Rassegna stampa 19 agosto

 

Roma: "qui è l’inferno"... tra i rivoltosi di Regina Coeli

 

Corriere della Sera, 19 agosto 2004

 

Le celle hanno porte in legno. Avevano, porte in legno. Una, marrone, adesso è appoggiata su un muro all’ingresso del reparto, proprio accanto alla lapide che ricorda la visita di Paolo VI, sotto una finestra col vetro spezzato. Il giorno dopo la rivolta, nella quarta sezione di Regina Coeli restano macerie, cicatrici sui muri, intonaco sul pavimento, cumuli di tubi.

Le tracce della ribellione sono difficili da cancellare, rimangono nell’aria. L’odore, anche. Perché, come racconta una guardia carceraria che era in servizio durante la protesta, "i detenuti legavano stracci inzuppati nell’olio alle bombolette del gas, poi davano fuoco e lanciavano". La calma che c’è, venti ore dopo, ha quest’odore bruciato. La quarta sezione è quella dei detenuti comuni, che però tra loro, a volte, in comune hanno poco. Come martedì sera, poco dopo le ventuno.

"A far scoppiare il caos sono stati gli italiani, molti dei quali romani. Erano in tre, all’inizio. Quaranta - cinquanta persone in tutto, alla fine - racconta un altro agente - ma quasi nessuno straniero. Molti, sono rimasti nelle celle anche se le porte erano state sfondate. E comunque noi ce la siamo vista brutta, poteva accadere di tutto".

In quel momento, all’inizio della rivolta, gli agenti erano "qualche decina. Pochi, come sempre". E tutto ciò che è accaduto in quell’ora e mezzo si racconta in una parola. Devastazione. "Hanno divelto le porte, lanciato i chiavistelli, spaccato lavandini e rubinetti, mandato in tilt l’impianto elettrico, allagato tutto, bruciato i materassi, lanciato quelle bombolette a gas. Insomma, l’inferno". Alcuni agenti fino a poche ore prima erano altrove. "In spiaggia", dice uno robusto appoggiato al bancone del bar. E anche quelli che non parlano, raccontano. Col viso, i lineamenti contratti.

Facce tese anche quando il comandante, alle cinque di pomeriggio, comunica loro i turni. "Tu che esci adesso devi tornare prima delle nove". Qualche ora d’aria, non di più. Perché la protesta è ancora in corso. E per gli agenti sono arrivati anche rinforzi da altri reparti. Nonostante i detenuti, adesso, abbiano ricominciato a chiedere nel vecchio modo. Battono le pentole sulle sbarre. Alcuni urlano. Niente, rispetto a martedì sera. Poco prima che il ministro Castelli entrasse qui, senza incontrare i detenuti, per poi, all’uscita, accusare i parlamentari di "soffiare sul fuoco".

Infatti il giorno dopo, la senatrice dei Verdi Loredana De Petris visita la prigione e appena esce gli risponde, quasi senza aspettare le domande: "Il sistema carcerario ha bisogno di iniziative, invece questo governo accusa da anni i magistrati e illude i detenuti con un indultino che, alla prova dei fatti, è servito quasi a niente. Questo poi è un carcere sovraffollato, come molti altri". Cita Fedor Dostoevskij, anche: "È dalle condizioni delle prigioni che si capisce il livello di civiltà di un Paese".

A Regina Coeli ci sono lavori in corso. Quindi, ancora meno spazio. Anche per ragionare, come i detenuti avevano promesso, giorni fa, annunciando in un documento una protesta civile. Invece poi è arrivato questo martedì sera. La violenza che si diffonde da cella a cella. La quarta sezione, un terremoto. L’epicentro, come detto, a un’ora precisa. "Saranno state quasi le undici, minuto più minuto meno". Il momento peggiore, quello: "Perché passa il tempo ma i detenuti non si calmano, anzi, urlano e spaccano, lanciano quelle specie di bombe a gas". A due reclusi, scoppiano "quasi in faccia". Ma quell’incidente non basta, non impaurisce, non fa arretrare. "Diventano cinquanta. Infuriati. Danno fuoco ai materassi, li lanciano. Buttano giù le porte a calci. Noi, restiamo fuori, fermi, non sappiamo cosa fare". Interviene il comandante, a quel punto. Prende tre agenti e entra nel reparto. "Urlano tutti, in quel momento". Anche lui. Non usa armi né minacce. Anzi, ricorda uno degli agenti, "dice loro che se tutto finisce subito non ci saranno conseguenze". Non sarà proprio così: la Procura ha aperto un’inchiesta per individuare i responsabili, e la maggior parte dei centocinquanta detenuti è stata trasferita, a Civitavecchia, Cassino e Velletri. O nella prima sezione di Regina Coeli. Alcuni, però, nonostante l’inagibilità di alcune celle, non vogliono lasciare la quarta. "Hanno fatto tutto questo - dice un altro agente - perché vogliono che quest’area del penitenziario sia chiusa per sempre".

E se la rivolta si placa, la protesta prosegue. Avevano redatto un documento, prima della violenza. Contro "l’applicazione di custodia cautelare senza i presupposti di legge", "la delazione assunta come accertamento investigativo". Per ottenere "l’indulto generalizzato di tre anni". Battono con le pentole sulle sbarre, adesso. Alcuni no. Uno ha i pensieri altrove. Scrive una lettera e sorride. Si leggono poche parole. "Voglio te e la libertà, rapirti ogni giorno, darti cose belle. Tra poco ti vedo, io me lo sogno".

Roma: protesta violenta dei detenuti di Regina Coeli

 

TG 5, 19 agosto 2004

 

I detenuti di Regina Coeli hanno cominciato a protestare lunedi scorso: due ore di rumore al pomeriggio e alla sera. stoviglie contro le inferriate, per tre giorni consecutivi. Volevano attirare l’attenzione sulla situazione esplosiva delle carceri italiane con una manifestazione pacifica. La protesta ieri sera è degenerata: le celle sono state danneggiate, sono state fatte esplodere bombole di gas, divelti i tubi dell’acqua, materassi, libri e giornali dati alle fiamme.

La sezione dei manifestanti, la quarta, per un’ora messa a soqquadro. 40 dei 158 detenuti sono stati oggi spostati in altre sezioni, altrettanti al più presto saranno trasferiti in altri penitenziari. Ieri sera il ministro della giustizia Castelli si è fermato a Regina Coeli e ha lanciato dei sospetti sui possibili mandanti della protesta sfociata in quasi sommossa. Per il guardasigilli sarebbero stati i politici che hanno visitato nei giorni scorsi il carcere romano, a spingere i detenuti della quarta sezione ad alzare la voce.

E cosi ora la protesta di Regina Coeli accende una polemica. Fra coloro che sono entrati nel carcere romano ci sono i Radicali e l’onorevole dei Verdi Paolo Cento. I Radicali hanno risposto a Castelli con una denuncia : le nostre visite ai detenuti non c’entrano con le rivolte. Il ministro Castelli dovrà rispondere in Tribunale e in Parlamento. Ma intanto si fa il bilancio della sommossa della scorsa notte. Nessun ferito, nessun atto di violenza verso gli agenti di custodia.

"È andata bene questa volta", ha commentato un rappresentante sindacale. La Procura di Roma ha aperto un’inchiesta penale sui fatti, ma i problemi restano: a Regina Coeli sono 951 detenuti su 600 posti, celle di 20 metri quadrati per 7 persone. Un carcere inadeguato. Negli anni 70 si era già deciso di trasferire la struttura penitenziaria. Ma il sovraffollamento è il problema numero uno di tutte le carceri italiane.

