Modifiche a Ordinamento Penitenziario

 

Articolato: il trattamento penitenziario

 

LEGGE 26 luglio 1975 n. 354

norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà.

 

Articolato della proposta di modifica delle norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà personale

 

Titolo I

Trattamento penitenziario

 

Capo I

Principi direttivi

 

Art.1

Trattamento e rieducazione

Il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona.

Il trattamento é improntato ad assoluta imparzialità, senza discriminazioni in ordine a nazionalità, razza e condizioni economiche e sociali, a opinioni politiche e a credenze religiose.

Negli istituti devono essere mantenuti l'ordine e la disciplina. Non possono essere adottate restrizioni non giustificabili con le esigenze predette o, nei confronti degli imputati, non indispensabili ai fini giudiziari.

I detenuti e gli internati sono chiamati o indicati con il loro nome.

Il trattamento degli imputati deve essere rigorosamente informato al principio che essi non sono considerati colpevoli sino alla condanna definitiva.

Nei confronti dei condannati e degli internati deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi. Il trattamento é attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti.

 

Titolo I°
Trattamento penitenziario

 

Capo I°
Principi direttivi

 

All’art. 1, alla fine del testo attuale, sono aggiunti i seguenti commi:

 

7. Ai sensi del comma precedente, i condannati e gli internati hanno diritto a disporre degli elementi del trattamento previsti dalla presente legge, attuati sul piano collettivo ed individuale, secondo il programma di cui all’art. 13, che deve essere predisposto per ciascuno di loro.

8. Tutti i detenuti e gli internati hanno inoltre diritto al rispetto delle regole generali di trattamento previste dalla presente legge con riferimento alle loro indispensabili esigenze di vita.

9. Il mantenimento dell’ordine e della disciplina, indicato al comma 3, non può condizionare o ostacolare l’attuazione dei diritti di cui ai commi precedenti, dovendo, invece, qualificarsi come lo strumento finalizzato e subordinato al raggiungimento dell’attuazione predetta, che rappresenta il fine della attività degli istituti penitenziari. La regolarità dello svolgimento delle attività trattamentali organizzate per la comunità penitenziaria è assicurata dagli stessi operatori che gestiscono tali attività. Il personale istituzionalmente delegato al mantenimento dell’ordine e della disciplina si limita alla ricognizione delle situazioni, intervenendo direttamente solo se richiesto o, in genere, nei casi in cui se ne manifesti, comunque, la necessità. Le ragioni di ordine e disciplina non possono essere addotte per limitare lo svolgimento delle attività trattamentali.

 

Art.2

Spese per l'esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza detentive

Le spese per l'esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza detentive sono a carico dello stato.

Il rimborso delle spese di mantenimento da parte dei condannati si effettua ai termini degli articoli 145,188,189 e 191 del codice penale e 274 del codice di procedura penale.

Il rimborso delle spese di mantenimento da parte degli internati si effettua mediante prelievo di una quota della remunerazione a norma del penultimo capoverso dell' articolo 213 del codice penale ,ovvero per effetto della disposizione sul rimborso delle spese di spedalità, richiamata nell'ultima parte dell'articolo 213 del codice penale.

Sono spese di mantenimento quelle concernenti gli alimenti ed il corredo.

Il rimborso delle spese di mantenimento ha luogo per una quota non superiore ai due terzi del costo reale. Il ministro per la grazia e giustizia, al principio di ogni esercizio finanziario, determina, sentito il ministro per il tesoro, la quota media di mantenimento dei detenuti in tutti gli stabilimenti della Repubblica.

 

 

Art.3

Parità di condizioni fra i detenuti e gli internati

Negli istituti penitenziari é assicurata ai detenuti ed agli internati parità di condizioni di vita. In particolare il regolamento stabilisce limitazioni in ordine all'ammontare del peculio disponibile e dei beni provenienti dall'esterno.

 

All’art. 3, la prima frase del comma unico è sostituita dalla seguente:

 

"Negli istituti penitenziari è assicurata ai detenuti e agli internati parità di diritti e di condizioni di vità."

 

Art.4

Esercizio dei diritti dei detenuti e degli internati.

I detenuti e gli internati esercitano personalmente i diritti loro derivanti dalla presente legge anche se si trovano in stato di interdizione legale.

 

 

Art.4-bis

Divieto di concessione dei benefici e accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti.

