Giudicare
i ragazzi, che responsabilità
Il
Denaro, 31 agosto 2003
Per
Stefano Trapani, presidente del Tribunale dei Minori, amministrare la giustizia
in una città come Napoli non è facile. "Occorrono doti di pazienza
straordinarie e tanta buona volontà. Andiamo avanti tra mille difficoltà. Ci
scontriamo con una cronica carenza di personale: lo abbiamo fatto presente al
Consiglio superiore che ha promesso di intervenire".
Quanti colleghi le occorrono?
Molti di più di quanti ce ne sono ora. Abbiamo un gran carico di lavoro: la
nostra competenza distrettuale va dal paesino sperduto dell’Avellinese fino ad
Ischia, cinque milioni e mezzo di abitanti. Siamo quattordici più il presidente
ma dovremmo essere almeno venti, presidente escluso.
Le situazioni che trattate sono delicate, trattandosi di minori. Il vostro
lavoro richiederebbe più tempo?
Le nostre istruttorie sono lunghe e complicate, richiedono estrema attenzione.
Vanno condotte in modo capillare. E i tempi si protraggono. L’utenza non se ne
rende conto e vorrebbe da noi decisioni immediate.
Che tipo di responsabilità sente nel dover giudicare dei ragazzi?
Educare i giovani è difficile, giudicarli lo è ancora di più. I giovani hanno
una personalità complessa, talvolta oscura. Per capirli occorre farsi guidare
anche dall’istinto. Per la maggior parte si tratta di ragazzi cresciuti male,
per troppo "buonismo". E invece vanno responsabilizzati. Il buonismo non
serve: i colpevoli vanno condannati.
Ritiene che le pene abbiano una funzione educativa, oppure dopo la condanna i
giovani hanno più difficoltà a inserirsi nel tessuto sociale?
La malavita offre loro una grande facilità di guadagni, i nostri sforzi di
insegnare loro un lavoro dopo la pena, spesso appaiono ridicoli. Qualcuno riesce
a inserirsi nel sistema sociale ma con molti stenti. La società dovrebbe essere
più educativa e più seria, oggi il denaro impera e il giovane pur di
procurarsene scavalca i limiti del lecito.
Quali sono i reati più ricorrenti?
Scippi, rapine, sequestri, violenze e lesioni. Il numero delle denuncie è
diminuito ma non il numero dei reati: ciò significa che i cittadini rinunciano
a denunciare forse per una mancanza di fiducia nei riguardi delle istituzioni.
La frammentazione dei clan ha influito sulla delinquenza minorile?
Ha sicuramente determinato un grande caos che costituisce un ulteriore danno
per i minori.
Pensa che l’"affidamento" dei ragazzi alle famiglie o agli istituti serva
realmente a rieducarli?
Queste strutture non sono la panacea per tutti i mali. Oltre
all’affidamento, i minori devono essere seguiti attentamente dagli assistenti
sociali e dalla Procura. E’ fondamentale vegliare su di loro.
Dopo il caso di Erika e Omar i riflettori sono puntati sul comportamento dei
ragazzi. Ci sono stati in Campania casi analoghi?
Ricordo un caso, per il quale chiesi e ottenni il silenzio stampa, di un
ragazzo che uccise la madre. Di questi casi macroscopici ne abbiamo un numero
contenuto.
L’Associazione nazionale dei magistrati ha scioperato per le nuove riforme
in materia di giustizia. Qual è il suo parere a riguardo?
Sono dalla parte dell’Associazione nazionale magistrati e mi sorprendono i
colleghi che pur facendone parte ragionano in modo diverso.
Che cosa pensa della separazione delle carriere richiesta dal Governo?
Separare la carriere è un grosso errore. Essere magistrato giudicante e
requirente sono due cose legate tra loro e devono restare tali.
Che cosa manca strutturalmente al suo Tribunale?
Gli uomini e una situazione logistica più confortevole e spaziosa.
Cosa comporta la separazione tra Tribunale civile e penale?
E’ assurdo voler inserire il civile minorile in un Tribunale ordinario, che
forse non avrebbe la possibilità di occuparsene con accuratezza.
Se i minorenni commettono reati, la colpa è della famiglia delle istituzioni
o della società?
Della società vista come complesso di persone che non ha il rispetto delle
regole. La gente è troppo egoista. Anche Napoli, preceduta dalla fama di essere
altruista, si è dimostrata una città molto arida. E’ necessario cambiare la
società e tutti insieme possiamo farcela.
Che cosa ha fatto nella sua carriera che non rifarebbe?
Ho fatto anche il magistrato del lavoro, fu un’esperienza difficile, subii
minacce per la mia vita. In Italia, con una situazione così tormentata, fare il
magistrato del lavoro è un’esperienza difficile.
Favorevole o contrario alla riforma dell’articolo 18?
Non sono competente, ma credo che ci sono cose che non andrebbero cambiate.
C’è una voglia di cambiamento fine a se stessa. E’ come se la lentezza del
passato governo di centrosinistra, avesse fatto venire la voglia al nuovo
governo di accelerare i tempi.
Il presidente Ciampi, in visita al carcere di Nisida afferma che la
formazione è lo strumento fondamentale per dare lavoro e che quindi bisogna
investire nella formazione tutte la forze disponibili.
L’affermazione del presidente della Repubblica fa eco al nostro indirizzo
che va avanti da decenni. Non c’è dubbio che tutti gli sforzi vadano rivolti
a tale scopo e il governo ricopre un ruolo fondamentale in questo. Bisogna dare
lavoro ai giovani affinché si integrino nel tessuto sociale e si allontanano
dalla criminalità.
Il suo passato da pubblico ministro che cosa le ha insegnato?
La grande attenzione nel condurre le indagini. I
magistrati inquirenti, per certi aspetti, hanno un compito più facile, perché
non sono tenuti a emettere giudizi.