Permesso soggiorno e condanne

 

Rinnovo del permesso di soggiorno e sentenza di condanna

di Mario Pavone (Avvocato in Brindisi, Patrocinante in Cassazione)

 

La pubblicazione del DPR 27.07.2004 n. 242 che riguarda la razionalizzazione dell’utilizzo dei sistemi informativi delle p.a. offre lo spunto per una riflessione sulla rilevanza della istituzione e consultazione degli archivi informatici ai fini del rilascio dei permessi di soggiorno dei cittadini stranieri e più in generale per un costante monitoraggio della presenza dei cittadini stranieri in Italia.

Scopo del provvedimento è quello di razionalizzare l’utilizzo dei sistemi informativi delle Amministrazioni pubbliche in materia di trattamento dei dati sull’immigrazione, assicurando in particolare l’interconessione fra gli archivi automatizzati già realizzati o in via di realizzazione.

È questo l’obiettivo che si pone il DPR n. 242 del 27 luglio 2004 sull’interscambio telematico dei dati e delle informazioni fra le diverse Amministrazioni, che consentirà di conseguire tempi ottimali ed economie nella gestione amministrativa delle istanze presentate.

I sistemi informativi automatizzati già realizzati o in fase di realizzazione presso le amministrazioni pubbliche, da utilizzare nelle attività previste dai procedimenti di cui al testo unico e al regolamento delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, sono:

a) l’anagrafe annuale informatizzata per il lavoro subordinato, tenuta dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai sensi dell’articolo 21 del testo unico;

b) i sistemi informativi automatizzati finalizzati alla costruzione del Sistema informativo del lavoro e della borsa del lavoro, derivanti dall’accordo Stato- regioni-autonomie locali dell’11 luglio 2002, dall’articolo 1, comma 2, lettera b), n. 4), della legge 14 febbraio 2003, n. 30, e dal decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;

c) l’archivio informatizzato della rete mondiale visti, tenuto dal Ministero degli affari esteri;

d) l’anagrafe tributaria, tenuta dal Ministero dell’economia e delle finanze e dalle Agenzie fiscali;

e) l’archivio anagrafico dei lavoratori extracomunitari, tenuto dall’Istituto nazionale della previdenza sociale, ai sensi dell’articolo 41 del regolamento;

f) il casellario giudiziale, il casellario dei carichi pendenti e l’anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato, di cui al decreto legislativo 14 novembre 2002, n. 311, tenuti dal Ministero della giustizia;

g) l’archivio informatizzato dei permessi di soggiorno, tenuto dal Ministero dell’interno - Dipartimento della pubblica sicurezza;

h) l’archivio informatizzato per l’emersione-legalizzazione di lavoro irregolare, tenuto dal Ministero dell’interno - Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, ai sensi dell’articolo 33 della legge 30 luglio 2002, n. 189, e dell’articolo 1 del decreto-legge 9 settembre 2002, n. 195, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 ottobre 2002, n. 222;

i)il casellario nazionale d’identità, tenuto dal Ministero dell’interno - Dipartimento della pubblica sicurezza;

l) l’archivio informatizzato dei richiedenti asilo, tenuto dal Ministero dell’interno - Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione;

m) l’archivio informatizzato dei rifugiati, tenuto dal Ministero dell’interno - Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione;

n) il sistema anagrafico integrato Indice nazionale delle anagrafi (INA) - Sistema di accesso e interscambio anagrafico (SAIA) del Ministero dell’interno - Dipartimento per gli affari interni e territoriali.

Gli archivi indicati al comma 1, lettere g), h), l), m), e al comma 2 costituiscono il sistema informa tivo in materia di ingresso, soggiorno e uscita dal territorio nazionale, di immigrazione e di asilo, per l’attuazione unitaria dei procedimenti previsti dal testo unico e dal regolamento, anche a sup porto degli adempimenti dello sportello unico di cui all’articolo 22 del testo unico.

Il successivo art.4 del DPR enuncia che " Con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro per l’innovazione e le tecnologie, sentiti la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ed il Garante per la protezione dei dati personali, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, sono stabilite le regole tecniche per l’operatività dei collegamenti di cui all’articolo 3, in relazione alla tipologia delle informazioni, all’utilizzo di strumenti in grado di assicurare la sicurezza e la riservatezza delle trasmissioni telematiche e alle modalità di abilitazione per l’accesso agli archivi".

