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Monopati * - Esperienza di formazione e avviamento al lavoro di persone a rischio o legalmente sottoposte a misure limitative o privative della libertà a Ferrara
Premessa
La realtà in cui versa il sistema carcerario italiano è nota: sovraffollamento, decadenza delle strutture, carenza di operatori sociali, scarsa capacità d’individuare e riconoscere le opportunità mirate al cambiamento di vita dei detenuti utilizzando le risorse presenti sul territorio. Il rischio è quello che il condannato, alla dimissione, si ritrovi con gli stessi disagi e gli stessi problemi di prima. Per contenere un tal rischio è stato formulato il progetto "Monopati" con l’obiettivo di sostenere i detenuti nel passaggio dal carcere alla vita "libera". Esso non rappresenta la fine di un percorso, ma un tempo di passaggio dove la persona può ritrovare se stessa ed un nuovo stile di vita. Con questa esperienza si è cercato di dare concreta attuazione ai contenuti dei Protocolli d’intesa che la Regione Emilia - Romagna ha siglato prima con la Direzione Generale degli Istituti di Prevenzione e Pena (1987), successivamente con il Ministero di Grazia e Giustizia (1998). Questo progetto è servito a collaudare il rapporto con il carcere, instauratosi negli anni (v. Contesto), a volte anche con modalità comunicative conflittuali.
Il contesto
L’attenzione dell’Amministrazione comunale nei confronti della devianza e, nella fattispecie, delle problematiche del reinserimento sociale delle persone dimesse dal carcere, risale al 1981, allorché con decisione di G.M. fu costituito il Gruppo di appoggio al carcere, diventato poi Comitato carcere nella città con apposita delibera del Consiglio Comunale, ed attualmente Comitato locale per l’esecuzione penale dell’area adulti. L’Amministrazione Comunale di Ferrara, fin dal 1975, ha delegato la gestione delle funzioni socio-assistenziali, ivi comprese quelle successivamente richiamate nell’art. 23 del DPR 616/77, al Consorzio Socio Sanitario, trasformatosi poi in USL 31, in Azienda USL ed attualmente in Centro Servizi alla Persona. In particolare gli operatori del Servizio Sociale dell’ Unità Sanitaria Locale 31, si sono occupati di inserimenti lavorativi fin dal 1986, accogliendo i principi ispiratori della Legge "Gozzini" (L. n. 663/86) appena approvata. I primi inserimenti lavorativi riguardavano persone in esecuzione di pena o liberi, ma a rischio di carcerazione, anche con problemi di dipendenza da sostanze psicotrope. Lo strumento utilizzato è un protocollo d’intesa individuale fra Servizio Sociale e Azienda, all’interno di un accordo più vasto fra USL e le Associazioni di categoria e la Formazione Professionale. Dal 1986 al 1996 sono stati effettuati n. 18 inserimenti lavorativi attraverso progetti mirati ed interventi individuali in aziende diverse. Il progetto "Monopati", che nasce all’indomani delle elezioni amministrative del 1995 e si realizza nell’agosto del 1996, riguarda invece un gruppo di soggetti inseriti nella stessa Cooperativa sociale. Esso si avvale dei seguenti accordi:
Il progetto
Lo sviluppo di esperienze di formazione-lavoro tendenti a favorire il reinserimento sociale delle persone legalmente sottoposte a misure limitative o privative della libertà, ed a facilitare l’attivazione delle forme di esecuzione penale alternative alla detenzione in carcere, ha costituito un obiettivo condiviso dagli Enti sottoscrittori il progetto. Nel programma uno degli scopi prioritari è stato il riconoscimento della presenza dell’Istituto di pena nella realtà sociale locale ed il tentativo di un’apertura nel territorio di un canale di avviamento al lavoro, per facilitare il reinserimento sociale dei detenuti, di ex-detenuti e di persone a rischio di carcerazione. L’attuazione del progetto in funzione di quest’ultima finalità si è articolata nelle seguenti fasi:
I principali obiettivi sono stati:
Obiettivi specifici: attività di ogni singolo attore
Casa Circondariale di Ferrara:
Il Centro di Servizio Sociale Adulti:
Il Servizio Sociale dell’Azienda USL - Distretto di Ferrara:
Il Comune di Ferrara:
Centro di formazione professionale:
La Cooperativa sociale:
L’utenza:
La metodologia, gli strumenti, i risultati
Nelle varie fasi dell’intervento sono state utilizzate le seguenti metodologie:
Strumenti di lavoro
Nel corso dell’esperienza sono stati considerati i seguenti fattori:
Dopo la selezione iniziale dei detenuti da inserire nel progetto, effettuata dagli operatori del trattamento intramurario, gli operatori del servizio sociale dell’USL hanno iniziato i colloqui con i detenuti individuati, valutando il percorso trattamentale compiuto e la partecipazione ad esso. I colloqui con i detenuti proposti sono stati finalizzati alla raccolta di elementi utili per ipotizzare un progetto individualizzato, elaborato con l’interessato e gestito insieme con gli operatori sociali delle varie Istituzioni, secondo le competenze di ciascuno. La sottoscrizione di un "contratto", da parte dell’utente, è stato elemento indispensabile per l’ammissione al progetto. Il percorso di formazione e avviamento al lavoro si è realizzato attraverso una simulazione del rapporto di lavoro "stage", che ha consentito all’utente il contatto con il mondo del lavoro e le sue regole, di conoscere e cominciare ad esercitare i propri diritti e doveri:
Tutti i partecipanti al progetto sono stati assicurati contro gli infortuni e coperti da una assicurazione di responsabilità civile verso terzi, in caso di danni arrecati ad altri nello svolgimento dei compiti assegnati. Gli stessi sono stati sottoposti a profilassi antitetanica, previa certificazione di idoneità al lavoro rilasciata dal sanitario dell’Istituto, alla quale, negli ultimi anni, si è aggiunta quella del medico della ditta, come previsto dalla Legge 626/94. Per ogni utente è stata utilizzata una cartella anamnestica, compilata dall’Educatore della Casa Circondariale ed inviata al Servizio Sociale territoriale, quale richiesta d’intervento individuale. Tale cartella è stata poi riassunta nella scheda "situazione individuale", integrata dalla parte riguardante la condotta lavorativa. Gli elementi relativi ai dati personali (I° parte), quelli sociali e formativo-lavorativi (II° parte), quelli trattamentali (III° parte), sono stati riportati in prospetti riassuntivi per facilitare una valutazione comparativa dei dati emersi. L’esperienza lavorativa è stata "misurata" in base ad una scheda di valutazione ricavata da quella proposta da Luc Ciompi, divulgata dal Centro di Medicina Comportamentale di Milano. Tale scheda comprende per una parte la variabile "rendimento al lavoro", per l’altra parte la variabile "relazione interpersonale". Fin dal primo progetto si è avvertita la necessità di registrare i comportamenti acquisiti, formalizzandoli in "regole e compiti" (che ogni attore istituzionale del progetto è tenuto a rispettare e ad adempiere), con lo scopo di socializzare ed uniformare le risposte. L’assistente sociale territoriale e l’educatore professionale, appositamente assunto, periodicamente hanno tenuto degli incontri con i tutors e/o lo staff della cooperativa per verificare il "clima" del progetto e le eventuali difficoltà, fornendo spiegazioni e suggerendo modalità operative per affrontare adeguatamente le emergenze. Tali incontri rivestivano carattere formativo e di supervisione, necessaria per chi opera in tali situazioni. Si sono svolti poi incontri di verifica con l’educatrice del carcere e frequenti contatti sulle singole situazioni. Periodicamente si sono attuate le seguenti verifiche:
Risultati
I fruitori dei vari progetti (o moduli del progetto) hanno costituito un campione di 41 persone, la cui età media è di 36,65 anni e si è riscontrato, nei vari anni di attuazione, un aumento dell’età dei detenuti partecipanti. Nel campione si sono rilevate le caratteristiche anagrafiche, giuridiche, lavorative e di problematicità di seguito riportate. Il campione è costituito da 41 persone L’età media è di 36,65 anni, nel corso del progetto si è notato un aumento dell’età dei detenuti. Stato civile: 13 coniugati e 28 di stato libero Convivenza: 29 in famiglia d’origine e 12 soli Scolarità: 34 hanno assolto l’obbligo scolastico, 5 sono in possesso della licenza di scuola media superiore e 2 laureati Cittadinanza: 25 italiani e 16 stranieri. Precedenti esperienze lavorative. La maggior parte di queste persone provenivano da esperienze di lavoro occasionale, non continuative; infatti solo a 10 utenti si sono riscontrate esperienze lavorative superiori ai sei mesi e considerate come consistenti, registrate nel libretto di lavoro e verificabili presso l’ufficio circoscrizionale per l’impiego. Gli intervalli fra un lavoro e l’altro sono brevi, pur considerando i periodi di detenzione. A 6 utenti non si sono riscontrate esperienze di lavoro per mancanza d’informazioni, quindi non riscontrabili. A 25 si sono rilevate esperienze di lavoro inferiori a sei mesi; infatti il maggior numero di queste non risultava sul libretto di lavoro e non era controllabile all’ufficio circoscrizionale per l’impiego, inoltre, vi erano lunghi intervalli fra un lavoro e l’altro nonostante i periodi di detenzione, quindi sono state considerate non consistenti.
