Giornalismo dal carcere

 

Spiragli, rivista dell’ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino

 

Redazione: Viale Umberto Primo n° 42

50056 - Montelupo Fiorentino (FI)

Direttore: Franco Scarpa

Direttore responsabile: Riccardo Gatteschi

Web: www.opgmontelupo.it

 

Spiragli n° 31 - gennaio 2006

Spiragli n° 26 - marzo 2005

Spiragli n° 24 - settembre 2004

Spiragli n° 22 - maggio 2004

 

La rivista è composta da trenta pagine, e scritta interamente o quasi dai ristretti. Ci sono molte rubriche, tra le quali: L’opinione, La mia vita, Poesie in libertà, Proposte, Ricette. L’editoriale di Vincenzo, dal titolo “I paria del 2000”, affronta il delicato tema del ricovero giudiziario a cui si viene condannati in sentenza e dice: “Dopo più di quattro lustri passati nel ventre del non senso, (uno dei modi con cui viene chiamato il carcere N.d.R.) dove tutti i passi verso una crescita, attraverso una feroce autocritica, sono stati frutto e scontro con me stesso, senza aiuto, appoggi o sostegni di quelle persone che magari potevano darmelo. Oggi a 41 anni, disabile riconosciuto, mi tocca affrontare un anno di casa di cura e custodia”.

Sono racconti di vita, in cui traspare spesso delusione per le aspettative disattese, ma si trovano anche tanto garbo e delicatezza come nel pezzo che scrive Miro.

 

Sapore di libertà

 

Ieri 21 dicembre dopo undici mesi di detenzione ho passato un pomeriggio che vorrei molti ospiti di questo OPG potessero assaporare come ho potuto fare io in tutta serenità e libertà.

Sono uscito con mia sorella minore che è venuta da Genova e siamo andati in  macchina ad Empoli. Mi sono sentito felice.

Non c’era nessuno, a parte io e lei in giro per la cittadina a fare shopping. Ho provato la sensazione di respirare libero da ansie, tra un acquisto e l’altro.

Mentre camminavamo avevo accanto una persona che, devo riconoscere, mi faceva sentire fiero di essere suo fratello.

Mi dava sicurezza; mi è sembrato semplicemente che ci volevamo bene da veri fratello e sorella.

Per quattro ore non mi sono sentito un criminale ma un uomo libero.

                                                                              

Miro

 

Un racconto mi ha particolarmente colpito, lo scrive Enrico nella rubrica "La mia vita", il titolo è: Sono un zingaro. 

Nei racconti può avvenire davvero... di tutto.

La trama è molto bella, e penso che piacerebbe molto anche a Pino Cacucci, autore del romanzo Puerto Escondido e appassionato del Sud America.

 

Sono uno Zingaro

 

Un paio di anni fa mi trovavo in Messico quando fui investito da un camion della Coca-Cola: riportai diciassette fratture. Ero appena tornato dal deserto a prendere il peyote. In seguito all’incidente persi la mia borsa con i soldi, il visto d’ingresso in Messico, il passaporto. Feci denuncia dell’accaduto alle autorità di polizia ma, non avendo documenti, mi rinchiusero in un carcere insieme con tanti emigranti clandestini. Furono trentaquattro giorni meravigliosi. Una piccola ONU con decine e decine di giovani che volevano provare il “sogno americano”. Con il mio materasso al sole, misi un cartello: “Avvocato e scrivano”. Decine e decine di lettere alle fidanzate, alle famiglie, agli amici. Una lettera, due sigarette. Scrissi 1310 lettere, ma i giovani centro-americani erano senza soldi, e senza sigarette.

Un giorno entra un signore molto distinto: Rolex d’oro, braccialetti e monili d’oro, catena con crocifisso di diamanti e brillanti. Lo accolsi nella mia cella. Era Zingaro di Puertorico.

Mi disse il motto degli zingari: “Senza Patria… Solo Dio!”

“Venerabile maestro, voglio entrare nel clan degli zingari” gli chiesi.

Fece alcune telefonate e dopo tre giorni, con regolari permessi, entrarono nella sala colloqui del carcere trecento zingari di Città del Messico.

Prepararono un tavolo con molto cibo.

Avevano portato venti bottiglie di latte che in realtà erano piene di tequila.

Fu una giornata indimenticabile.

L’orchestra suonava, c’erano donne e bambini con molto oro, coloratissime.

Il Venerabile Maestro prende il microfono dell’orchestra e dice: “Fratelli Zingari, un italiano messicano farà parte del nostro clan”.

Fui ribattezzato “Siddartha”, il piccolo Budda. La festa durò cinque ore.

Ubriachi e felici. Sono uno zingaro “ Senza Patria…Solo Dio”. 

Enrico

 

 

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