Associazione Papillon: "non giocate sulla pelle dei detenuti"

 

Associazione Papillon, 19 agosto 2004

 

Dopo il leggero inasprimento della spontanea e autonoma protesta dei detenuti di Regina Coeli, è iniziato un velenoso tiro incrociato tra esponenti di varie forze politiche. Finora soltanto Rifondazione Comunista e i Democratici di Sinistra si sono sottratti a questo insulso gioco, sottolineando l’urgenza di ricercare in Parlamento le convergenze necessarie per dare risposte concrete ai problemi più volte sollevati dai detenuti.

La nostra associazione, che negli ultimi anni ha sempre organizzato e guidato le unitarie e pacifiche proteste di decine e decine di carceri, è convinta che gli episodi della scorsa notte non sono stati affatto della gravità da tanti ventilata e men che meno sono dovuti a presunti "cattivi maestri" che visitano le carceri.

Chi conosce il carcere sa bene che questi episodi sono dovuti invece alla tensione e all’esasperazione che si vivono tra i detenuti quando non si hanno risposte chiare e convincenti dai propri interlocutori.

Noi chiediamo quindi al Ministro di Giustizia, al Direttore Generale del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e ai Direttori di istituto competenti di dare un chiaro segnale di distensione e di intelligenza politica, evitando qualsiasi forma di ritorsione (rapporti, denunce, trasferimenti punitivi, ecc.) sui detenuti di Regina Coeli coinvolti nella protesta.

Nello stesso tempo diciamo chiaramente che si illude sia chi spera che nei prossimi mesi i detenuti italiani rinuncino a far sentire, tutti insieme e pacificamente, la loro voce, e sia chi (da varie sponde politiche) sembra quasi augurarsi lo scoppio di una rivolta in uno qualsiasi degli istituti penitenziari per poter così aggiungere un nuovo tassello di stampo forcaiolo al mosaico della prossima campagna elettorale, oppure per lanciare ipocrite proposte "garantiste" di depenalizzazione ristrette unicamente ai reati di natura finanziaria e di corruzione, concussione, ecc.

Noi detenuti non faremo regali di questo tipo a nessuno e tutti costoro sono dei pericolosi irresponsabili che stanno giocando con la drammatica realtà che vivono quotidianamente i detenuti. Noi abbiamo ragioni da vendere e le useremo per dialogare con i Cittadini e con chi, nelle Istituzioni, persegue veramente una profonda riforma del nostro sistema penale e penitenziario.

In definitiva, noi siamo convinti che la decisione di protestare, tutti insieme e pacificamente, sia un necessario atto di civiltà per richiamare alle sue responsabilità verso il dettato costituzionale un mondo politico che per lo più è sempre in tutt’altre faccende affaccendato, visto che nella stragrande maggioranza delle oltre duecento carceri italiane sembra che ormai il Diritto sia stato in un certo senso "sospeso a tempo indeterminato", poiché tutto si può dire tranne che là dentro vengano davvero perseguite la rieducazione e la risocializzazione delle donne e degli uomini reclusi.

Ecco perché la nostra associazione chiede alle Istituzioni competenti due atti politici semplici, concreti e verificabili:

Il deposito di proposte di Legge contenenti un reale provvedimento di indulto e amnistia che ristabilisca un minimo di equilibrio e di vivibilità nelle carceri italiane (oltre a decongestionare il lavoro dei tribunali). E vista la situazione determinatasi, le Commissioni Giustizia della Camera e del Senato potrebbero stabilire una procedura di urgenza per la discussione.

Una serie di provvedimenti che rendano in un certo senso "obbligatoria" (ossia riducano al minimo l’eccessiva "discrezionalità" del Giudice di Sorveglianza) l’applicazione piena ed integrale della Legge Gozzini in tutti i Tribunali di Sorveglianza e per tutti i detenuti, siano essi italiani o stranieri, malati o in buona salute, ristretti in sezioni normali o in carceri e sezioni speciali. Anche in questo caso, le Commissioni Giustizia di Camera e Senato potrebbero da subito impegnarsi nell’organizzazione di una conferenza nazionale di verifica sugli ostacoli che incontra nelle varie regioni l’applicazione della Legge Gozzini, utilizzando le relazioni elaborate dai Presidenti dei Tribunali di sorveglianza e dagli stessi Parlamentari delle due Commissioni che hanno visitato le varie carceri negli ultimi anni.

Come si può vedere, non stiamo chiedendo la luna nel pozzo, bensì atti concreti e verificabili sulla strada delle riforme. Atti sui quali ci auguriamo di trovare un ampio consenso sia nelle istituzioni che tra i Cittadini.

Regina Coeli, Castelli accusa: "Sono ribellioni pilotate"

 

Corriere della Sera, 19 agosto 2004

 

"Ora quei detenuti dovranno pagare le conseguenze di quello che hanno fatto. Così chi dice di voler alleviare le loro sofferenze in realtà le ha aggravate". È durissimo il ministro della Giustizia, Roberto Castelli. Sono passate poche ore dalla rivolta nel carcere romano di Regina Coeli. E divampa la polemica sul suicidio in cella del sindaco di Roccaraso. Ma il Guardasigilli respinge ogni accusa, giudica "altamente improbabile che a Sulmona ci sia stato un nuovo caso Sindona", e si scaglia contro i parlamentari che "ogni agosto visitano i detenuti e scatenano la protesta". Intanto a Regina Coeli iniziano i trasferimenti.

 

Sono scattate le punizioni?

"I detenuti hanno reso inagibile un reparto da 150 posti, da qualche parte dobbiamo metterli. Li trasferiamo in altri penitenziari. Comunque è chiaro che chi si è abbandonato ad atti vandalici dovrà subirne le conseguenze".

 

Di che genere?

"Martedì notte c’era un magistrato. L’azione penale è obbligatoria. Quei reati andranno perseguiti. Solo grazie alla professionalità del personale si è evitato l’irreparabile".

 

Lei quando è arrivato?

"Ero già lì. Ci abito. La protesta andava avanti già da un paio di giorni. Ma mi sono subito reso conto di quello che stava accadendo. Ho sentito un gran baccano. Di solito battono un po’ sulle sbarre e tutto finisce lì. Invece in un raggio è degenerata. Hanno divelto anche i lavandini".

 

Ha incontrato i detenuti?

"No. Siccome la situazione si stava calmando non abbiamo voluto innervosirli".

 

Ma c’è stata una trattativa?

"Loro hanno presentato una lista di richieste. Ma è irricevibile".

 

Perché, che cosa chiedono?

"Un indulto ogni 3 anni e cose simili. Ma non è questo. Sono aperto alle lamentele. Però lo Stato non può farsi dettare politiche di legge dai detenuti in rivolta".

 

La situazione è davvero "sotto controllo"?

"È tranquilla. Ma non vorrei che Regina Coeli facesse da focolaio. E segnalo che questo avviene ogni agosto a seguito delle visite al carcere di determinati personaggi".

 

Con chi ce l’ha?

"Non faccio nomi. Dico solo che chi ha velleità di governo non può fare politica di opposizione nelle carceri".

 

È un veto ai radicali?

"Non c’è bisogno di veti perché credo che la questione sia solo una boutade ferragostana".

 

I radicali la denunceranno per calunnia.

