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Il cielo è di tutti... quelli che hanno le ali Periodico dell’Istituto Penale per i Minorenni di Catanzaro (Anno VIII, numero 2, marzo 2005)
Le parole della tirocinante
La nostra tirocinante si chiama Francesca. È molto carina anche se è un po’ cicciotella, ma va bene lo stesso perché è molto simpatica. Quando viene lei siamo più contenti perché ci parla dell’esterno e ci fa molto piacere ascoltarla perché noi dall’interno abbiamo voglia di sapere come va la vita all’esterno di queste quattro mura. Lei ci dice che la libertà è una cosa importantissima ma purtroppo siamo qui e dobbiamo pensare almeno a studiare per avere almeno un titolo di studio, perché quando usciremo ne avremo bisogno per costruirci un futuro migliore. Quindi non possiamo certo dire che ha torto, anzi ha sicuramente ragione. Comunque la salutiamo e la ringraziamo di quello che ci dice.
Antonio e Rocco
Un’attività per il recupero
Mi chiamo Fabio, ho 19 anni e mi trovo in questo Istituto da circa 1 anno e 7 mesi. Da settembre 2004 ho iniziato a svolgere attività lavorativa di pulizia locali e spazi esterni all’istituto. Questo lavoro mi permette di trascorrere con meno monotonia le mie giornate e uscire all’esterno mi dà la possibilità di avere rapporti sociali con persone diverse dai miei compagni di stanza. Spero di poter continuare a svolgere questa attività in modo da poter migliorare la mia posizione e dimostrare che il mio percorso di recupero sta maturando positivamente.
Fabio
L’ombra della tecnologia sul mondo
Al tempo d’oggi i giorni trascorrono in fretta e la tecnologia cresce a vista d’occhio. Io mi domando cosa sarà il mondo se la tecnologia cresce così in fretta. Mi chiedo come fanno a comprare le cose tecnologiche le persone che arrivano appena a fine mese, che forse non sanno neanche cosa sia veramente mentre i ricchi la conoscono e a volte la sfruttano anche in modo sbagliato. Ormai questa tecnologia sta mangiando il mondo. Io ho scritto quello che penso sulla tecnologia e sul, dio denaro.
Alì
Primo piano: serata per Papa Wojtyla
Ciao sono Fabio, inizio prima tutto a descrivere la giornata del 15 aprile 2005. Un paio di giorni prima del 15 in questo istituto è stata organizzata un’uscita per poter partecipare ad una manifestazione in ricordo del Papa "Giovanni Paolo II". A questa manifestazione abbiamo partecipato io ed altri due miei amici, Imad ed Alì. La sera del 15 insieme ad Imad, Ali, due educatori, Rosa e Nerina, ed anche insieme al Direttore e a due agenti di Polizia Penitenziaria ci siamo recati verso le ore 17.30 al Palazzetto dello sport situato a Catanzaro Lido. Arrivati sul posto abbiamo incontrato Pino Ranieri, un nostro carissimo amico che quella sera doveva esibirsi insieme a noi sul palco accompagnato da sua moglie. Avevano il compito di farci ascoltare alcuni brani musicali e Imad ed Ali dovevano accompagnarli musicalmente con alcuni strumenti musicali; io invece avevo il compito di dipingere un quadro per poi successivamente, finita la canzone, regalarlo al Vescovo di Catanzaro che il giorno di Pasqua 2005 abbiamo avuto il piacere di avere tra noi presso l’Istituto Penitenziario. La cosa che mi ha reso molto felice è stato quando ho saputo che eravamo in diretta su SKY perché così anche i miei familiari hanno potuto vedermi. Oltre a miei familiari anche tantissime altre persone hanno potuto seguirci in trasmissione e per me è stata una cosa di grande significato perché tramite queste uscite organizzate dall’Istituto facciamo vedere che, anche se siamo privi di libertà, perché abbiamo sbagliato e abbiamo un debito con la giustizia, siamo ragazzi pieni di sentimento e di amore verso coloro che ci stanno attorno. Quella sera ad esibirci siamo stati gli ultimi perché prima di noi c’erano altri ragazzi e abbiamo fatto rientro in istituto poco dopo la mezzanotte. Per me e per i miei amici Imad ed Ali è stata una serata di grande divertimento che ci auguriamo di poterne trascorrere tante altre.
Fabio
Venerdì 15 aprile 2005 ho avuto il piacere di essere invitato a partecipare ad uno spettacolo televisivo in memoria del Santo padre. Per me è stato molto importante essere al palazzetto dello sport di Catanzaro insieme a tanti altri giovani, alcuni con tanti problemi anche peggiori dei miei. Vorrei anche ringraziare tutti quelli che mi hanno dato l’opportunità di essere lì quella sera, a cominciare dal Direttore e agli operatori tutti, in particolari Pino Ranieri che si è dimostrato un vero amico. La giornata per me è stata molto intensa e divertente, ho visto migliaia di persone, ho conosciuto tanta gente nuova ed abbiamo partecipato a questo emozionante spettacolo fino a tarda sera tra musica, canti e preghiere.
