Malato di tumore e senza speranza

 

Malato di tumore, carcerato e senza speranza

 

Il Nuovo on line, 25 ottobre 2002

 

Nicolino Sorbo è in cella da 20 anni, ha un nodulo al cervello e placche di sclerosi multipla ma non riesce a farsi assistere in una struttura pubblica, dove lo possano curare.

 

ROMA - Nicolino ha 41 anni ed è detenuto per concorso in omicidio. Deve scontare una condanna di 30 anni. Dentro ne ha passati già 20. Ha un nodulo al cervello di circa un 1 cm e da giugno scorso non cammina. Negli ultimi tempi gli è stato negato un differimento della pena e un trasferimento in una diversa sistemazione rispetto a quella dove è ora: l’ospedale psichiatrico giudiziario del carcere di Rebibbia, Roma. Di questi speciali reparti Nicolino Sorbo, da Venaria, ne ha girati tanti. Dopo 6 mesi in cella si ammalò di una forma grave di autismo e depressione, e malgrado i sanitari pensassero a una simulazione per sfuggire le sbarre, lo hanno confinato sempre in quelli che vengono definiti buchi di "dolore, cemento e pazzia" e dove la cura è una somma continua di psicofarmaci.

È assistito dal fratello Giovanni, condannato insieme a lui, e da un’altro detenuto. "24 su 24", ripetono gli operatori e gli assistenti sociali. Secondo una perizia Nicolino ha gravi placche di sclerosi multipla oltre a non riuscire a ragionare e parlare in modo sensato.

"E’ lontano dal mondo reale, completamente estraniato" dicono. Però questo uomo diventato pianta sta per morire. E siccome non ha foglie che si ingialliscono e il male lo sta scavando dalla testa è più difficile che si comprenda quel che ha ed è costretto a soffrire. Il mese scorso, dopo visite e controlli, viene ricoverato all’ospedale San Giovanni. Per chi gli è vicino è una vittoria, ma passa una settimana e viene riportato in carcere.

Motivo: le condizioni psichiche non permettono di lasciar solo il malato neanche per un minuto e siccome non c’è abbastanza personale per fare questo è bene che ritorni da dove è venuto.

L’8 ottobre un magistrato di sorveglianza ha rigettato l’istanza di differimento della pena perché riteneva che dalle relazioni sanitarie non emergesse un quadro patologico tale da imporre provvedimenti "immediati e urgenti". Il peso della stessa vicenda, le condizioni di Nicolino, è stato però valutato diversamente da un altro giudice che ha concesso un permesso straordinario al fratello Giovanni affinché cercasse una struttura di lungo - degenza psichiatrica. Ma quando ogni cosa sembra in via di soluzione ecco un’altra carta, una valutazione dotta, a lasciare in cella Nicolino. Due psichiatri della ASL non concedono il loro benestare e indicano in dicembre, nel giorno della prossima visita all’ospedale San Giovanni, come limite raggiungibile senza problemi.

Lillo De Mauro, presidente della Consulta permanente cittadina del Comune di Roma, annuncia battaglia: "Qui si gioca a rimpiattino con la vita di una persona vessata oltre misura dalla vita-non vita del carcere. In Francia, rispetto alla medicina penitenziaria, si è varata una riforma in quattro mesi, da noi invece sono trascorsi quattro anni e ad oggi tutto è rimasto un progetto, una sperimentazione". 

 

Precedente Home Su Successiva