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Cos’è
e come funziona la redazione di un giornale
dal carcere Gli obiettivi
del giornale Perché
il giornale che intendete realizzare non sia soltanto una raccolta di testi,
realizzati da diversi autori, ma un prodotto editoriale con una sua precisa
identità, è necessario che la redazione abbia, come momento centrale, degli
spazi di discussione, nei quali accordarsi sui temi da trattare e sui modi ed i
tempi per farlo. Questo
aspetto è estremamente delicato e complesso, perché il risultato
dell’attività dipende molto dal tipo di relazioni che si instaurano
all’interno del gruppo. L’elemento che, per noi, è stato decisivo, è
rappresentato dalla presenza di un coordinatore esterno, che ha reso possibile
una contaminazione tra le idee “di fuori” e quelle “di dentro”. Perché,
al di là delle competenze tecniche, comunque necessarie, il rischio che si
corre scrivendo in carcere, è quello di essere autoreferenziali, di guardare ai
problemi sempre e solo dalla nostra prospettiva. Prima
di iniziare a scrivere un giornale, dobbiamo quindi decidere a quale pubblico
intendiamo rivolgerci: se ai nostri compagni (pubblicando un bollettino
interno), alla gente esterna al carcere, oppure a entrambe le componenti. Se
vogliamo rivolgerci “anche” ad un pubblico esterno, dobbiamo tenere conto
che esso parte da un punto di vista opposto al nostro e presentargli una
versione dei fatti comprensibile (anche se non immediatamente condivisibile),
serve per catturare la sua attenzione, per avviare una qualche forma di dialogo. Per i compagni di detenzione, sarà più opportuna una informazione “di servizio”, che gli sia utile per acquisire una maggiore consapevolezza delle propria condizione e dei propri diritti, ma anche notizie utili su cooperative sociali, case di accoglienza, associazioni che si occupano di detenuti. Per
l’esterno, l’informazione dovrà mirare soprattutto alla rimozione dei
pregiudizi, dei luoghi comuni e delle diffidenze, che circondano il mondo
carcerario anche “grazie” alle mistificazioni operate, spesso, dai media,
per motivi di interesse politico o per semplice ignoranza della realtà. Gli argomenti da
trattare La
scelta dei temi e del modo per trattarli maturerà gradualmente: ogni qual volta
vi accorgete che in un particolare settore l’informazione manca, oppure è
insufficiente, mettetevi in moto, cominciate a chiedere notizie, a documentarvi,
a raccogliere testimonianze, a rompere le scatole a destra e sinistra, finché
non riuscite a capire come stanno realmente le cose. Le
“questioni” più scottanti, con le quali dobbiamo misurarci ogni giorno,
sono la tutela della salute, la formazione e l’inserimento lavorativo,
l’accesso all’istruzione, il rapporto con gli operatori istituzionali e con
l’esterno, in prospettiva dell’uscita dal carcere. Una
volta individuati i problemi, che caratterizzano ciascuna situazione, si tratta
di proporre per essi delle soluzioni credibili e ciò è possibile soltanto
quando le informazioni possono circolare, quando le diverse idee ed esperienze
hanno modo di confrontarsi. Per
questo dovete cercare, in giro per l’Italia, le situazioni nelle quali i
progetti di recupero e di reinserimento sociale funzionano meglio: iniziative
promosse dall’Unione Europea, dalle istituzioni nazionali e dagli enti locali,
ma anche dal volontariato, dalle associazioni e dalle cooperative sociali. Entrando
nel merito dei vari progetti e attività vi renderete conto di quanto sia
importante conoscere a fondo anche le norme che regolano i rapporti giuridici e
amministrativi tra i cittadini, le istituzioni e gli altri soggetti sociali,
quindi dovrete interessarvi delle leggi che riguardano più direttamente noi
detenuti: l’Ordinamento Penitenziario, il Testo Unico sugli Stupefacenti, la
legge Simeone – Saraceni, il Testo Unico sull’Immigrazione, la bozza di
riforma del Regolamento Carcerario e, ancora, i lavori della “Commissione
Grosso”, che sta pianificando la revisione del Codice Penale, come pure
l’iter del disegno di legge “Smuraglia”, che prevede agevolazioni
contributive per chi assuma detenuti ed ex detenuti. Ma,
nel carcere, si incontrano anche situazioni di disagio specifiche, oltre ai
problemi che interessano tutta la popolazione detenuta: gli immigrati, le donne,
i giovani, i tossicodipendenti, hanno esigenze e sperimentano realtà diverse
tra loro, seppure accomunate dallo stato di detenzione. A
tutti loro, il vostro giornale potrà dedicare uno spazio particolare, con
rubriche di storie raccontate in prima persona e con altre a carattere più
strettamente informativo, che consentono di far conoscere i diritti e le
iniziative rivolte specialmente a queste persone.
