Articolato:
il trattamento penitenziario
LEGGE
26 luglio 1975 n. 354
norme
sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative
e limitative della libertà.
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Articolato
della proposta di modifica delle norme sull’ordinamento penitenziario
e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà
personale
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Titolo
I
Trattamento
penitenziario
Capo
I
Principi
direttivi
Art.1
Trattamento
e rieducazione
Il
trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve
assicurare il rispetto della dignità della persona.
Il
trattamento é improntato ad assoluta imparzialità, senza
discriminazioni in ordine a nazionalità, razza e condizioni economiche
e sociali, a opinioni politiche e a credenze religiose.
Negli
istituti devono essere mantenuti l'ordine e la disciplina. Non possono
essere adottate restrizioni non giustificabili con le esigenze predette
o, nei confronti degli imputati, non indispensabili ai fini giudiziari.
I
detenuti e gli internati sono chiamati o indicati con il loro nome.
Il
trattamento degli imputati deve essere rigorosamente informato al
principio che essi non sono considerati colpevoli sino alla condanna
definitiva.
Nei
confronti dei condannati e degli internati deve essere attuato un
trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con
l'ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi. Il
trattamento é attuato secondo un criterio di individualizzazione in
rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti.
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Titolo
I°
Trattamento penitenziario
Capo
I°
Principi direttivi
All’art.
1, alla fine del testo attuale, sono aggiunti i seguenti commi:
7.
Ai sensi del comma precedente, i condannati e gli internati hanno
diritto a disporre degli elementi del trattamento previsti dalla
presente legge, attuati sul piano collettivo ed individuale, secondo il
programma di cui all’art. 13, che deve essere predisposto per ciascuno
di loro.
8.
Tutti i detenuti e gli internati hanno inoltre diritto al rispetto delle
regole generali di trattamento previste dalla presente legge con
riferimento alle loro indispensabili esigenze di vita.
9.
Il mantenimento dell’ordine e della disciplina, indicato al comma 3,
non può condizionare o ostacolare l’attuazione dei diritti di cui ai
commi precedenti, dovendo, invece, qualificarsi come lo strumento
finalizzato e subordinato al raggiungimento dell’attuazione predetta,
che rappresenta il fine della attività degli istituti penitenziari. La
regolarità dello svolgimento delle attività trattamentali organizzate
per la comunità penitenziaria è assicurata dagli stessi operatori che
gestiscono tali attività. Il personale istituzionalmente delegato al
mantenimento dell’ordine e della disciplina si limita alla
ricognizione delle situazioni, intervenendo direttamente solo se
richiesto o, in genere, nei casi in cui se ne manifesti, comunque, la
necessità. Le ragioni di ordine e disciplina non possono essere addotte
per limitare lo svolgimento delle attività trattamentali.
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Art.2
Spese
per l'esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza detentive
Le
spese per l'esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza detentive
sono a carico dello stato.
Il
rimborso delle spese di mantenimento da parte dei condannati si effettua
ai termini degli articoli 145,188,189 e 191 del codice penale e 274 del
codice di procedura penale.
Il
rimborso delle spese di mantenimento da parte degli internati si
effettua mediante prelievo di una quota della remunerazione a norma del
penultimo capoverso dell' articolo 213 del codice penale ,ovvero per
effetto della disposizione sul rimborso delle spese di spedalità,
richiamata nell'ultima parte dell'articolo 213 del codice penale.
Sono
spese di mantenimento quelle concernenti gli alimenti ed il corredo.
Il
rimborso delle spese di mantenimento ha luogo per una quota non
superiore ai due terzi del costo reale. Il ministro per la grazia e
giustizia, al principio di ogni esercizio finanziario, determina,
sentito il ministro per il tesoro, la quota media di mantenimento dei
detenuti in tutti gli stabilimenti della Repubblica.
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Art.3
Parità
di condizioni fra i detenuti e gli internati
Negli
istituti penitenziari é assicurata ai detenuti ed agli internati parità
di condizioni di vita. In particolare il regolamento stabilisce
limitazioni in ordine all'ammontare del peculio disponibile e dei beni
provenienti dall'esterno.
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All’art.
3, la prima frase del comma unico è sostituita dalla seguente:
"Negli
istituti penitenziari è assicurata ai detenuti e agli internati parità
di diritti e di condizioni di vità."
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Art.4
Esercizio
dei diritti dei detenuti e degli internati.
I
detenuti e gli internati esercitano personalmente i diritti loro
derivanti dalla presente legge anche se si trovano in stato di
interdizione legale.
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Art.4-bis
Divieto
di concessione dei benefici e accertamento della pericolosità sociale
dei condannati per taluni delitti.
1.
L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure
alternative alla detenzione previste dal capo VI, esclusa la liberazione
anticipata, possono essere concessi ai detenuti e internati per i
seguenti delitti solo nei casi in cui tali detenuti e internati
collaborino con la giustizia a norma dell'articolo 58-ter della presente
legge: delitti commessi per finalità di terrorismo, anche
internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il
compimento di atti di violenza, delitto di cui all'articolo 416-bis del
codice penale, delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste
dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l'attività delle
associazioni in esso previste, delitti di cui agli articoli 600, 601,
602 e 630 del codice penale, all'articolo 291-quater del testo unico
delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e all'articolo
74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli
stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione
dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Sono fatte salve le
disposizioni degli articoli 16-nonies e 17-bis del decreto-legge 15
gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo
1991, n. 82. I benefici suddetti possono essere concessi ai detenuti o
internati per uno dei delitti di cui al primo periodo del presente comma
purchè siano stati acquisiti elementi tali da escludere l'attualità di
collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva,
altresì nei casi in cui la limitata partecipazione al fatto criminoso,
accertata nella sentenza di condanna, ovvero l'integrale accertamento
dei fatti e delle responsabilità operato con sentenza irrevocabile,
rendono comunque impossibile un'utile collaborazione con la giustizia,
nonchè nei casi in cui, anche se la collaborazione che viene offerta
risulti oggettivamente irrilevante, nei confronti dei medesimi detenuti
o internati sia stata applicata una delle circostanze attenuanti
previste dall'articolo 62, n. 6), anche qualora il risarcimento del
danno sia avvenuto dopo la sentenza di condanna, dall'articolo 114
ovvero dall'articolo 116, secondo comma, del codice penale. I benefici
di cui al presente comma possono essere concessi solo se non vi sono
elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la
criminalità organizzata, terroristica o eversiva, ai detenuti o
internati per i delitti di cui ai seguenti articoli: articoli 575, 628,
terzo comma, e 629, secondo comma, del codice penale, articolo 291-ter
del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica
23 gennaio 1973, n. 43, articolo 73 del citato testo unico di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309,
limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'articolo 80, comma 2,
del medesimo testo unico, articolo 416 del codice penale, realizzato
allo scopo di commettere delitti previsti dal libro II, titolo XII, capo
III, sezione I, del medesimo codice, dagli articoli 609-bis, 609-quater
e 609-octies del codice penale e dall'articolo 12, commi 3, 3-bis e
3-ter del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al
decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
2.
Ai fini della concessione dei benefici di cui al comma 1, il magistrato
di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decide acquisite
dettagliate informazioni per il tramite del comitato provinciale per
l'ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di
detenzione del condannato. In ogni caso il giudice decide trascorsi
trenta giorni dalla richiesta delle informazioni. Al suddetto comitato
provinciale può essere chiamato a partecipare il direttore
dell'istituto penitenziario in cui il condannato è detenuto.
2-bis.
Ai fini della concessione dei benefici di cui al comma 1, quarto
periodo, il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza
decide acquisite dettagliate informazioni dal questore. In ogni caso il
giudice decide trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle
informazioni.
3.
Quando il comitato ritiene che sussistano particolari esigenze di
sicurezza ovvero che i collegamenti potrebbero essere mantenuti con
organizzazioni operanti in ambiti non locali o extranazionali, ne dà
comunicazione al giudice e il termine di cui al comma 2 è prorogato di
ulteriori trenta giorni al fine di acquisire elementi ed informazioni da
parte dei competenti organi centrali.
3-bis.
L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure
alternative alla detenzione previste dal capo VI, non possono essere
concessi ai detenuti ed internati per delitti dolosi quando il
Procuratore nazionale antimafia o il procuratore distrettuale comunica,
d'iniziativa o su segnalazione del comitato provinciale per l'ordine e
la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione o
internamento, l'attualità di collegamenti con la criminalità
organizzata. In tal caso si prescinde dalle procedure previste dai commi
2 e 3.
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L’art.
4bis è sostituito dall’art. 54bis (v: oltre nell’articolato).
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Capo
II
Condizioni
generali
Art.5.
Caratteristiche
degli edifici penitenziari
Gli
istituti penitenziari devono essere realizzati in modo tale da
accogliere un numero non elevato di detenuti o internati.
Gli
edifici penitenziari devono essere dotati, oltre che di locali per le
esigenze di vita individuale, anche di locali per lo svolgimento di
attività in comune.
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Capo
II°
Condizioni generali
L’art.
5 è sostituito dal seguente:
"Art.
5. (Caratteristiche degli istituti penitenziari e degli edifici dei
medesimi necessarie per lo svolgimento di una attività penitenziaria
conforme alla legge). 1. I detenuti hanno diritto ad una presa in carico
che garantisca la conoscenza specifica della loro situazione e dei loro
bisogni da parte degli operatori penitenziari, indispensabile per
attivare tutti gli interventi nei loro confronti.
2.
In funzione della esigenza di cui al comma 1, gli istituti penitenziari
devono essere realizzati in modo tale da accogliere un numero non
elevato di detenuti o internati. Gli istituti già esistenti che non
rispondano a tali caratteritiche devono essere articolati in reparti
distinti che sono in grado di organizzare e svolgere le attività
penitenziarie previste dalla legge: in tali strutture può permanere una
direzione unica, che provvede a organizzare e svolgere le attività che
richiedano una gestione unitaria.
3.
Per ogni istituto, secondo i
criteri di cui al comma 2bis dell’art. 6, deve essere stabilita la
capienza regolamentare.
4.
E’ riconosciuto il diritto
dei detenuti e degli internati ad un regime di vita che distribuisca la
giornata fra periodo notturno di pernottamento e periodo diurno di
attività, così che non si producano i dannni fisiopsichici da
istituzionalizzazione.
5.
Gli istituti penitenziari
devono, pertanto, essere dotati e di locali per le esigenze di vita
individuale, con prevalente funzione di pernottamento, e di locali e
spazi per lo svolgimento delle attività in comune, organizzate per
consentire, durante il giorno, un regime di vita attivo secondo le
indicazioni della presente legge.
6.
I locali e gli spazi comuni di
cui al a precedente devono essere utilizzati con continuità e integrati
con ulteriori spazi, se occorra, per garantire il regime di vita
indicato al comma precedente.
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Art.6
Locali
di soggiorno e di pernottamento
I
locali nei quali si svolge la vita dei detenuti e degli internati devono
essere di ampiezza sufficiente, illuminati con luce naturale e
artificiale in modo da permettere il lavoro e la lettura; aerati,
riscaldati ove le condizioni climatiche lo esigono, e dotati di servizi
igienici riservati, decenti e di tipo razionale. I detti locali devono
essere tenuti in buono stato di conservazione e di pulizia.
I
locali destinati al pernottamento consistono in camere dotate di uno o
più posti.
Particolare
cura é impiegata nella scelta di quei soggetti che sono collocati in
camere a più posti.
Agli
imputati deve essere garantito il pernottamento in camere ad un posto a
meno che la situazione particolare dell'istituto non lo consenta.
Ciascun
detenuto e internato dispone di adeguato corredo per il proprio letto.
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Nell’art.
6, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:
"2bis.
Le dimensioni e le corrispondenti capienze dei locali di cui ai commi
precedenti sono definite in applicazione delle regole previste in
generale per istituti di accoglienza di persone in normali condizioni
fisiche. I locali stessi non possono essere utilizzati al di là delle
capienze come sopra definite, se non in presenza di esigenze eccezionali
e per il tempo strettamente necessario alla loro rimozione. Il
superamento dei limiti di capienza deve essere immediatamente segnalato
dalla direzione dell’istituto al servizio sanitario operante nello
stesso e al competente provveditorato regionale della amministrazione
penitenziaria.
2ter.
I detenuti e gli internati hanno diritto al rispetto delle regole di cui
al comma precedente, che hanno conseguenze immediate sulle loro
condizioni di vita."
