|
Un
concorso per gli studenti delle scuole medie superiori
Parma, Anno Scolastico 2002/2003
Il concorso è indetto da associazioni e gruppi che si occupano dei problemi che la presenza delle Istituzioni penitenziarie fa nascere nel territorio
Proponiamo agli Studenti delle Scuole Medie Superiori della Provincia di Parma di partecipare ad un concorso con un racconto o una tesina dell’esame di "maturità" su problemi, temi o episodi in qualche modo legati al carcere e ai mondi che al suo interno ed intorno ad esso si incontrano e si intersecano.
L’Associazione A.Li. (Accoglienza per la Libertà: che riunisce in rete Associazione per Ricominciare, Consorzio di Solidarietà Sociale, Coop. Sociale Cabiria, Coop. Sociale Cigno Verde, Coop. Sociale La Bula, Coop. Sociale Sirio) ed il Gruppo Carcere della Caritas di Parma promuovono questo Concorso nell’ambito del progetto Proposte per la Scuola di Forum Solidarietà (Centro di Servizi per il Volontariato in Parma). Ci si augura che le Scuole Medie Superiori e gli Insegnanti vi possano trovare un’occasione per coinvolgere i loro Studenti in attività sia di ricerca storico - critica, etica e sociale, sia di elaborazione linguistica.
Carcere: un groviglio di problemi che interroga tutta la società civile
Il carcere, i detenuti, le loro realtà, le leggi che regolano la carcerazione, la società civile che in generale ignora e dimentica questa sua parte dolente, vogliono essere l’oggetto delle riflessioni e degli scritti che questo Concorso promuove e propone. Siamo convinti che ignorare e rimuovere i problemi posti dal carcere possa solo aggravarli ed acuirli. Solo una cultura capace di una significativa e costante attenzione alla complessa realtà del carcere e dei problemi sociali e politici che ne sono il contesto, può portarci verso una società più rispettosa dei diritti e delle esigenze di tutti. Le opinioni sul carcere, sul come debba essere affrontata la criminalità, sui problemi della giustizia e della legislazione penale e penitenziaria sono molteplici e spesso contrapposte. Il carcere non è qualcosa di esterno alla società, ma va pensato come una parte viva ed ammalata di un organismo che si vorrebbe sano. C’è chi dice che il carcere è necessario per difendere la società da coloro che hanno mostrato di non tenere conto delle leggi e dei diritti dei concittadini. C’è chi sostiene che almeno per una parte dei crimini non si dovrebbe ricorrere al carcere, ma a pene diverse: ad esempio, chi danneggia beni pubblici dovrebbe essere condannato a fare dei lavori socialmente utili. Vi è anche chi sostiene che occorrerebbe riflettere sul concetto di pena e vedere se ha senso da un punto di vista antropologico e giuridico. Il carcere viene da molti visto come il luogo in cui si sconta una b pena più o meno proporzionata al male fatto ed ai danni arrecati con il crimine, nei modi e nelle misure previste dalle leggi. In molte società antiche ed anche moderne l’inadeguatezza o la non applicazione corretta delle leggi, portava e porta ad arbitri ed abusi in cui l’unica norma è la volontà dei potenti. Si sostiene che il carcere oltre ad impedire la ripetizione dei reati, può svolgere una funzione deterrente svolgendo così una funzione di prevenzione dei crimini. La Costituzione della nostra Repubblica, all’articolo 27, assegna all’istituzione carceraria anche la funzione di rieducare il detenuto e di fare quanto serve per reinserirlo nella società rispettoso delle leggi e dei diritti altrui. Però a detta di molti osservatori il carcere, più che un luogo di recupero, è spesso una scuola di criminalità. E qualcuno si chiede: reinserirlo come e dove nella società se spesso le situazioni da cui il detenuto dovrebbe ritornare sono proprio tra le cause dei crimini? Alcuni leggi e normative degli ultimi anni prevedono vari strumenti finalizzati all’obiettivo della rieducazione. Il primo strumento indicato è la possibilità di