Oltre
ai temi più strettamente carcerari, altri argomenti possono trovare spazio nel
giornale e sono quelli dell’emarginazione: dalla tossicodipendenza, alla
devianza giovanile, all’immigrazione, visti con la prospettiva di chi, dopo
aver sperimentato simili situazioni, ha voglia di trovare un proprio ruolo di
convivenza e integrazione sociale.
Migliorare i propri metodi di lavoro
La
prima difficoltà che dovrete superare sarà la necessità di correggere i
“vizi” riguardo alla scrittura, perché in carcere è facile abituarsi ad
usare un linguaggio infarcito di termini giuridici, di frasi ad effetto e
citazioni letterarie, tutto per dimostrare quanto si è colti e anche per
emergere dalla mediocrità e dallo squallore della detenzione. Questo
tipo di scrittura, ridondante ed ispirata, forse è meglio riuscire a metterla
da parte, utilizzando lo strumento della discussione, cioè trasferendo al
giornale la lingua parlata negli incontri di redazione. Noi,
della redazione di Ristretti Orizzonti, ogni settimana dedichiamo due o tre
pomeriggi al confronto sui diversi temi all’ordine del giorno e le riunioni
diventano spesso incandescenti, perché molte volte le posizioni sono
contrapposte e non è detto che si raggiunga un accordo, sul momento. Però,
quando torniamo in cella, ognuno ha i suoi appunti e, rivedendoli, magari ci
riflette sopra, così il giorno dopo si ritrova con idee in po’ diverse, anche
senza volerlo. In
questo modo, abbiamo potuto affrontare anche argomenti che prima ci sembravano
intoccabili e la battaglia contro l’autocensura è stata la seconda
combattuta, in ordine di tempo, dopo quella per la qualità della scrittura:
abbiamo parlato dell’uso delle droghe e degli psicofarmaci all’interno del
carcere, delle evasioni dai permessi e della recidiva, del “codice
d’onore” diffuso tra i detenuti, a volte inquinato da omertà e malinteso
senso di fratellanza. Infine,
si tratta di promuovere, dentro il carcere, una cultura del lavoro, partendo
proprio dalla redazione: la consuetudine, infatti, vuole che nel carcere ognuno
si impegni solo il minimo indispensabile per conservarsi il posto e anche la
redazione rischia di non essere immune da certi comportamenti, quindi va detto e
ribadito che chi occupa un posto in redazione più per passare il tempo
che per lavorare, toglie ingiustamente ad altri la possibilità di
impegnarsi nell’attività di redattori del giornale.
A lezione di
giornalismo Dopo
aver definito la fisionomia che intendete dare al giornale ed i lettori che
volete avere, si tratterà di imparare a fare i giornalisti, impresa non da
poco, considerando che, probabilmente, pochi di voi avranno esperienza al
riguardo. Molti di noi, di Ristretti Orizzonti, ad esempio erano già convinti di saper scrivere e di dover semplicemente “riempire” il giornale con quelle montagne di scrittura che si producono giornalmente in carcere e che costituiscono una sorta di autoaffermazione, di fronte all’annullamento della personalità che opera la detenzione. Invece
il giornalismo è tutt’altra cosa e per rendercene conto abbiamo dovuto
organizzare una serie di incontri con scrittori e professionisti della carta
stampata: Enrico Deaglio, direttore del settimanale “Diario”, Vittorio
Pierobon, presidente dell’Associazione del Giornalisti del Veneto, Pino
Corrias, inviato del quotidiano La Stampa, Gianni Barbacetto, inviato di Diario,
Antonio Franchini, editor della Mondadori, Oreste Pivetta, Andrea Carraro,
Eraldo Affinati, Edoardo Albinati, Carlo Lucarelli, Pino Cacucci e altri ancora. Non
si è trattato di vere e proprie lezioni, ma da ognuno dei nostri ospiti abbiamo
ricevuto suggerimenti e spunti che ci hanno trasformato, da dilettanti quali
eravamo, in “quasi” professionisti. Oltre a questi incontri, abbiamo seguito
un corso vero e proprio di scrittura, tenuto dal Prof. Stefano Brugnolo, autore
di un Ricettario di Scrittura Creativa:
con lui abbiamo appreso le varie tecniche per realizzare un racconto, un
articolo, un’intervista, ed abbiamo migliorato la nostra conoscenza della
lingua italiana, degli stili, della struttura del discorso, delle tecniche di
comunicazione. Dopo una prima serie di lezioni, svolte tra il ‘98 e il ‘99, abbiamo potuto riprendere il corso in maniera più strutturata. La
