lavoro. Obiettivi, questi ultimi, che il Ministero della Giustizia è fortemente impegnato a perseguire, nella convinzione che il lavoro rappresenti, come più volte affermato dallo stesso Ministro della Giustizia Roberto Castelli, un importante investimento in vista del ritorno dei detenuti nella società civile. Le nuove postazioni nel ramo femminile sono operative dal lunedì al venerdì secondo la disponibilità definita in accordo con la Cooperativa Out&Sider e con l’Istituto San Vittore. Il call center che si trova nel braccio maschile del penitenziario, invece, a cui sono state recentemente aggiunte 5 postazioni occupate da circa 40 detenuti, è attivo tutti i giorni incluse le festività. Prima della fase operativa, le donne inserite nel progetto hanno seguito un percorso di formazione della durata di tre settimane. Info12 è il call center di Telecom Italia che fornisce informazioni relative ai numeri telefonici degli abbonati.

Lettera dai detenuti della Sezione E.I.V., carcere di Voghera

 

Voghera, 19 agosto 2004

 

Differenziazione. L’accezione di questo termine, tratto dal dizionario Zanichelli è (almeno per noi) illuminante. Partendo da questa semplice accezione, immediatamente si apre davanti ai nostri occhi (e speriamo anche ai vostri) uno scenario non tanto immaginifico (almeno per noi).

Cominciamo dall’inizio e innanzitutto ci presentiamo. Siamo alcuni detenuti ubicati presso la sezione E.I.V. posta all’interno del carcere di Voghera.

E qui è lecito porsi la prima domanda: ma che cosa significa E.I.V.? La domanda è sicuramente lecita, ma anche da parte nostra è lecito rispondere: "anche noi vorremmo saperlo"! Ufficialmente la spiegazione dell’acrostico E.I.V. significa Elevato Indice (di) Vigilanza. Per cui sembrerebbe tutto chiaro. E, invece, no! Innanzitutto è bene precisare che l’attuazione delle sezioni E.I.V. è avvenuta mediante circolare del Ministero di Giustizia, nel lontano luglio 1998 (ma forse anche prima). E già qui potrebbero sorgere (numerosissime?) problematiche sulla liceità o no di questa circolare. Noi riteniamo che potenzialmente il Ministero possa farlo: un piccolo lager personale, o un piccolo zoo, dove poter mettere in mostra qualcosa o qualcuno non lo si nega mai a nessuno. Ma questa domanda conviene porla al Magistrato di Sorveglianza, il giudice a cui è demandato, per legge, il controllo sull’esecuzione della pena. Il nostro Giudice. E questo, credeteci, lo diciamo con emozione. Che bello in un momento di transizione caotico come questo, dove tutti hanno qualcosa da rinfacciare a chiunque, dove dietro le quinte si muovono frotte di funzionari, portaborse o chissà cos’altro, poter dire il mio Giudice. Siamo veramente emozionati. Ma qui sorge un ulteriore problema. Siamo tutti uguali davanti alla legge? E ancora: la legge è uguale per tutti? Sembrerebbe porsi nuovamente la stessa domanda ma, fidatevi, non è così. Proviamo a spiegare questa differenza (ahinoi, eccoci già alle differenziazioni) e perdonateci in partenza la presunzione.

Se la Costituzione Italiana (non quella di una delle tante repubblichette delle banane) agli articoli 24 e 113 sancisce pomposamente che "tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti? La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento? Contro gli atti della Pubblica Amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti? Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti". Davanti a tanta illuminante chiarezza è veramente

difficile capire perché debbano nascere contestazioni o violazioni da parte di chicchessia. Qualcuno ci spieghi perché la sentenza 26/99 della Corte Costituzionale, rilevando un vuoto legislativo in ambito di tutela dei diritti dei detenuti, invita il legislatore a legiferare in tal senso. Da allora sono passati due anni e stiamo ancora aspettando che i nostri legislatori, smettendo di occuparsi di tutt’altro che della tutela dei suoi cittadini, si decidano, in un sussulto di dignità, a mettere fine a questa vergognosa situazione. E, ancora, perché ci sono voluti venticinque anni (dalla riforma del 1975) per accorgersi che alcuni, molti, diritti dei detenuti non sono tutelati. Per favore qualcuno ci spieghi perché la magistratura di Sorveglianza è rimasta (così) supinamente a contemplare tale vergognosa situazione.

E non è ancora finita. Tornando alla ormai famosa circolare che istituiva il circuito E.I.V. basta leggerla per comprendere che ci troviamo davanti ad un palese e grottesco accorgimento per aggirare il controllo della Magistratura di Sorveglianza e per evitare che ci sia un qualsiasi controllo da parte di chicchessia delle motivazioni che hanno portato all’inserimento del detenuto in tale circuito. Ma vi è di più. Il detenuto E.I.V. dipende solo ed esclusivamente da un ufficio specifico del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, ubicato presso il Ministero della Giustizia sito a Roma. La sua classificazione (E.I.V.) e l’eventuale classificazione viene (verrà) decisa solo ed esclusivamente dal Ministero.

La direzione dell’istituto di pena dove il detenuto E.I.V. è ubicato può solo proporne la declassificazione ma tale parere non è vincolante per l’ufficio al quale, solo, spetta la decisione. E il controllo di questi atti come avviene? Non ci crederete mai, anche noi facciamo fatica a crederci: non esiste controllo. Il detenuto E.I.V. non sa perché è ubicato in tale circuito. E la Magistratura di Sorveglianza? Placidamente sonnecchia! Ci siamo rivolti in molti alla Magistratura di Sorveglianza, anch’essi sono o erano a conoscenza del circuito E.I.V.

Del resto la circolare è inserita all’interno dei tanti codici commentati sulla "Legge dell’Ordinamento Penitenziario": essi conoscono le particolarità di tale circuitazione ma nella realtà, nei documenti, dichiarano che "praticamente non esiste", nel senso che loro (la Legge) riconoscono solo due circuiti differenziati e cioè il regime di cui all’articolo 14bis e il regime di cui all’articolo 41bis. La Legge non contempla altri regimi detentivi, per cui non esiste nient’altro! O se esistesse i suoi effetti sarebbero irrilevanti e, comunque, anche ammettendo che esista, essi non sarebbero in possesso degli strumenti giuridici per intervenire, a causa del vuoto legislativo, evidenziato dalla sentenza della Corte Costituzionale appena citata. Dimenticavamo di darvi l’ultima "chicca": neanche la Magistratura di Sorveglianza è portata a conoscenza dei motivi della nostra allocazione in queste fantomatiche sezioni E.I.V.. Il Ministero di Giustizia, nella sua assolutezza, ha deciso che tali documenti debbano restare solo ed esclusivamente di propria conoscenza. E il Magistrato di Sorveglianza, direte voi, che fa? Continua a sonnecchiare placidamente: rispondiamo in coro tutti noi.

Ma forse, tornando alla prima parte del nostro soliloquio, tutto questo fa parte di un grande, unitario, disegno. Il legislatore non legifera, il Magistrato di Sorveglianza non sorveglia, il circuito E.I.V. non esiste. Chissà, forse, tutto questo non è altro che la messa in pratica dell’accezione del dizionario Zanichelli ovvero Differenziazione uguale a sostantivo femminile, Diversificazione, Distinzione, Progressiva Manifestazione di Differenze.

 

 

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