Bollettino n° 3

 

Osservatorio Calamandrana sul carcere di San Vittore

"per la trasparenza e l’umanizzazione in carcere"

 

Bollettino n° 3 – marzo 2002

Continuiamo l’osservazione sul carcere di San Vittore con scritti di detenuti, voci dal carcere ed altri testi.

 

Storia di Arturo narrata da un suo compagno

"Le tre scimmie": non voler vedere, non voler sentire, non voler parlare

Sosta a Rebibbia con pestaggio

Nel bel mezzo di una festa

Così i detenuti vengono spesso apostrofati

L’assistenza ai tossicodipendenti

 

 

La storia di Arturo narrata da un suo compagno di cella

 

Cappella Arturo, nato a Milano il 4/4/37, a sessant'anni fu operato per un tumore alla vescica con conseguente asportazione della parte interessata.

Cardiopatico e diabetico, gli furono concessi gli arresti domiciliari nel 1999 per le precarie condizioni di salute presso un suo zio dove ogni quindici giorni si recava per le cure in ospedale.

Ricondotto al centro clinico di San Vittore nel 2000 per sentenza definitiva, richiedeva la detenzione ospedaliera per aggravamento.

Essendo il suo unico parente nel frattempo deceduto, e lui non più autosufficiente, gli fu concessa la detenzione domiciliare, che non fu però eseguita mancando l’abitazione.

Colto da forti dolori dovuti ad occlusione intestinale fu ricoverato in ospedale; ma debilitato dalle diverse patologie e colpito da ictus celebrale si spegneva il 7/1/2001.

 

 

"Le tre scimmie"

Non voler vedere,

Non voler sentire,

Non voler parlare

 

 

Questa settimana qui a San Vittore, un altro detenuto è morto.

E non ci interessa se era bianco o nero, non ci interessa cosa aveva fatto o quale ingiustizia aveva commesso. Sappiamo solo che ora è "fuori". Come sono "fuori" tanti altri di cui non si parla più.

Questi uomini non sono morti da uomini liberi. E questo non è giusto.

So bene che in molte parti del mondo si muore ancora di fame e di freddo, che molte persone non hanno neanche una casa. Ma morire in galera, questo no! …

Io sono un detenuto del carcere di San Vittore, e precisamente del quarto raggio. Sono qui da più di due anni e mezzo e in tutto questo tempo ci sono stati moltissimi casi di detenuti morti, detenuti di cui non si è più sentito parlare.

Non si sono visti cambiamenti, non sono stati presi provvedimenti, non ci sono state denunce, non c'è stato nulla.

Gli agenti che ci sono non sono sufficienti ( un agente per piano, ovvero uno per centocinquanta uomini….parliamoci chiaro, non può farcela).

Pochi giorni fa è venuto qui in visita un ministro, non ricordo chi fosse. Dentro di me ho pensato :"E' uno dei tanti", e come uno dei tanti è sparito nel nulla. Sono entrate le telecamere di una TV privata, hanno fatto il loro "spot" nel reparto penale (il più pulito, il più ordinato, il più vuoto dei reparti) e sono spariti nel nulla. Nulla, come il messaggio che hanno lanciato con una puntata di un'ora.

Una mattina, poi, ho letto su un quotidiano: "San Vittore all'asta". Poi però mi sono affacciato dalla mia finestra e ho visto il reparto che hanno appena finito di restaurare ( si parla di centinaia di milioni ) e ho capito che non sarebbe mai successo. Anche perché se questo accadesse, il problema sarebbe spostato ad un altro istituto e non risolto.

Ci sarebbe un'altra possibilità per andare incontro all'emergenza in atto, ed è quella di fare un passo indietro nel tempo. Diversi anni or sono, sono state create delle leggi complete di articoli, che permetterebbero ai detenuti che ne hanno i requisiti, di scontare le loro pene in modi diversi; le cosiddette "misure alternative alla detenzione", che comprendono detenzione domiciliare, affidamento ai servizi sociali, detenzione e affidamento nelle comunità terapeutiche per persone tossicodipendenti o alcoliste, stessa cosa per le persone malate di AIDS, sieropositivi o con condizione sanitaria precaria. Ci sono leggi per le donne incinte, per donne che hanno bambini di età inferiore ai tre anni. Ci sono leggi, articoli e comma per tutte le situazioni.