suddivisione dei compiti Nella
redazione, una parte del lavoro va svolta in comune, in particolare le
inchieste, le interviste degli “ospiti”, la ricerca dei materiali con cui
documentare i vari articoli. Altri
compiti vanno assegnati individualmente, in base agli interessi ed alle risorse
di ciascuno, oltre che alle esigenze di suddivisione del lavoro. Nel
giornale possono trovare posto delle rubriche fisse, che col tempo diventeranno
punti di riferimento per i lettori: per ognuna, serve un responsabile (o più di
uno), al quale gli altri redattori passeranno notizie e materiali relativi
all’argomento di cui si occupa. Alcune
rubriche, senz’altro da prevedere, sono quelle sul lavoro, sulla salute, sulla
scuola e la cultura, sulla condizione dei detenuti stranieri, sulle iniziative
per il reinserimento. In
ogni modo, la struttura del giornale non dev’essere troppo rigida, per
permettere una continua evoluzione, in rapporto alla crescita del gruppo e alle
indicazioni che provengono dai lettori. E’
indispensabile che, della redazione, faccia parte una (o più di una) persona
esterna, preferibilmente un rappresentante del volontariato, o anche un
operatore del carcere: questo, per svolgere tutti i compiti di collegamento, di
coordinamento, di rappresentanza, etc., che i detenuti non potrebbero svolgere. E’
importante anche la partecipazione di persone provenienti da altri paesi e con
diverse culture, perché dall’incontro delle loro diversità possono nascere
idee interessanti per i lettori e costruttive per la redazione: stranieri,
nomadi arricchiscono il gruppo con la loro originalità ed evitano che si
trasformi in un “circolo di intellettuali”, distante dalle realtà
quotidiane della detenzione. Come si
prendono le decisioni in redazione Le
decisioni saranno prese solo al termine di un processo di “negoziazione” tra
i componenti del gruppo e questo permetterà che tutti si sentano coinvolti nel
perseguimento dell’obiettivo scelto. Ma,
perché ciò avvenga, è necessario funzionino alcuni meccanismi, la cui base è
rappresentata dalla comunicazione. “Comunicare”,
vuol dire sforzarsi di far capire agli altri le proprie idee e questo non è
sempre facile, perché si possono frapporre barriere culturali, linguistiche,
caratteriali, etc. Quando
la comunicazione funziona, potete esaminare nei dettagli l’argomento che
interessa, esplorando tutte le aree di possibile accordo e disaccordo, fino a
che tutti ne abbiano un quadro sufficientemente chiaro. A questo punto, per
arrivare a una decisione condivisa, saranno necessarie reciproche concessioni,
tra chi vorrebbe agire in un modo e chi in un altro, ma anche tra chi si aspetta
un certo risultato e chi ha la responsabilità di lavorare per conseguirlo. Tutto
il processo, può essere meglio illustrato da un esempio pratico: c’è da fare
un’inchiesta sui corsi di formazione professionale in carcere… Funzionano
bene, oppure no?… Chi intervistiamo, per saperlo?… (Ci sarebbe una bella
differenza tra sentire i finanziatori dei corsi, i docenti, o i corsisti). Una
volta raccolte le informazioni, usiamo la prudenza, o il coraggio,
nell’utilizzarle?… Quante pagine dedichiamo al servizio?… Quali sono i
tempi per realizzarlo?… Tutte domande la cui risposta va trovata in redazione, discutendo e anche litigando, se è il caso. Consigli
pratici per organizzare le discussioni in redazione È
dalle discussioni in redazione che nasce il giornale. È essenziale, in questa
fase, saper interagire con gli altri, perché attraverso il confronto con i
compagni nascono le idee più originali: quindi, è importante avere un
atteggiamento privo di presunzione, aperto al dialogo. Quando parlano gli altri,
“possibilmente”, dovete lasciare che concludano il loro pensiero, anche se
non siete d’accordo; poi, avrete modo di replicare con tutta calma, perché
anche loro rispetteranno, “possibilmente”, il vostro diritto di esprimere
un’opinione sul tema in esame. Succede,
a volte, che qualcuno nell’ambito della discussione prenda una posizione
totalmente opposta alla nostra, e faccia delle scelte che noi riteniamo