Imad
Per me il venerdì 15 aprile è stato un bel giorno di emozioni e libertà. Dopo tanti mesi che ero chiuso all’interno dell’ IPM, quando è arrivato questo giorno in cui potevo uscire mi sono sentito un’altra persona, perché non me lo aspettavo e quindi è stata una bella sorpresa. Quando sono arrivato al Palazzetto in mezzo alla gente ho provato una forte emozione e non capivo più chi ero. Ho provato dentro di me molta felicità anche perché era la prima volta che andavo a suonare davanti a tante persone, e pensavo che per la prima volta nella mia vita facevo una buona cosa davanti a tante gente. Questa cosa mi ha fatto emozionare molto e mi ha fatto capire tante cose della vita. Mi ha fatto capire che bisogna fare del bene e di uscire dal giro della criminalità, se Dio vuole. Però adesso devo parlare di me. Quel giorno quando sono arrivato con il furgone, abbiamo parcheggiato, appena sono sceso dal furgone non capivo più niente, mi girava la testa e non riuscivo a rimanere in equilibrio. Mi sono venuti pensieri forti nella testa che mi hanno fatto pensare a tante cose belle del passato quando ero libero. Ho iniziato a fumare una sigaretta dietro l’altra, ho cominciato a camminare senza sapere dove fermarmi fino a quando è arrivato l’assistente per dirmi che dovevamo andare via. A quel punto i miei pensieri si sono fermati e mi sono sentito molto triste. Adesso voglio ringraziare tutta quelle persone che mi hanno permesso di vivere quella serata, il direttore dell’ Istituto, e tutti quelli che hanno lavorato con lui per farmi uscire. Ringrazio tutti e mi auguro che verranno altri giorni belli come quello per uscire.
Ali
Un amore a prima vista
Ciao, io sono Francesca e sto svolgendo l’attività di tirocinio del corso di laurea in "Operatore del servizio sociale" presso l’IPM "S. Paternostro. Un giorno, parlando con i ragazzi, mi hanno chiesto qual era il mio sport preferito. Io ho risposto molto istintivamente, affermando che mi piaceva fare nuoto. E poi ho aggiunto che andavo a cavallo, anche se per me non è uno sport, nel senso che non lo faccio con lo stesso interesse che ho per il nuoto ma è qualcosa di più: è una vera passione e non per l’equitazione, ma per il mio cavallo. E se la cosa non fosse considerata troppo strana, oserei dire anche che si tratta di qualcosa di più. Io ho iniziato ad andare a cavallo quasi per scherzo insieme con un mio amico, ma quanto più andavamo avanti, tanto più la cosa si faceva interessante e soprattutto divertente. Allora ho pensato che era arrivato il momento di acquistare un cavallo, quindi iniziai a chiedere un po’ in giro, per sapere come avrei dovuto fare, a chi avrei dovuto rivolgermi. Non avevo in mente che tipo di cavallo volevo, ma so soltanto che quando l’ho visto ho capito che era il cavallo della mia vita, è stato amore a prima vista. Quando sono entrata in quella stalla, l’ho visto e ho pensato: "Ok, questo puledro me lo porto a casa!". E così fu, da allora sono 18 anni che sta con me, ormai siamo inseparabili. Ma la prima cosa che dovevo fare, era quella di trovargli un nome. Non fu così facile, perché pensai a com’era entrato nella mia vita e lo chiamai Uragano, visto che questo è stato per me. Uragano è un cavallo di razza maremmana alto 1 metro e 69 centimetri, di colore baio scura, con una lunga criniera; è un cavallo dolcissimo ma molto vivace. Quando esco con lui in passeggiata mi diverto molto, tutti lo guardano perché cammina con imponenza ma allo stesso tempo con un’eleganza straordinaria. Al mio paese si organizzano spesso cavalcate nella nostra meravigliosa Sila, ed io vi partecipo per quello che si prova e si vede durante i percorsi, che possono essere eseguiti soltanto a cavallo. Vi assicuro che il contatto con la maestosità della natura, e al tempo stesso il contatto con il cavallo che perfettamente s’integra in quell’ambiente, è qualcosa di indescrivibile. Dietro la mia casa, c’è un pezzo di terra, lui è lì, ha la sua stalla ma può entrarvi ed uscire. La sera, quando io torno, lui è là che mi aspetta e comincia scalciare, a nitrire come se il giorno non avesse fatto altro che aspettarmi. Per questo io lo adoro.