1. L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, esclusa la liberazione anticipata, possono essere concessi ai detenuti e internati per i seguenti delitti solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborino con la giustizia a norma dell'articolo 58-ter della presente legge: delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, delitto di cui all'articolo 416-bis del codice penale, delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni in esso previste, delitti di cui agli articoli 600, 601, 602 e 630 del codice penale, all'articolo 291-quater del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e all'articolo 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Sono fatte salve le disposizioni degli articoli 16-nonies e 17-bis del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82. I benefici suddetti possono essere concessi ai detenuti o internati per uno dei delitti di cui al primo periodo del presente comma purchè siano stati acquisiti elementi tali da escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, altresì nei casi in cui la limitata partecipazione al fatto criminoso, accertata nella sentenza di condanna, ovvero l'integrale accertamento dei fatti e delle responsabilità operato con sentenza irrevocabile, rendono comunque impossibile un'utile collaborazione con la giustizia, nonchè nei casi in cui, anche se la collaborazione che viene offerta risulti oggettivamente irrilevante, nei confronti dei medesimi detenuti o internati sia stata applicata una delle circostanze attenuanti previste dall'articolo 62, n. 6), anche qualora il risarcimento del danno sia avvenuto dopo la sentenza di condanna, dall'articolo 114 ovvero dall'articolo 116, secondo comma, del codice penale. I benefici di cui al presente comma possono essere concessi solo se non vi sono elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, ai detenuti o internati per i delitti di cui ai seguenti articoli: articoli 575, 628, terzo comma, e 629, secondo comma, del codice penale, articolo 291-ter del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, articolo 73 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'articolo 80, comma 2, del medesimo testo unico, articolo 416 del codice penale, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dal libro II, titolo XII, capo III, sezione I, del medesimo codice, dagli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale e dall'articolo 12, commi 3, 3-bis e 3-ter del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

2. Ai fini della concessione dei benefici di cui al comma 1, il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decide acquisite dettagliate informazioni per il tramite del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione del condannato. In ogni caso il giudice decide trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni. Al suddetto comitato provinciale può essere chiamato a partecipare il direttore dell'istituto penitenziario in cui il condannato è detenuto.

2-bis. Ai fini della concessione dei benefici di cui al comma 1, quarto periodo, il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decide acquisite dettagliate informazioni dal questore. In ogni caso il giudice decide trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni.

3. Quando il comitato ritiene che sussistano particolari esigenze di sicurezza ovvero che i collegamenti potrebbero essere mantenuti con organizzazioni operanti in ambiti non locali o extranazionali, ne dà comunicazione al giudice e il termine di cui al comma 2 è prorogato di ulteriori trenta giorni al fine di acquisire elementi ed informazioni da parte dei competenti organi centrali.

3-bis. L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, non possono essere concessi ai detenuti ed internati per delitti dolosi quando il Procuratore nazionale antimafia o il procuratore distrettuale comunica, d'iniziativa o su segnalazione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione o internamento, l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata. In tal caso si prescinde dalle procedure previste dai commi 2 e 3.

 

L’art. 4bis è sostituito dall’art. 54bis (v: oltre nell’articolato).

 

 

Capo II

Condizioni generali

 

Art.5.

Caratteristiche degli edifici penitenziari

Gli istituti penitenziari devono essere realizzati in modo tale da accogliere un numero non elevato di detenuti o internati.

Gli edifici penitenziari devono essere dotati, oltre che di locali per le esigenze di vita individuale, anche di locali per lo svolgimento di attività in comune.

 

Capo II°
Condizioni generali

 

L’art. 5 è sostituito dal seguente:

 

"Art. 5. (Caratteristiche degli istituti penitenziari e degli edifici dei medesimi necessarie per lo svolgimento di una attività penitenziaria conforme alla legge). 1. I detenuti hanno diritto ad una presa in carico che garantisca la conoscenza specifica della loro situazione e dei loro bisogni da parte degli operatori penitenziari, indispensabile per attivare tutti gli interventi nei loro confronti.

2. In funzione della esigenza di cui al comma 1, gli istituti penitenziari devono essere realizzati in modo tale da accogliere un numero non elevato di detenuti o internati. Gli istituti già esistenti che non rispondano a tali caratteritiche devono essere articolati in reparti distinti che sono in grado di organizzare e svolgere le attività penitenziarie previste dalla legge: in tali strutture può permanere una direzione unica, che provvede a organizzare e svolgere le attività che richiedano una gestione unitaria.

3. Per ogni istituto, secondo i criteri di cui al comma 2bis dell’art. 6, deve essere stabilita la capienza regolamentare.

4. E’ riconosciuto il diritto dei detenuti e degli internati ad un regime di vita che distribuisca la giornata fra periodo notturno di pernottamento e periodo diurno di attività, così che non si producano i dannni fisiopsichici da istituzionalizzazione.