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Art.7
Vestiario
e corredo
Ciascun
soggetto é fornito di biancheria, di vestiario e di effetti di uso in
quantità sufficiente, in buono stato di conservazione e di pulizia e
tali da assicurare la soddisfazione delle normali esigenze di vita.
L'abito
é di tessuto a tinta unita e di foggia decorosa. É concesso l'abito di
lavoro quando é reso necessario dall'attività svolta.
Gli
imputati e i condannati a pena detentiva inferiore ad un anno possono
indossare abiti di loro proprietà, purché puliti e convenienti.
L'abito fornito agli imputati deve essere comunque diverso da quello dei
condannati e degli internati.
I
detenuti e gli internati possono essere ammessi a far uso di corredo di
loro proprietà e di oggetti che abbiano particolare valore morale o
affettivo.
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Nell’art.
7 i commi 3 e 4 sono sostituiti dal seguente:
"3.
I detenuti e gli internati possono comunque indossare abiti di
loro proprietà, purchè puliti e convenienti."
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Art.8
Igiene
personale
É
assicurato ai detenuti e agli internati l'uso adeguato e sufficiente di
lavabi e di bagni o docce, nonché degli altri oggetti necessari alla
cura e alla pulizia della persona.
In
ciascun istituto sono organizzati i servizi per il periodico taglio dei
capelli e la rasatura della barba. Può essere consentito l'uso di
rasoio elettrico personale.
Il
taglio dei capelli e della barba può essere imposto soltanto per
particolari ragioni igienico-sanitarie.
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Nell’art.
8, il comma 1 è sostituito dal seguente:
"1.
E’ assicurato ai detenuti e agli internati il diritto all’uso
quotidiano di lavabi, di bagni o docce, con acqua corrente calda e
fredda, nonchè degli altri oggetti necessari alla cura e alla pulizia
della persona. Tali apparecchiature e i servizi igienici necessari sono
collocati in un locale separato, accessorio e comunicante con la camera
di pernottamento e liberamente accessibile dalla stessa."
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Art.9
Alimentazione
Ai
detenuti e agli internati é assicurata un'alimentazione sana e
sufficiente, adeguata all'età, al sesso, allo stato di salute, al
lavoro, alla stagione, al clima.
Il
vitto é somministrato, di regola, in locali all'uopo destinati.
I
detenuti e gli internati devono avere sempre a disposizione acqua
potabile.
La
quantità e la qualità del vitto giornaliero sono determinate da
apposite tabelle approvate con decreto ministeriale.
Il
servizio di vettovagliamento é di regola gestito direttamente dalla
amministrazione penitenziaria.
Una
rappresentanza dei detenuti o degli internati, designata mensilmente per
sorteggio, controlla l'applicazione delle tabelle e la preparazione del
vitto.
Ai
detenuti e agli internati é consentito l'acquisto, a proprie spese, di
generi alimentari e di conforto, entro i limiti fissati dal regolamento.
La vendita dei generi alimentari o di conforto deve essere affidata di
regola a spacci gestiti direttamente dalla amministrazione carceraria o
da imprese che esercitano la vendita a prezzi controllati dall'autorità
comunale. I prezzi non possono essere superiori a quelli comunemente
praticati nel luogo in cui é sito l'istituto. La rappresentanza
indicata nel precedente comma, integrata da un delegato del direttore,
scelto tra il personale civile dell'istituto, controlla qualità e
prezzi dei generi venduti nell'istituto.
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Nell’art.
9, il comma 1 è sostituito dal seguente:
"1.
I detenuti e gli internati hanno diritto ad una alimentazione sana e
sufficiente, adeguata alla età, al sesso, allo stato di salute, al
lavoro, alla stagione, al clima."
Il
comma 4 è sostituito dal seguente:
4.
La quantità e la qualità del vitto giornaliero sono determinate da
apposite tabelle approvate con decreto ministeriale, che deve tenere
conto delle variazioni climatiche stagionali e delle diversità
territoriali. Ai fini della
emissione del decreto, i singoli provveditorati regionali propongono le
variazioni opportune con riferimento ai territori di competenza".
Dopo
il comma 7, è aggiunto il seguente : "8. Per i generi di cui al
comma precedente per i quali sia possibile, l’acquisto può essere
effettuato da distributori automatici con schede prepagate, che vengono
ricaricate mensilmente, con un sistema limitativo della spesa
giornaliera e mensile, limitazione indicata semestralmente dal
dipartimento della amministrazione penitenziaria, anche con mera
conferma delle disposizioni date precedentemente. In tale modo possono
essere acquistate anche schede telefoniche prepagate, da utilizzare
secondo le regole stabilite dalla normativa vigente. I prezzi dei
singoli generi devono essere indicati chiaramente. Tale disposizione non
vale negli istituti di sicurezza più elevata di quella media".
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Art.10
Permanenza
all'aperto
Ai
soggetti che non prestano lavoro all'aperto é consentito di permanere
almeno per due ore al giorno all'aria aperta. Tale periodo di tempo può
essere ridotto a non meno di un'ora al giorno soltanto per motivi
eccezionali.
La
permanenza all'aria aperta é effettuata in gruppi a meno che non
ricorrano i casi indicati nell' articolo 33 e nei numeri 4) e 5) dello
articolo 39 ed é dedicata, se possibile, ad esercizi fisici.
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L’art.
10 è sostituito dal seguente:
"Art.
10. (Caratteristiche e utilizzazione degli spazi all’aperto).
1.
Gli istituti penitenziari
devono disporre di spazi all’aperto, non interclusi fra fabbricati,
compresi quelli necessari per lo svolgimento di attività sportive,
ricreative e, in genere, trattamentali.
2.
I detenuti e gli internati
hanno diritto a permanere all’aperto per tempi adeguati, non inferiori
alle quattro ore giornaliere, tenuto conto della necessità di
compensare i lunghi periodi di permanenza in locali chiusi. Per motivi
eccezionali e per tempi limitati e brevi, la permanenza all’aperto può
essere ridotta a due ore giornaliere con provvedimento motivato del
direttore dell’istituto, che viene comunicato al provveditore
regionale e al magistrato di sorveglianza. Gli spazi destinati alla sola
permanenza all’esterno devono offrire possibilità di protezionedagli
agenti atmosferici.
3.
I detenuti e gli internati
hanno anche diritto, attraverso la ammissione agli idonei spazi
all’aperto, a partecipare alle attività sportive, ricreative e
trattamentali in genere. A tal fine gli spazi all’aperto esistenti
devono essere adeguatamente attrezzati e utilizzati con continuità.
4.
La utilizzazione degli spazi
all’aperto per la fruizione dei diritti di cui ai commi 2 e 3 è
stabilita con un programma da definire, anche attraverso le valutazioni
dei servizi sanitario, psicologico ed educativo, come strumento
essenziale per contenere gli effetti negativi sul piano fisico e
psichico della permanenza in una comunità chiusa con prevalenza di vita
in ambienti interni.
5.
La fruizione degli spazi
all’aperto da parte dei detenuti e degli internati è effettuata in
gruppi, salvo i casi di esclusione previsti dalla presente legge."
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Art.11
Servizio
sanitario
Ogni
istituto penitenziario é dotato di servizio medico e di servizio
farmaceutico rispondenti alle esigenze profilattiche e di cura della
salute dei detenuti e degli internati; dispone, inoltre, dell'opera di
almeno uno specialista in psichiatria.
Ove
siano necessari cure o accertamenti diagnostici che non possono essere
apprestati dai servizi sanitari degli istituti, i condannati e gli
internati sono trasferiti, con provvedimento del magistrato di
sorveglianza, in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura. Per
gli imputati, detti trasferimenti sono disposti, dopo la pronunzia della
sentenza di primo grado, dal magistrato di sorveglianza; prima della
pronunzia della sentenza di primo grado, dal giudice istruttore, durante
l'istruttoria formale; dal pubblico ministero, durante l'istruzione
sommaria e, in caso di giudizio direttissimo, fino alla presentazione
dell'imputato in udienza; dal presidente, durante gli atti preliminari
al giudizio e nel corso del giudizio gli atti preliminari al giudizio e
nel corso del giudizio; dal pretore, nei procedimenti di sua competenza;
dal presidente della corte di appello, nel corso degli atti preliminari
al giudizio dinanzi la corte di assise, fino alla convocazione della
corte stessa e dal presidente di essa successivamente alla convocazione.
L'autorità
giudiziaria competente ai sensi del comma precedente può disporre,
quando non vi sia pericolo di fuga, che i detenuti e gli internati
trasferiti in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura con
proprio provvedimento, o con provvedimento del direttore dell'istituto
nei casi di assoluta urgenza, non siano sottoposti a piantonamento
durante la degenza, salvo che sia necessario per la tutela della loro
incolumità personale.
Il
detenuto o l'internato che, non essendo sottoposto a piantonamento, si
allontana dal luogo di cura senza giustificato motivo é punibile a
norma del primo comma dell'articolo 385 del codice penale.
All'atto
dell'ingresso nell'istituto i soggetti sono sottoposti a visita medica
generale allo scopo di accertare eventuali malattie fisiche o psichiche.
L'assistenza sanitaria é prestata, nel corso della permanenza
nell'istituto, con periodici e frequenti riscontri, indipendentemente
dalle richieste degli interessati.
Il
sanitario deve visitare ogni giorno gli ammalati e coloro che ne
facciano richiesta; deve segnalare immediatamente la presenza di
malattie che richiedono particolari indagini e cure specialistiche;
deve, inoltre, controllare periodicamente l'idoneità dei soggetti ai
lavori cui sono addetti.
I
detenuti e gli internati sospetti o riconosciuti affetti da malattie
contagiose sono immediatamente isolati. Nel caso di sospetto di malattia
psichica sono adottati senza indugio i provvedimenti del caso col
rispetto delle norme concernenti l'assistenza psichiatrica e la sanità
mentale.
In
ogni istituto penitenziario per donne sono in funzione servizi speciali
per l'assistenza sanitaria alle gestanti e alle puerpere.
Alle
madri é consentito di tenere presso di sé i figli fino all'età di tre
anni. Per la cura e l'assistenza dei bambini sono organizzati appositi
asili nido.
L'amministrazione
penitenziaria, per l'organizzazione e per il funzionamento dei servizi
sanitari, può avvalersi della collaborazione dei servizi pubblici
sanitari locali, ospedalieri ed extra ospedalieri, d'intesa con la
regione e secondo gli indirizzi del ministero della sanità.
I
detenuti e gli internati possono richiedere di essere visitati a proprie
spese da un sanitario di loro fiducia. Per gli imputati é necessaria
l'autorizzazione del magistrato che procede, sino alla pronuncia della
sentenza di primo grado.
Il
medico provinciale visita almeno due volte l'anno gli istituti di
prevenzione e di pena allo scopo di accertare lo stato igienico-
sanitario, l'adeguatezza delle misure di profilassi contro le malattie
infettive disposte dal servizio sanitario penitenziario e le condizioni
igieniche e sanitarie dei ristretti negli istituti.
Il
medico provinciale riferisce sulle visite compiute e sui provvedimenti
da adottare al ministero della sanità e a quello di grazia e giustizia,
informando altresì i competenti uffici regionali e il magistrato di
sorveglianza.
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L’art.
11 è sostituito dal seguente:
"Art.
11. (Diritto alla salute e servizio sanitario). 1. La custodia
cautelare, la pena detentiva e le misure di sicurezza detentive devono
essere eseguite nel rispetto del diritto alla salute delle persone,
previsto dall’art. 32 della Costituzione. Ne consegue che negli
istituti penitenziari non devono essere operati trattamenti o poste in
essere situazioni che siano contrari al senso di umanità e che siano,
comunque, pregiudizievoli della salute psichica e fisica dei detenuti e
degli internati.
2.
Tutti i detenuti e gli internati, compresi gli stranieri, anche se privi
di permesso di soggiorno, hanno diritto alla assistenza sanitaria
prevista dal Servizio sanitario nazionale e gestita dalle Regioni, senza
differenza dalla assistenza sanitaria dello stesso Servizio nei
confronti delle persone libere. Per gli stranieri non iscritti al
servizio sanitario nazionale e per i cittadini italiani privi di
residenza è competente il servizio pubblico del territorio in cui
è posto l’istituto in cui sono detenuti.
3.
