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Adozioni a vicinanza: gli occhi guardano lontano, il cuore vicino
Una sintesi dello stato del progetto a 7 mesi dal suo avvio
"Adozioni a vicinanza" è l’ampliamento di un progetto triennale più consistente, denominato "Minori alla porta", che la Caritas Tarvisina, in collaborazione con Caritas Italiana usufruendo di un finanziamento dell’otto per mille, ha attivato da luglio 2004 per la diocesi e la provincia di Treviso, a partire dalla città capoluogo e in progressivo collegamento con la Caritas di Vittorio Veneto. Il progetto generale prevede una serie di collegamenti e di interventi con le situazioni di disagio dei minori dall’affido all’adozione, dai minori con genitore in carcere ai minori di nomadi, dai minori italiani di genitori separati ai minori stranieri accuditi solo dalla madre. "Adozioni a vicinanza" riguarda specificatamente il mondo del carcere, con un occhio speciale per i minori che hanno il proprio genitore detenuto o comunque legato a un percorso di giustizia. Parliamo di minori, ma è chiaro che si intende anche la loro famiglia con tutti i membri che la compongono. L’obiettivo di fondo è chiaro: creare reti di solidarietà umana per promuovere un sana crescita dei ragazzi che, senza colpa, si trovano a vivere situazioni di disagio. L’indifferenza dei più e la miseria di certe condizioni umane abbandonate a se stesse, possono generare persone frustrate, sofferenti psichici, ma possono anche degeneare in forme di illegalità, disordine sociale, micro o macro criminalità, a danno di tutti. Facendo leva sui minori e mettendo in campo tutte le risorse possibili, si mira a stimolare la sana crescita dei piccoli e a responsabilizzare i loro genitori nel compito di educatori e cittadini onesti. Il progetto sta seguendo un percorso che ci chiede di essere continuamente creativi e costanti nelle attività. In collaborazione con l’équipe educatori del carcere, le assistenti sociali e il cappellano, sono stati individuati alcuni nuclei familiari con minori in situazioni di difficoltà economica ed emarginazione sociale. Le adesioni al progetto sono andate oltre le aspettative. Lo dimostrano i dati di sintesi aggiornati al 15 aprile 2005.
Hanno deciso di sostenere una adozione privati cittadini, famiglie, Caritas parrocchiali, associazioni di volontariato, gruppi giovani, scout, uffici diocesani, scuole.
La sensibilizzazione nel territorio
La Caritas ha promosso numerosi incontri sul territorio, ha avviato un piccolo percorso di approfondimento con una scuola superiore della città, ha partecipato a diverse riunioni info-formative. E, infine, ha deciso di organizzare due serate di sensibilizzazione, una a Treviso il 19 aprile e una a Castelfranco Veneto il 6 maggio, entrambe sul tema "Famiglie e detenuti. Dentro e fuori il carcere".
L’informazione
A tutti coloro che hanno avviato una adozione sono state mandate in questi mesi diverse comunicazioni: la descrizione della situazione abbinata (pur mantenendo l’anonimato), un approfondimento sulle forme di disagio delle famiglie dei detenuti, un calendario 2005 "Giorni tutti uguali", la testimonianza scritta di un papà che ha vissuto questa esperienza.
Gli interventi in corso
Gli operatori Caritas hanno contattato i primi nuclei e hanno individuato per ciascuno un piccolo progetto di sostegno economico, relazionale, educativo. Sono state individuate e contattate le risorse del territorio di appartenenza e cioè i servizi sociali, le Caritas parrocchiali, le associazioni di volontariato. Per alcuni minori si è avviata una attività di doposcuola, altri sono stati inseriti in gruppi di aggregazione come gli scout o l’acr. In diversi casi sono state sostenute alcune spese per l’acquisto di generi alimentari, buoni mensa scolastici, oppure per pagare i biglietti di trasporto pubblico per gli spostamenti. In particolare su due situazioni piuttosto precarie per il numero elevato di componenti della famiglia (rispettivamente 6 e 7 figli), l’impegno della Caritas si è focalizzato nella ricerca di un lavoro per i figli più grandi, unica possibile fonte di reddito del nucleo. Allo stato attuale sono stati concretamente adottati 18 minori ma parecchi altri sono in attesa, verranno affiancati a partire dai prossimi mesi.