E allora noi ci chiediamo:" Perché queste leggi non vengono applicate ? Perché qui, a San Vittore, nel reparto femminile ci sono ancora bambini inferiori ai tre anni di età ? Perché ci sono persone anziane la cui età supera i sessant'anni ? Perché ci sono malati terminali in quei reparti che qui chiamano "infermeria" ma che di infermeria non hanno neanche l'odore ? Perché per avere un farmaco (prescritto dal dottore del reparto) bisogna aspettare un mese ? Perché ci sono persone sulla sedia a rotelle che non riescono ad entrare in cella perché il cancello è troppo stretto ? Perché quasi una volta al mese un detenuto muore ?

Eppure queste cose tutti le vedono, tutti le sentono e tutti ne parlano, ma nessuno si muove perché tutto questo cambi!

Nessuno tranne un piccolo gruppo di volontari, (anche loro con le mani legate).

Volontari di varie associazioni, più o meno grandi, più o meno conosciute. Qui a San Vittore ci sono volontari che vengono per portare indumenti a chi non ne ha, altri, corrono da un ufficio comunale all'altro per dei semplici documenti che da qui dentro sarebbero quasi irraggiungibili. Ci sono volontari che portano un sostegno sia spirituale che psicologico, ed infine, ma non per questo meno importanti , i volontari del Gruppo Cuminetti, che abbiamo cnosciuto tramite la biblioteca; la signora Rosanna, la signora Ida, la signora Maria Elena.

Faccio questi nomi perché è con loro che ho un rapporto, è con loro che abbiamo creato uno spazio culturale chiamato "L'AURORA", con il quale vogliamo creare un filo conduttore tra noi e l'esterno. E' con loro che stiamo dando un senso diverso alla nostra detenzione, è solo con loro che abbiamo la possibilità di far sentire la nostra voce.

E questi volontari hanno lo stesso sguardo nei loro occhi, quello sguardo di chi vuole aiutarci e non può come vorrebbe; perché ci sono quelle persone che non vogliono vedere, non vogliono sentire, non vogliono parlare.

E queste persone non sono solo qui dentro ma anche fuori, e noi vogliamo essere ascoltati, aiutati a vivere questa nostra realtà in modo dignitoso, e quando dico dignitoso dico che ognuno ha diritto a un letto, a due pasti caldi al giorno, alle posate, alle cure mediche appropriate, ad uno spazio dignitoso ( non sei uomini in una cella per due), ai colloqui con gli educatori ( che sono il tramite tra i magistrati di sorveglianza e noi). Noi, che chiediamo solo che vengano applicate quelle leggi alternative al carcere già in vigore. Ma per ora ci accontentiamo solo di essere ascoltati.

Qualcuno ha detto: "Il sistema carcerario di un paese rispecchia il proprio paese". Purtroppo questa è la nostra realtà. Come è una realtà il fatto che abbiano tolto alcuni dei corsi professionali (programmatori per P.C., il corso di metallo, ecc…) sono corsi che avrebbero aiutato qualche detenuto a trascorrere il tempo qui dentro in maniera diversa dal solito, e magari a reinserirsi nella società una volta liberi.

Un giorno di sfuggita ho sfogliato l"Ordinamento Penitenziario". Anche li ci sono articoli come nel codice penale, articoli che indicano ogni tipo di situazione. Ma non parlerò di questo, anche perché non avrò l'opportunità di un confronto con chi dovrebbe applicarlo.

E poi c'è sempre scritto che l'applicazione di quell'articolo o quell'altro, sono condizionati dalla situazione del carcere o della casa circondariale, che badiamo bene, sono due cose diverse, due realtà diverse.

Un sentimento che caratterizza questo posto è l'impotenza, ma poi, con i fatti, mi accorgo che questo non è più solo un sentimento. E' una realtà, la realtà che c'è qui a San Vittore.

