Aids in carcere

 

Aids in carcere, sempre meno risorse per la sanità

di Paolo La Marca (Area riduzione del danno - Lila Cedius)

 

Fuoriluogo, 30 dicembre 2003

 

Che il carcere fosse diventato ormai solamente un contenitore di disagio e "devianza" senza più nessuna velleità, anche solo virtuale, di rieducazione credo che ai nostri lettori sia già ben noto. Così come si è ormai ben delineato che il modello che si vorrebbe inseguire è quello statunitense (la nazione con il più alto rapporto numero di cittadini/persone incarcerate al mondo), attraverso il raggiungimento di uno status di non-luogo in cui cessano di avere valore i diritti umani basilari (e costituzionali) primo fra tutti quello alla salute ed alla cura, con l’inasprimento delle pene su tutti i fronti, con la progressiva diminuzione dei fondi pubblici allocabili, con l’utilizzo strumentale della detenzione come "annullamento" umano e sociale, con lo spettro della privatizzazione delle carceri (almeno sul fronte delle condanne relative al consumo di droghe).

Sempre più lontani, sempre più emarginati, sempre più fuori da ogni contesto di riscatto e inclusione nella società, anche senza scomodare concetti profondi e complessi come quelli legati alla "redenzione"; è questa la situazione a cui sono destinate senza appello le persone detenute nel nostro sistema penitenziario nazionale.

E a condanne (penali) si aggiungono condanne (strutturali). L’attuale situazione delle carceri italiane mostra come le condizioni di vita siano le peggiori mai registrate, da tutti i punti di vista: per quel che riguarda il sovrappopolamento (circa 56.250 persone, contro una capacità totale di poco meno di 30.000 posti), per quel che riguarda i detenuti con disturbi mentali (9.250), per quel che riguarda il numero di tossicodipendenti (il 28% dell’intera popolazione carceraria, secondo il ministero di giustizia, circa il 40% secondo il Coordinamento nazionale operatori per la salute nelle carceri italiane), per quel che concerne i detenuti sieropositivi (circa 8.300, secondo il presidente dei medici penitenziari italiani Francesco Ceraudo) e quelli affetti da Aids conclamato (oltre 500), e non contando le problematiche poste da altre patologie trasmissibili come le Epatiti e la Tbc (a fronte di un rischio di contagio di valutato come 7 volte superiore rispetto a chi, a parità di condizione di immuno-depressione, non è incarcerato).

In un ambito in cui i farmaci anti-retrovirali non ci sono e quando anche arrivano sono insufficienti, a causa dell’ulteriore restringimento del budget riservato -alla salute penitenziaria previsto nella prossima Finanziaria (una decurtazione di 20 milioni di euro, sul budget già insufficiente di 95,5 milioni precedente), con conseguente impossibilità di programmare piani terapeutici efficaci (e quindi con l’altissimo rischio di rendere inefficaci le terapie, e ancor più di sviluppare ceppi di virus Hiv resistente, "bruciandosi" una possibilità terapeutica dopo l’altra in pochissimo tempo).

E il futuro non è certo roseo: fra proposte e veti incrociati di indulti e indultini, ministri che guardano questa situazione e ribadiscono che le carceri non devono essere hotel a 5 stelle (sic!), regole sulla scarcerazione delle persone con Hiv o Aids completamente disattese, e dulcis in fundo con la nuova incombente proposta di legge Fini sulle droghe che non fa nessuna distinzione fra sostanze leggere e pesanti e praticamente non distingue consumo da spaccio, e che in definitiva ripropone esperienze già viste e vissute nei primi anni ‘90 con l’introduzione della (in)famosa legge Craxi – JervoIino - Vassalli, che ebbe l’unico risultato di raddoppiare la popolazione carceraria in soli 4 anni (dai 25.573 detenuti totali di cui 7.299 tossicodipendenti del 1990, ai 50.723 detenuti totali di cui 14.742 tossicodipendenti del 1994).

Con buona pace di chi commette reati che non hanno uno stigma sociale così fortemente connotato, come quelli legati alle droghe e all’Aids, di chi prende cinque anni per corruzione "semplice" e passa da innocente, o magari di chi si è avvolto nel tricolore illuminato di patriottardo ardore e il giorno dopo evaderà le tasse o costruirà abusivamente la seconda (terza?) casa. Tanto gli amici degli amici sono sempre pronti a (per)donare e (con)donare.

 

 

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