Le Regioni definiscono, di concerto con i provveditorati regionali della
Amministrazione penitenziaria, le modalità di attuazione di tale
assistenza, sia generica che specialistica, secondo i principi della
gratuità, della eguaglianza fra gli utenti e della continuità dei
servizi attraverso la presa in carico dei singoli casi dall’inizio
fino alla conclusione degli interventi di cura. La continuità dei
servizi è assicurata sia attraverso il collegamento con il servizio che
seguiva l’utente prima della detenzione, sia con quello che dovrà
seguirlo successivamente alla conclusione della stessa.
4.
Deve essere assicurato un adeguato intervento di medicina preventiva nei
confronti dei singoli utenti. Devono essere inoltre assicurati la
verifica del livello del rischio per la salute nelle situazioni
detentive dei singoli istituti penitenziari e gli interventi adeguati
per la eliminazione o, almeno, il contenimento del rischio stesso,
attraverso la rimozione delle prolungate situazioni di inerzia, di
riduzione del movimento e della attività fisica.
5.
Negli istituti penitenziari deve essere assicurato, di concerto con
l’area sanitaria generale, l’intervento multidisciplinare del
dipartimento di salute mentale, che deve potere contare su strutture
interne distinte ed adeguate, tanto ambulatoriali, che di permanenza
breve o prolungata.
6.
Deve anche essere attuato l’intervento di assistenza e cura del
disagio personale dei detenuti e degli internati conseguente
all’inizio e al proseguimento della reclusione. A tal fine devono
essere coordinati tutti gli interventi degli psicologi operanti nei
diversi servizi dell’istituto, compresi quelli che svolgono le attività
di osservazione e trattamento, nonché quelli di cui ai commi 7 e 8.
Devono anche essere mantenuti stretti contatti con il servizio di cui al
comma 5. Tale intervento deve essere attivato fin dal primo momento
della carcerazione e, se risulti utile, proseguito nel seguito.
7.
E’ anche assicurato l’intervento multidisciplinare del dipartimento
delle dipendenze da sostanze stupefacenti o psicotrope, nonché dei
servizi alcoologici, che devono disporre e porre a disposizione delle
persone tutti gli strumenti che favoriscano, in quanto possibile, lo
svolgimento di progetti riabilitativi nei servizi pubblici o privati
esterni.
8.
Ai detenuti e agli internati sono assicurati inoltre tutti gli
interventi, realizzati all’esterno per le persone libere, per
migliorare la qualità e la pertinenza delle diagnosi e delle cure in
ambito oncologico e nei confronti dei sieropositivi da HIV. Tali
situazioni sono, comunque, tempestivamente segnalate alle autorità
giudiziarie competenti a decidere sulla rimozione o sul differimento
della situazione detentiva.
9.
In ogni istituto o sezione di istituto penitenziario per donne deve
essere assicurata l’assistenza sanitaria alle gestanti e alle
puerpere. Tali situazioni sono, comunque, tempestivamente segnalate alle
autorità giudiziarie competenti a decidere sulla revoca o sul
differimento della situazione detentiva.
10.
Alle madri è consentito di tenere presso di sè i figli fino all’età
di tre anni. Per la cura e l’assistenza dei bambini sono organizzati
appositi asili nido, ma è anche assicurato l’accesso ai
corrispondenti servizi pubblici esterni. Tale
situazione è, comunque, tempestivamente segnalata alle autorità
giudiziarie competenti a decidere sulla rimozione o sul differimento
della situazione detentiva medesima.
11.
Negli ospedali psichiatrici giudiziari e nelle case di cura e custodia
la direzione degli istituti appartiene al personale medico-psichiatrico.
Lo stesso, con la collaborazione del personale paramedico, provvede alla
gestione dei reparti di accoglienza, assistenza e cura degli istituti.
Il personale che cura l’ordine e la disciplina interviene
all’interno dei reparti predetti solo se richiesto dal personale
sanitario.
12.
I detenuti e gli internati possono richiedere di essere visitati o di
fruire, all’interno dell’istituto, di interventi sanitari da parte
del medico di famiglia o, comunque, di personale sanitario di fiducia,
previo nulla osta, per gli imputati fino alla pronuncia della sentenza
di primo grado, della autorità giudiziaria procedente, e della
direzione dell’istituto penitenziario, negli altri casi."
Dopo
l’art. 11 sono aggiunti i seguenti articoli:
"Art.
11bis. (Organizzazione e svolgimento del servizio sanitario). (I commi
1, 2 e 3 sono uniformi ai commi 5,6 e 7 del testo vigente dell’art.
11)
1.
All'atto dell'ingresso nell'istituto i soggetti sono sottoposti a visita
medica generale allo scopo di accertare eventuali malattie fisiche o
psichiche. L'assistenza sanitaria é prestata, nel corso della
permanenza nell'istituto, con periodici e frequenti riscontri,
indipendentemente dalle richieste degli interessati.
2.
Il sanitario deve visitare ogni giorno gli ammalati e coloro che ne
facciano richiesta; deve segnalare immediatamente la presenza di
malattie che richiedono particolari indagini e cure specialistiche;
deve, inoltre, controllare periodicamente l'idoneità dei soggetti ai
lavori cui sono addetti.
3.
I detenuti e gli internati sospetti o riconosciuti affetti da malattie
contagiose sono immediatamente isolati. Nel caso di sospetto di malattia
psichica sono adottati senza indugio i provvedimenti del caso col
rispetto delle norme concernenti l'assistenza psichiatrica e la sanità
mentale.
4.
Fin dall’inizio,
all’intervento sanitario si accompagna la presa in carico della
persona che ne fruisce.
5.
I servizi specialistici ed, in
particolare, quelli di assistenza psichiatrica, delle tossicodipendenze
e della alcoologia, operano una propria presa in carico e svolgono la
loro attività in autonomia dal servizio sanitario generico."
"Art.
11 ter. (Assistenza in luogo esterno di cura. Modalità della
sorveglianza). (Il testo dell’articolo è conforme ai commi 2, 3 e 4
del testo vigente dell’art. 119.
1.
Ove siano necessari cure o accertamenti diagnostici che non possono
essere apprestati dai servizi sanitari degli istituti, i condannati e
gli internati sono trasferiti, con provvedimento del magistrato di
sorveglianza, in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura. Per
gli imputati, detti trasferimenti sono disposti, dopo la pronunzia della
sentenza di primo grado, dal magistrato di sorveglianza; prima della
pronunzia della sentenza di primo grado, dal giudice istruttore, durante
l'istruttoria formale; dal pubblico ministero, durante l'istruzione
sommaria e, in caso di giudizio direttissimo, fino alla presentazione
dell'imputato in udienza; dal presidente, durante gli atti preliminari
al giudizio e nel corso del giudizio gli atti preliminari al giudizio e
nel corso del giudizio; dal pretore, nei procedimenti di sua competenza;
dal presidente della corte di appello, nel corso degli atti preliminari
al giudizio dinanzi la corte di assise, fino alla convocazione della
corte stessa e dal presidente di essa successivamente alla convocazione.
2.
L'autorità giudiziaria competente ai sensi del comma precedente può
disporre, quando non vi sia pericolo di fuga, che i detenuti e gli
internati trasferiti in ospedali civili o in altri luoghi esterni di
cura con proprio provvedimento, o con provvedimento del direttore
dell'istituto nei casi di assoluta urgenza, non siano sottoposti a
piantonamento durante la degenza, salvo che sia necessario per la tutela
della loro incolumità personale.
3.
Il detenuto o l'internato che, non essendo sottoposto a piantonamento,
si allontana dal luogo di cura senza giustificato motivo é punibile a
norma del primo comma dell'articolo 385 del codice penale.
"Art.
11 quater. (Vigilanza sullo svolgimento del servizio sanitario).
"1.
E’ istituita, negli istituti penitenziari compresi nel territorio di
appartenenza di ogni ASL, una commissione per la vigilanza e la
valutazione dei servizi relativi alla salute e alla assistenza sanitaria
dei detenuti e degli internati.
2.
La commissione è formata:
|
-da
una persona, avente specifica competenza nel settore, designata
dalle associazioni di volontariato che operano negli istituti
penitenziari interessati;
|
da
una persona designata dalla amministrazione penitenziaria;
|
da
una persona designata dalla ASL di competenza.
|
| |
3.
La commissione opera con visite
ordinarie semestrali negli istituti penitenziari e con visite
straordinarie ove ne ravvisi la necessità. Le visite si svolgono senza
preavviso, con la facoltà di svolgere accertamenti sulla situazione dei
luoghi e sulla documentazione sanitaria, anche attraverso l’esame
delle persone assistite e degli operatori sanitari.
4.
La commissione verifica, oltre
che la adeguatezza dei servizi relativi alla salute e alla assistenza
sanitaria, anche la validità dei rapporti di collaborazione fra il
personale dell’ASL e quello della Amministrazione penitenziaria.
5.
La commissione adotta le sue
conclusioni con apposita relazione, approvata, ove occorra, a
maggioranza. Il dissenso rispetto alla stessa viene espresso con
relazione di minoranza.
|
Art.12
Attrezzature
per attività di lavoro di istruzione e di ricreazione
Negli
istituti penitenziari, secondo le esigenze del trattamento, sono
approntate attrezzature per lo svolgimento di attività lavorative, di
istruzione scolastica e professionale, ricreative, culturali e di ogni
altra attività in comune.
Gli
istituti devono inoltre essere forniti di una biblioteca costituita da
libri e periodici, scelti dalla commissione prevista dal secondo comma
dell' articolo 16 .
Alla
gestione del servizio di biblioteca partecipano rappresentanti dei
detenuti e degli internati.
|
|
Capo
III - Modalità del trattamento
Art.13
Individualizzazione
del trattamento
Il
trattamento penitenziario deve rispondere ai particolari bisogni della
personalità di ciascun soggetto.
Nei
confronti dei condannati e degli internati é predisposta l'osservazione
scientifica della personalità per rilevare le carenze fisiopsichiche e
le altre cause del disadattamento sociale. L'osservazione é compiuta
all'inizio dell'esecuzione e proseguita nel corso di essa.
Per
ciascun condannato e internato, in base ai risultati della osservazione,
sono formulate indicazioni in merito al trattamento rieducativo da
effettuare ed é compilato il relativo programma, che é integrato o
modificato secondo le esigenze che si prospettano nel corso
dell'esecuzione.
Le
indicazioni generali e particolari del trattamento sono inserite,
unitamente ai dati giudiziari, biografici e sanitari, nella cartella
personale, nella quale sono successivamente annotati gli sviluppi del
trattamento pratico e i suoi risultati.
Deve
essere favorita la collaborazione dei condannati e degli internati alle
attività di osservazione e di trattamento.
|
Capo
III°
Modalita’ del trattamento
Nel
comma 2 dell’art. 13, la parola "scientifica" è sostituita
dalla parola "multidisciplinare".
Nell’art.
13, dopo il comma 5, è aggiunto il seguente:
"6.
I condannati e gli internati, per la attuazione della finalizzazione
costituzionale della pena e della misura di sicurezza alla rieducazione
e alla risocializzazione, hanno diritto allo svolgimento della
osservazione e alla predisposizione e successiva realizzazione, in
costanza della collaborazione dell’interessato, del programma di
trattamento previsto dai commi precedenti."
|
Art.14
Assegnazione,
raggruppamento e categorie dei detenuti e degli internati
Il
numero dei detenuti e degli internati negli istituti e nelle sezioni
deve essere limitato e, comunque, tale da favorire l'individualizzazione
del trattamento.
L'assegnazione
dei condannati e degli internati ai singoli istituti e il raggruppamento
nelle sezioni di ciascun istituto sono disposti con particolare riguardo
alla possibilità di procedere ad un trattamento rieducativo comune e
all'esigenza di evitare influenze nocive reciproche. Per le assegnazioni
sono, inoltre, applicati di norma i criteri di cui al primo ed al
secondo comma dell' articolo 42 .
É
assicurata la separazione degli imputati dai condannati e internati, dei
giovani al disotto dei venticinque anni dagli adulti, dei condannati
dagli internati e dei condannati all'arresto dai condannati alla
reclusione.
É
consentita, in particolari circostanze, l'ammissione di detenuti e di
internati ad attività organizzate per categorie diverse da quelle di
appartenenza.
Le
donne sono ospitate in istituti separati o in apposite sezioni di
istituto.
|
|
Art.14-bis
Regime
di sorveglianza particolare.
1.