" Ormai la politica contro di me si fa sul piano giudiziario".

 

Ha chiesto la lista dei visitatori, che cosa ne farà?

"Nulla. I parlamentari hanno il diritto di entrare in carcere, noto però che sono sempre gli stessi".

 

Ma c’è un’emergenza carceri?

"La situazione non è facile. Perché la popolazione carceraria aumenta e c’è la difficoltà ad approntare nuovi penitenziari".

 

Deve fare i conti con i "giri di vite" chiesti dalla sua parte?

"Sono pochi i cittadini che non vogliono maggiore sicurezza. Comunque stiamo fronteggiando. Con la Bossi - Fini abbiamo rimandato a casa loro 2.200 detenuti. Abbiamo stanziato 80 milioni di euro per interventi urgenti e 1 miliardo per 23 penitenziari. E in 3 anni rivolte non ce ne sono state, malgrado chi soffia sul fuoco".

 

I suicidi sono in aumento?

"Dagli anni ‘90 sono in calo".

 

Quello del sindaco di Roccaraso alimenta le polemiche.

"Mi sembra che si stia montando un caso... la reazione non sarebbe stata la stessa se fosse stato un sindaco della Cdl".

 

Esclude che sia stato "suicidato" come Sindona?

"Mi sembra altamente improbabile. Anche perché era in cella di isolamento. Comunque ho aperto un’ispezione amministrativa. Non ho intenzione di attivarla sui magistrati".

 

Stavolta è con i magistrati.

"Non sono mai contro i magistrati. Cerco solo di far funzionare la giustizia".

Paolo Cento: "le proteste detenuti sono una legittima difesa"

 

Asca, 19 agosto 2004

 

"È incredibile come il ministro Castelli, di fronte ad una situazione gravissima nelle carceri italiane, non trovi di meglio che dedicarsi caparbiamente ad un opera di demonizzazione verso le proteste dei detenuti e verso quei parlamentari che esercitano le proprie prerogative". A rilevarlo è Paolo Cento, deputato verde e vice presidente della Commissione Giustizia.

"Le proteste nelle carceri - sostiene Cento - sono l’unica modalità che i detenuti hanno per far sentire la propria voce, sono una forma di legittima difesa verso una situazione drammatica frutto dell’inadempienza del governo. I dati sulle condizioni di detenzione, sull’inadeguato funzionamento delle misure alternative e premiali e sul fallimento dell’indultino sono chiarissimi. E altrettanto chiare sono le inadempienze del governo e della maggioranza su queste materie, a cominciare dalla Lega che ha bloccato in Parlamento ogni vero provvedimento di clemenza".

"Il Parlamento - chiede il deputato verde - si assuma al più presto la responsabilità di riconoscere il fallimento dell’indultino e approvi un vero provvedimento di clemenza generalizzato, quale concreta risposta all’emergenza".

Pdci: Castelli parla a vanvera e nasconde dati su decessi

 

Asca, 19 agosto 2004

 

"È sacrosanto il diritto dei parlamentari di visitare le carceri e di parlare con i detenuti, cosa che Castelli si guarda bene dal fare. Le sue insinuazioni su complotti immaginari sono gravissime e squalificano solo il ministro, già di per sé palesemente non all’altezza".

I Comunisti italiani, con il senatore Gianfranco Pagliarulo e Francesca Corso, assessore all’integrazione sociale per le persone in carcere alla Provincia di Milano, intervengono sulla polemica sollevata dalle dichiarazioni del ministro Castelli sulle cause della protesta dei detenuti nel carcere romano di Regina Coeli.

"Invece di parlare a vanvera - si legge in una dichiarazione congiunta - Castelli spieghi perché negli ultimi due anni, 2002 e 2003 il Dap, che dipende da lui, non fornisce più i dati sul totale dei decessi nelle carceri. Se un cittadino entra in carcere vivo ed esce morto, il primo dovere giuridico e morale è quello della massima trasparenza sulle cause del decesso".

"In realtà - proseguono gli esponennti del Pdci - la sconcertante gestione Castelli si fonda solo su di una cieca repressione. Castelli viola la Costituzione che prevede la funzione sociale riabilitativa della detenzione. C’è una condizione di sovraffollamento bestiale e la stragrande maggioranza dei detenuti è formata da tossicodipendenti e extracomunitari. Eppure il partito che più si è opposto all’indultino, peraltro ben poca cosa, è stata la Lega Nord.

"L’unica politica carceraria seria è quella delle pene alternative che Castelli si guarda bene dall’adottare - affermano Pagliarulo e Corso - da tempo Castelli avrebbe dovuto lasciare. È ora che lo faccia".

Castelli: i detenuti pagano per colpa dei cattivi maestri

 

Asca, 19 agosto 2004

 

"A pagare le conseguenze per le prediche a sproposito dei cattivi maestri alla fine sono soltanto i detenuti. Come il caso di Regina Coeli dove i danni materiali sono stati molto ingenti". In un’intervista alla Repubblica, il ministro della Giustizia Roberto Castelli conferma le accuse ai parlamentari che hanno visitato le carceri "proprio a ridosso della rivolta".

"Dopo tre anni di governo - spiega il Guardasigilli - ho l’occhio lungo e non mi sfugge uno stato di tensione e di pericolo. Non è la prima volta che in agosto alcune carceri siano visitate da personaggi di varia estrazione politica. Negli stessi penitenziari, poi scoppiano le rivolte. È solo un caso - si chiede - o c’è qualcosa di più?".

In un’altra intervista al "Corriere", Castelli spiega che "ora la situazione è tranquilla, ma non vorrei - aggiunge - che Regina Coeli facesse da focolaio". Il ministro non fa i nomi dei parlamentari ma, con un non troppo velato riferimeno ai Radicali, osserva che "chi ha velleità di governo non può fare politica di opposizione nelle carceri".

Il guardasigilli affronta poi la vicenda del suicidio del sindaco di Roccaraso, Camillo Valentini: "Mi sembra - dice - che si stia montando un caso. La reazione non sarebbe stata la stessa se fosse stato un sindaco della Cdl". Castelli si mostra contrario a interventi legislativi di riforma della custodia cautelare: "Anni di vita parlamentare e tre di Governo - osserva - mi hanno insegnato che non si legifera mai sull’onda dell’emozione e della cronaca"; poi, annuncia di aver "aperto un’ispezione amministrativa. Non ho intenzione - aggiunge - di attivarla sui magistrati. Non sono mai contro i magistrati. Cerco solo di far funzionare la giustizia".

Sulle rivolte nelle carceri gli risponde, con un’intervista alla Stampa, il segretario dei Radicali italiani, Daniele Capezzone che annuncia di voler denunciare Castelli, "così dovrà rispondere delle affermazioni calunniose che ci rivolge". Poi, Capezzone ricorda che "i Radicali visitano le carceri da trent’anni"; "forse - aggiunge Capezzone - Castelli ci confonde con i ranger padani e con le loro ronde". Nella visita del 14 agosto, conclude Capezzone, "abbiamo solo raccolto firme al referendum sulla fecondazione assistita". 

I "cattivi maestri" del cattivo ministro

 

Il Riformista, 19 agosto 2004

 

Se Daniele Capezzone è diventato un "cattivo maestro" Toni Negri cos’è, l’efferato preside? La domanda sorge spontanea dopo aver sentito le parole di Roberto Castelli, che ha additato le recenti visite dei radicali (anche per far firmare il referendum sulla procreazione assistita) a Regina Coeli come cause del principio di rivolta che ha avuto luogo nella notte tra martedì e mercoledì dentro il carcere romano.

