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Introduzione: Il ruolo dei giornali dal carcere La
letteratura carceraria, in Italia, inizia con i racconti autobiografici di
intellettuali come Silvio Pellico e Antonio Gramsci, i soli che poterono
lasciare testimonianze scritte della detenzione, poiché quasi tutti i detenuti
“comuni” dell’epoca erano analfabeti. Si trattò, comunque, di
testimonianze sporadiche, mentre la nascita del giornalismo carcerario, con
l’organizzazione di redazioni permanenti negli istituti, è una conquista
relativamente recente. Durante
il suo intervento al convegno Informazione
e carcere. I giornali del carcere e altro, nel dicembre 1999, il
Sottosegretario alla Giustizia Franco Corleone ha individuato nei giornali
carcerari i soggetti più indicati per svolgere delle inchieste sulle condizioni
di vita all’interno degli Istituti. Questo
riconoscimento è molto importante per noi, ma allo stesso tempo dobbiamo
evidenziare quanto sia difficile occuparsi di temi scottanti che,
inevitabilmente, coinvolgono le responsabilità di tutte le componenti del
carcere, agenti, operatori “civili” e detenuti. Ma
anche l’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica verso il
carcere è spesso evanescente, perché legata a momenti particolari di emotività
seguiti da lunghi silenzi e dalla rimozione del problema. Altre volte succede
che singoli episodi negativi siano usati strumentalmente per imbrigliare
l’attività di chi è impegnato in progetti per il reinserimento dei carcerati
nella società, mentre il dibattito sui temi della devianza e del recupero
sociale dei condannati corre il rischio di esaurirsi in puro esercizio
dialettico, quando non è seguito da interventi concreti. Perché
realizzare un giornale dal carcere? Molte
ragioni possono motivare i detenuti a realizzare un giornale:
Il
giornale è anche un punto di incontro fra persone con diverse culture che,
unite dal medesimo progetto, imparano a confrontarsi ed a cooperare. Il
giornalismo carcerario, anche se in maniera non professionale, ha senz’altro
un ruolo complementare a quello dei grandi organi di informazione, perché
permette a coloro che non avrebbero spazio sui quotidiani e le riviste
“ufficiali”, di far sentire la loro voce e denuncia situazioni di
ingiustizia, casi di leggi non applicate, disfunzioni burocratiche, ma anche
ritardi culturali nell’approccio ai problemi sociali.
A
quali lettori ci rivolgiamo? Il
rischio che spesso corrono i giornali dal carcere è quello di usare un
linguaggio adatto solo agli esperti: tecnicismi, riferimenti ad articoli di
legge, etc. Il lettore che non ha una preparazione specifica ricaverebbe ben
poche informazioni da una simile lettura e non sarebbe affatto invogliato ad
interessarsi dei temi presentati; anche questa è una barriera che contribuisce
a mantenere il carcere nell’isolamento sociale e culturale in cui si trova. Si
deve proporre quindi un’informazione diversa, che illustri anche temi più
complessi con parole accessibili a tutti, meglio se attraverso il racconto di
vicende vissute. Ma, per essere concretamente utili, non basta parlare chiaro:
bisogna essere propositivi, cercando il dialogo con le istituzioni e il
confronto con le altre componenti sociali, in particolare con gli Enti Locali,
da cui prendono avvio le iniziative più importanti sul fronte della
integrazione sociale, del lavoro, ed in generale della qualità della vita dei
cittadini. L’editoriale L’editoriale
“fotografa” l’evolversi della situazione, numero dopo numero, per
introdurre i lettori agli argomenti principali trattati e dare un’impronta
“politica” al giornale. In genere è firmato dal direttore, oppure
collettivamente dalla redazione. Per la sua stessa natura, l’editoriale è
spesso di difficile accessibilità, quindi se volete che sia letto dovete
contenerne la lunghezza ed usare un linguaggio chiaro e asciutto. Informare
sulle attività della redazione Una