Possono essere sottoposti a regime di sorveglianza particolare per un
periodo non superiore a sei mesi, prorogabile anche più volte in misura
non superiore ogni volta a tre mesi, i condannati, gli internati e gli
imputati:
a)
che con i loro comportamenti compromettono la sicurezza ovvero turbano
l'ordine negli istituti;
b)
che con la violenza o minaccia impediscono le attività degli altri
detenuti o internati;
c)
che nella vita penitenziaria si avvalgono dello stato di soggezione
degli altri detenuti nei loro confronti.
2.
Il regime di cui al precedente comma primo é disposto con provvedimento
motivato della amministrazione penitenziaria previo parere del consiglio
di disciplina, integrato da due degli esperti previsti dal quarto comma
dell'articolo 80.
3.
Nei confronti degli imputati il regime di sorveglianza particolare é
disposto sentita anche l'autorità giudiziaria che procede.
4.
In caso di necessità ed urgenza l'amministrazione può disporre in via
provvisoria la sorveglianza particolare prima dei pareri prescritti, che
comunque devono essere acquisiti entro dieci giorni dalla data del
provvedimento. Scaduto tale termine la amministrazione, acquisiti i
pareri prescritti, decide in via definitiva entro dieci giorni decorsi i
quali, senza che sia intervenuta la decisione, il provvedimento
provvisorio decade.
5.
Possono essere sottoposti a regime di sorveglianza particolare, fin dal
momento del loro ingresso in istituto, i condannati, gli internati e gli
imputati, sulla base di precedenti comportamenti penitenziari o di altri
concreti comportamenti tenuti, indipendentemente dalla natura
dell'imputazione, nello stato di libertà. L'autorità giudiziaria
segnala gli eventuali elementi a sua conoscenza all'amministrazione
penitenziaria che decide sulla adozione dei provvedimenti di sua
competenza.
6.
Il provvedimento che dispone il regime di cui al presente articolo é
comunicato immediatamente al magistrato di sorveglianza ai fini
dell'esercizio del suo potere di vigilanza.
|
La
collocazione degli articoli 14bis, 14ter e 14quater è modificata con
inserimento nel capo III° del titolo III°.
|
Art.14-ter
Reclamo
1.
Avverso il provvedimento che dispone o proroga il regime di sorveglianza
particolare può essere proposto dall'interessato reclamo al tribunale
di sorveglianza nel termine di dieci giorni dalla comunicazione del
provvedimento definitivo. Il reclamo non sospende l'esecuzione del
provvedimento.
2.
Il tribunale di sorveglianza provvede con ordinanza in camera di
consiglio entro dieci giorni dalla ricezione del reclamo.
3.
Il procedimento si svolge con la partecipazione del difensore e del
pubblico ministero. L'interessato e l'amministrazione penitenziaria
possono presentare memorie.
4.
Per quanto non diversamente disposto si applicano le disposizioni del
Capo secondo-bis del Titolo secondo.
|
|
Art.14-quater
Contenuti
del regime di sorveglianza particolare
1.
Il regime di sorveglianza particolare comporta le restrizioni
strettamente necessarie per il mantenimento dell'ordine e della
sicurezza, all'esercizio dei diritti dei detenuti e degli internati e
alle regole di trattamento previste dall'ordinamento penitenziario.
2.
L'amministrazione penitenziaria può adottare il visto di controllo
sulla corrispondenza, previa autorizzazione motivata dell'autorità
giudiziaria competente.
3.
Le restrizioni di cui ai commi precedenti sono motivatamente stabilite
nel provvedimento che dispone il regime di sorveglianza particolare.
4.
In ogni caso le restrizioni non possono riguardare: l'igiene e le
esigenze della salute; il vitto; il vestiario ed il corredo; il
possesso, l'acquisto e la ricezione di generi ed oggetti permessi dal
regolamento interno, nei limiti in cui ciò non comporta pericolo per la
sicurezza; la lettura di libri e periodici; le pratiche di culto; l'uso
di apparecchi radio del tipo consentito; la permanenza all'aperto per
almeno due ore al giorno salvo quanto disposto dall'articolo 10; i
colloqui con i difensori, nonché quelli con il coniuge, il convivente,
i figli, i genitori, i fratelli.
5.
Se il regime di sorveglianza particolare non é attuabile nell'istituto
ove il detenuto o l'internato si trova, la amministrazione penitenziaria
può disporre, con provvedimento motivato, il trasferimento in altro
istituto idoneo, con il minimo pregiudizio possibile per la difesa e per
i familiari, dandone immediato avviso al magistrato di sorveglianza.
Questi riferisce al ministro in ordine ad eventuali casi di infondatezza
dei motivi posti a base del trasferimento.
|
|
Art.15
Elementi
del trattamento
Il
trattamento del condannato e dell'internato é svolto avvalendosi
principalmente dell'istruzione, del lavoro, della religione, delle
attività culturali, ricreative e sportive e agevolando opportuni
contatti con il mondo esterno ed i rapporti con la famiglia.
Ai
fini del trattamento rieducativo, salvo casi di impossibilità, al
condannato e all'internato é assicurato il lavoro.
Gli
imputati sono ammessi, a loro richiesta, a partecipare ad attività
educative, culturali e ricreative e, salvo giustificati motivi o
contrarie disposizioni dell'autorità giudiziaria, a svolgere attività
lavorativa o di formazione professionale, possibilmente di loro scelta
e, comunque, in condizioni adeguate alla loro posizione giuridica.
|
Nell’art.
15, il comma 2 è sostituito dal seguente:
"2.
Per l’attuazione del programma di trattamento, ai sensi dell’art.
13, i condannati e gli internati hanno diritto a disporre degli elementi
del trattamento di cui al comma precedente. Gli istituti penitenziari
devono essere organizzati al fine di rendere tali elementi concretamente
disponibili per gli interessati."
|
Art.16
Regolamento
dell'istituto
In
ciascun istituto il trattamento penitenziario é organizzato secondo le
direttive che l'amministrazione penitenziaria impartisce con riguardo
alle esigenze dei gruppi di detenuti ed internati ivi ristretti. Le
modalità del trattamento da seguire in ciascun istituto sono
disciplinate nel regolamento interno, che é predisposto e modificato da
una commissione composta dal magistrato di sorveglianza, che la
presiede, dal direttore, dal medico, dal cappellano, dal preposto alle
attività lavorative, da un educatore e da un assistente sociale. La
commissione può avvalersi della collaborazione degli esperti indicati
nel quarto comma dell' articolo 80 .
Il
regolamento interno disciplina, altresì, i controlli cui devono
sottoporsi tutti coloro che, a qualsiasi titolo, accedono all'istituto o
ne escono.
Il
regolamento interno e le sue modificazioni sono approvati dal Ministro
per la grazia e giustizia.
|
|
Art.17
Partecipazione
della comunità esterna all'azione rieducativa
La
finalità del reinserimento sociale dei condannati e degli internati
deve essere perseguita anche sollecitando ed organizzando la
partecipazione di privati e di istituzioni o associazioni pubbliche o
private all'azione rieducativa.
Sono
ammessi a frequentare gli istituti penitenziari con l'autorizzazione e
secondo le direttive del magistrato di sorveglianza, su parere
favorevole del direttore, tutti coloro che avendo concreto interesse per
l'opera di risocializzazione dei detenuti dimostrino di potere utilmente
promuovere lo sviluppo dei contatti tra la comunità carceraria e la
società libera.
Le
persone indicate nel comma precedente operano sotto il controllo dei
direttore.
|
|
Art.18
Colloqui,
corrispondenza e informazione
1
I detenuti e gli internati sono ammessi ad avere colloqui e
corrispondenza con i congiunti e con altre persone, anche al fine di
compiere atti giuridici.
2
I colloqui si svolgono in appositi locali sotto il controllo a vista e
non auditivo del personale di custodia.
3
Particolare favore viene accordato ai colloqui con i familiari.
4
L'amministrazione penitenziaria pone a disposizione dei detenuti e degli
internati, che ne sono sprovvisti, gli oggetti di cancelleria necessari
per la corrispondenza.
5
Può essere autorizzata nei rapporti con i familiari e, in casi
particolari, con terzi, corrispondenza telefonica con le modalità e le
cautele previste dal regolamento.
6
I detenuti e gli internati sono autorizzati a tenere presso di sé i
quotidiani, i periodici e i libri in libera vendita all'esterno e ad
avvalersi di altri mezzi di informazione.
7
La corrispondenza dei singoli condannati o internati può essere
sottoposta, con provvedimento motivato del magistrato di sorveglianza, a
visto di controllo del direttore o di un rappresentante
all'amministrazione penitenziaria designato dallo stesso direttore.
8.
Salvo quanto disposto dall'articolo 18-bis, per gli imputati i permessi
di colloquio fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, la
sottoposizione al visto di controllo sulla corrispondenza e le
autorizzazioni alla corrispondenza telefonica sono di competenza
dell'autorità giudiziaria, ai sensi di quanto stabilito nel secondo
comma dell'articolo 11. Dopo la pronuncia della sentenza di primo grado
i permessi di colloquio sono di competenza del direttore dell'istituto.
9
Le dette autorità giudiziarie, nel disporre la sottoposizione della
corrispondenza a visto di controllo, se non ritengono di provvedervi
direttamente, possono delegare il controllo al direttore o a un
appartenente alla amministrazione penitenziaria designato dallo stesso
direttore. Le medesime autorità possono anche disporre limitazioni
nella corrispondenza e nella ricezione della stampa.
|
Nell’art.
18, il comma 1 è così modificato: "1. I detenuti e gli
internati hanno diritto ad avere colloqui, nel numero, con la durata e
le modalità previste dal regolamento di esecuzione alla presente legge,
nonché corrispondenza con i congiunti e con altre persone, anche al
fine di compiere atti giuridici."
Nel
comma 5 dello stesso articolo, dopo il testo vigente, è aggiunta la
seguente proposizione: "Per ciascun colloquio ordinario non
effettuato è concesso ai detenuti e agli internati un colloquio
telefonico aggiuntivo, con le persone autorizzate, della durata di
quindici minuti. La telefonata può essere effettuata con costo a carico
del destinatario."
(modifica
già della proposta Boato ed altri)
Nel
comma 6 dell’art. 18, le parole "sono autorizzati" sono
sostituite dalle parole "hanno diritto".
|
Art.18-bis
Colloqui
a fini investigativi
1.
Il personale della Direzione investigativa antimafia di cui all'articolo
3 del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con
modificazioni, nella legge 30 dicembre 1991, n. 410, e dei servizi
centrali e interprovinciali di cui all'articolo 12 del decreto-legge 13
maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12
luglio 1991, n. 203, nonché gli ufficiali di polizia giudiziaria
designati dai responsabili, a livello centrale, delle predetta direzione
e dei predetti servizi, hanno facoltà di visitare gli istituti
penitenziari e possono essere autorizzati, a norma del comma 2, del
presente articolo, ad avere colloqui personali con detenuti e internati,
al fine di acquisire informazioni utili per la prevenzione e repressione
dei delitti di criminalità organizzata.
2.
Al personale di polizia indicato nel comma 1, l'autorizzazione ai
colloqui é rilasciata:
a)
quando si tratta di internati, di condannati o di imputati, dal ministro
di grazia e giustizia o da un suo delegato;
b)
quando si tratta di persone sottoposte ad indagini, dal pubblico
ministero.
3.
Le autorizzazioni ai colloqui indicate nel comma 2 sono annotate in
apposito registro riservato tenuto presso l'autorità competente al
rilascio.
4.
In casi di particolare urgenza, attestati con provvedimento del ministro
dell'interno o, per sua delega, dal capo della polizia, l'autorizzazione
prevista nel comma 2, lettera a), non é richiesta, e del colloquio é
data immediata comunicazione all'autorità ivi indicata, che provvede
all'annotazione nel registro riservato di cui al comma 3.
5.
La facoltà di procedere a colloqui personali con detenuti e internati
é attribuita, senza necessità di autorizzazione, altresì al
procuratore nazionale antimafia ai fini dell'esercizio delle funzioni di
impulso e di coordinamento previste dall'articolo 371-bis del codice di
procedura penale; al medesimo procuratore nazionale antimafia sono
comunicati i provvedimenti di cui ai commi 2 e 4, qualora concernenti
colloqui con persone sottoposte ad indagini, imputate o condannate per
taluno dei delitti indicati nell'articolo 51, comma 3-bis, del codice di
procedura penale.
|
|
Art.19
Istruzione
Negli
istituti penitenziari la formazione culturale e professionale, é curata
mediante l'organizzazione dei corsi della scuola d'obbligo e di corsi di
addestramento professionale, secondo gli orientamenti vigenti e con
l'ausilio di metodi adeguati alla condizione dei soggetti.