Francesca
Cronaca di un’emozione
"Palacorvo" di Catanzaro, diretta televisiva su SKY, centinaia di artisti, autorità politiche e religioso: tutti gli ingredienti del grande evento, del resto gli scopi erano attuali e sentiti, e la partecipazione popolare si prevedeva massiccia. Per me, era l’occasione buona per declinare, garbatamente e per la prima volta, l’immancabile invito di Domenico Gareri. Non che la cosa mi dispiacesse, ma intendevo defilarmi dal tam tam mediatico di quei giorni che avevo più volte palesemente criticato, almeno nelle sue forme spettacolari. Dissi che mi sembrava del tutto superflua una mia presenza, che non avrebbe sicuramente aggiunto prestigio e significati particolari alla manifestazione. Ma, questa volta, complici di Domenico Gareri, e pienamente coinvolti nell’organizzazione, erano: Don Antonio Bomenuto e Francesco Pellegrino (rispettivamente, Cappellano e Direttore dell’Istituto penale S. Paternostro). La loro richiesta era di quelle che non ammettono repliche: avevano addirittura scelto i miei brani e li avevano già collocati nella scaletta dello spettacolo. E fu proprio un "suggerimento" del Direttore, di inserire "Uomini nuovi" tra le canzoni da eseguire, che mi diede l’idea di avanzare una richiesta difficile: il coinvolgimento diretto di un gruppo di giovani detenuti alla mia personale esibizione. Questo, pensavo, avrebbe dato un senso al mio intervento e lo avrebbe "nobilitato", arricchendolo di contenuti umani. In verità, pensavo anche che fosse troppo tardi per superare le difficoltà burocratiche connesse alle autorizzazioni della magistratura. Avevo sottovalutato la tenacia di Francesco e la sua voglia di rendere, quanto più possibile, i suoi ragazzi protagonisti di momenti di partecipazione, visibilità e integrazione sociale: tutto risolto nei ristrettissimi tempi a disposizione!!! Avevo indicato i nomi dei ragazzi che seguono le attività musicali all’interno dell’IPM per rendere meno difficile il loro affiatamento con il chitarrista (Salvatore Ciambrini) e la cantante (Antonella Rocco) che avevo coinvolto in quella esibizione, ma per Fabio, Imad e Alì, le prove d’orchestra sarebbero state rinviate a pochi minuti prima dello spettacolo. Il giorno dello spettacolo, il Palacorvo era gremito, sin dalle prime ore del pomeriggio, da tecnici, artisti, operai, tutti indaffarati e nervosi, una "bolgia ordinata", nessuno aveva tempo per noi (in poche parole: niente prove). L’unico veramente preoccupato era il sottoscritto, forse perché abituato a prendersi troppo sul serio nel ruolo di "artista impegnato". La mia malcelata tensione era, però, destinata a svanire di fronte all’euforia dei ragazzi e alla loro presenza gioiosa (forse anche un po’ incosciente). In fondo la mia non voleva, e non poteva, essere una partecipazione artisticamente ineccepibile: l’importante era trovarsi lì! Con i ragazzi detenuti, con quelli della "Fabbrica dei Sogni" e con una moltitudine di cantanti, coristi, ballerini, per confondere le nostre voci in un messaggio di pace e fraternità. Il resto, per noi, lo hanno fatto Daniele Piombi e Domenico Gareri, spiegando anche alla gente, non solo a quella presente nel palazzetto ma anche al pubblico di mezza Europa, l’importanza della presenza di tre giovani detenuti, altrimenti esclusi da ogni contesto civile e momentaneamente sconfitti. L’applauso e i complimenti di migliaia di persone; i sorrisi e l’abbraccio sincero degli agenti e delle educatrici che li accompagnavano, hanno rappresentato per Fabio, Alì e Imad un momento gratificante da custodire nella memoria, per trarne motivi di speranza e fiducia in se stessi.
Pino Ranieri
Un periodo tra fughe e speranze
Mi chiamo Rocco e sono collocato presso la Comunità ministeriale di Reggio Calabria. Mi trovo qui per un motivo molto semplice: ho commesso un reato molto grave, io qui devo scontare la pena di 3 anni e 4 mesi. I primi mesi non mi sono trovato molto bene perché ero molto lontano dalla famiglia e non riuscivo a stare presso la Comunità, mi sentivo molto chiuso. Appena mi hanno arrestato mi hanno portato al C.P.A. di Catanzaro, è stato a maggio 2003; appena sono arrivato mi hanno fatto tante domande su che cosa era successo ed ho risposto che non sapevo niente e così il quarto giorno mi ha interrogato il giudice, io non sapevo cosa dire e lui mi ha mandato all’I.P.M.. Lì ho conosciuto tanti altri ragazzi che ci stavano da tanto tempo e soffrivano tanto. Poi dopo un mese di carcere mi hanno mandato presso la Comunità ministeriale di Catanzaro dove mi trovo molto bene, ho fatto tante attività sia di musica che di falegnameria e di tipografia, sono andato anche a scuola e ho fatto tante partite di calcio. È stata un’esperienza molto positiva che mi ha fatto capire tante cose della vita. Dopo otto mesi di comunità mi è stata concessa la messa alla prova e mi hanno trasferito presso la comunità di Stalettì. Lì mi sono trovato bene, avevo pure il motorino con il quale andavo a scuola. Solo che una sera mi è venuta nostalgia di casa e me ne sono andato. Sono tornato il giorno seguente ma due giorni dopo mi sono visto davanti le guardie che mi hanno preso e mi hanno portato di nuovo in carcere. Lì ho rivisto i miei vecchi amici e dopo 15 giorni mi hanno mandato presso la comunità di Reggio Calabria dove mi sono fatto solo 10 giorni perché sono scappato. Sapevo che se scappavo tornavo in I.P.M. ma me ne sono fregato. Sono stato 10 giorni in paese vicino casa, però non andavo a casa perché avevo paura che mio padre mi picchiasse. Poi mi sono consegnato di nuovo in I.P.M.. Lì mi sono fato un altro mese e poi di nuovo in comunità di Reggio Calabria. Adesso mi trovo qui da ormai 4 mesi e sto chiedendo tanti permessi per andare a fare le attività ma mi rispondono con un rigetto più grande della pagina. Fra pochi giorni vado in definitivo e forse mi faranno uscire per fare qualche attività. Io lo spero. Ciao a tutti.
