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Nuovo progetto Caritas: un lavoro per la dignità del detenuto
Sta per partire un nuovo progetto della Caritas Tarvisina per dare lavoro di falegnameria ai detenuti della Casa Circondariale di Santa Bona. Finanziato in parte con fondi dell’8 per mille avrà una durata biennale. La Caritas, oltre ai progetti "Adozioni a vicinanza" (sostegno bambino-famiglia di detenuti) e animazione nel carcere minorile, già da tempo rivolge la propria attenzione ai detenuti dentro il carcere, sapendo che, una volta usciti, incontrano gravi difficoltà di reinserimento familiare e sociale. Senza andare troppo lontani nel tempo, ricordiamo il progetto promosso in occasione del Giubileo 2000. Grazie alla disponibilità di una parrocchia, la Caritas diocesana ha ristrutturato un locale per una prima accoglienza e un accompagnamento al lavoro di quanti, terminata la detenzione, non sanno dove andare. Alcuni casi riguardano misure alternative al carcere, come i lavori socialmente utili. Il detenuto che vive in carcere, specie se la pena è lunga, entra in un sistema di vita in cui rischia di perdere del tutto la propria dignità, diventa sempre più un numero, sempre più oggetto in balia dei più forti o delle proprie fragilità psichiche e morali. Come ridare dignità e un barlume di speranza per riprogettare la vita dopo il carcere? Una via privilegiata di riscatto è rappresentata senz’altro dalla possibilità di lavorare, come formazione e come manualità. La Caritas Tarvisina, grazie a Caritas italiana e ai fondi dell’otto per mille della Chiesa, sta avviando una attività lavorativa in carcere a Treviso, nel settore del legno. L’istituto penale, in tempi recenti, ha ampliato e modernizzato la vecchia falegnameria interna. Il progetto è stato concordato con la Direzione e gli educatori del carcere, che si sono mostrati subito disponibili. Le competenze formative e il supporto tecnico sono offerti dalla cooperativa Alternativa, che è sul campo da quindici anni. La Caritas fornisce i volontari per l’assistenza ai lavori, i materiali e il sussidio terapeutico. La cooperativa Alternativa, oltre a individuare i lavoratori in accordo con i responsabili della Casa circondariale, fornisce la formazione, il maestro d’arte, i macchinari della falegnameria. Il progetto prevede di partire, a titolo sperimentale, con pochi detenuti e per mezza giornata, per poi aumentare progressivamente il numero degli utenti. Si tratta di lavori semplici (cassette in legno per l’ortofrutta), ma anche di un certo livello artigianale (alveari...). Esperienze precedenti ci hanno insegnato, a nostre spese, che il lavoro in carcere non può essere un lavoro d’impresa, concorrenziale nel mercato. Per questo ci si è orientati a modalità adeguate all’ambiente, con la prospettiva di rapportarsi con il territorio esterno. I prodotti dei detenuti, variando il campionario degli oggetti in legno, possono essere utilizzati da comunità, famiglie, associazioni, gruppi, cooperative, aziende agricole, punti vendita ed altri. Così può crescere una rete di sensibilità e di solidarietà per cui nessuno, anche se ha sbagliato, si sente del tutto escluso, ma può sempre portare il suo contributo al bene di tutti.
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