5. Gli istituti penitenziari devono, pertanto, essere dotati e di locali per le esigenze di vita individuale, con prevalente funzione di pernottamento, e di locali e spazi per lo svolgimento delle attività in comune, organizzate per consentire, durante il giorno, un regime di vita attivo secondo le indicazioni della presente legge.

6. I locali e gli spazi comuni di cui al a precedente devono essere utilizzati con continuità e integrati con ulteriori spazi, se occorra, per garantire il regime di vita indicato al comma precedente.

 

Art.6

Locali di soggiorno e di pernottamento

I locali nei quali si svolge la vita dei detenuti e degli internati devono essere di ampiezza sufficiente, illuminati con luce naturale e artificiale in modo da permettere il lavoro e la lettura; aerati, riscaldati ove le condizioni climatiche lo esigono, e dotati di servizi igienici riservati, decenti e di tipo razionale. I detti locali devono essere tenuti in buono stato di conservazione e di pulizia.

I locali destinati al pernottamento consistono in camere dotate di uno o più posti.

Particolare cura é impiegata nella scelta di quei soggetti che sono collocati in camere a più posti.

Agli imputati deve essere garantito il pernottamento in camere ad un posto a meno che la situazione particolare dell'istituto non lo consenta.

Ciascun detenuto e internato dispone di adeguato corredo per il proprio letto.

 

Nell’art. 6, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:

 

"2bis. Le dimensioni e le corrispondenti capienze dei locali di cui ai commi precedenti sono definite in applicazione delle regole previste in generale per istituti di accoglienza di persone in normali condizioni fisiche. I locali stessi non possono essere utilizzati al di là delle capienze come sopra definite, se non in presenza di esigenze eccezionali e per il tempo strettamente necessario alla loro rimozione. Il superamento dei limiti di capienza deve essere immediatamente segnalato dalla direzione dell’istituto al servizio sanitario operante nello stesso e al competente provveditorato regionale della amministrazione penitenziaria.

2ter. I detenuti e gli internati hanno diritto al rispetto delle regole di cui al comma precedente, che hanno conseguenze immediate sulle loro condizioni di vita."

 

Art.7

Vestiario e corredo

Ciascun soggetto é fornito di biancheria, di vestiario e di effetti di uso in quantità sufficiente, in buono stato di conservazione e di pulizia e tali da assicurare la soddisfazione delle normali esigenze di vita.

L'abito é di tessuto a tinta unita e di foggia decorosa. É concesso l'abito di lavoro quando é reso necessario dall'attività svolta.

Gli imputati e i condannati a pena detentiva inferiore ad un anno possono indossare abiti di loro proprietà, purché puliti e convenienti. L'abito fornito agli imputati deve essere comunque diverso da quello dei condannati e degli internati.

I detenuti e gli internati possono essere ammessi a far uso di corredo di loro proprietà e di oggetti che abbiano particolare valore morale o affettivo.

 

Nell’art. 7 i commi 3 e 4 sono sostituiti dal seguente:

 

"3. I detenuti e gli internati possono comunque indossare abiti di loro proprietà, purchè puliti e convenienti."

 

Art.8

Igiene personale

É assicurato ai detenuti e agli internati l'uso adeguato e sufficiente di lavabi e di bagni o docce, nonché degli altri oggetti necessari alla cura e alla pulizia della persona.

In ciascun istituto sono organizzati i servizi per il periodico taglio dei capelli e la rasatura della barba. Può essere consentito l'uso di rasoio elettrico personale.

Il taglio dei capelli e della barba può essere imposto soltanto per particolari ragioni igienico-sanitarie.

 

Nell’art. 8, il comma 1 è sostituito dal seguente:

 

"1. E’ assicurato ai detenuti e agli internati il diritto all’uso quotidiano di lavabi, di bagni o docce, con acqua corrente calda e fredda, nonchè degli altri oggetti necessari alla cura e alla pulizia della persona. Tali apparecchiature e i servizi igienici necessari sono collocati in un locale separato, accessorio e comunicante con la camera di pernottamento e liberamente accessibile dalla stessa."

 

Art.9

Alimentazione

Ai detenuti e agli internati é assicurata un'alimentazione sana e sufficiente, adeguata all'età, al sesso, allo stato di salute, al lavoro, alla stagione, al clima.

Il vitto é somministrato, di regola, in locali all'uopo destinati.

I detenuti e gli internati devono avere sempre a disposizione acqua potabile.

