Newsletter n° 20 di Antigone

 

Newsletter numero 20 dell'Associazione "Antigone"

a cura di Nunzia Bossa e Patrizio Gonnella

 

L’Editoriale di Stefano Anastasia: Cambio di stagione

L’Osservatorio Parlamentare, a cura di Francesca D’Elia

Le Recensioni di Antigone: Jacques Derrida, Perdonare di Susanna Marietti

Gli emendamenti necessari alla PdL Meduri ,di Nunzia Bossa

Le iniziative di Antigone, a cura della Redazione

L’Editoriale: cambio di stagione, di Stefano Anastasia

 

Silvio Berlusconi ce l’ha fatta, ma non ci crede. Ha messo insieme i cocci, ma sa anche lui che non dureranno. Nella migliore delle ipotesi, dovesse passare lo scoglio del voto definitivo sulla riforma costituzionale, tra sette-otto mesi questo governo e questa legislatura saranno finiti. Si prepara un cambio di stagione.

Nei cambi di stagione la pigrizia talvolta ci induce a spostare da una parte all’altra, distrattamente, gli abiti primaverili e quelli invernali, come con le masserizie nei traslochi. Senza fare un cernita, senza pensarci. Pigrizia fisica e pigrizia intellettuale. Si deve fare e si fa. Non può essere questo il nostro atteggiamento di fronte al cambio politico imminente. Nulla può restare com’è, nella giustizia penale e nel carcere. Nulla può tornare a essere com’era. Il presente ci è tristemente noto; il passato recente non è stato entusiasmante, avendo spianato la strada a questo presente. Serve uno sforzo di elaborazione e di immaginazione, oltre il carcere e oltre la pena.

Noi ci abbiamo provato, con la elaborazione di un documento di analisi e proposta per una nuova giustizia penale. Lo discuteremo a Roma, il prossimo venerdì 20 maggio, in occasione della Assemblea annuale di Antigone. Lo discuteremo con interlocutori politici, amici e compagni di strada. È un contributo, per un cambio di stagione che sarà anche nostro.

 

Osservatorio Parlamentare, a cura di Francesca D’Elia

 

Amnistia e indulto: la commissione giustizia della camera riprende i lavori sulle proposte

 

In data 12 aprile, la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati ha riavviato i lavori sulle proposte di legge in tema di amnistia ed indulto (l’esame era iniziato a dicembre 2002 poi, però, nella seduta del 21 gennaio 2003, è stato rinviato in quanto, allo stato, non sussistevano le condizioni politiche per aggiungere il quorum qualificato richiesto dall’articolo 79 della Costituzione). La morte del Papa che aveva chiesto in Parlamento un atto di clemenza per i detenuti e l’appello lanciato da Pannella ha riacceso infatti il dibattito sulla materia, in particolare sollecitando una risposta, anche se negativa, ormai dovuta dal Parlamento. La Commissione, prima della sospensione dell’esame dei provvedimenti, aveva elaborato, a seguito di un confronto tra tutti i gruppi, un testo unificato volto a prevedere il solo indulto (nonostante le diciotto proposte di legge presentate sull’argomento prevedano comunque anche l’amnistia) nella misura non superiore a due anni per le pene detentive e non superiore a dieci mila euro per le pene pecuniarie, applicabile a chi abbia espiato almeno un quarto della pena e per reati commessi precedentemente al 1° giugno 2001. Oltre ad esclusioni soggettive, si prevedono però anche numerose esclusioni oggettive nel testo, ora "base" per riferirvi emendamenti (che, come sottolineato anche dal Presidente Pecorella, ben possono riguardare sia la materia dell’indulto, sia quella dell’amnistia).

Tendenzialmente, escluso il gruppo della Lega (nettamente contrario), i Democratici di sinistra, la Margherita e Rifondazione comunista, nonché i Verdi ed i Socialisti Italiani del gruppo Misto e Forza Italia, si sono espressi favorevolmente rispetto all’approvazione di un provvedimento di clemenza che abbia ad oggetto l’amnistia e l’indulto; contrastanti le posizioni all’interno di Alleanza Nazionale, mentre l’Udc tace (si distingue però la posizione dell’onorevole Mazzoni che, a titolo personale, si è dichiarata sostanzialmente favorevole). Si attende (e si auspica!) che presto si arrivi al voto di principio proposto dal Presidente Pecorella che, "in una prossima" riunione della commissione (nel calendario della prima settimana di maggio, non v’è traccia di una calendarizzazione del provvedimento!) chiederà a tutti i gruppi di pronunciarsi con un sì o un no sull’opportunità di proseguire l’iter del provvedimento. Sarà quindi finalmente e definitivamente chiaro se esiste in Parlamento la maggioranza dei due terzi necessaria per l’approvazione del provvedimento di clemenza.