Occorrerà,quindi,attendere la emanazione del Decreto Ministeriale per conoscere se ed in quale misura sarà consentito l’accesso e la conoscenza delle informazioni contenute negli archivi informatici posti in rete specie a fini processuali e le modalità per la cancellazione dei decreti espulsivi in forza di provvedimenti di annullamento assunti dall’A. G. atteso che il T.U. non contie ne alcuna norma chiarificatrice sull’ importante argomento.

Di recente, il Ministero degli Interni ha emanato una importante circolare che trova applicazione nei casi di rinnovo del permesso di soggiorno in base all’art 4, comma 3 e articolo 26, comma 7 bis, del D.L.vo 186/98, così come modificato dalla L. 189/02, nella parte in cui tale norma prevede che l’autorità amministrativa disponga l’espulsione dello straniero dal territorio italiano in presenza di condanna per determinati reati, senza imporre l’ulteriore verifica della pericolosità sociale della persona.

Il Ministero,preso atto dei numerosi quesiti pervenuti in ordine alla corretta applicazione della normativa in questione, afferma che,in base al principio di non retroattività della legge, le nuove norme dispongono solo per gli ingressi nel territorio dello Stato e per i rinnovi di permessi di soggiorno successivi alla data di entrata in vigore della Legge 189/2002.

Per quanto concerne l’ingresso nel territorio dello Stato, la legge è esplicita nel conferire all’organo amministrativo il potere di respingimento in tutti i casi di condanna per determinati reati, mentre non si riscontra un pari automatismo e perentorietà delle disposizioni legislative nel caso del rinnovo del permesso di soggiorno.

In questo caso è rimesso al Questore il potere - dovere di esaminare la situazione complessiva in cui versi lo straniero (art. 5, comma 5, del Testo Unico, non modificato dalla nuova legge).

Pertanto,il Ministero ritiene che la condanna per uno dei reati indicati nell’art. 4, co. 3, della Legge in oggetto, non comporti automaticamente il rigetto della domanda di rinnovo dei permesso di soggiorno, rappresentando la stessa uno degli elementi di valutazione, unitamente ad altri, quali la condotta complessiva del soggetto, il livello del suo inserimento sociale, la sua condizione familiare nel nostro Paese, in una prospettiva necessariamente rivolta alle esigenze dì prevenzione e di sicurezza pubblica rimesse all’Autorità amministrativa.

Fermi restando gli aspetti di polizia giudiziaria, analogo discorso può essere portato avanti per tutte le condanne intervenute prima della entrata in vigore della L 189/02 ed emerse sempre nell’ambito della procedura di rinnovo del permesso di soggiorno in sede di riscontri fotodattiloscopici.

Secondo il Ministero,a conclusioni diverse deve pervenirsi nell’ipotesi di cui all’art. 26, comma 7 b del D.L.vo 286/98, così come modificato dalla L. 189/02.

La norma predetta collega chiaramente la revoca del permesso di soggiorno e l’espulsione dello straniero alla emissione di una sentenza irrevocabile per i reati ivi previsti senza che all’Autorità di P.S. sia lasciato alcun margine di apprezzamento.

Pertanto gli aspetti automaticamente conseguenti alla condanna irrevocabile non possono che riguardare la sola condanna successiva all’entrata in vigore della L. 189/02.

Le Questure debbono,quindi,accertare la esistenza di condanne penali intervenute a carico dello straniero non solo sul territorio dello Stato ma anche all’estero.

Secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 8, lett. B) del D.L. 9 settembre 2002, n. 195 convertito nella L.9 ottobre 2002, n. 222, in questa ipotesi non si potrebbe perfezionare la regolarizzazione del cittadino straniero entrato in Italia per ragioni di lavoro posto che l’interessato risulti segnalato nel Sistema Informativo Schengen (SIS) come non ammissibile nel territorio Schengen .

Com’è noto,l’archivio informatico di Schengen è lo strumento utilizzato dal Ministero dell’Interno per verificare la esistenza di condanne penali a carico del cittadino straniero commessi nei Paesi aderenti al Trattato.