Problematicità
In relazione alle storie personali degli utenti, si è fatto riferimento alle seguenti definizioni di "marginalità" e "disadattamento":
Caratteristiche giuridiche
Tipologie di reato
Di essi
Formazione professionale in carcere
Soltanto 14 utenti hanno partecipato a corsi di formazione all’interno del carcere, prima dell’inserimento nel progetto "Monopati", ottenendo le seguenti qualifiche:
A questi utenti è stato regolarizzato il libretto di lavoro presso il Centro per l’Impiego di Ferrara e, nello specifico, registrando la relativa qualifica.
Risultato finale
Delle 41 persone transitate 35 hanno completato il programma, 5 sono evase e avevano subito precedenti carcerazioni, 1 ha violato le prescrizioni del programma di trattamento. Di queste:
A conclusione dell’esperienza di stage si sono prospettate alla persona le seguenti possibilità:
Compito degli operatori è stato coordinare le diverse attività e sostenere gli utenti nel percorso riabilitativo, soprattutto nei momenti di "passaggio", valutando di volta in volta i progressi fatti.
Presenza degli stranieri in carcere
La percentuale dei cittadini stranieri in carcere va sempre più aumentando ed anche nel progetto essa è andata via via crescendo, facendo rilevare la presenza di numerose cittadinanze - su 16 condannati si registrano dieci diverse nazionalità - , che rispecchiano il quadro migratorio nazionale. Degli stranieri inseriti nel progetto, soltanto 5 sono recidivi e 13 sono stati considerati nella fascia della marginalità. Questi dati inducono a considerare che una più idonea accoglienza potrebbe essere un elemento di diminuzione della micro-criminalità straniera. La legge italiana consente ai cittadini stranieri detenuti di usufruire, al pari dei cittadini italiani, delle misure alternative, durante le quali possono svolgere un’attività lavorativa regolare, anche se non in possesso del permesso di soggiorno. Tale possibilità può costituire un momento di recupero socio-riabilitativo importante, offrendo loro l’opportunità di "sperimentare" modelli di vita alternativi e di acquisire abilità lavorative spendibili anche nel paese di origine.
Positività
Effetto "moltiplicatore positivo"
Si è realizzato nei confronti delle altre realtà locali, sia amministrazioni comunali che aziende commerciali, con cui si è entrati in contatto, per dare continuità al percorso di reinserimento dei condannati, nelle città di residenza, consolidando i rapporti familiari. Ciò è stato possibile in 7 situazioni (Regioni 1 E-R, 2 Piemonte; 4 Lombardia) dando attuazione alla territorializzazione della pena prevista dal Protocollo d’intesa fra la Regione Emilia - Romagna e il Ministero della Giustizia.
Cambiamento dello stile di vita
Si è cercato di far maturare nell’individuo un atteggiamento di collaborazione e di rispetto delle regole del "vivere civile", con una ricaduta positiva nei rapporti interpersonali, ma anche di attivare quelle attenzioni che rendono dignitosa la vita quotidiana (cura della propria persona, dell’ambiente in cui si vive, utilizzo più consapevole del denaro, etc.).