 

Approvata la legge di conversione del decreto sull’impugnazione delle sentenze pronunciate in contumacia

 

Le disposizioni introdotte dal governo d’urgenza a febbraio scorso per porre rimedio a quanto lamentato dalla Corte europea di Strasburgo in relazione al nostro nostro codice di procedura penale sono diventate norme definitive. Il presupposto dell’intervento normativo è rappresentato dal diritto alla restituzione nei termini per l’impugnazione del provvedimento in contumacia, quando risulta che l’imputato non ha avuto conoscenza del procedimento a suo carico e non ha, quindi, scelto volontariamente di non comparire. Sono stati quindi eliminati i limiti previsti dalla precedente versione del comma 2 dell’art. 175 c.p.p., evitando, quindi, che sia l’imputato a dover provare di non avere avuto effettiva conoscenza della misura presa nei suoi confronti e di non averne avuto colpa.

Tra la versione presentata in Parlamento e quella pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale compaiono alcune differenze rilevanti, quali la cancellazione della risultanza dagli atti processuali dell’"ignoranza" del processo da parte dell’imputato (prova difficile da fornire, considerato che il nostro sistema procedurale si impernia su un meccanismo di notifica che presuppone la conoscenza da parte dell’interessato anche quando l’atto è consegnato a persona diversa dal destinatario). Nella versione approvata, la "non conoscenza" è presunta, e spetta all’autorità giudiziaria compiere tutti gli accertamenti volti ad attestare il contrario. La richiesta di rimessione in termini deve poi essere presentata entro 30 giorni da quello in cui l’imputato abbia avuto effettiva conoscenza del provvedimento. Nel caso si renda necessario l’avvio di una procedura di estradizione, il termine decorre, però, dalla consegna del condannato. Rispetto, poi, la disciplina delle notifiche, il provvedimento ha subito una serie di modifiche nell’iter parlamentare: all’art. 157, che si occupa della prima notificazione all’imputato non detenuto, è stato aggiunto un comma nel quale si prevede che le notifiche successive alla prima, nel caso di nomina di un legale di fiducia, sono eseguite attraverso una consegna agli avvocati. Il difensore, però, può anche dichiarare di non accettare la notificazione (in caso contrario, infatti, si darebbe luogo a una "presunzione di consapevolezza" che farebbe venir meno qualsiasi successiva rimessione in termini).

 

Le recensioni di Antigone

 

Jacques Derrida, Perdonare, Milano, Raffaello Cortina editore, 2004, 106 pp., di Susanna Marietti

 

Che cos’è il perdono? Che cosa significa perdonare? Come si può, nel concreto dell’esperienza storica, perdonare l’altro? Jacques Derrida – il filosofo francese scomparso lo scorso ottobre - si interroga e ci interroga su questi temi, interroga le parole stesse del perdono, le locuzioni che le lingue usano per chiedere e accordare il perdono, i concetti affini o quelli che ruotano attorno all’esperienza del perdono.

Il breve volume Perdonare, uscito per l’editore Cortina nel 2004, ripropone il testo di alcuni incontri di un seminario tenuto da Derrida per diversi anni all’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi, nonché presentato in varie conferenze in giro per il mondo. Nel 1964, la Francia approvava la legge sull’imprescrittibilità dei crimini contro l’umanità, e negli anni a venire si accendeva un ampio dibattito sull’argomento. Il perdono ha a che fare con la prescrizione? L’imprescrittibile ha la stessa estensione dell’imperdonabile? O non è piuttosto, il perdono, un concetto che non incontra affatto la logica del penale, che non ha niente a che vedere con l’ambito del giuridico, del regolamentato, del pubblico? Il perdono si può accordare da una collettività a una collettività, o non presuppone piuttosto la riservatezza e la privatezza di un faccia a faccia?

Da quando, nel 1945, è nato a Norimberga il concetto di crimine contro l’umanità, si è assistito a proclamazioni pubbliche di pentimento (di stato, di chiesa, di corporazione) e a richieste collettive di perdono. Prendendo duramente posizione nel dibattito pubblico, Vladimir Jankélévitch afferma l’impossibilità di perdonare i crimini hitleriani, confine storico ultimo della storia del perdono, limite insuperabile e inespiabile che eccede la misura umana e per il quale mai potrà esserci punizione proporzionata. Il perdono, per Jankélévitch, è dunque qualcosa che prende parte a un normale scambio tra uomini, scambio nel quale la possibilità di infliggere una pena è ad esso correlata e nel quale anche la richiesta esplicita di perdono deve essere contemplata. I tedeschi, dice Jankélévitch a ulteriore rafforzamento della sua tesi, non hanno mai chiesto perdono, non hanno mai manifestato una coscienza della loro colpa che non fosse un tentativo malcelato di autogiustificazione.