Il ministro di Grazia e Giustizia, dimentico che i radicali vanno un giorno sì e uno no nelle prigioni per testimoniare e denunciare le precarie condizioni di vita dovute al sovraffollamento, ha azzardato un rapporto di causa ed effetto tra le loro visite e le rivolte dei detenuti: "Questi episodi avvengono sempre pochi giorni dopo le visite in carcere dei soliti personaggi di partiti che hanno pretesa di governo ma che dimostrano invece solo volontà di strumentalizzazione".

Per poi passare alle minacce - velate da consigli paternalisti - ai detenuti: "Ricordo che chi si fa bello sui giornali non paga alcuna conseguenza di ciò che è accaduto a Regina Coeli, mentre quei detenuti che eventualmente si siano lasciati influenzare dai cattivi maestri dovranno necessariamente - visto che in Costituzione è prevista l’obbligatorietà dell’azione penale - pagare le conseguenze dei loro gesti inconsulti".

Effettivamente, in carcere è sospeso il diritto a indire manifestazioni di protesta. Ma chi, allora, se non i politici, devono interessarsi alle condizioni dei detenuti e denunciare, come hanno recentemente fatto i radicali attraverso un dettagliato rapporto sui fallimenti dell’indultino, la gravità della situazione?

E poi, con tutti i problemi delle carceri, sovraffollate e oberate da un corpo penitenziario pesante e burocratizzato, l’interesse di un partito alla questione non dovrebbe essere considerato un intralcio da un ministro degno di questo incarico. E da un ministro che abbia lo stesso interesse di riformare le patrie galere e renderle meno infernali. Ma così non è, almeno per i radicali, che con Capezzone hanno replicato duramente a Castelli, annunciando denunce: "Il ministro confonde le nostre visite nelle carceri con le ronde delle camicie verdi o dei ranger padani.

Si faccia qualche giorno in sei o sette persone in una cella di pochi metri, con una doccia a settimana, e poi ne riparliamo". Per loro, Castelli rimane un ministro di poca Grazia, non solo per Sofri, e sommaria Giustizia, come quella esercitata con la nuova legge ultra-punitiva con i consumatori di droghe leggere, manco fossero criminali. Più che di cattivi maestri, qui si tratta di cattivi ministri.

Radicali a Castelli: ora basta, scatterà la nostra denuncia

 

Radicali Italiani, 19 agosto 2004

 

Un ministro incapace di fronteggiare una situazione difficile gioca la carta della provocazione; da trent’anni, i radicali sono nelle carceri al fianco di detenuti, agenti di custodia e direttori, curando il delicato fiore del dialogo e della nonviolenza. Ora basta. Preannunciamo al Ministro Castelli che sarà denunciato, e dovrà rispondere in ogni sede delle sue affermazioni offensive e calunniose.

Un ministro incapace di fronteggiare una situazione difficile gioca la carta della provocazione; da trent’anni, i radicali sono nelle carceri al fianco di detenuti, agenti di custodia e direttori, curando il delicato fiore del dialogo e della nonviolenza.

Ora basta. Preannunciamo al Ministro Castelli che sarà denunciato, e dovrà rispondere in ogni sede delle sue affermazioni offensive e calunniose.

Delle due l’una, infatti. Se Castelli parla della nostra visita a Regina Coeli di sabato (70 minuti per raccogliere firme sul referendum sulla fecondazione assistita) è vittima di una grave topica. Da trent’anni, i radicali sono nelle carceri, al fianco di detenuti, agenti di custodia e direttori, che con tanta responsabilità fronteggiano una situazione esplosiva. Nelle carceri, Pannella e i radicali hanno curato e curano il fiore delicato del dialogo e della nonviolenza, fino a pagine commoventi, come quella -due estati fa- di migliaia di detenuti di 26 diverse nazionalità che affiancarono Pannella in un lungo sciopero della fame sui temi della legalità costituzionale. Volesse il cielo che l’Italia avesse, prima o poi, un Ministro dotato del senso della legalità che mostrano -lo ripetiamo- detenuti, agenti di custodia e direttori. Ma -ahinoi- abbiamo invece un Ministro che confonde le visite dei radicali nelle carceri con le ronde delle "camicie verdi" o dei "ranger padani".

Se invece Castelli si riferisce al nostro dossier sulla situazione carceraria, viene da pensare al colpo di sole. Ma come? Le carceri scoppiano, il sovraffollamento esplode, emerge il dramma dei suicidi, e il Ministro - anziché provare a porre rimedio a una realtà mal governata (in primo luogo da altri) per decenni - se la prende con chi la fa conoscere, la illustra, la denuncia, mettendo anche il suo Ministero in condizione di funzionare un poco meglio?

Un anno fa, l’incauto Ministro non trovò di meglio che evocare gli alberghi di lusso per descrivere la realtà delle nostre galere; stavolta, sceglie la carta della provocazione.

Ferma restando la denuncia, che presenteremo, gli ribadiamo l’invito a farsi una settimana di carcere. Gli basterà poco per capire: qualche giorno in sei/sette in una cella di pochi metri, con una doccia a settimana. Poi ne riparliamo.

Castelli: la rivolta a Regina Coeli non è degenerata

 

Reuters, 19 agosto 2004

 

La protesta di alcuni detenuti avvenuta ieri sera nel carcere romano di Regina Coeli non è degenerata in una rivolta collettiva grazie alla professionalità del personale penitenziario. Lo ha detto oggi il ministro della Giustizia Roberto Castelli.

"Grazie alla professionalità e al sangue freddo del personale del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria l’inizio di rivolta che si è avuto nella notte a Regina Coeli non è degenerato", ha detto il Guardiasigilli in una nota. Ieri sera, oltre 150 detenuti di una sezione del carcere hanno protestato contro il sovraffollamento del penitenziario, spaccando porte e vetri e dando fuoco ad alcuni oggetti. Castelli ha invitato gli esponenti politici, soprattutto di sinistra, che hanno denunciato pessime condizioni di vita nel vecchio carcere del centro di Roma "alla massima responsabilità", in quanto potrebbero alimentare la protesta di detenuti che "dovranno pagare le conseguenze dei loro gesti inconsulti".

Castelli: "Ho in mano gli elenchi, so chi sono i cattivi maestri"

 

La Repubblica, 19 agosto 2004

 

"Sono il ministro della Giustizia e ho il dovere di stare in allerta. A chi entra nelle carceri in questo periodo chiedo il massimo senso di responsabilità e soprattutto di non strumentalizzare la materia. È assai pericoloso. In Italia vige l’obbligatorietà dell’azione penale. A pagare le conseguenze per le prediche a sproposito dei cattivi maestri alla fine sono soltanto i detenuti. Come nel caso di Regina Coeli dove i danni materiali ieri notte sono stati molto ingenti".

Il Guardasigilli Roberto Castelli, dopo una giornata trascorsa nella sua stanza di via Arenula e dopo una notte passata in buona parte nel carcere romano di Regina Coeli, riprende la via del mare. Riparte per la Sardegna. Ma, incurante delle polemiche che le sue affermazioni provocheranno, se la prende con i parlamentari dell’opposizione che hanno visitato le carceri nell’ultima settimana, "proprio a ridosso della rivolta". E a chi, approfittando della morte del sindaco di Roccaraso Valentini, chiede di rimettere mano alle norme sulla custodia cautelare dice: "Anni di vita parlamentare e tre di governo mi hanno insegnato che non si legifera mai sull’onda dell’emozione della cronaca".