Socializzazione
Il cambiamento dello stile di vita si è rafforzato non solo attraverso le attività occupazionali, anche con quelle formative, ricreative e comunitarie. Il programma riabilitativo ha infatti considerato importanti quegli elementi che hanno contribuito alla formazione di un’identità di cittadino/lavoratore:
Non va dimenticata una socializzazione spontanea, di "strada", scaturita dal tipo di compiti svolti, che ha favorito il rapporto quotidiano dei partecipanti con i cittadini e negozianti, con un riscontro immediato dell’utilità del loro lavoro.
Criticità
Misura alternativa della semilibertà
L’istituto della semilibertà, pur rappresentando una tappa importante dell’obiettivo d’inserimento graduale, è comunque una misura difficile da "vivere", specie se prolungata. La difficoltà risiede nella contemporaneità di una libertà parziale, limitata da rigide prescrizioni trattamentali, e un ritorno quotidiano alla vita detentiva e ai suoi vincoli. Il programma di trattamento, per la fruizione della misura indicata, stilato dalla Direzione del carcere ed approvato dal Magistrato di Sorveglianza, non sempre ha consentito il rispetto ed il conseguimento degli obiettivi progettuali. Ne è conseguita la conflittualità da parte dell’utente tra il perseguire le finalità di emancipazione sociale e lavorativa, proprie del progetto, e il rispettare le prescrizioni impostegli. Tale condizione si è ripercossa inevitabilmente nei rapporti tra operatori delle diverse Amministrazioni rispetto ai loro mandati istituzionali.
"Tempi Moderni"
La gradualità del percorso richiede il rispetto dei tempi di attuazione, un’eccessiva dilatazione comporta una perdita del loro significato. È risaputo che i tempi del Mondo del Lavoro non coincidono con quelli della Pubblica Amministrazione, in particolare con quelli dell’Istituzione Penitenziaria, che contempla oltre ai passaggi amministrativi anche quelli dell’Autorità Giudiziaria. L’avviamento al lavoro (iscrizione, partecipazione alle aste, preselezione, colloquio di assunzione, etc.) richiede una tempestività che non corrisponde ai tempi di autorizzazione e di verifica dell’offerta di lavoro da parte dell’Istituzione Penitenziaria (visita e colloquio in loco da parte degli Assistenti Sociali del Centro di Servizio Sociale Adulti del Ministero della Giustizia, valutazione del "caso" in équipe, variazione delle prescrizioni del programma di trattamento e relativa autorizzazione da parte del Magistrato di Sorveglianza). Questa inevitabile dilatazione dei tempi, in alcuni casi ha prodotto la perdita dell’opportunità lavorativa.
Pochi…ma buoni?
Il progetto nel corso degli anni si è svolto in assenza di una puntuale informazione alla cittadinanza. Se ciò da un lato ha permesso una tranquilla attuazione dello stesso, dall’altro è venuta meno, da parte del territorio, una necessaria sensibilizzazione a sostegno del progetto. In particolare non è stato favorito l’aggancio con il mondo imprenditoriale, esito naturale del progetto Monopati, che in parte è imputabile alla riforma del collocamento, con il passaggio delle competenze dal Ministero del Lavoro all’Amministrazione Provinciale. La realtà locale delle Cooperative Sociali, più sensibili a tali problematiche, raccoglie soprattutto soggetti multiproblematici, il cui inserimento in ambito produttivo risulta assai difficoltoso. La lenta rotazione degli utenti rende il contesto poco idoneo all’ultimo tratto del percorso riabilitativo, in quanto spesso si verifica una cristallizzazione degli interventi che non favorisce il processo di ulteriore attivazione delle risorse personali dell’utente nel tentativo di "mettere in campo" le abilità acquisite. * Monopati = dal greco: sentiero obbligato, stretto, dove passa una sola persona
A.S. Maria Baglioni Coord. settore devianza migrazioni nomadi del Servizio Sociale Centro Servizi alla Persona di Ferrara
Dott. Annamaria Romano Educatore C2 - Casa Circondariale di Ferrara
Dott. Pierangelo Piras Psicologo libero professionista
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