L’articolo 25, paragrafo 2 della convenzione Schengen prevede in questo caso la procedura seguente: "Qualora risulti che uno straniero titolare di un titolo di soggiorno in corso di validità rilasciato da una delle parti contraenti è segnalato ai fini della non ammissione, la parte contraente che ha effettuato la segnalazione consulta la parte che ha rilasciato il titolo di soggiorno per stabilire se vi sono motivi sufficienti per ritirare il titolo stesso.

Se il documento di soggiorno non viene ritirato, la parte contraente che ha effettuato la segnalazione procede al ritiro di quest’ultima, ma può tuttavia iscrivere lo straniero nel proprio elenco nazionale delle persone segnalate".

Può accadere che un cittadino straniero sia segnalato nel SIS da uno Stato membro dello spazio Schengen sulla base dell’articolo 96 della convenzione Schengen, mentre risiede regolarmente in un altro Stato membro.

Detta situazione appare illogica, poiché una persona residente nel territorio di uno Stato membro dello spazio Schengen non può contemporaneamente essere registrata nel SIS in quanto persona "indesiderabile" nello spazio Schengen.

Pertanto, è importante che ogni autorità di protezione dei dati, quando scopre che la persona che esercita il proprio diritto d’accesso al SIS si trova nella situazione sopra descritta, verifichi il rispetto della procedura prevista all’articolo 25, paragrafo 2, della convenzione Schengen, che, nella maggior parte dei casi, porta alla cancellazione della segnalazione della persona in questione. Infatti, se il Paese che ha effettuato la segnalazione ritiene che non vi sia motivo di ritirare il titolo di soggiorno regolarmente rilasciato, la cancellazione della segnalazione dal SIS deve essere automatica.

Su questo punto la convenzione non lascia alcun margine discrezionale allo Stato che ha effettuato la segnalazione.

Gli studi effettuati in proposito da varie Associazioni hanno rivelato che questa procedura non è sistematicamente attuata e che può risultare assai lunga per l’interessato.

Pare inoltre che gli Stati membri ritengano di disporre della facoltà di valutare la necessità di cancellare una segnalazione sulla base dell’articolo 25, paragrafo 2 della convenzione Schengen.

Alla luce di queste constatazioni, le autorità di protezione dei dati dovrebbero applicare i principi seguenti:

* verificare se la persona segnalata nel SIS sia in possesso di un titolo di soggiorno in corso di validità rilasciato da uno degli Stati membri dello spazio Schengen,

* in questa ipotesi, rammentare alle autorità interessate il carattere automatico (salvo eccezioni) della cancellazione della segnalazione, e insistere affinché la cancellazione dei dati nel SIS intervenga celermente.

L’articolo 96 della Convenzione recita,in proposito,testualmente

1. I dati relativi agli stranieri segnalati ai fini della non ammissione sono inseriti in base ad una segnalazione nazionale risultante da decisioni prese nel rispetto delle norme procedurali previste dalla legislazione nazionale, dalle autorità amministrative o dai competenti organi giurisdizionali.

2. Le decisioni possono essere fondate sulla circostanza che la presenza di uno straniero nel territorio nazionale costituisce una minaccia per l’ordine e la sicurezza pubblica o per la sicurezza nazionale.

In particolare ciò può verificarsi nel caso:

a. di uno straniero condannato per un reato passibile di una pena privativa della libertà di almeno un anno.

b. di uno straniero nei cui confronti vi sono seri motivi di ritenere che abbia commesso fatti punibili gravi, inclusi quelli di cui all’ articolo 71, o nei cui confronti esistano indizi reali che intenda commettere fatti simili nel territorio di una Parte contraente.

3. Le decisioni possono inoltre essere fondate sul fatto che lo straniero è stato oggetto di una misura di allontanamento, di respingimento o di espulsione non revocata nè sospesa che comporti o sia accompagnata da un divieto d’ingresso o eventualmente di soggiorno, fondata sulla non osservanza delle regolamentazioni nazionali in materia di ingresso e di soggiorno degli stranieri.

Il successivo art.101, in tema di diritto di accesso ai dati inseriti nell’archivio di Schengen, enuncia:

1. L’accesso ai dati inseriti nel Sistema d’Informazione Schengen e il diritto di consultarli - direttamente sono riservati esclusivamente alle autorità competenti in materia di:

a. controlli alle frontiere;

b. altri controlli di polizia e doganali effettuati all’interno del Paese e relativo coordinamento.