sbagliate: dobbiamo rispettarle ugualmente, anche se non le condividiamo, dopo
aver esposto tutte le nostre ragioni. La nostra redazione è caratterizzata da
un “alto tasso di litigiosità”, ma i risultati si ottengono anche
attraverso il dibattito serrato. In alcuni casi, è molto interessante
pubblicare sul giornale più punti di vista su uno stesso tema. Durante
le riunioni, è necessario prendere sempre degli appunti su quanto si è
ascoltato: saranno preziosi per elaborare i temi trattati. Le idee che
scaturiscono dagli incontri vengono sempre buone. Anche una battuta spiritosa,
che al momento può far sorridere, può diventare utile, perché se inserita
all’interno di un articolo, susciterà lo stesso effetto nel lettore e
conferirà “leggerezza” al testo. Le belle idee non vanno mai sprecate e si
mettono in evidenza da sole, senza bisogno di troppi commenti. Bisogna,
però, saper portare e mantenere la discussione sul tema trattato, senza
divagare troppo o scadere nel pettegolezzo e dando la possibilità a tutti di
esprimersi, anche andando a “stanare” chi, di solito, preferisce “stare ad
ascoltare”. Bisogna imparare
a documentarsi sempre, prima di iniziare a scrivere, e ricontrollare i dati e le
citazioni utilizzate prima di pubblicarli.
Il ruolo degli stranieri in redazione Qual
è l’attività degli stranieri all’interno
della Redazione della rivista “Ristretti Orizzonti”? Portiamo ad esempio il
lavoro svolto da loro nella nostra redazione per il semplice motivo che nelle
testate giornalistiche carcerarie sono pochissimi gli stranieri inseriti in
redazione e questo porta a non avere la perfetta percezione di cosa accade
quotidianamente in carcere. Se si vuole fare un giornale che rappresenti
veramente la totalità del popolo delle prigioni non si deve assolutamente
escludere quelli che sono i rappresentanti del 30% dell’intera popolazione
detenuta. Nella
nostra redazione sono inseriti a pieno titolo e in tutte le attività molti
stranieri, con i quali fin dall’inizio abbiamo progettato le rubriche che
devono occuparsi in modo specifico della questione stranieri. Sono nate così
due rubriche fisse: “Voci da lontano” e “S. O. S. Immigrati”. Voci da lontano
è una rubrica nella quale vengono raccontate
le storie vere di uomini, ragazzi, che per i più diversi motivi hanno lasciato
la propria terra per cercare fortuna in paesi a loro lontani anche da un punto
di vista culturale. Si
cerca di farlo raccontando con ironia e leggerezza, anche se spesso
testimonianze di fatti veramente gravi del punto di vista del rispetto dei
diritti umani lasciano poco spazio all’ironia. Si
raccontano episodi avvenuti in quelle terre lontane, dalle parole traspare
sempre quel pizzico di esotismo e di verità narrativa che rende piacevole la
lettura. S.O.S. Immigrati
ha
la funzione di informare su tutto quello che può interessare e soddisfare i
bisogni degli immigrati: indirizzi utili per poter reperire un posto di lavoro,
case d’accoglienza per non trovarsi completamente in mezzo ad una strada
quando si esce. Un servizio concretamente utile, perché spesso esistono enti,
associazioni, cooperative che si occupano in maniera seria di stranieri ma
queste attività non sono sufficientemente conosciute dalla stragrande
maggioranza di chi dovrebbe poi godere dei servizi proposti. Tra
le altre attività che gli stranieri svolgono c’è la traduzione di testi, di
questionari e di documenti di interesse generale. In questo modo anche chi non
comprende la lingua Italiana potrà correttamente essere informato. Questo è
sicuramente un campo che in un futuro molto prossimo potrà diventare un lavoro
remunerato, come è già accaduto con la traduzione di questionari informativi
del Ser.T.. Naturalmente
non sono solo queste le attività che gli stranieri svolgono con noi, il
semplice confrontarsi sui temi di carattere generale con loro porta a un
arricchimento dell’informazione che diamo. Con
le attività legate al nostro giornale moltissimi stranieri hanno potuto
usufruire di permessi premio per seguire le attività esterne del giornale.
Questo fattore è molto rilevante, perché difficilmente riescono ad essere
inseriti in attività che prevedono uscite.
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