Rocco
Otto domande a Daniele Piombi
Chi gli è stato vicino prima e dopo la serata del 15 aprile al Palacorvo dedicata a Papa Wojtyla, racconta che per i successivi due giorni ha spento i telefoni, forse per conservare ancora per qualche ora le emozioni trasmessegli da quel mare di giovani festanti. Eppure le esperienze ed i contatti con il grande pubblico a Daniele Piombi nella sua lunga e brillante carriera non sono certo mancati. Ma quella sera dicono che nell’aria c’era qualcosa di diverso, quasi un’appendice delle sensazioni che il 2 aprile, all’annuncio della morte del Pontefice venuto da lontano hanno attraversato il globo. Nonostante l’esperienza che la contraddistingue, c’è chi giura che sul palco del palazzetto dello sport di Catanzaro l’emozione è apparsa più volte sul suo volto. "Mi sono commosso alla lettura della preghiera dei sordomuti. Ma devo ammettere che, rispetto a quando ero più giovane, mi capita spesso di emozionarmi quando partecipo ad una manifestazione che sento particolarmente significativa come quella di venerdì 15 aprile". Una manifestazione in onore di Papa Wojtyla ad appena una settimana dalla sua morte. Quale messaggio è stato lanciato? "Un messaggio di grande fede ed entusiasmo soprattutto da parte dei giovani che hanno invocato il suo nome per tre ore, come fossero in piazza San Pietro. Mi sento un privilegiato per l’invito offertomi da Domenico Gareri, ad essere testimone di un avvenimento che ha provato la forza della fede diffusa da Papa Giovanni Paolo II". A suo giudizio quali sono stati i momenti più belli della serata? "È difficile scegliere. Dai disabili ai ragazzi dell’istituto penale, dal questore al primario dell’ospedale al vescovo che, al centro del palco, ha accettato di essere il testimone della dottrina professata da Wojtyla, tutti hanno toccato le corde del cuore". Quale rapporto la lega all’IPM di Catanzaro, che è stato tra i principali organizzatori della serata. "Qualche giorno fa, nel corso di un programma radiofonico, ho detto che non dimenticherò mai la prima volta che fui invitato a visitare l’istituto durante l’ora d’aria. Ricordo la lunga chiacchierata con un gruppo di ragazzi che mi si fece intorno chiedendomi della mia carriera e del mondo della televisione in generale. Domande intelligenti, per nulla scontate che mettevano a nudo il mondo delle apparenze nascosto dietro al video, il successo che la TV spesso regala a prescindere dai meriti e dalle capacità delle persone. Eravamo in sintonia, con i ragazzi". L’IPM di Catanzaro è stata la sua prima esperienza con il mondo carcerario? "No, la prima volta fu a San Vittore dove con la radio partecipai alla celebrazione di una messa, invitato dall’allora cappellano. Alla fine della funzione i detenuti mi chiesero perché i cantanti di successo, ed uno in particolare, non andavano in carcere a tenere i loro concerti. Io risposi che non tutti erano disponibili e sensibili nei confronti di queste situazioni e loro chiusero la partita trasformando la mia spiegazione in complimenti non troppo piacevoli nei confronti dei beniamini della canzone. Ma si è trattato di un’esperienza sicuramente diversa da quella provata all’istituto catanzarese, dove ho avuto la fortuna di conoscere innanzitutto una persona, il direttore Francesco Pellegrino, che mi ha colpito per la sincerità e la capacità di mettere le persone a proprio agio, e per la passione con la quale ogni giorno svolge il suo lavoro". Cosa ha provato quando il 15 aprile ha rivisto sul palco i ragazzi che aveva incontrato nell’ora d’aria? "Ho pensato che era una cosa meravigliosa vedere questi ragazzi che stanno pagando per un errore commesso nel corso della loro vita, liberi di manifestare insieme ad altri coetanei una testimonianza di affetto e di gratitudine verso un Papa che ha avuto nel suo cuore soprattutto i giovani" Quali sono secondo lei i messaggi più significativi che Papa Wojtyla ha lasciato ai cosiddetti papaboys e ai giovani in generale? "Forse il non abbiate paura di sentirvi partecipi di dimostrare la fede, è la frase che rimarrà nella storia del suo lungo pontificato. Un messaggio senza confini, destinato a tutti i giovani di ogni angolo del mondo". In una terra economicamente depressa come la Calabria, qual è il significato della solidarietà? "È un significato ancora più grande che se venisse dalla Lombardia o dall’Emilia Romagna. Sono stato tantissime volte in Calabria nel corso della mia carriera: ogni volta ho riscontrato che c’è una carica di umanità diversa, che venerdì 15 aprile è stata ribadita ancora una volta. Grazie agli sforzi di persone come Domenico Gareri e Francesco Pellegrino, da Catanzaro è partita una dimostrazione per l’Italia e per il mondo intero, visto che l’iniziativa è stata trasmessa via satellite. I primi cinque minuti ero quasi impaurito di fronte a quei 3.000 giovani che acclamavano il Papa e che un giorno potranno dire: io c’ero".
