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L’immigrato non va espulso se ha il "cedolino" delle Poste
Avvenire, 14 Aprile 2004
Per provare che l’immigrato ha effettivamente regolarizzato la sua posizione basta mostrare il cedolino rilasciato dalle Poste che attesta la richiesta di emersione dalla clandestinità. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione: il giudice non può chiedere all’immigrato la prova che le prefetture abbiano ricevuto i relativi bollettini di versamento. Con questa pronuncia, la Prima sezione civile ha dato ragione ad una cittadina moldava, Liliana P. che nel novembre del 2002 si era vista espellere dal nostro territorio dal Prefetto di Brescia perché, a suo dire, la donna, entrata clandestinamente in Italia, non aveva provato a sufficienza di essersi messa in regola con la sanatoria de12002. La Prima sezione civile (con sentenza 6991), contrariamente a quanto richiesto dal sostituto procuratore generale della Cassazione, ha accolto il ricorso della cittadina moldava, ricordando che le norme sulla regolarizzazione dispongono che "a tutti gli effetti, la data di presentazione è quella recata dal timbro dell’ufficio postale accettante". Per la Suprema Corte, insomma, le prove che l’immigrato si è affrancato dalla clandestinità, i giudici le dovevano richiedere alle prefetture, non all’immigrato. Sarà ora il Tribunale di Brescia a riconsiderare la posizione dell’immigrata, applicando il principio che è stato fissato da piazza Cavour con questa sentenza.
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