Particolare
cura é dedicata alla formazione culturale e professionale dei detenuti
di età inferiore ai venticinque anni.
Con
le procedure previste dagli ordinamenti scolastici possono essere
istituite scuole di istruzione secondaria di secondo grado negli
istituti penitenziari.
É
agevolato il compimento degli studi dei corsi universitari ed equiparati
ed é favorita la frequenza a corsi scolastici per corrispondenza, per
radio e per televisione.
É
favorito l'accesso alle pubblicazioni contenute nella biblioteca, con
piena libertà di scelta delle letture.
|
Nell’art.
19, dopo il comma 4, è aggiunto il seguente:
"5.
I detenuti e gli internati che ne facciano domanda hanno diritto alla
iscrizione ai corsi di istruzione indicati nei commi precedenti, nel
rispetto delle regole di ammissione agli stessi."
|
Art.20
Lavoro
Negli
istituti penitenziari devono essere favorite in ogni modo la
destinazione dei detenuti e degli internati al lavoro e la loro
partecipazione a corsi di formazione professionale. A tal fine, possono
essere istituite lavorazioni organizzate e gestite direttamente da
imprese pubbliche o private e possono essere istituiti corsi di
formazione professionale organizzati e svolti da aziende pubbliche, o
anche da aziende private convenzionate con la regione.
Il
lavoro penitenziario non ha carattere afflittivo ed è remunerato.
Il
lavoro è obbligatorio per i condannati e per i sottoposti alle misure
di sicurezza della colonia agricola e della casa di lavoro.
I
sottoposti alle misure di sicurezza della casa di cura e di custodia e
dell'ospedale psichiatrico giudiziario possono essere assegnati al
lavoro quando questo risponda a finalità terapeutiche.
L'organizzazione
e i metodi del lavoro penitenziario devono riflettere quelli del lavoro
nella società libera al fine di far acquisire ai soggetti una
preparazione professionale adeguata alle normali condizioni lavorative
per agevolarne il reinserimento sociale.
Nell'assegnazione
dei soggetti al lavoro si deve tener conto esclusivamente dell'anzianità
di disoccupazione durante lo stato di detenzione o di internamento, dei
carichi familiari, della professionalità, nonché delle precedenti e
documentate attività svolte e di quelle a cui essi potranno dedicarsi
dopo la dimissione, con l'esclusione dei detenuti e internati sottoposti
al regime di sorveglianza particolare di cui all'art. 14-bis della
presente legge.
Il
collocamento al lavoro da svolgersi all'interno dell'istituto avviene
nel rispetto di graduatorie fissate in due apposite liste, delle quali
una generica e l'altra per qualifica o mestiere.
Per
la formazione delle graduatorie all'interno delle liste e per il
nulla-osta agli organismi competenti per il collocamento, è istituita,
presso ogni istituto, una commissione composta dal direttore, da un
appartenente al ruolo degli ispettori o dei sovrintendenti del Corpo di
polizia penitenziaria e da un rappresentante del personale educativo,
eletti all'interno della categoria di appartenenza, da un rappresentante
unitariamente designato dalle organizzazioni sindacali più
rappresentative sul piano nazionale, da un rappresentante designato
dalla commissione circoscrizionale per l'impiego territorialmente
competente e da un rappresentante delle organizzazioni sindacali
territoriali.
Alle
riunioni della commissione partecipa senza potere deliberativo un
rappresentante dei detenuti e degli internati, designato per sorteggio
secondo le modalità indicate nel regolamento interno dell'istituto.
Per
ogni componente viene indicato un supplente eletto o designato secondo i
criteri in precedenza indicati.
Al
lavoro all'esterno, si applicano la disciplina generale sul collocamento
ordinario ed agricolo, nonché l'art. 19 della legge 28 febbraio 1987,
n. 56.
Per
tutto quanto non previsto dal presente articolo si applica la disciplina
generale sul collocamento.
Le
amministrazioni penitenziarie, centrali e periferiche, stipulano
apposite convenzioni con soggetti pubblici o privati o cooperative
sociali interessati a fornire a detenuti o internati opportunità di
lavoro. Le convenzioni disciplinano l'oggetto e le condizioni di
svolgimento dell'attività lavorativa, la formazione e il trattamento
retributivo, senza oneri a carico della finanza pubblica.
Le
direzioni degli istituti penitenziari, in deroga alle norme di
contabilità generale dello Stato e di quelle di contabilità speciale,
possono, previa autorizzazione del Ministro di grazia e giustizia,
vendere prodotti delle lavorazioni penitenziarie a prezzo pari o anche
inferiore al loro costo, tenuto conto, per quanto possibile, dei prezzi
praticati per prodotti corrispondenti nel mercato all'ingrosso della
zona in cui è situato l'istituto.
I
detenuti e gli internati che mostrino attitudini artigianali, culturali
o artistiche possono essere esonerati dal lavoro ordinario ed essere
ammessi ad esercitare per proprio conto, attività artigianali,
intellettuali o artistiche.
I
soggetti che non abbiano sufficienti cognizioni tecniche possono essere
ammessi a un tirocinio retribuito.
La
durata delle prestazioni lavorative non può superare i limiti stabiliti
dalle leggi vigenti in materia di lavoro e, alla stregua di tali leggi,
sono garantiti il riposo festivo e la tutela assicurativa e
previdenziale. Ai detenuti e agli internati che frequentano i corsi di
formazione professionale di cui al comma primo è garantita, nei limiti
degli stanziamenti regionali, la tutela assicurativa e ogni altra tutela
prevista dalle disposizioni vigenti in ordine a tali corsi.
Agli
effetti della presente legge, per la costituzione e lo svolgimento di
rapporti di lavoro nonché per l'assunzione della qualità di socio
nelle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, non
si applicano le incapacità derivanti da condanne penali o civili.
Entro
il 31 marzo di ogni anno il Ministro di grazia e giustizia trasmette al
Parlamento una analitica relazione circa lo stato di attuazione delle
disposizioni di legge relative al lavoro dei detenuti nell'anno
precedente.
|
Nell’art.
20:
Nel
comma 2, la parola "remunerato" è sostituita dalla parola
"retribuito".
Il
comma 4 dell’art. 20 è sostituito dal seguente: "I sottoposti
alle misure di sicurezza della casa di cura e di custodia e
dell’ospedale psichiatrico giudiziario, compatibilmente con le loro
condizioni, hanno diritto a svolgere attività lavorativa adeguata alle
condizioni stesse, con conseguente diritto alla retribuzione in
relazione alla quantità e alla qualità del lavoro svolto."
Nel
comma 16 il primo periodo è sostituito dal seguente: "La durata
delle prestazioni lavorative non può superare i limiti stabiliti dalle
leggi vigenti in materia di lavoro e, alla stregua di tali leggi, sono
garantiti il riposo festivo, le ferie annuali retribuite e la
tutela assicurativa e previdenziale."
|
Non
Art.20 - bis
Modalità
di organizzazione del lavoro
1.
Il provveditore regionale dell'Amministrazione penitenziaria può
affidare, con contratto d'opera, la direzione tecnica delle lavorazioni
a persone estranee all'amministrazione penitenziaria, le quali curano
anche la specifica formazione dei responsabili delle lavorazioni e
concorrono alla qualificazione professionale dei detenuti, d'intesa con
la regione. Possono essere inoltre istituite, a titolo sperimentale,
nuove lavorazioni, avvalendosi, se necessario, dei servizi prestati da
imprese pubbliche o private ed acquistando le relative progettazioni.
2.
L'amministrazione penitenziaria, inoltre, applicando, in quanto
compatibili, le disposizioni di cui all'undicesimo comma dell'articolo
20 , promuove la vendita dei prodotti delle lavorazioni penitenziarie
anche mediante apposite convenzioni da stipulare con imprese pubbliche o
private, che abbiano una propria rete di distribuzione commerciale.
3.
Previo assenso della direzione dell'istituto, i privati che
commissionano forniture all'amministrazione penitenziaria possono, in
deroga alle norme di contabilità generale dello stato e a quelle di
contabilità speciale, effettuare pagamenti differiti, secondo gli usi e
le consuetudini vigenti.
4.
Sono abrogati l'articolo 1 della legge 3 luglio 1942, n. 971 , e
l'articolo 611 delle disposizioni approvate con regio decreto 16 maggio
1920, n. 1908.
|
|
Art.21
Lavoro
all'esterno
1.
I detenuti e gli internati possono essere assegnati al lavoro
all'esterno in condizioni idonee a garantire l'attuazione positiva degli
scopi previsti dall'articolo 15. Tuttavia, se si tratta di persona
condannata alla pena della reclusione per uno dei delitti indicati nel
comma 1 dell'articolo 4- bis, l'assegnazione al lavoro all'esterno può
essere disposta dopo l'espiazione di almeno un terzo della pena e,
comunque, di non oltre cinque anni. Nei confronti dei condannati
all'ergastolo l'assegnazione può avvenire dopo l'espiazione di almeno
dieci anni.
2.
I detenuti e gli internati assegnati al lavoro all'esterno sono avviati
a prestare la loro opera senza scorta, salvo che essa sia ritenuta
necessaria per motivi di sicurezza. Gli imputati sono ammessi al lavoro
all'esterno previa autorizzazione della competente autorità
giudiziaria.
3.
Quando si tratta di imprese private, il lavoro deve svolgersi sotto il
diretto controllo della direzione dello istituto a cui il detenuto o
l'internato é assegnato, la quale può avvalersi a tal fine del
personale dipendente e del servizio sociale.
4.
Per ciascuno condannato o internato il provvedimento di ammissione al
lavoro all'esterno diviene esecutivo dopo la approvazione del magistrato
di sorveglianza.
4-bis.
Le disposizioni di cui ai commi precedenti e la disposizione di cui al
secondo periodo del comma sedicesimo dell'articolo 20 si applicano anche
ai detenuti ed agli internati ammessi a frequentare corsi di formazione
professionale all'esterno degli istituti penitenziari.
|
|
Art.
21-bis
Assistenza
all'esterno dei figli minori
1.
Le condannate e le internate possono essere ammesse alla cura e
all'assistenza all'esterno dei figli di età non superiore agli anni
dieci, alle condizioni previste dall'articolo 21.
2.
Si applicano tutte le disposizioni relative al lavoro all'esterno, in
particolare l'articolo 21, in quanto compatibili.
3.
La misura dell'assistenza all'esterno può essere concessa, alle stesse
condizioni, anche al padre detenuto, se la madre è deceduta o
impossibilitata e non vi è modo di affidare la prole ad altri che al
padre
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Art.22
Determinazione
delle mercedi
1.
Le mercedi per ciascuna categoria di lavoranti sono equitativamente
stabilite in relazione alla quantità e qualità del lavoro
effettivamente prestato, alla organizzazione e al tipo del lavoro del
detenuto in misura non inferiore ai due terzi del trattamento economico
previsto dai contratti collettivi di lavoro. A tale fine é costituita
una commissione composta dal direttore generale degli istituti di
prevenzione e di pena, che la presiede, dal direttore dell'ufficio del
lavoro dei detenuti e degli internati della direzione generale per gli
istituti di prevenzione e di pena, da un ispettore generale degli
istituti di prevenzione e di pena, da un rappresentante del ministero
del tesoro, da un rappresentante del ministero del lavoro e della
previdenza sociale e da un delegato per ciascuna delle organizzazioni
sindacali più rappresentative sul piano nazionale.
2.
L'ispettore generale degli istituti di prevenzione e di pena funge da
segretario della commissione.
3.
La medesima commissione stabilisce il trattamento economico dei
tirocinanti.
4.
La commissione stabilisce, altresì, il numero massimo di ore di
permesso di assenza dal lavoro retribuite e le condizioni e modalità di
fruizione delle stesse da parte dei detenuti e degli internati addetti
alle lavorazioni, interne o esterne, o ai servizi di istituto, i quali
frequentino i corsi della scuola d'obbligo o delle scuole di istruzione
secondaria di secondo grado, o i corsi di addestramento professionale,
ove tali corsi si svolgano, negli istituti penitenziari, durante
l'orario di lavoro ordinario.
|
L’art.
22 è sostituito dal seguente:
"Art.
22. (Determinazione delle retribuzioni). 1. I detenuti e gli internati
che svolgono attività lavorativa, anche in relazione all’obbligo
previsto dalla legge, hanno diritto ad una retribuzione proporzionata
alla quantità e alla qualità del lavoro effettivamente prestato e
al riconoscimento degli altri diritti inerenti al rapporto di lavoro,
in osservanza al trattamento economico e normativo previsto, per
attività lavorative corrispondenti, dai contratti collettivi di
lavoro o da normativa equivalente.