Vito Samà
Pasqua, la festa delle feste cristiane
Non v’è dubbio che la Pasqua è la festa delle feste per i cristiani. Essa racchiude in sé tutto il mistero della fede a cui i cristiani si richiamano. In essa l’uomo scopre che la morte è stata sconfitta, che il perdono ha vinto sull’odio, che non c’è più ne inimicizia, né lotta, né discordia, perché Gesù è morto per tutti, ha pagato Lui, giusto per gli ingiusti, Lui ha già dato tutto se stesso per ogni uomo. Già sono questi i grandi contenuti della festa di Pasqua. Ma cosa significano per i miei ragazzi in IPM? Quale annuncio danno alla loro vita? Questa riflessione mi ha accompagnato per tutti i giorni della Grande Settimana Santa (la settimana che precede la domenica di Pasqua), mi sono chiesto qual è l’augurio da fare ai miei ragazzi nel giorno di Pasqua, come fargli capire il valore grande di ciò che stiamo celebrando per la loro vita. Ecco allora che mi sono messo a guardare attorno a me ed ho visto che ancora vi è odio, violenza, lotte, invidie, morte, sofferenza distruzione. Ho pensato che in fondo è vero se a questo mondo non te la cavi come puoi, facendo anche del male se è necessario, non ne puoi venir fuori. Che certo "poverino" Gesù ha provato a morire per farci cambiar vita, ma l’uomo non ne vuole che sapere, l’uomo è cattivo e non se ne fa nulla di quella morte. Già forse la morte di Gesù non è servita proprio a niente. È una delle tante morte che ogni giorno avvengono, inutili perché nessuno le prende in considerazione. Mi sono fermato allora davanti al crocifisso per chiedere dov’ era la verità, cosa dire ai miei ragazzi: li, finalmente, ho capito cosa dovevo dire loro. Ho compreso, cioè, come la croce, la morte di Gesù è il regalo più bello e prezioso che il Signore poteva farci, che in quel gesto egli ci aveva dato tutto, e come l’uomo incapace di capire la grandezza di Dio davanti ad essa rimane triste, insensibile, al massimo si commuove e si riempie di sensi di colpa. Ho capito che la morte in croce che Gesù ci ha donato, può essere paragonata al regalo prezioso che un marito fa alla propria moglie, magari va in giro per giorni a cercarlo, spende tutti i suoi averi e fa anche debiti per comprarlo, certo che quello è il dono più bello e più grande che possa fare alla persona che ama. Però, quando lo dona alla donna amata, lei, pensando ai sacrifici fatti, ai debiti contratti, alle sofferenze procurate, è capace solo di rimanere triste e di dire poverino. No, davanti al crocefisso ho capito che Gesù non è un "poverino", Lui è l’uomo della gioia perché è contento di dare la vita per amor mio, per amore di ogni uomo. Ecco cosa dirò ai miei ragazzi, ecco cos’è la Pasqua! È la festa in cui un Dio talmente innamorato dell’uomo compie il sacrificio più grande per fare il più bel dono all’uomo che ama, e quell’uomo e ciascuno di noi che prende sul serio quell’amore. Non rischiamo anche noi di rimanere tristi davanti al "poverino" ma gioiamo ed accogliamo con gratitudine l’amore infinito di Dio per me, per te, per ciascun uomo. Auguri e buona Pasqua, allora, ragazzi.
Don Antonio Bomenuto
Cineforum biblioteca dei ragazzi "Michele Pace" - programmazione maggio - giugno 2005
Lunedì 2 maggio: Festa con operatori UISP, Emmaus e Biblioteca Lunedì 9 maggio: "Christmars in Love" - di Neri Parenti - con Christian De Sica, Massimo Boldi, Danny DeVito, Sabrina Ferilli, Anna Maria Barbera - Genere Commedia (Italia, 2004) Trama. Il professor Fabrizio Barbetti, rinomato chirurgo plastico, continua a odiare profondamente la moglie Lisa nonostante siano trascorsi cinque anni dal burrascoso divorzio. I due evitano accuratamente di incontrarsi, ma questo Natale finiranno nello stesso luogo con i rispettivi compagni... Guido Baldi, cinquantenne di successo con una bella moglie e una figlia che adora, si lancia in una relazione con una giovane fotomodella. In vacanza con lei si ritrova nella stessa casa con la figlia e il suo "vecchio" amore. Infine, Concetta vede realizzare i suoi sogni quando vince il concorso "Natale con Ridge", una settimana con Ron Moss, il suo idolo Lunedì 16 maggio: "Dragon - La storia di Bruce Lee" - di Rob Cohen - con Jason Scott Lee, Lauren Holly, Robert Wagner, Nancy Kwan - Genere Biografico (USA, 1993) Trama. Bruce è un ragazzo appassionato di arti marziali. Spesso si mette nei guai e non è ben visto dalla polizia di Hong Kong. Per questo si trasferisce a San Francisco come istruttore di karate. Nel frattempo però il cinema si accorge di lui ne fa un vero e proprio idolo. Ma Lee, ossessionato da strane visioni (soprattutto un samurai senza volto), va incontro al suo tragico destino. Il film segue sostanzialmente due strade: da un lato quella abbastanza scontata della biografia, del genere dalle stalle alle stelle; dall’altro l’ambiguità e l’enigmaticità del destino dell’uomo. Ma la cosa migliore sono pur sempre le scene d’azione. Lunedì 23 maggio: "Non ti muovere" - di Sergio Castellitto - con Penélope Cruz, Sergio Castellitto, Claudia Gerini, Marco Giallini, Elena Perino - Genere Drammatico (Italia, 2004) Trama. In un giorno di pioggia, una quindicenne cade dal motorino: l’ambulanza la trasporta nell’ospedale in cui il padre Timoteo lavora come chirurgo. Mentre un collega opera la ragazza, Timoteo rimane in attesa, ripensa al passato e si mette a nudo, facendo cadere la propria maschera di