 

Ministro Castelli, ci risiamo. Ancora una rivolta d’agosto nelle carceri. E lei che si precipita a Regina Coeli nel cuore della notte. Come mai?

"Da giorni stavo seguendo il crescente nervosismo tra i detenuti. Fino alla notte scorsa si erano limitati alla battitura sulle sbarre della cella, una protesta normale di questi tempi. Purtroppo, in un raggio di Regina Coeli la situazione è degenerata, ci sono state manifestazioni di violenza contro le cose, fortunatamente nessuno si è ferito. E lo si deve solo al senso di responsabilità dei detenuti e del personale".

 

Che un ministro della Giustizia si precipiti in carcere in piena notte è inusuale. Che cosa l’ha agitata tanto?

"Dopo tre anni di ministero, ormai ho l’occhio lungo e non mi sfugge uno stato di tensione pericoloso. E poi volevo avere subito sotto mano l’elenco dei visitatori che negli ultimi giorni sono stati in quel carcere".

 

Perché mai aveva proprio questa curiosità?

"Sono della scuola di pensiero che tre indizi fanno una prova. Non è la prima volta, purtroppo, che in agosto alcune carceri siano visitate da personaggi di varia estrazione politica. Negli stessi penitenziari poi scoppiano le rivolte. È solo un caso o c’è qualcosa di più?".

 

Si rende conto di lanciare un sospetto molto grave ai danni del centrosinistra? Li sta accusando di fomentare le rivolte a fini politici. Peraltro, non è la prima volta che lo fa. Disse più o meno le stesse cose due anni fa a Copenaghen, durante un vertice di ministri della Giustizia. Si scatenò un mezzo finimondo.

"Sto ai fatti. Nel carcere romano sono state registrate visite sabato 14 agosto. Passano due giorni ed ecco una protesta che tracima in una rivolta. La mia è una pura registrazione cronologica".

 

Chi sono questi personaggi? Si riferisce ai radicali che hanno prodotto un dossier sul sovraffollamento?

"Di nomi, pubblicamente, non ne faccio. Quanto ai radicali mi meraviglio di loro, perché scoprono adesso che in carcere si sta male. Questo governo lo sa sin dall’inizio del suo mandato. Abbiamo lavorato molto per migliorare la situazione, tant’è che in un carcere come San Vittore siamo passati da 2.200 a 1.300 detenuti".

 

Resta il fatto che la sua accusa, soprattutto anonima, è molto pesante.

"Io sono il ministro della Giustizia e ho il dovere di muovermi al primo segnale di pericolo. Oggi dico all’opposizione: state attenti, strumentalizzare la sofferenza di chi sta in carcere può essere pericoloso. Fate attenzione, anche in buona fede, ad esercitare il mestiere dell’apprendista stregone. Purtroppo, c’è anche qualcuno che in buona fede non è, visto che dagli elenchi che ho in mano risulta come siano sempre le stesse persone a chiedere di visitare i penitenziari. In Italia l’azione penale è obbligatoria e alla fine sono i detenuti a scontare con le condanne le prediche dei cattivi maestri. A Regina Coeli c’era il magistrato di turno che esaminerà comportamento e responsabilità di ogni singolo detenuto".

 

Ha incontrato qualche carcerato?

"Ho seguito una linea di massima prudenza, e ho ritenuto che un faccia a faccia avrebbe potuto esasperare ancora di più gli animi".

 

Il capogruppo diessino Violante, in un’intervista al Corriere, lamenta il sovraffollamento e chiede una discussione bipartisan sullo stato delle carceri soprattutto dopo il suicidio di Valentini. Come gli risponde?

"Non ho letto l’intervista. Il centrosinistra, quando è stato al governo, non ha fatto nulla per migliorare la vita nelle carceri. Oggi non possono pretendere di fare i consulenti, perché non sono attendibili, e perché non hanno nulla da proporre. In Italia i reati stanno calando grazie alla politica criminale equilibrata del governo che si rifiuta di lasciare in giro chi delinque. Resta valido il rimedio trovato con la legge Bossi-Fini, rispedire in patria gli immigrati che commettono reati. Ne abbiamo rimandati indietro già 2.200".

 

Lei è sempre contrario a un’amnistia che molti chiedono anche nelle file del centrodestra?

"Ero e resto contrario. Al governo spetta risolvere i problemi, non certo scaricarli sulle spalle dei cittadini come avverrebbe liberando centinaia di detenuti".

 

Come mai ha dato il via a un’inchiesta nel carcere di Sulmona dopo il suicidio del sindaco Valentini? Anche lei, come altri, è attratto dall’ipotesi del suicidio indotto?

"In casi del genere l’inchiesta è obbligatoria soprattutto per dimostrare l’assoluta correttezza del personale penitenziario e amministrativo. Non ho dubbi sul fatto che le regole siano state rispettate, tuttavia se ci fosse stata qualche anomalia deve venire alla luce subito per essere sanzionata".

 

Non è anomalo che il detenuto Valentini disponesse in cella di lacci per le scarpe con cui si è poi strangolato?

"Sono questioni su cui farà luce l’inchiesta. Vedremo alla fine".

 

La famiglia sostiene che Valentini non aveva scarpe con i lacci quando è entrato in carcere.

"Non spetta al ministro della Giustizia rispondere su questi dettagli. È un compito della magistratura. Tocca a loro ricostruire quanto è avvenuto in quella cella".

 

Era necessario l’arresto del sindaco? Avvierà un’azione disciplinare contro i magistrati?

"Assolutamente no, non ho alcun elemento per farlo. Dico solo, ma la regola vale in generale, che giudici e Pm, per il delicato mestiere che svolgono, non solo devono essere, ma devono anche apparire del tutto imparziali".

 

Il Csm ha già aperto un fascicolo.

"Prendo atto del loro passo".

 

Il suicidio ha riaperto l’antichissima querelle sulle regole dell’arresto preventivo. Lei che ne pensa?

"È la solita polemica estiva. Sugli arresti bisogna tenere i nervi saldi. Ho sempre detto che non si legifera sulla base delle emozioni. Lasciamo la cronaca lì dov’è, senza strattonarla inutilmente. La regola poi vale soprattutto in questo caso visto che la legge sulla custodia cautelare è equilibrata. Peraltro, leggendo le reazioni mi sono reso conto che molti di quelli che oggi chiedono di ricorrere meno all’arresto sono proprio gli stessi che, in un recentissimo fatto di cronaca, si sono lamentati per il mancato arresto di una persona condannata".

 

A chi si sta riferendo?

"Niente nomi, basta il fatto". 

Roma: Castelli trova il colpevole, "i cattivi maestri"

 

Il Manifesto, 19 agosto 2004

 

Dopo la rivolta il ministro se la prende con i radicali: "Sono episodi che si verificano sempre dopo le visite dei soliti personaggi". Si temono giri di vite negli istituti di pena.

La rivolta nel carcere romano si è appena conclusa pacificamente, ma il ministro della giustizia Roberto Castelli ha già individuato i colpevoli: i soliti "cattivi maestri". Senza rivelare alcuna critica sul suo operato, alcuna riflessione sulla situazione vergognosa degli istituti di pena italiani, il guardasigilli leghista approfitta della drammatica situazione dell’istituto romano per attaccare gli avversari politici per lui scomodi.