o più rubriche devono dare notizie sulle attività che la Redazione sta
seguendo, facendo la cronaca di iniziative, la presentazione di esperienze
significative, l’illustrazione di nuove proposte sulle “questioni” più
scottanti con le quali i detenuti devono misurarsi ogni giorno: la tutela della
salute, la formazione e l’inserimento lavorativo, l’accesso
all’istruzione, il rapporto con gli operatori istituzionali e con l’esterno,
in prospettiva dell’uscita dal carcere. L’importanza
di raccontare storie vissute Nel
carcere si incontrano situazioni di disagio specifiche, oltre ai problemi che
interessano tutta la popolazione detenuta: gli immigrati, le donne, i giovani, i
tossicodipendenti, hanno esigenze e sperimentano realtà diverse tra loro,
seppure accomunate dallo stato di detenzione. A tutti loro, il giornale può
dedicare uno spazio particolare, con rubriche di storie raccontate in prima
persona, perché il racconto di esperienze di vita vissuta rappresenta uno degli
strumenti più efficaci per trasmettere messaggi
recepibili dal pubblico. Il
racconto dell’esperienza è utile, anzi indispensabile, in quanto permette al
lettore di:
L’approfondimento
e la riflessione sui problemi sociali Il
compito dei giornali dal carcere è quello di offrire un servizio di
informazione critica e propositiva, di analisi dei problemi, rivolto sia alla
popolazione detenuta sia alla società, e mirante a sensibilizzare entrambe le
componenti alle esigenze reciproche: esigenze che, alla fine, sono le stesse e
si possono riassumere nella possibilità di vivere con dignità e sicurezza il
proprio futuro. Quando i progetti per il reinserimento dei detenuti non ottengono i risultati che si erano prefissi assistiamo regolarmente ad un rimpallarsi delle responsabilità: colpa
delle istituzioni, che hanno fatto mancare le necessarie risorse economiche;
colpa degli operatori sociali, che non si sono impegnati a sufficienza o non
sono sufficientemente preparati; colpa dei detenuti, che sono poco motivati a
rompere i loro legami con l’illegalità; colpa della società, indifferente ed
ostile verso gli emarginati. Forse, dei risultati migliori potrebbero ottenersi
semplicemente calibrando gli interventi sui bisogni delle persone,
diversificando i programmi e i servizi in rapporto all’ampia gamma di
situazioni che portano le persone all’esperienza della detenzione. Problemi
individuali e collettivi, che vanno dalla povertà, alla tossicodipendenza, al
disagio psichico, alla perdita delle proprie autentiche radici culturali. Le
notizie di servizio Il
giornale può svolgere anche la funzione di bollettino interno, per portare a
conoscenza degli altri detenuti le attività organizzate nell’istituto e per
stimolarli a parteciparvi. La Redazione stessa può promuovere manifestazioni
culturali e sportive che coinvolgano il territorio e rappresentino momenti di
reciproca conoscenza e di superamento dei pregiudizi. Il
linguaggio giornalistico e lo stile editorial Dopo
aver definito la fisionomia che vogliamo dare al giornale ed i lettori che
vogliamo avere, si tratta di imparare a fare i giornalisti, impresa non da poco,
considerando che pochi di noi hanno esperienza al riguardo, ma molti saranno già
convinti di saper scrivere e di dover semplicemente “riempire” il giornale
con quelle montagne di scrittura che si producono giornalmente in carcere e che
costituiscono una sorta di autoaffermazione, di fronte all’annullamento della
personalità che opera la detenzione. Invece il giornalismo è tutt’altra
cosa, bisogna saper utilizzare nella maniera migliore i diversi generi
giornalistici. L’articolo di cronaca (può essere il resoconto di
un’iniziativa), l’intervento dell’esperto, l’intervista su una questione
d’attualità, il racconto di una o più storie, l’analisi di un problema
sociale, etc. Per
concludere, alcuni consigli pratici di stile editoriale:
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