Ivano Longo GRUPPO AURORA novembre 2001

 

 

Sosta a Rebibbia con pestaggio, durante un trasferimento

(novembre 2001, da una lettera di Aziz.)

 

A Rebibbia mentre io e un altro detenuto albanese prendevamo le coperte e le solite cose che danno ai nuovi giunti, all’improvviso ci ha fermato un agente e mentre ci chiedeva da dove venivamo, mi ha dato uno schiaffo. Sorpreso del fatto volevo chiedere il motivo, ma sono arrivati altri agenti che ci hanno circondato e così sono cominciate le botte e gli schiaffi da per tutto: ai fianchi, alla schiena, insomma in tutto il corpo. E quando avevo presentato un certa resistenza, si erano infuriati di più. Il loro motivo era vederci a terra, e così era successo. Tutto questo è avvenuto dopo essere passati dal pronto soccorso: Così non si poteva reclamare o dichiarare nulla, anzi alla fine ci hanno minacciato in caso avessimo aperto la bocca o detto o denunciato qualcosa a chiunque. Queste guardie erano 7 o 8, non ricordo bene. Dopo le botte siamo andati in cella.

 

Nel bel mezzo di una festa

Interviste al secondo raggio

(Estratto dalla trasmissione di Radiopopolare "Fuori di cella",dicembre 2001)

 

Un detenuto recita la sua poesia "Natale qua dentro"

 

Questa secondo me e secondo tanti è la festa dell’ipocrisia,

festa dei balocchi

per pochi fantocci,

per i prediletti degli agenti

coccolati dagli assistenti,

solo per pochi intimi dementi.

Questa è la festa del carcere

per coprire la vergogna

di farci vivere in questa fogna.

Ammassati come appestati

fra l’indifferenza di chi regna

in questa pena nella pena.

Perché questa gente indegna

vuole governare e programmare,

per trasformare il detenuto ideale

in incallito criminale.

Questo è l’obiettivo finale.

Tutto questo non è fantasia,

ma il frutto dell’ipocrisia.

 

Ma lo pensi veramente tutto questo che dici nella poesia?

Sì, perché è così. Una festa la devi fare per tutti. Questa serve per mascherare le condizioni disumane con cui viviamo qua.

Me le racconti queste condizioni?

Non possiamo vivere in 5 o in 6 in una cella dove non c’è igiene, non ci sono neanche gli sgabelli per mangiare.

Ma perché state qua voi?

Stiamo qua perché ti tengono qua. Io ho chiesto di essere trasferito.

Ma tu eri tossicodipendente?

Si

Ti hanno proposto di andare in una comunità?

Si, ma ormai è tardi; ora ho quasi finito. Forse ci sarei andato.

Ma a me mi hanno detto che preferite stare qui piuttosto che in una comunità; è vero?

La comunità ha tanti pro e contro.

Il 90% tra noi desidera andare in comunità.

Noi qui stiamo peggio degli animali; perché se tu tieni un cane in uno spazio troppo stretto ti denunciano; ma noi siamo in 5 e non abbiamo neanche lo spazio per un cane e qui non succede niente. Quindi contiamo meno di un cane.

Ma di giorno le celle le tengono aperte?

Ma ché! Noi abbiamo solo 3 ore d’aria al giorno, una al mattino e due al pomeriggio; e se ti aprono per primi, perché se ti aprono per ultimi e devono far scendere tutti i piani, a volte scendiamo anche molto dopo.

Allora state 20 ore in una cella così?

Ventuno ore, sempre chiusi, in 5, in 6 anche.

E litigate? In tanti così…

Certi si massacrano; noi no, andiamo d’accordo.

Ma qui non fate il trattamento?

Ma quale trattamento?

Con la psicologa…

Ma quando mai!

Io sono qui da 1 anno e mezzo e non ho mai fatto nessun trattamento.

E come te c’è altra gente?

Si.

In quanti siete qui?

360 per piano.

Nel quarto piano siamo circa 90 con 200 topi.

Si, qui è anche pieno di topi.

Pieno di topi? Aiuto!

Ma non potete pulire, tenere pulito?

Ma con che cosa puliamo, con la lingua?

I detersivi ce li danno una volta si e tre volte no.