2. Inoltre, l’accesso ai dati inseriti conformemente all’articolo 96 ed il diritto di consultarli direttamente possono essere esercitati dalle autorità competenti per il rilascio dei visti, dalle autorità centrali competenti per l’esame delle domande di visti e dalle autorità competenti per il rilascio dei documenti di soggiorno e per l’amministrazione degli stranieri nei quadro dell’applicazione delle disposizioni in materia di circolazione delle persone previste dalla presente Convenzione.

L’accesso ai dati è disciplinato dal diritto nazionale di ciascuna Parte contraente.

3. Gli utenti possono consultare soltanto i dati necessari per l’assorbimento dei propri compiti.

4. Ciascuna Parte contraente comunica al Comitato esecutivo l’elenco delle autorità competenti, autorizzate a consultare direttamente i dati inseriti nel Sistema d’Informazione Schengen.

L’elenco indica per ciascuna autorità i dati che essa può consultare e per quali compiti.

Appare evidente come risulti precluso dalla normativa citata al cittadino straniero,innanzitutto, ma anche ai difensori e finanche agli stessi Giudici,investiti della legittimità di provvedimenti espulsivi, l’accesso alle informazioni contenute nel SIS atteso che tale accesso in base alla Convenzione può essere disciplinato da ciascun Paese contraente,anche in maniera difforme,e che potrebbe limitare tale diritto a talune categorie di soggetti pubblici così precludendo allo straniero ogni possibilità di articolare una propria difesa in aperta violazione dell’art.6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

Tale valutazione appare,ora, condivisa da parte di alcuni Tribunali investiti della rilevante questio- ne che,in alcune decisioni,hanno sancito la illegittimità di tale preclusione.

Il Tribunale di Avellino,con un importante provvedimento emanato in tema di applicazione dell’art.96 della Convenzione Schenghen, ha stabilito,in maniera del tutto innovativa,che ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno al cittadino straniero "la mera indicazione di una segnalazione ex art.96 della Convenzione di Schenghen,comporta l’obbligo per la Prefettura di indicare nel provvedimento di espulsione la ipotesi specifica posta a base della segnalazione e risultante dal sistema informatico(SIS) al fine di consentire al destinatario del provvedimento di poter esercitare una adeguata difesa in sede giurisdizionale.

Né, d’altro canto, la carenza motivazionale del provvedimento risulta superata successivamente dal rilascio della documentazione relativa alla situazione dello straniero,posto che la Prefettura non rilasciava il documento posto a fondamento della espulsione costituito dalla segnalazione emessa dall’autorità olandese,onde consentire allo straniero di prendere cognizione dei motivi posti a suo fondamento ".

Il ricorrente aveva dedotto,quali motivi di opposizione,l’eccesso di potere di cui risultava affetto il decreto espulsivo per non avere l’amministrazione esternato l’interesse pubblico che l’atto impugnato era indirizzato a tutelare ed,in specie,per non avere indicato il documento probante posto a fondamento della espulsione del cittadino straniero.

Inoltre la avveduta difesa aveva eccepito la carenza di istruttoria posta a base el provvedimento steso e la carenza di motivazione non avendo precisato a quale delle ipotesi previste dall’art.96 della Convenzione Schengen avesse voluto fare riferimento.

Rammenta il Tribunale, su quest’ultimo punto, che la motivazione del provvedimento,secondo un orientamento costante della Suprema Corte,non deve essere solo apparente ma deve contenere la indicazione delle circostanze di fatto che hanno dato luogo alla sua adozione al fine di consentire al destinatario di comprendere le ragioni della espulsione e di potersi adeguatamente difendere.

Di una tale motivazione risultava del tutto carente il provvedimento con la conseguenza che era stato revocato il permesso di soggiorno dello straniero benchè avesse i requisiti per poter accedere alla regolarizzazione prevista dalla Legge 189/2002.

Dello stesso avviso è il TAR del Veneto quando afferma che"Una interpretazione costituzio nalmente corretta delle ragioni ostative della legge italiana, non può che obbligare l’amministra zione ad acquisire dallo Stato estero la documentazione relativa alle ragioni della inammissibilità nell’area Schengen,in quanto le fattispecie previste dalla norma del trattato, vanno dalla commissione di gravi reati fino alla semplice irregolarità amministrativa.