genitore e di marito modello. In un immaginario dialogo con la figlia, rivela la storia di un amore extraconiugale potente e viscerale consumato in una torrida estate di tanti anni prima, con una donna docile e derelitta di nome Italia. Lunedì 30 maggio: "I 100 passi" - di Marco Tullio Giordana - con Luigi Lo Cascio, Tony Sperandeo, Ninni Bruschetta, Claudio Gioè - Genere Drammatico (Italia, 2000) Trama. Negli anni Settanta chi fondava una radio privata e sfotteva i poteri forti rischiava, a Milano o a Roma, un’irruzione della polizia. A Cinisi, Sicilia, la posta in gioco era diversa: era la morte. Peppino Impastato gioca la propria scommessa fino in fondo: figlio di un mafioso di piccolo cabotaggio, nega il sistema di valori paterni e si rifiuta di percorrere "i cento passi" che separano la sua casa da quella di Tano Badalamenti, il boss che può decidere il suo destino. Lunedì 6 giugno: Festa con operatori UISP, Emmaus e Biblioteca Lunedì 13 giugno: "Jack lo squartatore" - di Robert S. Baker, Monty Berman - con Ewen Solon, Ewen Patterson, Eddie Byrne - Genere Poliziesco (Gran Bretagna, 1958) Trama. A Londra, nel 1888, un maniaco uccide di notte le donne che sorprende sole per strada. La tecnica con cui i delitti vengono compiuti è efferata, ma raffinatissima e dimostra che l’assassino possiede conoscenze scientifiche non comuni. Due poliziotti, un inglese e un americano, indagano. I sospetti si concentrano a un certo punto su un primario ospedaliero. Lunedì 20 giugno: "Non aprite quella porta" - di Marcus Nispel - con Jessica Biel, Jonathan Tucker, Erica Leerhsen, Mike Vogel, Eric Balfour - Genere Horror (USA, 2003) Trama. In uno sperduto casolare del Texas, cinque ragazzi - Erin, Morgan, Pepper, Andy e Kemper - si trovano a combattere per la propria vita contro Thomas Hewitt e la sua banda di cannibali. L’assassino è meglio conosciuto come Faccia di Pelle perché indossava le grottesche maschere di carne delle proprie vittime Lunedì 27 giugno: "Magdalene" - di Peter Mullan - con Geraldine McEwan, Anne-Marie Duff, Nora-Jane Noone, Dorothy Duffy, Eileen Walsh - Genere Drammatico (Gran Bretagna, 2002) Trama. Margaret, Rose e Bernadette sono tre ragazze che vivono nella contea di Dublino negli anni ‘60: la prima è stata violentata da un amico durante una festa nuziale, la seconda ha avuto un bambino senza essere sposata e l’ultima ha scambiato qualche parola con alcuni coetanei fuori dalla cancellata dell’orfanotrofio nel quale vive. Considerate peccatrici, vengono rinchiuse in uno dei conventi "Magdalene", gestiti dalle suore della Misericordia per conto della Chiesa cattolica. A loro si aggiunge Crispina, una povera ritardata (anche lei ragazza-madre) che viene trasferita in manicomio quando rivela pubblicamente i servigi sessuali resi al pastore del convento. Per espiare i peccati, sono costrette a lavorare in lavanderia per 8-10 ore al giorno, sette giorni la settimana, senza alcuna retribuzione.
San Faustino, festa dei single
Il carcere non è posto gradito a San Valentino, protettore degli innamorati, perché notoriamente predilige le coppie etero. Qui, l’amore può esplicarsi in molti modi, e verso tante direzioni, ma è moto difficile che si formino coppie... per fortuna! Ma potevamo, solo per questi piccoli particolari, privarci della festa degli innamorati? Assolutamente no! Ci è venuto in soccorso San Faustino che, dicono, si prende cura dei problemi amorosi dei "single". Sicuramente meno celebre e celebrato del più illustre collega, si festeggia il 15 febbraio ... un giorno dopo! Le signore dell’associazione "Emmaus", i musicisti della "Promocultura" e gli operatori "Uisp", si sono dati molto da fare per allestire una sobria festicciola ricca di musica, dolcetti e balli. Tutto è risultato molto gradevole e divertente. Del resto, nelle condizioni in cui si trovano, i ragazzi sanno bene di doversi "arrangiare", e che bisogna accontentarsi di poco, magari rivolgendosi anche a "santi di serie B" o creandosi paradisi artificiali (a volte basta il poster di una velina!) per sentirsi, rispetto ai ragazzi liberi, meno soli e altrettanto innamorati.
Pino Ranieri
Storie di vita raccolte da Rosa
Il futuro nella famiglia
Mi chiamo Federico, ho 18 anni, mi trovo in questo istituto da poco perché mi è arrivata una sentenza da definitivo che devo scontare. Non è la prima volta che mi trovo in questa situazione, già altre volte sono stato in carcere per reati vari. Tre mesi fa sono stato messo in libertà per un fine pena, durante questi tre mesi mi sono goduto la libertà: mangiavo, dormivo, andavo a spasso con gli amici, mi sono messo anche a lavorare. Ho incontrato una ragazza alla quale mi sono affezionato e con lei sto bene, ho anche una suocera che mi vuole bene come un figlio, quando uscirò mi farò una famiglia con dei figli e spero di poter lavorare onestamente per mantenerli. In istituto sto studiando e faccio le attività così anche il tempo scorre più velocemente. Sono un tipo socievole e vado d’accordo con tutti. Quando sono stato ristretto in passato in IPM andavo a lavorare all’esterno in una falegnameria, questo mi piaceva perché avevo l’impegno di alzarmi per andare a lavorare ma anche perché ogni mattina uscivo e sentivo l’odore della libertà, incontravo gente. In questo Istituto mi trovo bene ma la mia speranza è quella di uscire per poter realizzare la mia vita.