Lei non dovrebbe fermarsi qui; dovrebbe andare sopra e vedere. Poi capisce tutto da sola.

Umidità, vetri rotti…Stiamo dicendo solo ciò che è, una situazione di fatto. Non è che c’è molto da aggiungere.

Quando vengono le varie televisioni viene mostrato solo il lato buono del carcere.

Andassero un po’ a vedere nelle celle di transito, o al Comp, dove trattano le così dette malattie psichiche. Andassero a vedere le situazioni di disagio estreme, dove le persone sono legate ai letti e vengono pulite con gli idranti, le situazioni che qui a San Vittore ci sono.

Detenuti che dormono nei montacarichi, 7 persone in un metro quadro.

Qui tutto sommato stiamo anche bene, anche con i topi, perché almeno ai letti non siamo legati.

 

 

Così i detenuti vengono spesso apostrofati

 

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I tuoi diritti, scordateli!

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Ma cosa vuoi respirare…

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E’ già troppo che vi diamo da mangiare.

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Ma cosa ridi che sei in carcere!

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Chi è dentro la gabbia? Io o voi?

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A cuccia cane rabbioso!

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Stai chiuso dentro!

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Fatti la tua galera!

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E tagliati, se vuoi che ti ascolti!

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Tagliati profondo!

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E’ un cane che è morto! (dopo la morte di un marocchino)

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Guarda che qui monto sempre io!

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Perché urli? Perché fai tanto casino? Devi urlare più forte!

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Ti do due minuti per andare dall’avvocato.

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Tu sei detenuto e non hai nessun diritto.

 

 

Il Carcere di San Vittore e l’assistenza ai tossicodipendenti

(Da un’analisi del dott. Augusto Magnone, ex primario SERT della USSL39 di Milano)

 

Dalle origini al 1998

 

Da circa 20 anni opera presso il Carcere un’èquipe con lo scopo di "aiutare" i detenuti tossicodipendenti. Tale èquipe, denominata psico-socio-educativa, fu gestita inizialmente dalla Provincia, come all’epoca erano tutti i Servizi di Psichiatria, ed a partire dal 1984 dalla USSL.

Nel 1988, per effetto della Legge Regionale che istituiva i Nuclei Operativi per le Tossicodipendenze (NOT) avrebbe dovuto essere assorbita dal NOT della USSL I, ma ciò non avvenne.

Nel 1990, a seguito del D.P.R. 309/90 , furono aperti in tutta Italia i Servizi Pubblici per le tossicodipendenze (SERT) ai quali venne affidata la competenza in materia di cura e riabilitazione del tossicodipendente detenuto.

L’èquipe psico-socio-educativa avrebbe dovuto far parte integrante del SERT della USSL 36 (ex USSL I) , ma di fatto continuò ad agire in piena autonomia ed in rapporto spesso conflittuale con i Servizi per le tossico dipendenze di Milano.

Nel 1995 fu sottoscritta una convenzione tra USSL e casa circondariale, che impegnava il SERT della USSL 36 alla cura ed alla riabilitazione dei tossicodipendenti detenuti.

La convenzione fu nel disinteresse generale completamente disattesa.

Nel 1998 l’èquipe fu trasformata dalla A.S.L. Città di Milano nella Unità Operativa Carceri, con il dichiarato obiettivo di occuparsi del "disagio"psichico e sociale dei detenuti determinato dalla detenzione e per affrontare le problematiche relative alle tossicodipendenze.

 

L’approccio ideologico, il divario culturale tra cognizioni scientifiche e cognizioni degli operatori e

la mancanza di una normativa vincolante l’attività degli stessi, hanno reso possibile, per circa 18 anni, la mancanza di cure mediche adeguate ai tossicodipendenti incarcerati.