In quest’occasione niente meno che i radicali, che solo qualche tempo fa si erano proposti addirittura di entrare nel governo e, perché no, far sedere sulla poltrona di via Arenula un uomo come Marco Pannella. Dopo la sua visita notturna a Regina Coeli, Castelli non ha lesinato i fendenti: "Non posso non segnalare che, come negli altri anni, questi episodi avvengono sempre a pochi giorni di distanza dalle visite in carcere dei soliti personaggi.

È un caso?". Secondo il ministro no, nell’occasione, la visita indigesta a Castelli risale al 14 agosto scorso, quando una delegazione di radicali entrò nel carcere romano per raccogliere firme a favore del referendum contro la procreazione assistita. "Vi sono molti modi per assicurarsi spazi sui giornali di agosto - insiste il ministro - soprattutto da parte dei partiti che hanno pretese di governo, ma che dimostrano invece solo volontà di strumentalizzazione. Chi si fa bello sui giornali non paga alcuna conseguenza di ciò che è accaduto a Regina Coeli, mentre invece - conclude Castelli- quei detenuti che eventualmente si siano lasciati influenzare dai cattivi maestri dovranno pagare le conseguenze dei loro gesti inconsulti".

Parole minacciose, dunque. Ma i radicali non ci stanno e così hanno subito denunciato il ministro per calunnia.

Contro le dichiarazioni del ministro è insorta anche l’opposizione. "Di fronte alla protesta dei detenuti, Castelli ripete il solito copione", dice Paolo Cento dei verdi. "Altro che cattivi maestri - aggiunge - noi esercitiamo i nostri diritti costituzionali e non accetteremo intimidazioni". Salvatore Bonadonna del Prc trova "vergognose" le dichiarazioni a senso unico del ministro padano: "Che di fronte al disagio della condizione umana dei detenuti Castelli parli di istigazione e faccia allusioni intimidatorie, è puramente vergognoso".

Anche Fabrizio Rossetti, segretario nazionale Fp-Cgil, si dice preoccupato: "Non è certo devastando un’intera sezione che si spingono le istituzioni e la politica ad occuparsi del carcere, si fa solo un favore a chi come il ministro Castelli coglie queste occasioni come una strumentale conferma al bisogno di rendere ancora più invivibile il carcere. Speriamo che nelle prossime ore le istituzioni sappiano affrontare con intelligenza la situazione, tentando il più possibile di evitare ulteriori scivolamenti della protesta".

Il fronte giustizia, del resto, è come sempre al calor bianco. Il suicidio del sindaco di Roccaraso ha acceso i riflettori, ancora una volta, sui problemi della custodia preventiva. Il fronte politico e mediatico si insabbia tra "repressori" e garantisti". La destra prende a pretesto la vicenda e passa "dall’uso disinvolto della carcerazione cautelare" a un attacco frontale contro la magistratura tutta.

L’opposizione mira invece a problemi più "terreni". Ieri i Ds hanno escluso ipotesi di modifiche legislative, sottolineando invece l’urgenza di dare risposte concrete ai problemi del carcere e di chi ci lavora o ci deve vivere per anni. Non è certo un punto banale. In Italia, infatti, le regole ci sarebbero. Già oggi è possibile emettere una misura cautelare solo per reati di una certa gravità e in presenza di gravi indizi o particolari esigenze (fuga, inquinamento probatorio, reiterazione del delitto). L’ordinamento penitenziario, inoltre, prevede la separazione tra detenuti in attesa di giudizio e definitivi: non viene attuata per le strutture carenti. L’educazione del condannato, le disposizioni sul suo trattamento, recupero e assistenza ci sono: com’è noto, mancano i fondi e il personale. Come procedere quando più di un detenuto su quattro è tossicodipendente e quasi uno su tre è extracomunitario?

L’argomento quindi andrebbe preso nella sua interezza. È il carcere in quanto tale che rivela ancora una volta tutta la sua drammatica insufficienza. E se si pensa a nuove leggi bisogna riaprire il capitolo delle sanzioni alternative, delle pene diverse dal carcere. Lo chiedono da tempo i settori più avvertiti e sensibili delle forze politiche, del sindacato, degli operatori del diritto. La detenzione dietro le sbarre non può essere l’unica risposta disponibile.

Di fronte a tutto questo il governo latita e si dibatte nelle sue pulsioni forcaiole o di bassa convenienza politica, scontrandosi tra le sua varie anime. Da più parti invece si temono giri di vite, un polverone che nasconda intenzioni repressive. Che la storia di Regina Coeli sia il prologo di una campagna mediatica che mostri un volto di ferro e falsamente rassicurante. Con il quale magari presentarsi alle urne nel 2005.

Pisapia: invece di accusare il ministro passi un giorno da detenuto

 

Il Manifesto, 19 agosto 2004

 

La destra fa differenza tra detenuti comuni e detenuti vip, per questo non muove un dito per evitare i gesti estremi che quotidianamente commettono i "poveri cristi" reclusi in carceri invivibili. Denuncia Giuliano Pisapia, penalista e deputato di Rifondazione.

 

Il ministro Castelli non solo ha definito strumentale la protesta pacifica dei detenuti rinchiusi a Regina Coeli, ma ha anche minacciato rappresaglie: "ho l’elenco di chi ha visitato il carcere in questi ultimi tempi" ha dichiarato uscendo dall’istituto romano. Sul sovraffollamento e le condizioni inumane della reclusione, i motivi dello sciopero, il ministro ha glissato alla grande. Che dire?

Il ministro Castelli dovrebbe smetterla con infamie e accuse verso le associazioni di volontariato, come Antigone, e i parlamentari che fanno il loro dovere visitando le carceri dove sistematicamente si riscontrano condizioni di vita disumane sia per i lavoratori che per i detenuti. Tanto più se si considera che in tre anni Castelli non è riuscito a risolvere uno solo dei (tanti) problemi che affliggono il nostro sistema carcerario, anzi si è limitato ad ipotizzare come unica soluzione quella della costruzione di nuovi carceri. Del resto, cosa ci si può aspettare da un ministro che pur presente all’interno del carcere lager di Bolzaneto aveva escluso che vi fossero stati quegli abusi e quelle violenze, vere e proprie torture, nei confronti di tanti giovani che, come ha ormai accertato la magistratura, erano a Genova esclusivamente per chiedere un mondo diverso e per protestare contro i quotidiani soprusi che accadono nel mondo. Visto che spesso si sostiene che i magistrati dovrebbero passare un giorno in carcere per rendersi conto delle conseguenze di un mandato di cattura, forse sarebbe anche il caso di proporre che, il ministro della giustizia, prima di parlare di cose che non conosce, non si limiti soltanto ad esprimere un giudizio alla fine di una visita ai detenuti che protestano, ma provi concretamente a passare un giorno nel carcere di Sassari, o di molti altri istituti penitenziari, realtà di estrema precarietà che accolgono persone che espiano una pena, ma anche che non sono stati ancora neppure condannate.

 

Carcerazione preventiva e sovraffollamento delle galere, due facce della stessa medaglia? Di chi le responsabilità?

Castelli è soltanto l’ultimo dei ministri di grazia e giustizia, in ordine di tempo, che ha la responsabilità di quanto accaduto e accade. Non è accettabile che gran parte degli esponenti del centrodestra si pongano questi problemi solo di fronte a gesti estremi o fatti gravi che riguardano o politici, o imprenditori, in ogni caso "detenuti eccellenti".