Commentando il saggio di Jankélévitch, Derrida propone un rivolgimento totale del punto di vista. Il perdono, forse, non è affatto cosa umana, vale a dire che non è cosa che debba entrare in un commercio tra gli uomini. Il perdono fa capo a un’etica che Derrida qualifica come iperbolica, sola possibilità di rompere la gabbia aporetica che è esso stesso a costruire. C’è una contraddizione nel concetto di perdono, ed è proprio questa contraddizione che lo rende un concetto fondante della società umana: sembrerebbe infatti che per perdonare io debba comprendere la colpa dell’altro, e dunque calarmi nella sua situazione, mettermi al suo posto, accettare la consapevolezza che avrei potuto commettere il medesimo errore, e in questo modo annullare l’altro, renderlo me stesso, riempire la distanza tra lui e me, e così rendere inutile il perdono. Invece, il perdono presuppone il mantenimento di tale distanza, e quindi l’incomprensione dell’altro, e da qui l’impossibilità di perdonarlo. Il perdono è impossibile. Non c’è perdono se si resta tra le cose umane. Bisogna uscire dalla logica dello scambio, accettare in un certo senso l’impossibilità del perdono, accettare l’imperdonabile, e accettare che si dia perdono solamente là dove non si dà commercio, solamente là dove il perdono non è richiesto, dove non si prospetta la punizione e non si mira alla riabilitazione. Il perdono fonda il riconoscimento dell’altro, ne diventa la precondizione. Al principio ci sarà stata la parola "perdono", dice Derrida. Al principio di ogni convivenza, deve esserci la possibilità di riconoscere una pluralità di soggetti. Il perdono è la soglia che tiene insieme la distanza dall’altro, e dunque la possibilità di essere in due, e la non assolutizzazione di tale distanza, la capacità di entrare in relazione con l’altro, e dunque, di nuovo, la possibilità di essere in due. Al principio di ogni rivolgersi all’altro, di ogni parlare e di ogni scrivere, c’è un atto di perdono richiesto e accordato. Lo stesso atto con il quale si apre il testo di Derrida.

 

Gli emendamenti necessari alla PdL Meduri, di Nunzia Bossa

 

Il disegno di legge Meduri A.C. 514/A "Delega al Governo per la disciplina dell’ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria" costituisce un potenziale rischio di ritorno al passato e non invece, come si propone di essere, un progetto di riforma che vada ad aiutare veramente, con risorse umane e strumentali idonee, i processi di reintegrazione sociale. Questi ultimi, infatti, non possono certo essere affidati alle polizie: la questione sociale non va confusa con la questione penale.Il servizio sociale è il soggetto di mediazione tra il carcere e la società e verrebbe profondamente svilito da una concezione poliziesca e securitaria dell’azione sociale di accompagnamento. Se mai, in prospettiva, va pensata una riforma che leghi sempre più il servizio sociale della giustizia a quello del territorio, evitando sovrapposizioni o vuoti di intervento.

Nella formulazione attuale, in pratica, dietro il titolo "Delega al Governo per la disciplina dell’ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria", si nasconde la trasformazione dei servizi sociali della giustizia in meri uffici amministrativi e di controllo, spogliandoli da ogni funzione trattamentale esterna e avvilendo il lavoro che gli operatori, con non poca fatica, fanno attualmente.

La proposta di legge, inoltre, probabilmente per una svista nella sua prima stesura - almeno speriamo si sia trattato di una semplice svista - avrebbe impedito di fatto ai volontari di entrare in carcere, escludendo il volontariato dalle attività rivolte al detenuto. Un’ipotesi che, per chi conosce il mondo del carcere, sarebbe assolutamente inaccettabile. La Meduri è stata comunque approvata al Senato il 14 luglio 2004, nel totale disinteresse delle forze politiche di maggioranza e opposizione, ed è arrivata alla Camera lo scorso 22 aprile. Antigone ha proposto alcuni emendamenti alle forze politiche per evitare processi di trasformazione dei Centri di Servizio Sociale in meri luoghi di custodia e controllo esterni.

 

Le iniziative di Antigone, a cura della Redazione

 

Venerdì 20 maggio, ore 16.00 - 19.30 a Roma, Assemblea Nazionale di Antigone dal titolo Per una nuova Giustizia Penale. L’Assemblea si terrà presso la Sala del Refettorio - Camera dei Deputati, in Via del Seminario, 76. Introduce: Patrizio Gonnella.

Ne discutono: Fausto Bertinotti, Massimo Brutti, Enrico Buemi, Daniele Capezzone, Giuseppe Fanfani, Gianfranco Pagliarulo, Mauro Palma, Alfonso Pecoraro Scanio.

Intervengono: Alessandro Battisti, Luigi Berlinguer, Marco Boato, Franco Corleone, Elettra Deiana, Tana De Zulueta, Livio Ferrari, Franco Maisto, Luigi Manconi, Alessandro Margara, Graziella Mascia, Livio Pepino, Giuliano Pisapia, Giovanni Russo Spena, Alba Sasso.

Modera: Stefano Anastasia

È necessario comunicare la propria partecipazione. Per informazioni rivolgersi a: segreteria Associazione Antigone Onlus Tel/fax 065810299, associazione.antigone@tin.it. Ricordiamo che per l’accesso ai locali della Camera dei Deputati è necessaria la giacca.

 

 

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