Il velo islamico (Higiab)
L’abbigliamento islamico femminile costituisce un elemento formale di identificazione religiosa, ed il vestire della donna in modo conforme all’insegnamento religioso, essendo l’islam per i musulmani il principio che regola non solo l’aspetto spirituale ma sociale, civile e giuridico della collettività, denota visivamente le qualità interiori della persona femminile musulmana. L’Higiab e l’abito musulmano in genere, non sono mai considerati tra le società musulmane un elemento di costrizione ma semplicemente l’indice della portata di osservazione degli obblighi religiosi nonché la compostezza che ogni donna, a sua libera scelta dimostra nella società. Nel mondo musulmano e nell’occidente stesso è attualmente in aumento la riscoperta, da parte di tante donne, del vestirsi nella tradizione islamica. Questo ci rivela che tale scelta non è frutto di obblighi imposti da parenti o tutori maschi, ma una libera scelta dovuta alla riscoperta spirituale in virtù anche della libertà religiosa. Non c’è dubbio che l’abito musulmano abbia anche un significato "sociale" poiché esso rende la donna lontana da quella "mercificazione" del corpo femminile e da quel mondo che costantemente presenta abiti che spesso umiliano la dignità femminile come se ne vedono spesso in televisione specie il periodo dell’alta moda. In ogni caso è opportuno prendere atto che il vestire in una maniera o in un’altra non è un segnale che deve destare una qualche forma di sospetto come uno scontro di civiltà tra due culture, ma semplicemente l’espressione di una libertà religiosa.
Amezine Fatima
Le battaglie che hanno fatto la storia
La battaglia di Zama
La battaglia di Zama combattuta nel 202 avanti Cristo tra romani e cartaginesi segnò la fine della seconda guerra punica e con essa l’inizio del predominio di Roma in tutto il mondo antico e la costituzione del suo secolare impero. Già tra romani e cartaginesi era stata combattuta la I guerra punica durata 23 anni dal 264 al 241 a.C.; la contesa era iniziata quando Roma, già padrona dell’Italia aveva cominciato ad espandersi nel Mediterraneo dove era presente la potenza di Cartagine. Questa era una delle antiche colonie che i Fenici avevano fondato sulle coste dell’Africa e grazie alla posizione favorevole e all’attività dei suoi cittadini era divenuta una grande potenza dedita soprattutto ai commerci in tutto il mondo allora conosciuto. La prima guerra Punica era stata vinta dai romani e i cartaginesi avevano dovuto cedere la Sicilia, la Sardegna e la Corsica ed inoltre Roma si stava sostituendo a Cartagine nel dominio del Mediterraneo diventando anche una potenza marittima. Comunque i cartaginesi non si erano dati per vinti e avevano cercato di contrastare la potenza di Roma sul mare ma si resero conto che per battere i Romani bisognava vincerli in casa loro. Non senza fatica fu costituito un nuovo esercito sotto la direzione di Amilcare Barca e dei due suoi figli Annibale ed Asdrubale. Così alla morte di Amilcare Barca suo figlio Annibale decise di attaccare Roma iniziando dalla città di Sagunto in Spagna. Cominciava la seconda guerra punica, era l’anno 221 a.C. Annibale era considerato ed è ancora considerato un vero genio militare dell’antichità ed inoltre era venerato dalle sue truppe. L’unico suo vero problema era che ai cartaginesi non piaceva combattere, essi preferivano pagare truppe mercenarie piuttosto che dedicarsi alle armi. Di fatti, l’esercito guidato da Annibale era composto da una massa eterogenea di mercenari iberi, galli, numidi, greci, libici che combattevano solo per denaro. Il nucleo cartaginese era molto scarso e quasi tutto composto da cavalleria. Nonostante ciò l’esercito di Animale si dimostrò temibilissimo. Egli nel 219 a.C. con un esercito di 90.000 fanti,12.000 cavalieri e 37 elefanti partendo dalla Spagna attraversò prima i Pirenei e poi le Alpi e arrivò in Italia dove sconfisse in tre famose grandi battaglie i romani ( Trebbia, Trasimeno e Canne) e stava quasi per raggiungere Roma ma l’impeto si esaurì, le truppe erano stanche e quindi Annibale, per vibrare un colpo mortale a Roma chiese rinforzi a Cartagine. I Cartaginesi impiegarono qualche anno per mandargli nuove truppe, il lungo tempo trascorso permise ai romani di costituire un nuovo esercito per combattere questi nuovi invasori. I rinforzi cartaginesi guidati da Asdrubale furono intercettati e sconfitte sulle rive del fiume Metauro. Così i due eserciti cartaginesi non poterono riunirsi. Intanto Annibale che si trovava nel sud Italia e non aveva la forza di attaccare e distruggere Roma veniva tenuto sotto pressione dal console Quinto Fabio Massimo, comandante dell’esercito del sud, questi non lo attaccava in campo aperto ma logorava con azioni di guerriglia l’esercito cartaginese. Questo modo di fare gli valse l’appellativo di "concutator" ossia temporeggiatore. A questo punto i romani, visto che di fatto Annibale anche se era in Italia non era più un pericolo serio decisero di portare la guerra direttamente in Africa a Cartagine. Il compito fu affidato al Console Publio Cornelio Scipione al quale verrà dato il soprannome di " Africano" . Questi con un esercito di 27.000 fanti e 3.000 cavalieri nel 206 