lavorare in carcere, ma finora è stato realizzato poco in questa direzione: si può valutare che circa un quarto dei detenuti abbia un’attività lavorativa, spesso a tempo molto parziale. Sono state poi individuate vari tipi di alternativa alla pena (il lavoro esterno, la semilibertà, l’affido ai servizi sociali ecc.). A questi benefici sono ammessi solo carcerati che soddisfino a particolari condizioni, di buona condotta, di comportamento, con particolari tipologie di reato, ecc., che devono essere accertate da operatori competenti, da opportune commissioni, dalle Direzioni delle carceri e dalla Magistratura di sorveglianza. Ma in parecchie situazioni carcerarie l’effettiva possibilità di usare questi strumenti è fortemente limitata dalla scarsità di personale (educatori, assistenti sociali, medici, psicologi, personale addetto agli uffici della Magistratura di sorveglianza etc. Molti detenuti (quelli in lunga attesa di giudizio, e sono molti) e spesso quelli extracomunitari (e sono tanti) non possono godere di questi benefici e spesso vivono la carcerazione in situazioni di marginalità estrema, in cui la dignità umana non è rispettata. Vi è chi sostiene, come si accennava, che occorre andare oltre la cultura della pena, cioè che bisogna considerare (giuridicamente) chi commette crimini come una persona con un comportamento patologico, riprendendo così in un certo senso l’antico adagio che il giudizio (in questo caso quello penale, ma la parola sarebbe fuori posto) deve riguardare il peccato, ma non il peccatore. Non avrebbe così più senso parlare di pena, ma solo eventualmente di risarcimento dei danni arrecati, e l’indicazione che ne consegue è quella di "curare" il comportamento patologico del "criminale". Secondo questa impostazione il carcere sarebbe da utilizzarsi solo per un passaggio di durata più o meno breve, onde impedire a chi ha danneggiato la società di continuare a farlo. Sui tempi più lunghi necessari alla rieducazione, ovvero alla guarigione dal comportamento deviante, si dovrebbero prevedere strutture e situazioni opportunamente diversificate, in cui la privazione della libertà personale possa essere dosata, sino a che si possa ragionevolmente giudicare che la persona in questione si comporterà in modo corretto una volta che abbia riottenuto la piena libertà.
Alcune indicazioni di metodo
Il racconto
Il racconto è una narrazione che presenta una storia vera o inventata, e che ha lo scopo di presentare una situazione, un problema, suscitare uno stato d’animo, provocare un giudizio. La struttura-tipo di un testo narrativo sovente si articola in cinque momenti: situazione iniziale, rottura dell’equilibrio iniziale, evoluzione attraverso processi di miglioramento o di peggioramento, ricostruzione dell’equilibrio, situazione finale. La vicenda può essere narrata seguendo l’ordine naturale dei fatti (la storia) o secondo un ordine artificiale, che modifica la successione degli eventi (l’intreccio). Il testo è costituito dalla successione di unità narrative minime o sequenze:
Come procedere per la scrittura:
La Tesina in materie giuridiche o sociologiche
Una tesina è uno scritto relativamente breve, che ha l’obiettivo di esporre, discutere e documentare una tesi, un’ipotesi, ovvero una tesina. La struttura - tipo di una tesina prevede in genere l’intestazione, il testo (diviso spesso in vari paragrafi, sovente numerati), e in chiusura la documentazione bibliografica.
L’intestazione comprende in genere oltre al titolo (con eventuale sottotitolo), il nome dell’autore (lo studente che ha fatto l’esame di "maturità" nel caso specifico), l’indicazione della (o delle) istituzione nel cui ambito l’autore ha operato (nel caso specifico: la Scuola, la sezione, la classe, la disciplina c l’Insegnante). Nell’intestazione si può indicare anche la data, che talora insieme al nome dell’autore viene apposta in calce (cioè, in fondo dopo la bibliografia).