Risulta indispensabile,quindi,che l’autorità nazionale acquisisca una idonea documentazione dallo Stato estero, onde appurare quale sia la ragione della dichiarata inammisibilità, e, solo sulla base di tale istruttoria, motivare l’eventuale provvedimento di diniego di regolarizzazione.

Quindi un provvedimento generico di rifiuto della regolarizzazione per la semplice segnalazione dell’interessato nel Sistema Informativo Schengen, risulta essere - sempre sulla base dell’interpretazione adottata dal Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto e in base al necessario rispetto dei principi della nostra Costituzione - un provvedimento illegittimo e può essere validamente impugnato(4).

Merita,pure,di essere sottolineato che in alcuni casi è accaduto che gli interessati si siano visti rifiutare il perfezionamento della regolarizzazione perché risultavano segnalati nel Sistema Informativo Schengen,sebbene nel frattempo avessero già ottenuto, dalle autorità estere che avevano inserito la segnalazione nel S.I.S., la cancellazione della segnalazione.

Anche per tale ragione un provvedimento generico di rifiuto della regolarizzazione per la semplice segnalazione dell’interessato nel SIS risulta essere un provvedimento illegittimo che può essere validamente impugnato.

Altri dubbi sulla legittimità della espulsione del cittadino straniero in presenza di una sentenza di condanna penale sono stati espressi, di recente, dal Tar di Brescia che ha rimesso alla Corte Costituzionale la valutazione della legittimità della disciplina contenuta nel TU sull’immigrazione(5).

La sezione distaccata di Brescia del T.A.R. Lombardia,infatti,dubita della legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 13 della Costituzione, dell’articolo 4, comma 3, del D.lgs. 286/98, come sostituito dalla legge n. 189/2002, in correlazione con i successivi articoli 5, comma 5 e 13, comma 2, lett. b, nella parte in cui la norma prevede che l’autorità amministrativa disponga l’espulsione dello straniero dal territorio italiano in presenza di condanna per determinati reati, senza imporre l’ulteriore verifica della pericolosità sociale della persona.

Secondo i Giudici bresciani,sebbene la legge "Bossi-Fini" abbia introdotto - con il nuovo terzo comma dell’art. 4 - un divieto generalizzato di ingresso nei confronti degli stranieri condannati in Italia per delitti per i quali è previsto l’arresto - obbligatorio o facoltativo - in flagranza, nonché per altri più gravi reati,la nuova disposizione troverebbe applicazione in virtù del successivo art. 5,comma 5, anche nei confronti di chi è già titolare di permesso di soggiorno atteso che tale norma stabilisce le condizioni per il rinnovo richiamando quelle previste per l’ingresso.

Non solo, ma la nuova disposizione si applicherebbe anche nei confronti dei condannati per reati commessi o addirittura giudicati prima dell’entrata in vigore della legge 189/02.

Dal diniego di rinnovo del permesso di soggiorno conseguirebbe poi l’espulsione prevista dall’art. 13, comma 2, lett. b per lo straniero il cui permesso di soggiorno sia stato revocato per effetto dell’art. 5, comma 5.

Secondo il TAR Brescia, dunque, il nuovo sistema finirebbe per introdurre una nuova forma indiretta di espulsione amministrativa autonoma a seguito di condanna penale.

Il TAR Brescia sottolinea,sul punto, che il principio affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 58/1995 è stato recepito dall’art.15 dello stesso D.Lgs. 286 del 1998, che nel disciplinare l’espulsione a titolo di misura di sicurezza,consente al giudice di ordinare la stessa qualora lo straniero sia stato condannato per taluno dei delitti previsti degli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, sempre che lo stesso risulti "socialmente pericoloso".(6)

Non si spiegherebbe, di conseguenza perché il nuovo terzo comma dell’art. 4 del D.lgs. 286/98 finisca per consentire all’autorità amministrativa in connessione con le altre norme richiamate di disporre l’espulsione dello straniero dal territorio italiano in presenza di condanna per determinati reati senza imporre la valutazione, in concreto, della pericolosità sociale, così come è invece tenuto a fare il giudice, per gli stessi reati, nell’applicazione dell’espulsione a titolo di misura di sicurezza, dal momento che gli effetti dei due provvedimenti risultano analoghi.