Per anni sono stati interrotti i trattamenti iniziati all’esterno e l’esecuzione di terapie del tutto inefficaci ha esposto migliaia di pazienti, per diversi giorni, a violenti dolori muscolari, a crampi addominali, a ripetuti conati di vomito, ed a grave diarrea, sintomi causati dalle sindromi da astinenza da oppiacei. Il tutto in celle di ridotte dimensioni (2m.x 4) e sovraffollate; celle in cui i detenuti sono costretti a trascorrere abitualmente 20-22 ore al giorno e che contemporaneamente servono da camera da letto, sala da pranzo, cucina e servizio igienico, spesso senza una quantità sufficiente di carta igienica, di sapone , di detersivi, di asciugamani e di lenzuola, il cui cambio, sino al 98, avveniva ogni 40 giorni, anche se sporche di vomito e di feci.

 

Dal 1999 ai giorni nostri

Per le reiterate proteste di alcune associazioni, a seguito delle numerose segnalazioni pervenute da detenuti che denunziavano le gravi inadempienze dell’èquipe sia nelle cure che nella formulazione dei programmi socio riabilitativi, la dirigente dell’ Unità Operativa Carceri ha promosso, a partire dal 1999, degli incontri mirati all’aggiornamento professionale dei propri operatori e dei medici del Servizio Sanitario Penitenziario in tema di trattamento farmacologico della dipendenza da eroina e di prevenzione e cura delle crisi di astinenza.

La formazione professionale, proseguita col successivo Dirigente ha portato, gradualmente, ad un notevole miglioramento, a partire dall’anno 2000, delle prestazioni sanitarie effettuate.

Nel 2000 l’U.O. Carceri è stata ridefinita "Servizio area penale e servizio patologie correlate" ed è stata inserita nel Dipartimento delle dipendenze, unitamente al SERT ed al Servizio di Alcologia

 

 

 

Personale ed attività del servizio area penale al 18/1/2001

Dipendenti A.S.L.

 

Operatori N. ore settimanali x operatore.

medico dirigente(responsabile dell’U.O.) 1 38

medico psichiatra 1 38

psicologi psicoterapeuti 3 38

assistenti sociali 2 36

consigliere d’orientamento 1 36

infermieri professionali 4 37

segretaria 1 36

 

Presenti di norma all’interno del carcere, ad eccezione del medico responsabile, al mattino dal lunedì al venerdì. Il 20-30 % del monte ore viene effettuato al di fuori del carcere.

 

Consulenti a contratto

Operatori N. ore settimanali x operatore.

medico tossicologo 1 24

medico psichiatra 1 15

medico neuropsichiatria 1 15

psicologo 1 25

psicologo 1 20

infermieri professionali 2 37

assistente sociale 1 13

assistente sociale 1 25

 

Gli infermieri prestano servizio esclusivamente all’interno del carcere. Le altre figure professionali il 90 % dell’orario di lavoro

Altri consulenti

Insegnante di disegno 15 ore/sett.

Insegnante di musica 10 ore/sett.

Insegnante di teatro 15 ore/sett.

Insegnante di ginnastica 15 ore/sett.

 

Tutti prestano servizio esclusivamente all’interno del carcere.

 

L’unità operativa ha una sede principale all’esterno del carcere; all’interno del carcere dispone, quasi in esclusiva dei seguenti locali:

5 stanze per colloqui.

1 stanza per visite mediche.

1 ambulatorio per visite mediche e distribuzione di terapie.

1 stanza per le attività degli insegnanti.

1 area delimitata del corridoio del reparto C.O.C. utilizzata per le proiezioni cinematografiche, teatro, ginnastica ed altro,

1 stanza attrezzata come piccola palestra,

1 stanza deposito per materiali vari,

1 stanza di lavoro computer.

 

Accoglienza, presa in carico e trattamenti

 

Tutti i tossicodipendenti vengono contattati dall’U.O.C. (unità operativa carcere) tramite un colloquio di gruppo che viene fatto una o due volte alla settimana. I colloqui successivi e le visite mediche, se non precedentemente programmati, vengono effettuati tramite domandina del detenuto, consegnata all’agente di reparto. Alla data del18/12/2001 i detenuti in carico erano circa 280. La maggior parte assumeva una terapia farmacologica non meglio precisata. I pazienti in trattamento con metadone erano 180.

Orario di somministrazione del metadone:

tutti i giorni dalle ore 12 alle ore 15 presso il II° raggio, dalle ore 10 alle ore 12 negli altri raggi.