2.
Il trattamento normativo e retributivo per ciascuna categoria di
lavoratori è determinato, in osservanza della disposizione del comma
precedente, da una commissione composta: dal direttore generale del
dipartimento della amministrazione penitenziaria, che la presiede, dal
dirigente dell’ufficio del lavoro dei detenuti e internati dello
stesso dipartimento, da un provveditore regionale della amministrazione
penitenziaria, da un rappresentante del ministero del lavoro, da un
rappresentante del ministero del tesoro o del ministero corrispondente e
da un delegato per ciascuna delle organizzazioni sindacali più
rappresentative sul piano nazionale.
3.
La segreteria della commissione è organizzata presso il dipartimento
della amministrazione penitenziaria.
4.
Uniforme al comma 4 del testo vigente.
5.La
commissione si riunisce ogni triennio per la revisione e l’adeguamento
dei trattamenti normativi e retributivi, tenendo conto delle
modificazioni intervenute per gli stessi nei contratti collettivi di
lavoro o normativa corrispondente. Nei sei mesi precedenti alla
scadenza del triennio, il direttore generale del dipartimento della
amministrazione penitenziaria convoca la commissione, previa
acquisizione presso gli organi competenti dei dati necessari per la
revisione e l’aggiornamento delle precedenti deliberazioni. La
commissione deliberà le variazioni almeno tre mesi prina della scadenza
del triennio.
|
Art.23
Remunerazione
e assegni familiari
(Abrogati
i primi tre commi)
Ai
detenuti e agli internati che lavorano sono dovuti, per le persone a
carico, gli assegni familiari nella misura e secondo le modalità di
legge.
Gli
assegni familiari sono versati direttamente alle persone a carico con le
modalità fissate dal regolamento.
|
|
Art.24
Pignorabilità
e sequestrabilità della remunerazione
Sulla
remunerazione spettante ai condannati sono prelevate le somme dovute a
titolo di risarcimento del danno e di rimborso delle spese di
procedimento. Sulla remunerazione spettante ai condannati ed agli
internati sono altresì prelevate le somme dovute ai sensi del secondo e
del terzo comma dell' articolo 2 .
In
ogni caso deve essere riservata a favore dei condannati una quota pari a
tre quinti. Tale quota non é soggetta a pignoramento o a sequestro,
salvo che per obbligazioni derivanti da alimenti, o a prelievo per il
risarcimento del danno arrecato alle cose mobili o immobili della
amministrazione.
La
remunerazione dovuta agli internati e agli imputati non é soggetta a
pignoramento o a sequestro, salvo che per obbligazioni derivanti da
alimenti, o a prelievo per il risarcimento del danno arrecato alle cose
mobili o immobili dell'amministrazione.
|
Nella
rubrica e nel corpo dell’articolo 24 la parola
"remunerazione" è sostituita dalla parole
"retribuzione".
I
commi 2 e 3 dell’art. 24 sono sostituiti dai seguenti:
"In
ogni caso deve essere riservata a favore dei condannati una quota pari a
quattro quinti della retribuzione. Tale quota non è soggetta a
pignoramento o a sequestro, salvo che per obbligazioni derivanti da
alimenti o a prelievo per il risarcimento del danno arrecato alle cose
mobili o immobili della amministrazione: in tal caso, comunque, resta
riservata a favore dei condannati una quota pari a tre quinti della
retribuzione."
|
Art.25
Peculio
Il
peculio dei detenuti e degli internati é costituito dalla parte della
remunerazione ad essi riservata ai sensi del precedente articolo, dal
danaro posseduto all'atto dell'ingresso in istituto, da quello ricavato
dalla vendita degli oggetti di loro proprietà o inviato dalla famiglia
e da altri o ricevuto a titolo di premio o di sussidio.
Le
somme costituite in peculio producono a favore dei titolari interessi
legali.
Il
peculio é tenuto in deposito dalla direzione dell'istituto.
Il
regolamento deve prevedere le modalità del deposito e stabilire la
parte di peculio disponibile dai detenuti e dagli internati per acquisti
autorizzati di oggetti personali o invii a familiari o conviventi, e la
parte da consegnare agli stessi all'atto della dimissione dagli
istituti.
|
Nel
comma 1 dell’art. 25 la parola "remunerazione" è sostituita
dalla parola "retribuzione".
|
Art.25-bis
Commissioni
regionali per il lavoro penitenziario
1.
Sono istituite le commissioni regionali per il lavoro penitenziario.
Esse sono presiedute dal provveditore regionale dell'amministrazione
penitenziaria e sono composte dai rappresentanti, in sede locale, delle
associazioni imprenditoriali e delle associazioni cooperative e dai
rappresentanti della regione che operino nel settore del lavoro e della
formazione professionale. Per il ministero del lavoro e della previdenza
sociale interviene un funzionario in servizio presso l'ufficio regionale
del lavoro e della massima occupazione.
2.
Le lavorazioni penitenziarie sono organizzate, sulla base di direttive,
dai provveditorati regionali dell'amministrazione penitenziaria, sentite
le commissioni regionali per il lavoro penitenziario nonché le
direzioni dei singoli istituti.
3.
I posti di lavoro a disposizione della popolazione penitenziaria devono
essere quantitativamente e qualitativamente dimensionati alle effettive
esigenze di ogni singolo istituto. Essi sono fissati in una tabella
predisposta dalla direzione dell'istituto, nella quale sono
separatamente elencati i posti relativi alle lavorazioni interne
industriali, agricole ed ai servizi di istituto.
4.
Nella tabella di cui al comma 3 sono altresì indicati i posti di lavoro
disponibili all'esterno presso imprese pubbliche o private o
associazioni cooperative nonché i posti relativi alle produzioni che
imprese private o associazioni cooperative intendono organizzare e
gestire direttamente all'interno degli istituti.
5.
Annualmente la direzione dell'istituto elabora ed indica il piano di
lavoro in relazione al numero dei detenuti, all'organico del personale
civile e di polizia penitenziaria disponibile e alle strutture
produttive.
6.
La tabella, che può essere modificata secondo il variare della
situazione, ed il piano di lavoro annuale sono approvati dal
provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria, sentita la
commissione regionale per il lavoro penitenziario.
7.
Nel regolamento di ciascun istituto sono indicate le attività
lavorative che possono avere esecuzione in luoghi a sicurezza attenuata.
|
|
Art.26
Religione
e pratiche di culto
I
detenuti e gli internati hanno libertà di professare la propria fede
religiosa, di istruirsi in essa e di praticarne il culto.
Negli
istituti é assicurata la celebrazione dei riti del culto cattolico. A
ciascun istituto é addetto almeno un cappellano.
Gli
appartenenti a religione diversa dalla cattolica hanno diritto di
ricevere, su loro richiesta, la assistenza dei ministri del proprio
culto e di celebrarne i riti.
|
Nel
comma 4 dell’art. 26, dopo la parola "ministri" sono
aggiunte le parole "o esponenti".
|
Art.27
Attività
culturali, ricreative e sportive.
Negli
istituti devono essere favorite e organizzate attività culturali,
sportive e ricreative e ogni altra attività volta alla realizzazione
della personalità dei detenuti e degli internati, anche nel quadro del
trattamento rieducativo.
Una
commissione composta dal direttore dell'istituto, dagli educatori e
dagli assistenti sociali e dai rappresentanti dei detenuti e degli
internati cura la organizzazione delle attività di cui al precedente
comma, anche mantenendo contatti con il mondo esterno utili al
reinserimento sociale.
|
|
Art.28
Rapporti
con la famiglia
Particolare
cura é dedicata a mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei
detenuti e degli internati con le famiglie.
|
L’art.
28 è sostituito dal seguente:
"Art.
28. (Diritto alle relazioni familiari e alla affettività).
1.
I condannati e gli internati hanno diritto a mantenere le proprie
relazioni familiari. Particolare cura è dedicata, anche con
l’intervento degli operatori, a ristabilire o migliorare tali
relazioni.
2.
Particolare cura è altresì dedicata a coltivare i rapporti affettivi.
A tale fine, i detenuti e gli internati hanno diritto ad una visita al
mese, della durata minima di sei ore e massima di ventiquattro ore,
delle persone autorizzate ai colloqui. Le visite si svolgono in locali
adibiti o realizzati a tale scopo, senza controlli visivi ed
auditivi."
(il
comma 2 è della proposta Boato ed altri)
|
Art.29
Comunicazioni
dello stato di detenzione, dei trasferimenti, delle malattie e dei
decessi
I
detenuti e gli internati sono posti in grado d'informare immediatamente
i congiunti e le altre persone da essi eventualmente indicate del loro
ingresso in un istituto penitenziario o dell'avvenuto trasferimento.
In
caso di decesso o di grave infermità fisica o psichica di un detenuto o
di un internato, deve essere data tempestiva notizia ai congiunti ed
alle altre persone eventualmente da lui indicate; analogamente i
detenuti e gli internati devono essere tempestivamente informati del
decesso o della grave infermità delle persone di cui al comma
precedente.
|
|
Art.30
Permessi
Nel
caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente,
ai condannati e agli internati può essere concesso dal magistrato di
sorveglianza il permesso di recarsi a visitare, con le cautele previste
dal regolamento, l'infermo.
Agli
imputati il permesso é concesso, durante il procedimento di primo
grado, dalle medesime autorità giudiziarie competenti ai sensi del
secondo comma dell'articolo 11 a disporre il trasferimento in luoghi
esterni di cura degli imputati fino alla pronuncia della sentenza di
primo grado. Durante il procedimento di appello provvede il presidente
del collegio e, nel corso di quello di cassazione, il presidente
dell'ufficio giudiziario presso il quale si é svolto il procedimento di
appello.
Analoghi
permessi possono essere concessi eccezionalmente per eventi familiari di
particolare gravità.
Il
detenuto che non rientra in istituto allo scadere del permesso senza
giustificato motivo, se l'assenza si protrae per oltre tre ore e per non
più di dodici, é punito in via disciplinare; se l'assenza si protrae
per un tempo maggiore, é punibile a norma del primo comma dello
articolo 385 del codice penale ed é applicabile la disposizione
dell'ultimo capoverso dello stesso articolo.
L'internato
che rientra in istituto dopo tre ore dalla scadenza del permesso senza
giustificato motivo é punito in via disciplinare.
|
Il
comma 2 dell’art. 30 è sostituito dal seguente:
"2.
Analoghi permessi possono essere concessi per eventi familiari di
particolare rilevanza."
(modifica
della proposta Boato ed altri)
|
Art.30-bis
Provvedimenti
e reclami in materia di permessi
Prima
di pronunciarsi sull'istanza di permesso, l'autorità competente deve
assumere informazioni sulla sussistenza dei motivi addotti, a mezzo
delle autorità di pubblica sicurezza, anche del luogo in cui l'istante
chiede di recarsi.
La
decisione sull'istanza é adottata con provvedimento motivato.
Il
provvedimento é comunicato immediatamente senza formalità, anche a
mezzo del telegrafo o del telefono, al pubblico ministero e
all'interessato, i quali, entro ventiquattro ore dalla comunicazione,
possono proporre reclamo, se il provvedimento é stato emesso dal
magistrato di sorveglianza, alla sezione di sorveglianza, o, se il
provvedimento é stato emesso da altro organo giudiziario, alla corte di
appello.
La
sezione di sorveglianza o la corte di appello, assunte, se del caso,
sommarie informazioni, provvede entro dieci giorni dalla ricezione del
reclamo dandone immediata comunicazione ai sensi del comma precedente.
Il
magistrato di sorveglianza, o il presidente della corte d'appello, non
fa parte del collegio che decide sul reclamo avverso il provvedimento da
lui emesso.
Quando
per effetto della disposizione contenuta nel precedente comma non é
possibile comporre la sezione di sorveglianza con i magistrati di
sorveglianza del distretto, si procede all'integrazione della sezione ai
sensi dell'articolo 68,terzo e quarto comma.
L'esecuzione
del permesso é sospesa sino alla scadenza del termine stabilito dal
terzo comma e durante il procedimento previsto dal quarto comma, sino
alla scadenza del termine ivi previsto.
Le
disposizioni del comma precedente non si applicano ai permessi concessi
ai sensi del primo comma dell'articolo 30.in tale caso é obbligatoria
la scorta.