Tuttavia,non solo per questo motivo il TAR Brescia riterrebbe violato il principio di eguaglianza enunciato nell’art. 3 della Costituzione.

Un ulteriore profilo di disparità di trattamento deriverebbe dal fatto che, mentre l’art. 445 c.p.p. non consentirebbe l’applicazione di misure di sicurezza per le sentenze pronunciate a seguito di patteggiamento, atteso che il terzo comma della stessa norma prevederebbe,invece, espressamente che il divieto di ingresso (e quindi, come si è detto, il divieto di soggiorno e l’espulsione) deriverebbe,comunque,dalla sentenza di condanna, anche se pronunciata a seguito di "patteggiamento".

L’ordinanza di remissione conclude affermando che, poiché l’espulsione è misura che incide sulla libertà personale, se la stessa viene disposta senza un previo giudizio sulla pericolosità sociale nel caso concreto, essa finisce con il porsi in contrasto anche con l’art. 13 della Costituzione, norma applicabile a tutti gli individui, cittadini e non cittadini.

Di diverso avviso appare l’opinione del Tar dell’Emilia Romagna (7) per il quale La legittimità del provvedimento impugnato va valutata in relazione alle modificazioni apportate al T.U. sull’immigrazione dalla legge 30 luglio 2002 n. 189, entrata in vigore prima dell’adozione del decreto di cui si controverte.

In virtù delle nuove disposizioni contenute nell’art. 4 comma 3 del T.U. risulta ora ostativa all’ingresso in Italia - e quindi anche al rinnovo del permesso di soggiorno precedentemente rilasciato - la circostanza che lo straniero sia stato condannato, anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p., per taluni reati individuati con richiamo alle previsioni di cui all’art. 380 c.p.p. o direttamente dall’ultima parte del comma citato.

Secondo i giudici emiliani,l’applicazione di tali nuove disposizioni al caso di specie (benchè la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno sia anteriore all’entrata in vigore della legge n. 189/2002, così come la sentenza di condanna richiamata nel provvedimento di diniego) costituisce doverosa applicazione del principio tempus regit actum e non induce il TAR a ravvisare profili di illegittimità costituzionale.

Si deve infatti riconoscere al legislatore, nella delicata materia dell’immigrazione, il potere di individuare e valutare diversamente, in epoche diverse, le situazioni rilevanti ai fini dell’ammissione e della permanenza degli stranieri nel territorio nazionale; e d’altra parte nell’esame delle fattispecie maggiormente suscettibili di ingenerare dubbi di costituzionalità delle norme novellate può essere seguita un’interpretazione delle stesse rispettosa dei precetti costituzionali e comunque consentita dalla formulazione delle modificazioni introdotte.

Si tratta dunque di valutare se la condanna riportata dal ricorrente rientri o meno fra quelle individuate dall’art. 4 comma 3 del T.U come ostative all’ingresso dello straniero in Italia e, conseguentemente, al rinnovo del permesso di soggiorno rilasciato in precedenza.

In tale quadro appare evidente che le affermazioni circa il corretto inserimento nel contesto sociale non possano incidere sull’applicazione del più volte citato art. 4 comma 3 del T.U. n. 286/1998.

In definitiva,chiunque,in sede giudiziaria,non possa subire l’applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione,per essere stato condannato con sentenza di "patteggiamento", finirebbe, comunque, per essere espulso a seguito di diniego del rinnovo del permesso di soggiorno, nella sede amministrativa in applicazione dell’art. 13 comma 2 lettera b) del D.Lgs. n. 286 del 1998.

 

Ostuni, settembre 2004

 

NOTE

(1) D.P.R. 27.07.2004 n° 242, G.U. 18.09.2004

(2) v.circolare n.300/C/2003/1851/P/12.222.11/1^Div.del 9 settembre 2003,

(3) v Ordinanza del 12/1/2004,Tourab/Prefetto Avellino,inedita

(4) Tar Veneto,sent. n.6156/03 del 11/12/2003

(5) v.Ordinanza del 15 maggio 2003, n. 683

(6) sul tema v.dello stesso autore "Problemi di pericolosità sociale ed espulsione" in Filodiritto.com

(7) sentenza n.944 del 20/7/2003

 

 

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