Esami di controllo

E’ possibile sia l’effettuazione dell’esame del capello che la ricerca dei metaboliti urinari delle sostanze stupefacenti per la certificazione dello stato di tossicodipendenza (ne vengono effettuati circa 10 al mese) e per il controllo delle terapie (circa 10 al mese).

Progetti finalizzati all’ottenimento di misure alternative alla detenzione

L’èquipe definisce i programmi alternativi in collaborazione con il SERT di competenza. La titolarità dei progetti è sempre del SERT di residenza del detenuto.

Rapporti con la Direzione ed il CSSA

Con la Direzione della Casa Circondariale vengono effettuate periodiche riunioni, circa 1 al mese, per scambiarsi le informazioni, per programmare l’attività e per l’organizzazione dei servizi. Gli educatori del carcere e la Direzione, impegni permettendo, partecipano alla riunione dell’èquipe, che si tiene settimanalmente, presso il II° raggio. Con il Servizio di Sorveglianza avvengono mediamente 2-3 incontri all’anno.

Conclusioni

Negli ultimi 2 anni è notevolmente migliorata l’assistenza sanitaria ai detenuti tossicodipendenti. Per quanto riguarda l’aspetto socio riabilitativo non si hanno elementi che possano permettere l’espressione di un giudizio.

 

Destano perplessità:

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l’inosservanza della legge.

La legislazione è esplicita nell’affermare che le A.S.L., mediante convenzione con le carceri, debbano garantire, tramite i SERT, l’assistenza sanitaria e socio riabilitativa ai detenuti tossicodipendenti. Il creare servizi non previsti dalla legge, porta ad una disomogeneità di trattamento sul territorio nazionale e a ritardi in attività di estrema importanza, quali ad esempio la definizione dei programmi finalizzati all’ottenimento di misure alternative alla detenzione, in quanto l’U.O. Carcere non può esserne titolare.

l’inosservanza dei rapporti convenzionali.

Pare che nel 95 sia stata firmata tra Carcere (provveditorato) e ASL una convenzione con protocollo operativo allegato, regolamentante i rapporti tra attività del SERT, Servizio sanitario penitenziario, Direzione del carcere e C.S.S.A e che non sia mai divenuta operativa.

 

Per quanto concerne l’attività dell’U.O. carcere

la scarsa informazione.

La maggior parte dei detenuti non è a conoscenza delle attività dell’U.O. carcere, né delle modalità necessarie per contattare gli operatori. Non esiste un collegamento programmato tra SERT ed U.O. Carceri. La maggior parte degli operatori dei SERT intervistati non conosce le attività di competenza dell’U.O. carcere.

la ridotta presenza dei medici dell’U.O. nei giorni feriali e la assenza nei giorni festivi, fa si che talora i trattamenti sostitutivi vengano spesso avviati dai medici di guardia non sempre accorti nella diagnosi di dipendenza.

il mancato controllo dell’assunzione degli psicofarmaci prescritti. Molti detenuti ritengono che vengano somministrate dosi eccessive di psicofarmaci, che in parte non vengono assunte e cedute ad altri ed usate in modo incongruo per ottenere effetti stupefacenti.

i tempi di risposta.

Alle domandine di incontro con gli operatori, a detta di alcuni detenuti, non sempre viene data risposta o, quando data, spesso passano tempi molto lunghi. Lo stesso accade per le richieste delle visite specialistiche necessarie per il controllo delle malattie correlate alla dipendenza.

Augusto Magnone, ex primario SERT della USSL 39 di Milano

 

Per informazioni e adesioni rivolgersi a:

Osservatorio Calamandrana

Presso Lega per i Diritti dei Popoli

Via Bagutta 12 20121 Milano

Telefono e Fax: 02/7808111

E-mail: lidlip@ciaoweb.it

 

Hanno contribuito alla stesura del bollettino:

 

Maria Elena Belli - Nunzio Ferrante - Augusto Magnone - Maria Vittoria Mora - Mario Napoleoni - Dajana Pennacchietti - Gabriella Sacchetti - Sandro Sessa - Rosanna Tognon

 

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