La Caritas, visto l’interessamento e la disponibilità di numerose persone, ha deciso di continuare ad accettare le sottoscrizioni e di accogliere nel progetto anche altri minori figli di detenuti in carcere oppure in esecuzione penale esterna - nelle varie forme dell’affidamento ai servizi, della semilibertà o degli arresti domiciliari - inizialmente non coinvolti. Inoltre, per ciascuno dei bambini adottati si sta impiegando una cifra maggiore rispetto alle 180,00 euro annue richieste, utilizzando il denaro aggiuntivo in particolare per le cure sanitarie, l’alimentazione, l’abbigliamento, la quota di partecipazione ad attività ludico-educative e sportive, il materiale di cancelleria scolastica. La Caritas, coerentemente con i propri principi educativi, non spende subito tutto il denaro con interventi a pioggia, ma preferisce impiegare gradualmente le risorse in modo da accompagnare la crescita dei soggetti deboli, rendendoli progressivamente responsabili e autonomi.
Il profilo di alcuni nuclei familiari
Tra le famiglie aiutate ci sono sia italiani sia stranieri. Si tratta, in genere, di nuclei piuttosto numerosi con tre o più figli piccoli. Accomunati dalla mancanza di reti solidali nel territorio, vivono spesso in condizioni di povertà. Abitano in case fatiscenti ma anche tenute dignitosamente, spesso alloggi popolari. In linea di massima non hanno cattivi rapporti con il vicinato. La madre, moglie, compagna, porta il peso dell’esperienza traumatica della detenzione del marito. Essa in qualche caso sporadico lavora, per lo più in nero; spesso se ne sta chiusa in casa ad accudire i figli, tentando di difenderli dalle "malelingue" della gente. Il problema delle "voci che circolano in paese" si fa così pesante che, in diversi casi, la signora decide di tacere ai propri bambini sulla reale situazione del papà, inventando le scuse più fantasiose per giustificare una assenza sempre più inspiegabile. Anche se non è l’esigenza esplicita dichiarata, molte signore domandano ascolto. Dopo ore di visite domiciliari gli operatori e i volontari si sentono dire: "La prossima volta che vieni, ti fermi di più così abbiamo tempo per parlare". Chiedono spesso la possibilità di aiutarle ad inserire i bambini alla scuola materna ed elementare perché, in questo modo, potranno essere più libere di uscire di casa e andare a lavorare, almeno la mattina. Qualcuna è attanagliata dal problema economico di far quadrare i conti a fine mese. Altre, in situazioni limite, si aggrappano a piccoli aiuti quotidiani: una vicina gentile, la maestra del figlio, il Centro aiuto alla vita. Sono donne di forte senso pratico, concrete, perfettamente consapevoli. E anche quando il panico dello sconforto le prende, non si lasciano andare a una rassegnazione passiva. I loro figli soffrono in modo evidente la mancanza del papà e lo dimostrano in mille svariati modi: c’è il bambino autolesionista, il dislessico, il timidissimo che non si stacca mai dalle gonne della mamma. Ma c’è anche il bambino che apparentemente sembra sereno ed invece fa ancora la pipì a letto, ha tic nervosi, dorme poco, sfoga sul diario le sue paure, i sensi di colpa, l’angoscia di non essere alla pari degli altri. C’è chi, una volta alla settimana, viene portato ad incontrare il papà dentro in carcere, ma c’è anche chi non sa nulla. Sono bambini che hanno estremo bisogno di giocare con i coetanei, di andare alla scuola. Bambini come tutti gli altri, vivaci, attenti, desiderosi di fare sport, di andare agli scout, di passare il pomeriggio dagli amici. Come si preparano al ritorno del padre in famiglia? Potrà ancora dirsi una famiglia normale? Interrogativi che restano pericolosamente sospesi perché giocano sui legami affettivi, sul desiderio e la qualità del riscatto, sulla rielaborazione dell’esperienza del carcere, sul lavoro che può essere molto difficile da trovare per soggetti segnati dalla condanna. Ma questo è un altro progetto sul quale la Caritas sta già mettendo mano.
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