Il
procuratore generale presso la corte d'appello é informato dei permessi
concessi e del relativo esito, con relazione trimestrale, degli organi
che li hanno rilasciati.
|
Al
comma 3 dell’art. 30bis le parole "alla sezione di
sorveglianza" sono sostituite dalle parole "al tribunale di
sorveglianza".
Il
comma 4 dell’art. 30bis è sostituito dal seguente:
"4.
Il Tribunale di sorveglianza, raccolte, se del caso, ulteriori
documentazione e informazioni, applicati gli artt. 666 e 678 C.p.p.,
escluso il comma 3 dell’art. 666, provvede senza ritardo alla
comunicazione della udienza alle parti e alla decisione. La Corte di
appello provvede in camera di consiglio con le forme previste
dall’art. 127 C.p.p.."
|
Art.30-ter
Permessi
premio
1.
Ai condannati che hanno tenuto regolare condotta ai sensi del successivo
comma ottavo e che non risultano "socialmente pericolose",(
inserite con articolo 1 d.l. 1991, n. 152 coordinato con la legge di
conversione 1991, n. 203) il magistrato di sorveglianza, sentito il
direttore dell'istituto, può concedere permessi premio di durata non
superiore ogni volta a quindici giorni per consentire di coltivare
interessi affettivi, culturali o di lavoro. La durata dei permessi non
può superare complessivamente quarantacinque giorni in ciascun anno di
espiazione.
2.
Per i condannati minori di età la durata dei permessi premio non può
superare ogni volta i venti giorni e la durata complessiva non può
eccedere i sessanta giorni in ciascun anno di espiazione.
3.
L'esperienza dei permessi premio é parte integrante del programma di
trattamento e deve essere seguita dagli educatori e assistenti sociali
penitenziari in collaborazione con gli operatori sociali del territorio.
4.
La concessione dei permessi é ammessa:
a)
nei confronti dei condannati all'arresto o alla reclusione non superiore
a tre anni anche se congiunta all'arresto;
b)
nei confronti dei condannati alla reclusione superiore a tre anni, salvo
quanto previsto dalla lettera c), dopo l'espiazione di almeno un quarto
della pena;
c)
nei confronti dei condannati alla reclusione per taluno dei delitti
indicati nel comma primo dell'articolo 4-bis, dopo l'espiazione di
almeno metà della penale, comunque, di non oltre dieci anni;
d)
nei confronti dei condannati all'ergastolo, dopo l'espiazione di almeno
dieci anni.
5.
Nei confronti dei soggetti che durante l'espiazione della pena o delle
misure restrittive hanno riportato condanna o sono imputati per delitto
doloso commesso durante l'espiazione della pena o l'esecuzione di una
misura restrittiva della libertà personale, la concessione é ammessa
soltanto decorsi due anni dalla commissione del fatto.
6.
Si applicano, ove del caso, le cautele previste per i permessi di cui al
primo comma dell'articolo 30; si applicano altresì le disposizioni di
cui al terzo e al quarto comma dello stesso articolo.
7.
Il provvedimento relativo ai permessi premio é soggetto a reclamo al
tribunale di sorveglianza, secondo le procedure di cui all'articolo
30-bis.
8.
La condotta dei condannati si considera regolare quando i soggetti,
durante la detenzione, hanno manifestato costante senso di responsabilità
e correttezza nel comportamento personale, nelle attività organizzate
negli istituti e nelle eventuali attività lavorative o culturali.
|
Nell’art.
30ter.:
Al
comma 1, le parole "socialmente pericolosi" sono sostituite
dalle parole "di attuale e particolare pericolosità".
Dopo
il comma 8 è aggiunto il seguente:
9.
Ai condannati che hanno tenuto regolare condotta ai sensi del comma 8,
il magistrato di sorveglianza può concedere, oltre i permessi di cui al
comma 1, un ulteriore permesso di 10 giorni per ogni semestre di
carcerazione per coltivare specificatamente interessi affettivi."
(modifica
della proposta Boato ed altri)
|
Art.31
Costituzione
delle rappresentanze dei detenuti e degli internati
Le
rappresentanze dei detenuti e degli internati previste dagli articoli 12
e 27 sono nominate per sorteggio secondo le modalità indicate dal
regolamento interno dell'istituto.
|
|
Capo
IV - Regime penitenziario
Art.32
Norme
di condotta dei detenuti e degli internati. Obbligo di risarcimento del
danno
I
detenuti e gli internati, all'atto del loro ingresso negli istituti e,
quando sia necessario, successivamente, sono informati delle
disposizioni generali e particolari attinenti ai loro diritti e doveri,
alla disciplina e al trattamento.
Essi
devono osservare le norme e le disposizioni che regolano la vita
penitenziaria.
Nessun
detenuto o internato può' avere, nei servizi dell'istituto, mansioni
che importino un potere disciplinare o consentano la acquisizione di una
posizione di preminenza sugli altri.
I
detenuti e gli internati devono avere cura degli oggetti messi a loro
disposizione e astenersi da qualsiasi danneggiamento di cose altrui.
I
detenuti e gli internati che arrecano danno alle cose mobili o immobili
dell'amministrazione penitenziaria sono tenuti a risarcirlo senza
pregiudizio dello eventuale procedimento penale e disciplinare.
|
Capo
IV°
Regime penitenziario
Nel
comma 3 dell’art. 32, in fine, è aggiunta la seguente proposizione:
"In relazione alle loro capacità possono collaborare alla
definizione e alla attuazione di programmi di formazione o di
lavoro."
|
Art.33
Isolamento
Negli
istituti penitenziari l'isolamento continuo é ammesso:
1)
quando é prescritto per ragioni sanitarie;
2)
durante l'esecuzione della sanzione della esclusione dalle attività in
comune;
3)
per gli imputati durante la istruttoria e per gli arrestati nel
procedimento di prevenzione, se e fino a quando ciò sia ritenuto
necessario dall'autorità giudiziaria.
|
Nell’art.
33 il n.3 del comma unico è sostituito dal seguente:
"3)
per gli imputati durante le indagini preliminari per un tempo limitato e
breve e se vi sono ragioni di cautela processuale: sia il tempo che le
ragioni indicati debbono essere specificati nel provvedimento della
autorità giudiziaria procedente."
|
Art.34
Perquisizione
personale
I
detenuti e gli internati possono essere sottoposti a perquisizione
personale per motivi di sicurezza.
La
perquisizione personale deve essere effettuata nel pieno rispetto della
personalità.
|
Nell’art.
34 è aggiunto il seguente comma in fine:
3.
Dell’avvenuta perquisizione deve essere data adeguata documentazione.
|
Art.35
Diritto
di reclamo
I
detenuti e gli internati possono rivolgere istanze o reclami orali o
scritti, anche in busta chiusa:
1)
al direttore dell'istituto, nonché agli ispettori, al direttore
generale per gli istituti di prevenzione e di pena e al Ministro per la
grazia e giustizia;
2)
al magistrato di sorveglianza;
3)
alle autorità giudiziarie e sanitarie in visita all'istituto;
4)
al presidente della giunta regionale;
5)
al capo dello stato.
|
Nell’art.
35, dopo il comma unico del testo vigente, sono aggiunti i seguenti
commi:
2.
Il reclamo proposto al magistrato di sorveglianza può avere ad oggetto
un provvedimento adottato, la omissione di un provvedimento richiesto o
una situazione o una condizione del reclamante diversa da quella
prevista dalla legge.
3.
Il magistrato di sorveglianza provvede con ordinanza, nella quale, se
accoglie il reclamo, indica quale debba essere la decisione o la
condotta che la amministrazione penitenziaria deve tenere.
4.
Il procedimento si svolge ai
sensi degli artt. 666 e 678 C.p.p.. Il magistrato di sorveglianza fissa
la data dell’udienza e ne fa dare avviso alle parti, compresa la
direzione dell’istituto penitenziario interessata, che ha diritto a
comparire ed è, comunque, invitata ad esprimere, se lo ritiene, le
proprie osservazioni a proposito del reclamo. Il magistrato di
sorveglianza può anche invitare la direzione a comparire per fornire i
chiarimenti che si ritengono necessari. Nell’avviso di udienza deve
essere specificato l’oggetto del reclamo.
5.
Nel provvedere, il magistrato
di sorveglianza, indica anche le situazioni di gestione degli istituti
che condizionano il provvedimento reclamato, specificando tali
condizionamenti e individuando a chi siano addebitabili.
6.
Contro la ordinanza del
magistrato di sorveglianza è ammesso ricorso per cassazione anche da
parte della direzione interessata.
7.
La amministrazione
penitenziaria si deve conformare alla decisione adottata dal magistrato
di sorveglianza.
8.
Restano salve le disposizioni
relative ai reclami di cui all’art. 69, comma 6.
|
Art.36
Regime
disciplinare
Il
regime disciplinare é attuato in modo da stimolare il senso di
responsabilità e la capacità di autocontrollo. Esso é adeguato alle
condizioni fisiche e psichiche dei soggetti.
|
|
Art.37
Ricompense
Le
ricompense costituiscono il riconoscimento del senso di responsabilità
dimostrato nella condotta personale e nelle attività organizzate negli
istituti.
Le
ricompense e gli organi competenti a concederle sono previsti dal
regolamento.
|
|
Art.38
Infrazioni
disciplinari
I
detenuti e gli internati non possono essere puniti per un fatto che non
sia espressamente previsto come infrazione dal regolamento.
Nessuna
sanzione può essere inflitta se non con provvedimento motivato dopo la
contestazione dell'addebito all'interessato, il quale é ammesso ad
esporre le proprie discolpe.
Nell'applicazione
delle sanzioni bisogna tener conto, oltre che della natura e della
gravità del fatto, del comportamento e delle condizioni personali del
soggetto.
Le
sanzioni sono eseguite nel rispetto della personalità.
|
|
Art.39
Sanzioni
disciplinari
Le
infrazioni disciplinari possono dar luogo solo alle seguenti sanzioni:
1)
richiamo del direttore;
2)
ammonizione, rivolta dal direttore, alla presenza di appartenenti al
personale e di un gruppo di detenuti o internati;
3)
esclusione da attività ricreative e sportive per non più di dieci
giorni;
4)
isolamento durante la permanenza all'aria aperta per non più di dieci
giorni;
5)
esclusione dalle attività in comune per non più di quindici giorni.
La
sanzione della esclusione dalle attività in comune non può essere
eseguita senza la certificazione scritta, rilasciata dal sanitario,
attestante che il soggetto può sopportarla. Il soggetto escluso dalle
attività in comune é sottoposto a costante controllo sanitario.
L'esecuzione
della sanzione della esclusione dalle attività in comune é sospesa nei
confronti delle donne gestanti e delle puerpere fino a sei mesi, e delle
madri che allattino la propria prole fino ad un anno.
|
|
Art.40
Autorità
competente a deliberare le sanzioni
Le
sanzioni del richiamo e della ammonizione sono deliberate dal direttore.
Le
altre sanzioni sono deliberate dal consiglio di disciplina, composto dal
direttore o, in caso di suo legittimo impedimento, dall'impiegato più
elevato in grado, con funzioni di presidente, dal sanitario e
dall'educatore.
|
|
Art.41
Impiego
della forza fisica e uso dei mezzi di coercizione
Non
é consentito l'impiego della forza fisica nei confronti dei detenuti e
degli internati se non sia indispensabile per prevenire o impedire atti
di violenza, per impedire tentativi di evasione o per vincere la
resistenza, anche passiva, all'esecuzione degli ordini impartiti.
Il
personale che, per qualsiasi motivo, abbia fatto uso della forza fisica
nei confronti dei detenuti o degli internati, deve immediatamente
riferirne al direttore dell'istituto il quale dispone, senza indugio,
accertamenti sanitari e procede alle altre indagini del caso.
Non
può essere usato alcun mezzo di coercizione fisica che non sia
espressamente previsto dal regolamento e, comunque, non vi si può far
ricorso a fini disciplinari ma solo al fine di evitare danni a persone o
cose o di garantire la incolumità dello stesso soggetto. L'uso deve
essere limitato al tempo strettamente necessario e deve essere
costantemente controllato dal sanitario.
Gli
agenti in servizio nell'interno degli istituti non possono portare armi
se non nei casi eccezionali in cui ciò venga ordinato dal direttore.
|
|
Art.41-bis
Situazioni
di emergenza
1.