 

E l’attacco della destra alla carcerazione preventiva?

L’attuale codice ha delle norme molto tassative rispetto alla carcerazione preventiva, tanto è vero che si prevede la custodia in carcere solo di fronte a effettive e concrete esigenze cautelari e "quando ogni altra misura risulti inadeguata" a tutelare sia le esigenze processuali o di sicurezza della collettività, sia il bene primario di ogni persona, dunque la vita e le libertà individuali. Quindi non è necessaria nessuna modifica legislativa. Purtroppo però bisogna anche prendere atto che non sono pochi i casi in cui si fa ricorso alla carcerazione prima di una condanna definitiva o per ottenere confessioni, o come l’espiazione anticipata di una pena che potrebbe però anche non esserci mai, in quanto l’imputato potrebbe essere assolto.

 

Come si risponde alle accuse?

Sono convinto che siano del tutto inutili se non controproducenti le polemiche, tese a delegittimare la magistratura così come le punizioni del singolo magistrato, seppur doverose qualora esso incorra in grave errore o negligenza. Sarebbe invece necessario, tra operatori del diritto, un confronto aperto su cosa significa il carcere in genere e soprattutto cos’è il carcere oggi in Italia. È questa una battaglia che dovrebbe vedere tutta la sinistra in primo piano a tutela delle garanzie e dei diritti individuali. Ad esempio nel caso del suicidio del sindaco di Roccaraso, e lo dico con la massima prudenza, non conoscendo gli atti processuali, visto che era incensurato e si era reso disponibile all’interrogatorio, il carcere non era necessario.

 

Suicidi in carcere. Cosa fare? Cosa sarebbe stato opportuno fare nell’ultimo gesto estremo del sindaco di Roccaraso?

Si sarebbe potuto ricorrere a misura meno estreme, quali gli arresti domiciliari. In tal modo si sarebbe arrivati con più celerità alla verità e alla giustizia e non ci saremmo trovati di fronte all’ennesimo e drammatico suicidio in carcere. Non si può dimenticare infatti che i suicidi in carcere sono quotidiani, ma siccome riguardano soprattutto tossicodipendenti e stranieri, persone senza nessuna possibilità di tutela, detenuti comuni, quasi nessuno se ne occupa. Spero che la tragedia di Sulmona serva finalmente ad avviare interventi seri ed efficaci al fine di portare i nostri istituti di pena quanto meno ad un livello di civiltà, agibilità, vivibilità, che non sia da terzo mondo.

 

A proposito di "civiltà della pena", che ne è stato dell’indultino?

C’è da dire che con l’indultino, malgrado le continue restrizioni in cui sono responsabili il centrodestra e parte dell’Ulivo, ha permesso la scarcerazione di oltre 5.600 detenuti. Si pensi solo a cosa sarebbero le carceri se oggi, su una popolazione di 56 mila detenuti, gravassero anche quanti hanno beneficiato dell’indultino. Abbiamo sempre detto che un provvedimento di clemenza, deve essere solo un presupposto per creare un nuovo rapporto tra carcere e società, rispetto agli organici (educatori, psicologi, polizia penitenziaria), rispetto l’effettiva garanzia di un diritto alla salute garantito a tutti, sia per rendere più celere l’applicazione delle misure alternative al carcere. Invece ancora una volta ci ritroviamo da soli a visitare le carceri e a denunciare il loro continuo peggioramento. Mentre altri ritengono che l’unica soluzione per uscire dall’emergenza carceraria sia quella di creare nuovi istituti di pena oltre a quelli - a "quattro stelle", come li vede Castelli - già esistenti.

Roma: Nieri e Manconi non autorizzati ingresso a Regina Coeli

 

Agi, 19 agosto 2004

 

Nessuna visita al carcere di Regina Coeli per l’assessore capitolino alle Politiche per lo sviluppo, Luigi Nieri e per Luigi Manconi, garante dei diritti delle persone private della libertà personale. Nessuna autorizzazione, infatti, è arrivata per la visita prevista già da due giorni.

"Dalle 10 di questa mattina siamo qui ad aspettare l’autorizzazione - spiega Nieri - che non è mai arrivata. Avevamo detto che avremo aspettato fino all’una e un quarto. In qualunque momento, se arrivasse, siamo disponibili a tornare immediatamente".

Per ora non è stata data alcuna risposta ufficiale alle richieste della delegazione del Campidoglio. "È un atteggiamento che non condividiamo - sottolinea l’assessore - abbiamo chiesto una visita dopo i fatti rilevanti accaduti nel carcere, e questo è trasparente e utile anche per l’amministrazione penitenziaria.

Non vogliamo polemiche, ma svolgere un ruolo di mediazione. In caso come questo, pieni di tensione, crediamo che la cosa migliore sia la trasparenza". "Vogliamo mediare - afferma Manconi - per prevenire il fatto che la protesta, secondo me, largamente motivata, diventi fattore di disordine. Questo ci è stato impedito, e pure abbiamo molti titoli giuridici per entrare in carcere".

Buemi: Castelli s'impegni a usare bene risorse, non parlare a vanvera

 

Apcom, 19 agosto 2004

 

"Il ministro Castelli si impegni piuttosto a usare bene le poche risorse che ci sono o a ottenerne di più invece di strumentalizzare la sensibilità degli esponenti del centrosinistra". Il deputato dello Sdi, Enrico Buemi, si unisce al coro delle critiche verso il Gurdasigilli che ieri ha parlato di "coincidenza non casuale" tra le visite di certi politici e le rivolte in carcere.

"Il lavoro che facciamo da anni con i detenuti - aggiunge - è importante perché fa capire a chi vive in quelle condizioni, al contrario di ciò che pensa lui, che c’è un attenzione costante da parte della politica e del mondo delle istituzioni. Dal ministro vorremmo vedere più fatti e meno chiacchiere."

Manconi: a Regina Coeli non c'è stata nessuna devastazione

 

Adnkronos, 19 agosto 2004

 

"Non c’è stata alcuna devastazione all’interno del carcere di Regina Coeli, ma una semplice protesta dei detenuti tesa a rivendicare i loro legittimi diritti". È la dichiarazione di Luigi Manconi, garante dei diritti delle persone prive di libertà del Comune di Roma, rilasciata davanti ai cancelli di Regina Coeli, dove era prevista, da circa due giorni, una visita di alcuni esponenti dell’amministrazione capitolina. Manconi, insieme all’assessore alle Politiche per le Periferie e per il Lavoro, Luigi Nieri, ha atteso per oltre due ore l’autorizzazione per visitare i detenuti, ma il via libera da parte dell’amministrazione della casa circondariale non è mai arrivato.

Nieri e Manconi hanno tenuto un colloquio con il direttore di Regina Coeli "al quale - riferisce Manconi - ho fatto una domanda precisa sui danni e sulla entità di quella che è stata chiamata rivolta, devastazione. Mi è stato risposto - continua - con parole inequivocabili, che non si può parlare in alcun modo né di devastazione né, tantomeno, di rivolta. È stata una protesta che ha conosciuto qualche piccolo episodio più forte della media".

Intanto continua la polemica dopo che il Guardasigilli Castelli, in merito alla protesta nel carcere romano, ha puntato il dito contro "le visite dei soli personaggi".

Secondo il deputato Verde Paolo Cento "è incredibile come, di fronte a una situazione gravissima nelle carceri italiane, non trovi di meglio che dedicarsi caparbiamente a un’opera di demonizzazione".

