Associazione Papillon

 

Dai detenuti una bella prova di partecipazione…

e qualche considerazione

 

Tra i centotrentamila voti raccolti dalla piattaforma di Simona Panzino (il Candidato senza volto) e depositati venerdì 14 davanti agli uffici dell’Unione di piazza S. Apostoli, circa quattromila erano stati raccolti in pochissimi giorni nelle carceri del Lazio, della Campania, della Lombardia, della Calabria, dell’Emilia e delle Marche.

Altre migliaia di voti sono stati preannunciati dai detenuti di decine di carceri e tutti insieme rappresentano un ideale ma sonoro sganassone a quanti, in vario modo, hanno tentato di impedire il coinvolgimento e il voto dei detenuti interessati e soprattutto di impedire la ripresa di un dibattito pubblico sulla drammatica realtà delle carceri e sulla necessità di un provvedimento di amnistia e indulto che sia la premessa di tutte le necessarie riforme del sistema penale e penitenziario.

Noi riteniamo che senz’altro la responsabilità principale dell’assenza dei seggi elettorali nelle carceri (ossia di questa ulteriore negazione dei diritti dei detenuti) ricade sul Ministero della Giustizia, ma certo non possiamo non rilevare che al di là delle parole di circostanza un po’ tutta l’Unione, ai vari livelli istituzionali, ha dimostrato un notevole disinteresse alla richiesta di reale e ampia partecipazione da noi avanzata.

I vari esponenti dell’Unione - dai Parlamentari ai Presidenti delle Giunte Regionali, dagli Assessori Regionali (qualcuno addirittura con "delega alla partecipazione"!) ai Sindaci e agli Assessori Provinciali e Comunali (compresi quelli di Roma che avevano definito giustamente il carcere come XXI Municipio) - hanno appunto tutti brillato per il loro classico impegno a parole e disimpegno nei fatti.

E certo non hanno fatto molto di più i cosiddetti "Garanti dei detenuti", i Presidenti di alcune "Consulte Cittadine sui problemi Penitenziari" e i professionisti che dirigono alcune grandi Federazioni, grandi associazioni e grandi cooperative che lavorano nei carceri o sulle carceri, pur essendo molti di loro impegnati nella campagna elettorale delle primarie a sostegno di altri candidati.

Noi ci auguriamo che questo ideale sganassone aiuti anche tutti costoro a riflettere sul fatto che questi voti dei detenuti italiani e stranieri premiano Simona Panzino (il Candidato senza volto) semplicemente perché rappresenta quella parte di movimenti e associazioni che con più coerenza e responsabilità sostengono le lotte, i diritti, la dignità e le aspirazioni degli "ultimi tra gli ultimi".

Anche soltanto sullo specifico del carcere, ad esempio, una volta diradati i fumi velenosi delle primarie in molti potranno facilmente rendersi conto che una "risultante" dell’operazione politica del Candidato senza volto è che per la prima volta dopo quasi trenta anni, ed in un contesto assolutamente pacifico, si è determinata una sostanziale unità tra chi vive dall’interno la drammatica realtà del carcere (per esemplificare: sette morti in agosto e undici durante il mese di settembre!) e cerca di denunciarla e contrastarla con mobilitazioni e proteste pacifiche che hanno degli indubbi limiti oltre i quali non possono e non devono andare, e tutti quei soggetti sociali che all’esterno lottano contro la guerra, la precarietà, l’emarginazione, i Cpt, per il diritto alla casa e contro lo stravolgimento generale del Diritto.

Noi siamo convinti che questo nuovo livello di unità e di solidarietà tra i detenuti e una parte importante del movimento potrà arricchirsi già nei prossimi mesi nelle necessarie iniziative politiche esterne al carcere per mantenere aperta e rilanciare la richiesta di un’amnistia e di un indulto generalizzato. Con centotrentamila donne e uomini che hanno votato la piattaforma del Candidato senza volto, oggi ogni detenuto si sentirà un po’ meno solo e scoraggiato.

Infine, ci permettiamo una considerazione e una domanda. L’operazione del Candidato senza volto ha dimostrato che esiste una parte importante della sinistra di classe che è capace di mettersi alla prova (con determinazione, umiltà e pazienza) anche su terreni che certo non gli sono i più congeniali (come appunto le primarie) raccogliendo intorno a se un ampio consenso, anche elettorale, dentro i settori sociali più disgregati e con minor potere contrattuale. Non è forse questa una buona premessa per facilitare una ancor più larga unità con tutte quelle significative esperienze politiche, sindacali e culturali che non rinunciano a priori ad operare a 360°, compreso il terreno elettorale, senza per questo lasciarsi abbagliare dagli specchietti di quel moderno cretinismo parlamentare così diffuso in tutta quella sinistra dell’Unione che stupidamente guarda e si sposta verso il centro?

 

 

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