La quantità e la qualità del vitto giornaliero sono determinate da apposite tabelle approvate con decreto ministeriale.

Il servizio di vettovagliamento é di regola gestito direttamente dalla amministrazione penitenziaria.

Una rappresentanza dei detenuti o degli internati, designata mensilmente per sorteggio, controlla l'applicazione delle tabelle e la preparazione del vitto.

Ai detenuti e agli internati é consentito l'acquisto, a proprie spese, di generi alimentari e di conforto, entro i limiti fissati dal regolamento. La vendita dei generi alimentari o di conforto deve essere affidata di regola a spacci gestiti direttamente dalla amministrazione carceraria o da imprese che esercitano la vendita a prezzi controllati dall'autorità comunale. I prezzi non possono essere superiori a quelli comunemente praticati nel luogo in cui é sito l'istituto. La rappresentanza indicata nel precedente comma, integrata da un delegato del direttore, scelto tra il personale civile dell'istituto, controlla qualità e prezzi dei generi venduti nell'istituto.

 

Nell’art. 9, il comma 1 è sostituito dal seguente:

 

"1. I detenuti e gli internati hanno diritto ad una alimentazione sana e sufficiente, adeguata alla età, al sesso, allo stato di salute, al lavoro, alla stagione, al clima."

 

Il comma 4 è sostituito dal seguente:

4. La quantità e la qualità del vitto giornaliero sono determinate da apposite tabelle approvate con decreto ministeriale, che deve tenere conto delle variazioni climatiche stagionali e delle diversità territoriali. Ai fini della emissione del decreto, i singoli provveditorati regionali propongono le variazioni opportune con riferimento ai territori di competenza".

 

Dopo il comma 7, è aggiunto il seguente : "8. Per i generi di cui al comma precedente per i quali sia possibile, l’acquisto può essere effettuato da distributori automatici con schede prepagate, che vengono ricaricate mensilmente, con un sistema limitativo della spesa giornaliera e mensile, limitazione indicata semestralmente dal dipartimento della amministrazione penitenziaria, anche con mera conferma delle disposizioni date precedentemente. In tale modo possono essere acquistate anche schede telefoniche prepagate, da utilizzare secondo le regole stabilite dalla normativa vigente. I prezzi dei singoli generi devono essere indicati chiaramente. Tale disposizione non vale negli istituti di sicurezza più elevata di quella media".

 

Art.10

Permanenza all'aperto

Ai soggetti che non prestano lavoro all'aperto é consentito di permanere almeno per due ore al giorno all'aria aperta. Tale periodo di tempo può essere ridotto a non meno di un'ora al giorno soltanto per motivi eccezionali.

La permanenza all'aria aperta é effettuata in gruppi a meno che non ricorrano i casi indicati nell' articolo 33 e nei numeri 4) e 5) dello articolo 39 ed é dedicata, se possibile, ad esercizi fisici.

L’art. 10 è sostituito dal seguente:

 

"Art. 10. (Caratteristiche e utilizzazione degli spazi all’aperto).

1. Gli istituti penitenziari devono disporre di spazi all’aperto, non interclusi fra fabbricati, compresi quelli necessari per lo svolgimento di attività sportive, ricreative e, in genere, trattamentali.

2. I detenuti e gli internati hanno diritto a permanere all’aperto per tempi adeguati, non inferiori alle quattro ore giornaliere, tenuto conto della necessità di compensare i lunghi periodi di permanenza in locali chiusi. Per motivi eccezionali e per tempi limitati e brevi, la permanenza all’aperto può essere ridotta a due ore giornaliere con provvedimento motivato del direttore dell’istituto, che viene comunicato al provveditore regionale e al magistrato di sorveglianza. Gli spazi destinati alla sola permanenza all’esterno devono offrire possibilità di protezionedagli agenti atmosferici.

3. I detenuti e gli internati hanno anche diritto, attraverso la ammissione agli idonei spazi all’aperto, a partecipare alle attività sportive, ricreative e trattamentali in genere. A tal fine gli spazi all’aperto esistenti devono essere adeguatamente attrezzati e utilizzati con continuità.

4. La utilizzazione degli spazi all’aperto per la fruizione dei diritti di cui ai commi 2 e 3 è stabilita con un programma da definire, anche attraverso le valutazioni dei servizi sanitario, psicologico ed educativo, come strumento essenziale per contenere gli effetti negativi sul piano fisico e psichico della permanenza in una comunità chiusa con prevalenza di vita in ambienti interni.

5. La fruizione degli spazi all’aperto da parte dei detenuti e degli internati è effettuata in gruppi, salvo i casi di esclusione previsti dalla presente legge."