In casi eccezionali di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza,
il ministro di grazia e giustizia ha facoltà di sospendere
nell'istituto interessato o in parte di esso l'applicazione delle
normali regole di trattamento dei detenuti e degli internati. La
sospensione deve essere motivata dalla necessità di ripristinare
l'ordine e la sicurezza e ha la durata strettamente necessaria al
conseguimento del fine suddetto.
2.
Quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica, anche a
richiesta del Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia ha
altresì la facoltà di sospendere, in tutto o in parte, nei confronti
dei detenuti o internati per taluno dei delitti di cui al primo periodo
del comma 1 dell'articolo 4-bis, in relazione ai quali vi siano elementi
tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un'associazione
criminale, terroristica o eversiva, l'applicazione delle regole di
trattamento e degli istituti previsti dalla presente legge che possano
porsi in concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza. La
sospensione comporta le restrizioni necessarie per il soddisfacimento
delle predette esigenze e per impedire i collegamenti con l'associazione
di cui al periodo precedente.
2-bis.
I provvedimenti emessi ai sensi del comma 2 sono adottati con decreto
motivato del Ministro della giustizia, sentito l'ufficio del pubblico
ministero che procede alle indagini preliminari ovvero quello presso il
giudice che procede ed acquisita ogni altra necessaria informazione
presso la Direzione nazionale antimafia e gli organi di polizia centrali
e quelli specializzati nell'azione di contrasto alla criminalità
organizzata, terroristica o eversiva, nell'ambito delle rispettive
competenze. I provvedimenti medesimi hanno durata non inferiore ad un
anno e non superiore a due e sono prorogabili nelle stesse forme per
periodi successivi, ciascuno pari ad un anno, purchè non risulti che la
capacità del detenuto o dell'internato di mantenere contatti con
associazioni criminali, terroristiche o eversive sia venuta meno.
2-ter.
Se anche prima della scadenza risultano venute meno le condizioni che
hanno determinato l'adozione o la proroga del provvedimento di cui al
comma 2, il Ministro della giustizia procede, anche d'ufficio, alla
revoca con decreto motivato. Il provvedimento che non accoglie l'istanza
presentata dal detenuto, dall'internato o dal difensore è reclamabile
ai sensi dei commi 2-quinquies e 2-sexies. In caso di mancata adozione
del provvedimento a seguito di istanza del detenuto, dell'internato o
del difensore, la stessa si intende non accolta decorsi trenta giorni
dalla sua presentazione.
2-quater.
La sospensione delle regole di trattamento e degli istituti di cui al
comma 2 può comportare:
a)
l'adozione di misure di elevata sicurezza interna ed esterna, con
riguardo principalmente alla necessità di prevenire contatti con
l'organizzazione criminale di appartenenza o di attuale riferimento,
contrasti con elementi di organizzazioni contrapposte, interazione con
altri detenuti o internati appartenenti alla medesima organizzazione
ovvero ad altre ad essa alleate;
b)
la determinazione dei colloqui in un numero non inferiore a uno e non
superiore a due al mese da svolgersi ad intervalli di tempo regolari ed
in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti. Sono
vietati i colloqui con persone diverse dai familiari e conviventi, salvo
casi eccezionali determinati volta per volta dal direttore dell'istituto
ovvero, per gli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo
grado, dall'autorità giudiziaria competente ai sensi di quanto
stabilito nel secondo comma dell'articolo 11. I colloqui possono essere
sottoposti a controllo auditivo ed a registrazione, previa motivata
autorizzazione dell'autorità giudiziaria competente ai sensi del
medesimo secondo comma dell'articolo 11; può essere autorizzato, con
provvedimento motivato del direttore dell'istituto ovvero, per gli
imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, dall'autorità
giudiziaria competente ai sensi di quanto stabilito nel secondo comma
dell'articolo 11, e solo dopo i primi sei mesi di applicazione, un
colloquio telefonico mensile con i familiari e conviventi della durata
massima di dieci minuti sottoposto, comunque, a registrazione. Le
disposizioni della presente lettera non si applicano ai colloqui con i
difensori;
c)
la limitazione delle somme, dei beni e degli oggetti che possono essere
ricevuti dall'esterno;
d)
l'esclusione dalle rappresentanze dei detenuti e degli internati;
e)
la sottoposizione a visto di censura della corrispondenza, salvo quella
con i membri del Parlamento o con autorità europee o nazionali aventi
competenza in materia di giustizia;
f)
la limitazione della permanenza all'aperto, che non può svolgersi in
gruppi superiori a cinque persone, ad una durata non superiore a quattro
ore al giorno fermo restando il limite minimo di cui al primo comma
dell'articolo 10.
2-quinquies.
Il detenuto o l'internato nei confronti del quale è stata disposta o
confermata l'applicazione del regime di cui al comma 2, ovvero il
difensore, possono proporre reclamo avverso il provvedimento
applicativo. Il reclamo è presentato nel termine di dieci giorni dalla
comunicazione del provvedimento e su di esso è competente a decidere il
tribunale di sorveglianza che ha giurisdizione sull'istituto al quale il
detenuto o l'internato è assegnato. Il reclamo non sospende
l'esecuzione. Il successivo trasferimento del detenuto o dell'internato
non modifica la competenza territoriale a decidere.
2-sexies.
Il tribunale, entro dieci giorni dal ricevimento del reclamo di cui al
comma 2-quinquies, decide in camera di consiglio, nelle forme previste
dagli articoli 666 e 678 del codice di procedura penale, sulla
sussistenza dei presupposti per l'adozione del provvedimento e sulla
congruità del contenuto dello stesso rispetto alle esigenze di cui al
comma 2. Il procuratore generale presso la corte d'appello il detenuto,
l'internato o il difensore possono proporre, entro dieci giorni dalla
sua comunicazione, ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del
tribunale per violazione di legge. Il ricorso non sospende l'esecuzione
del provvedimento e va trasmesso senza ritardo alla Corte di cassazione.
Qualora il reclamo sia stato accolto con la revoca della misura, il
Ministro della giustizia, ove intenda disporre un nuovo provvedimento ai
sensi del comma 2, deve, tenendo conto della decisione del tribunale di
sorveglianza, evidenziare elementi nuovi o non valutati in sede di
reclamo. Con le medesime modalità il Ministro deve procedere, ove il
reclamo sia stato accolto parzialmente, per la parte accolta.
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Art.42
Trasferimenti
I
trasferimenti sono disposti per gravi e comprovati motivi di sicurezza,
per esigenze dello istituto, per motivi di giustizia, di salute, di
studio e familiari.
Nel
disporre i trasferimenti deve essere favorito il criterio di destinare i
soggetti in istituti prossimi alla residenza delle famiglie.
I
detenuti e gli internati debbono essere trasferiti con il bagaglio
personale e con almeno parte del loro peculio.
(Abrogati
gli ultimi due commi)
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L’art.
42 è sostituito dal seguente:
"1.
I trasferimenti sono disposti per gravi e comprovati motivi di
sicurezza, per esigenze dell’istituto legate a inagibilità di parti
dello stesso o a impossibilità di ricezione del medesimo, per motivi di
giustizia, di salute, di studio e familiari, motivi che vanno
specificati nel provvedimento.
I
detenuti e gli internati hanno diritto ad essere assegnati in un
istituto prossimo alla residenza della famiglia e, comunque, compreso
nella regione di residenza, salva la presenza di motivi contrari, legati
al reato commesso o a situazioni di mantenimento o di possibile recupero
di legami con la criminalità organizzata, che devono essere motivati.
3.
Uniforme al comma 3 del testo vigente.
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Art.
42-bis
Traduzioni
1.
Sono traduzioni tutte le attività di accompagnamento coattivo, da un
luogo ad un altro, di soggetti detenuti, internati, fermati, arrestati o
comunque in condizione di restrizione della libertà personale.
2.
Le traduzioni dei detenuti e degli internati adulti sono eseguite, nel
tempo più breve possibile, dal corpo di polizia penitenziaria, con le
modalità stabilite dalle leggi e dai regolamenti e, se trattasi di
donne, con l'assistenza di personale femminile.
3.
Le traduzioni di soggetti che rientrano nella competenza dei servizi dei
centri per la giustizia minorile possono essere richieste, nelle sedi in
cui non sono disponibili contingenti del corpo di polizia penitenziaria
assegnati al settore minorile, ad altre forze di polizia.
4.
Nelle traduzioni sono adottate le opportune cautele per proteggere i
soggetti tradotti dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di
pubblicità, nonché per evitare ad essi inutili disagi. L'inosservanza
della presente disposizione costituisce comportamento valutabile ai fini
disciplinari.
5.
Nelle traduzioni individuali l'uso delle manette ai polsi é
obbligatorio quando lo richiedono la pericolosità del soggetto o il
pericolo di fuga o circostanze di ambiente che rendono difficile la
traduzione. In tutti gli altri casi l'uso delle manette ai polsi o di
qualsiasi altro mezzo di coercizione fisica é vietato. Nel caso di
traduzioni individuali di detenuti o internati la valutazione della
pericolosità del soggetto o del pericolo di fuga é compiuta, all'atto
di disporre la traduzione, dall'autorità giudiziaria o dalla direzione
penitenziaria competente, le quali dettano le conseguenti prescrizioni.
6.
Nelle traduzioni collettive é sempre obbligatorio l'uso di manette
modulari multiple dei tipi definiti con decreto ministeriale. É vietato
l'uso di qualsiasi altro mezzo di coercizione fisica.
7.
Nelle traduzioni individuali e collettive é consentito, nei casi
indicati dal regolamento, l'uso di abiti civili. Le traduzioni dei
soggetti di cui al comma 3 sono eseguite, di regola, in abiti civili.
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Art.43
Dimissione
La
dimissione dei detenuti e degli internati é eseguita senza indugio
dalla direzione dell'istituto in base ad ordine scritto della competente
autorità giudiziaria o di pubblica sicurezza.
Il
direttore dell'istituto dà notizia della prevista dimissione, almeno
tre mesi prima, al consiglio di aiuto sociale e al centro di servizio
sociale del luogo in cui ha sede l'istituto ed a quelli del luogo dove
il soggetto intende stabilire la sua residenza, comunicando tutti dati
necessari per gli opportuni interventi assistenziali. Nel caso in cui il
momento della dimissione non possa essere previsto tre mesi prima, il
direttore dà le prescritte notizie non appena viene a conoscenza della
relativa decisione.
Oltre
a quanto stabilito da specifiche disposizioni di legge, il direttore
informa anticipatamente il magistrato di sorveglianza, il questore e
l'ufficio di polizia territorialmente competente di ogni dimissione
anche temporanea dall'istituto.
Il
consiglio di disciplina dell'istituto, all'atto della dimissione o
successivamente, rilascia al soggetto, che lo richieda, un attestato con
l'eventuale qualificazione professionale conseguita e notizie obiettive
circa la condotta tenuta.
I
soggetti, che ne sono privi, vengono provvisti di un corredo di
vestiario civile.
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Art.44
Nascite,
matrimoni, decessi
Negli
atti di sto civile relativi ai matrimoni celebrati e alle nascite e
morti avvenute in istituti di prevenzione e di pena non si fa menzione
dello istituto.
La
direzione dell'istituto deve dare immediata notizia del decesso di un
detenuto o di un internato all'autorità giudiziaria del luogo, a quella
da cui il soggetto dipendeva e al ministero di grazia e giustizia.
La
salma é messa immediatamente a disposizione dei congiunti.
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Capo
V
Assistenza
Art.45
Assistenza
alle famiglie
Il
trattamento dei detenuti e degli internati é integrato da un'azione di
assistenza alle loro famiglie.
Tale
azione é rivolta anche a conservare e migliorare le relazioni dei
soggetti con i familiari e a rimuovere le difficoltà che possono
ostacolare il reinserimento sociale.
É
utilizzata, all'uopo, la collaborazione degli enti pubblici e privati
qualificati nell'assistenza sociale.
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Gli
art. 45 e 46 sono soppressi. La normativa relativa all’oggetto degli
stessi è sviluppata nel titolo IV.
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Art.46
Assistenza
post-penitenziaria
I
detenuti e gli internati ricevono un particolare aiuto nel periodo di
tempo che immediatamente precede la loro dimissione e per un congruo
periodo a questa successivo.
Il
definitivo reinserimento nella vita libera é agevolato da interventi di
servizio sociale svolti anche in collaborazione con gli enti indicati
nell'articolo precedente.
I
dimessi affetti da gravi infermità fisiche o da infermità o anormalità
psichiche sono segnalati, per la necessaria assistenza, anche agli
organi preposti alla tutela della sanità pubblica.
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