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Quasi 9 milioni di carcerati, abitanti di un mondo che non c'è
L’Eco di Bergamo, 22 gennaio 2003
Nel mondo sono circa 8.750.000: sono molto diversi e soprattutto vivono in condizioni spesso così lontane da lasciare intendere che anche nel loro universo vi siano delle categorie. Dipende dal paese in cui si trovano. Sono i carcerati che, in ogni paese del mondo, scontano le loro pene. Nella grande maggioranza dei casi sono visti come una massa unitaria, simile, una massa per la quale non conta il colore della pelle o la lingua parlata.
Freddi dati e percentuali che si alimentano con
tragedie grandi e piccole, ma soprattutto con una quotidianità difficile da
immaginare solo attraverso la razionalità del linguaggio burocratico e
legislativo, oppure seguendo le tesi della sociologia, o le teorie della
psicologia. Perché, come dicono giustamente i più realisti, certe realtà non si
possono conoscere e risolvere se poi alla sera si va dormire a casa propria, e
ci si appoggia solo su piattaforme fatte di numeri e dati.
L'amministrazione carceraria costa qualcosa come
4000 miliardi di vecchie lire, i costi sono destinati a levitare se si guarda in
prospettiva la notevole quantità di interventi strutturali di cui necessitano le
carceri del nostro paese. Ma anche dalle altre parti del mondo la situazione non
è per niente positiva. Basti pensare che, in solo dieci anni, la popolazione
carceraria spagnola è aumentata del 50%; mentre seguono a breve distanza Olanda,
Belgio, Spagna e Portogallo. 100.000 abitanti vi sono circa settecento detenuti. Il sovraffollamento è spesso il catalizzatore di violenza e di azioni che determinano lo sconvolgimento dei fragili equilibri del carcere dove, naturalmente, la convivenza forzata e la limitazione degli spazi sono motivi sufficienti ad alterare comportamenti singoli e collettivi. Nel 1991 sono stati registrati oltre 6500 casi di autolesionismo e 900 tentativi di suicidio, alcuni dei quali andati a segno, 1800 i ferimenti e oltre 5000 gli scioperi della fame a cui bisogna sommare una cifra di poco inferiore di casi di rifiuto di terapie e farmaci. Il panorama generale è quindi sconsolante, ma soprattutto, tra i tanti difetti, ha quello di proporre un'immagine in continua trasformazione e condizionata dalla conoscenza limitata che accompagna gli osservatori esterni. I dati da soli sono in grado di rendere giustizia all'effettiva situazione carceraria? Siamo certi di no. Numeri e percentuali suggeriscono una valutazione quantitativa in cui però si innestano molteplici variabili che nessuno può intravedere oltre la griglia delle cifre. Il dato principale, imprescindibile, riguarda l'aumento, negli ultimi dieci anni, della popolazione carceraria. Il problema, ancora una volta, va ricercato fuori, a priori. Nella collettività.
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