Sulla stessa linea Gianfranco Pagliarulo e Francesca Corso del Pdci, che in una nota definiscono "gravissime" le "insinuazioni" del ministro "su complotti immaginari", ed Enrico Buemi dello Sdi, per il quale "‘Castelli criminalizza chi cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica e le politiche nei confronti della popolazione carceraria".

Intanto oggi alle 17 è prevista una conferenza stampa dei Radicali per replicare al Guardasigilli.

Castelli: il sovraffollamento delle carceri è colpa della sinistra

 

Agi, 19 agosto 2004

 

"Il mio pensiero sugli incidenti a Regina Coeli è stato strumentalizzato". Lo ha detto il ministro della Giustizia Roberto Castelli nel corso di una intervista radiofonica all’emittente Grt, durante la quale ha anche sottolineato che il sovraffollamento delle carceri "è tutta colpa del passato governo di centrosinistra".

Castelli nell’intervista si sofferma sul ruolo avuto da politici ed altri che hanno visitato le carceri nei giorni scorsi: "Io l’ho detto nel mio comunicato che naturalmente è stato strumentalizzato. Magari hanno agito in buonafede, però i dati testimoniano alcune cose: ad agosto c’è sempre un incremento di visite di personaggi politici nei penitenziari, ad agosto c’è sempre un aumento della tensione". Castelli aveva infatti rilevato la successione temporale tra i due fatti, parlando anche di "una casualità".

Il Guardasigilli accusa quindi apertamente la sinistra per l’attuale situazione di disagio nei penitenziari italiani. "Nel 1996 - incalza Castelli - mediamente c’erano 48.500 detenuti con 45 suicidi; poi nel 2001, quando noi abbiamo ereditato i penitenziari dalla sinistra, le presenze erano pari a 55.275 con 69 suicidi. Gli ultimi dati del 2003 parlano di 54.000 presenze. Quindi la sinistra ha aumentato enormemente il numero dei detenuti nei penitenziari, noi lo stiamo tenendo stazionario".

Alla domanda su quali siano le soluzioni che propone la maggioranza, Castelli risponde che "questi numeri dicono che noi siamo stati capaci di mantenere sotto controllo l’aumento esplosivo di presenze che la sinistra ha provocato nelle carceri. Tutto questo non attraverso provvedimenti che colpiscono i cittadini come l’indulto, ma grazie a quell’articolo intelligente della Legge Bossi-Fini che consente il rientro in patria di cittadini extracomunitari che abbiano meno di due anni da scontare. In questo modo abbiamo già espatriato 2200 detenuti, inoltre abbiamo stanziato una cifra enorme, parliamo di oltre duemila miliardi, per costruire 23 nuovi carceri".

Bufera sul ministro Castelli: "le sue accuse sono aberranti"

 

Repubblica, 19 agosto 2004

 

"Parla a vanvera". "Immagina complotti immaginari". "Demonizza i detenuti". "Dice aberrazioni". Con giudizi di questa tenore le opposizioni vanno all’attacco del ministro della Giustizia Roberto Castelli, che ha accusato i parlamentari che visitano le carceri di fomentare le insofferenze e i disordini nei penitenziari.

Le critiche sono unanimi. "Le sue insinuazioni su complotti immaginari sono gravissime e squalificano il ministro", dice il senatore dei Comunisti italiani Gianfranco Pagliarulo. E dallo Sdi Enrico Buemi ricorda sarcasticamente di aver visitato "moltissimi penitenziari, e non è mai scoppiata nessuna rivolta: mi dispiace, ma forse non sono capace di fare il sobillatore".

Parole "incredibili", quelle del Guardasigilli, per il verde Paolo Cento, perché "di fronte a una situazione gravissima nelle carceri, non trova di meglio che dedicarsi caparbiamente ad un’opera di demonizzazione verso le proteste dei detenuti e verso quei parlamentari che esercitano le proprie prerogative". Anzi, una vera e propria "aberrazione" secondo la diessina Anna Finocchiaro: "Se c’è una utilità delle visite ai detenuti è proprio quella che viene svolta nei mesi estivi per contrastare la solitudine e la disperazione carceraria. Invece di dire certe cose, Castelli dovrebbe ringraziare quei parlamentari che le effettuano".

Insomma, un fuoco di fila al quale si aggiungono anche i consumatori, che con Carlo Rienzi (Codacons) parlano di accuse "incivili", che possono essere partorite "solo dall’ignoranza".

Intanto, a Regina Coeli, il penitenziario romano teatro ieri sera di una rivolta dei detenuti che ha provocato danni alle strutture, una delegazione del Comune non ha ricevuto l’autorizzazione ad entrare nell’Istituto. "Dalle 10 alle 13,15 - hanno riferito l’assessore Luigi Nieri e il garante dei detenuti, Luigi Manconi - abbiamo atteso, senza però poter vedere i detenuti".

Buemi: bisogna puntare su un sistema di pene alternative

 

Apcom, 19 agosto 2004

 

Sì a un provvedimento di clemenza purché resti legato a una verifica dei comportamenti di chi ne è beneficiario. Ma soprattutto: si punti a un sistema di pene alternative e rieducative. È l’opinione del deputato dello Sdi, Enrico Buemi, padre del cosiddetto indultino. Ossia, di quel provvedimento che oggi, nel pieno delle polemiche sull’affollamento delle carceri, è tornato al centro dell’attenzione dei politici.

Buemi difende la sua "creatura", sebbene "il testo varato dal Parlamento fosse stato "notevolmente ridotto nella sua portata", soprattutto nel principio che lo ispirava: "il legame tra l’atto di clemenza e la buona condotta".

Secondo l’esponente dello Sdi, la soluzione per affrontare quella che è una "situazione endemica delle carceri italiane", non è l’indulto. "Non ci sono le condizioni politiche" afferma. "Ciò che serve davvero è un sistema di pene alternative soprattutto legate alla possibilità di studiare e lavorare in carcere e che dunque tenda al fine rieducativo".

"Non dimentichiamo inoltre - aggiunge Buemi - che lavorare in carcere significa anche produrre reddito per la famiglia e dunque allontanarsi dai giri criminali". Il deputato dello Sdi annuncia anche che a ottobre il Comitato perle carceri presenterà un rapporto alla Commissione giustizia della Camera in cui si analizza la situazione di alcuni istituti di pena italiani in particolare sul livello effettivo di rieducazione.

Fanfani: Castelli irresponsabile, su detenuti manca programma

 

Apcom, 19 giugno 2004

 

Il ministro della Giustizia Castelli "ci deve dire - prima di criticare - quale è il suo programma per le carceri, che allo stato non esiste. Parlare a ruota libera, come egli fa, contribuisce a destabilizzare ancor più il sistema carcerario già al collasso. Per questo diciamo che è irresponsabile".

Lo dichiara Giuseppe Fanfani, capogruppo della Margherita in Commissione Giustizia alla Camera. "Dall’inizio della legislatura - aggiunge - il ministro Castelli ha avallato tutti i provvedimenti in favore per imputati eccellenti distruggendo la legalità dello Stato, ma non ha fatto un solo passo in favore dei detenuti. Ricordo la opposizione della Lega anche sul cosiddetto indultino. Oggi egli non può criminalizzare quei partiti e quei movimenti che hanno verso il problema carcerario una sensibilità maggiore della sua".

 

 

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