a.C. sbarcò a capo Bon in Tunisia e cominciò a combattere contro i Cartaginesi. Non riuscendo a fermare i romani richiamarono in patria Annibale. I Cartaginesi per guadagnare tempo e permettere ad Annibale di tornare intavolarono trattative di pace ma quando il loro grande generale nell’ottobre del 202 a.C. rientrò ruppero i negoziati. Così nell’ottobre del 202 a.C. si trovarono di fronte due fra i più grandi condottieri del mondo antico. Il 18 ottobre i due "grandi" si incontrarono nella piana di Zama ed il primo a parlare fu Annibale il quale appellandosi alla fortuna per cui uno o l’altro esercito potevano vincere chiese a Scipione di fare trattative di pace ed evitare la guerra. Scipione fu irremovibile, rispose che la guerra l’avevano ricominciata i cartaginesi e non c’era nessun termine per accordarsi anche perché già una volta i cartaginesi avevano tradito la parola data. Non c’era niente da fare, la parola passava alle armi. Il giorno dopo i due eserciti si trovarono schierati uno di fronte all’altro pronti a darsi battaglia. Annibale disponeva di 50.000 uomini, tra cui 3.000 cavalieri e 80 elefanti e come detto le sue truppe erano molto eterogenee e composte per lo più da mercenari. Scipione di 36.000 uomini di cui 6.000 cavalieri. Tra questi cavalieri c’era la cavalleria numidica di Massinissa che un tempo era nemico di Roma e ora alleato. Anche se l’esercito romano era inferiore per numero esso aveva molti vantaggi su quello cartaginese perché per come detto la maggior parte dell’esercito cartaginese era composto da mercenari di diverse nazionalità e quindi poco motivati a combattere strenuamente, un’altra buona parte era composto da giovani cartaginesi non molto avvezzi all’uso della guerra e solo i veterani di Annibale erano soldati all’altezza dei romani. L’esercito di Scipione invece era composto tutto da romani, affiatati tra loro e che combattevano sapendo che se avessero vinto Roma sarebbe divenuta padrona di tutto il bacino del Mediterraneo, mentre la sconfitta avrebbe significato morte certa per tutti. Annibale dispose il suo esercito con gli elefanti davanti, dietro la prima linea formata dai mercenari, dietro di essa una seconda linea formata dai giovani cartaginesi e dietro ancora una terza linea formata dai veterani che fungevano da riserva, la cavalleria fu posta alle ali dello schieramento. Scipione fece assumere al suo esercito la tipica formazione dell’esercito romano di quei tempi Con i veliti in prima linea (veliti = fanteria leggera), gli astati in seconda linea (astati = fanteria provvista di lunga lancia) e i triari in terza e quarta linea (triari = Fanteria pesante formata dai più forti) Alle ali la cavalleria romana da un lato e quella numidica di Massinissa dall’altro. La prima fase della battaglia fu caratterizzata dalla carica degli elefanti ma Scipione che aveva previsto la mossa fece accogliere gli elefanti da squilli di trombe e altri forti rumori. Gli animali si spaventarono e tornarono indietro infastidendo e scompigliando la cavalleria cartaginese che si apprestava a caricare. Scipione approfittò della confusione della cavalleria cartaginese lanciò la carica della sua cavalleria e quella numidica che in breve ebbero la meglio su quella avversaria disperdendola. Poi iniziò lo scontro tra le prime linee della opposte formazioni e i veliti e gli astati romani, aiutati da una linea di triari ebbero la meglio sui mercenari e sui giovani cartaginesi della seconda linea. A questo punto della battaglia, siamo ormai nel pomeriggio, le cose erano cambiate e l’esito della battaglia incerto, infatti restavano i 24.000 veterani di Annibale ancora freschi perché non avevano ancora combattuto mentre i veliti, gli astati e metà dei triari erano stanchissimi per la lunga battaglia che si protraeva fin dalla mattina. L’esercito romano per un po’ sembrò scomporsi e a questo punto Scipione decise un attacco concentrico con tutte le sue forze stanche verso il centro nemico e mosse le uniche forze fresche ( la metà dei triari) verso le ali dello schieramento avversario. La battaglia fu feroce e i cartaginesi si difendevano bene ma a questo punto tornò la cavalleria romana che era praticamente intatta e assalì alle spalle i cartaginesi. La battaglia era vinta per i romani, i cartaginesi ebbero 20.000 perdite, morti quasi tutti nell’ultima fase della battaglia ed i romani meno di 2000. Le condizioni di pace imposte dai romani furono durissime, Cartagine dovette rstituire a Massinissa il regno di Siface, dare ai romani i possedimenti della Spagna e tutte le isole del Mediterraneo e pagare un forte tributo in denaro. Con questa pace finì la seconda guerra punica ma i romani già allora decisero di eliminare per sempre la potenza cartaginese, prima la infastidirono continuamente e poi, circa 50 anni dopo con un pretesto mossero di nuovo guerra e Scipione l’Emiliano, figlio di Scipione l’Africano cinse d’assedio Cartagine e la distrusse. Tutti i campi coltivati furono cosparsi di sale per divenire sterili e tutto il territorio cartaginese divenne provincia romana. Nessuna potenza da ora in poi poteva più opporsi alla creazione dell’impero romano.
Gennarino Del Re
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