Il testo della tesina spesso comprende un ‘introduzione o delle premesse. Segue poi generalmente un paragrafo più sostanziale in cui viene formulata la tesi principale o lo schema concettuale che si intende sviluppare. Seguono poi altri paragrafi di svariata natura: considerazioni di metodo, strumenti da utilizzare ovvero utilizzati nello sviluppo della tesi, enumerazione di punti di vista sulle questioni oggetto della tesina, altre tesi affini o contrapposte ecc.. L’ultimo paragrafo di frequente c dedicato a considerazioni riassuntive e conclusive.
La bibliografia, che è in genere l’ultima parte di una tesina, di un saggio o di un al1icolo, può essere di due tipi, eventualmente presenti entrambi. Di tipo generale, cioè un’elencazione di fonti (libri, articoli, saggi, siti Internet ecc.) che non sono esplicitamente richiamate all’interno del testo. Più spesso la bibliografia è l’elenco delle citazioni fatte nel testo. Ogni citazione della bibliografia comprende in genere il nome dell’Autore (o degli Autori), il titolo dell’opera citata e gli estremi della pubblicazione. Per un libro questi estremi sono il nome dell’Editore e la città e l’anno in cui l’opera è stata pubblicata. Per gli articoli gli estremi possono essere il nome della rivista su cui è comparso l’articolo, il numero e la data del fascicolo e (o) del volume della rivista stessa, ed eventualmente la pagina iniziale e finale dell’articolo citato. Le citazioni di una bibliografia vengono ordinate in due modi principali. Uno è l’ordine alfabetico in base al nome del primo Autore della fonte citata: in questo caso nel testo, dove si fa la citazione, si mette tra parentesi il nome dell’Autore e l’anno di pubblicazione. L’altro ordinamento è quello delle citazioni stesse: in questo caso nel testo, laddove si fa la citazione, si mette il numero progressivo di citazione (spesso tra parentesi quadre) e nella bibliografia questo numero precede gli estremi (come sopra indicati) dell’opera citata. Modalità del Concorso
Il Concorso è articolato in due sezioni: racconti e "tesine di maturità". Per ogni sezione è previsto un primo premio di € 500 e cinque secondi premi ex aequo di € 200 ciascuno. La Giuria si riserva di non assegnare i premi in una o più sezioni qualora le opere presentate fossero poco significative. I racconti non dovranno superare l’equivalente di quattro cartelle, di duemila battute ciascuna, scritte su un solo lato di ognuno dei fogli. Le "lesine" preferibilmente non dovranno superare la decina di cartelle (salvo diverse indicazioni degli Insegnanti). Non verranno considerati testi manoscritti o prodotti in modo tale che la loro leggibilità sia insufficiente. Di ogni opera dovranno essere presentate due copie, che non dovranno contenere contrassegni di alcun tipo che possano far pensare ad elementi di identificazione dell’Autore. I lavori devono essere inviati per raccomandata con ricevuta di ritorno o consegnati a mano entro lunedì 30 giugno 2003 a: Concorso - Carcere, Forum Solidarietà, Borgo Maredolo, 11 - 43100 - Parma. Ogni opera dovrà essere contenuta in una busta chiusa: nella prima pagina e sulla busta dovrà essere scritto il tipo di opera che si presenta (racconto, tesina). Sulla busta contenente l’opera, come sull’opera stessa, non dovranno essere presenti elementi atti ad identificare l’Autore. Assieme alla busta contenente l’opera dovrà essere inviata una seconda busta chiusa contenente il nome, l’indirizzo dell’Autore, la Scuola e la classe e possibilmente il nominativo di un Insegnante di riferimento. Le due buste suddette, senza alcuna indicazione del mittente, dovranno essere inviate in un’unica busta chiusa, come raccomandata. All’atto dell’apertura della busta esterna da parte della Giuria, su entrambe le buste interne verrà apposto uno stesso numero identificativo. La Giuria verrà nominata a cura delle Associazioni promotrici. Le premiazioni avranno luogo entro l’autunno 2003, in data e luogo da destinarsi, che verranno comunicati personalmente ai premiati, agli Insegnanti di riferimento e alle Scuole di appartenenza, e resi noti anche a mezzo stampa.
|