 

Art.11

Servizio sanitario

Ogni istituto penitenziario é dotato di servizio medico e di servizio farmaceutico rispondenti alle esigenze profilattiche e di cura della salute dei detenuti e degli internati; dispone, inoltre, dell'opera di almeno uno specialista in psichiatria.

Ove siano necessari cure o accertamenti diagnostici che non possono essere apprestati dai servizi sanitari degli istituti, i condannati e gli internati sono trasferiti, con provvedimento del magistrato di sorveglianza, in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura. Per gli imputati, detti trasferimenti sono disposti, dopo la pronunzia della sentenza di primo grado, dal magistrato di sorveglianza; prima della pronunzia della sentenza di primo grado, dal giudice istruttore, durante l'istruttoria formale; dal pubblico ministero, durante l'istruzione sommaria e, in caso di giudizio direttissimo, fino alla presentazione dell'imputato in udienza; dal presidente, durante gli atti preliminari al giudizio e nel corso del giudizio gli atti preliminari al giudizio e nel corso del giudizio; dal pretore, nei procedimenti di sua competenza; dal presidente della corte di appello, nel corso degli atti preliminari al giudizio dinanzi la corte di assise, fino alla convocazione della corte stessa e dal presidente di essa successivamente alla convocazione.

L'autorità giudiziaria competente ai sensi del comma precedente può disporre, quando non vi sia pericolo di fuga, che i detenuti e gli internati trasferiti in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura con proprio provvedimento, o con provvedimento del direttore dell'istituto nei casi di assoluta urgenza, non siano sottoposti a piantonamento durante la degenza, salvo che sia necessario per la tutela della loro incolumità personale.

Il detenuto o l'internato che, non essendo sottoposto a piantonamento, si allontana dal luogo di cura senza giustificato motivo é punibile a norma del primo comma dell'articolo 385 del codice penale.

All'atto dell'ingresso nell'istituto i soggetti sono sottoposti a visita medica generale allo scopo di accertare eventuali malattie fisiche o psichiche. L'assistenza sanitaria é prestata, nel corso della permanenza nell'istituto, con periodici e frequenti riscontri, indipendentemente dalle richieste degli interessati.

Il sanitario deve visitare ogni giorno gli ammalati e coloro che ne facciano richiesta; deve segnalare immediatamente la presenza di malattie che richiedono particolari indagini e cure specialistiche; deve, inoltre, controllare periodicamente l'idoneità dei soggetti ai lavori cui sono addetti.

I detenuti e gli internati sospetti o riconosciuti affetti da malattie contagiose sono immediatamente isolati. Nel caso di sospetto di malattia psichica sono adottati senza indugio i provvedimenti del caso col rispetto delle norme concernenti l'assistenza psichiatrica e la sanità mentale.

In ogni istituto penitenziario per donne sono in funzione servizi speciali per l'assistenza sanitaria alle gestanti e alle puerpere.

Alle madri é consentito di tenere presso di sé i figli fino all'età di tre anni. Per la cura e l'assistenza dei bambini sono organizzati appositi asili nido.

L'amministrazione penitenziaria, per l'organizzazione e per il funzionamento dei servizi sanitari, può avvalersi della collaborazione dei servizi pubblici sanitari locali, ospedalieri ed extra ospedalieri, d'intesa con la regione e secondo gli indirizzi del ministero della sanità.

I detenuti e gli internati possono richiedere di essere visitati a proprie spese da un sanitario di loro fiducia. Per gli imputati é necessaria l'autorizzazione del magistrato che procede, sino alla pronuncia della sentenza di primo grado.

Il medico provinciale visita almeno due volte l'anno gli istituti di prevenzione e di pena allo scopo di accertare lo stato igienico- sanitario, l'adeguatezza delle misure di profilassi contro le malattie infettive disposte dal servizio sanitario penitenziario e le condizioni igieniche e sanitarie dei ristretti negli istituti.

Il medico provinciale riferisce sulle visite compiute e sui provvedimenti da adottare al ministero della sanità e a quello di grazia e giustizia, informando altresì i competenti uffici regionali e il magistrato di sorveglianza.

 

L’art. 11 è sostituito dal seguente:

 

"Art. 11. (Diritto alla salute e servizio sanitario). 1. La custodia cautelare, la pena detentiva e le misure di sicurezza detentive devono essere eseguite nel rispetto del diritto alla salute delle persone, previsto dall’art. 32 della Costituzione. Ne consegue che negli istituti penitenziari non devono essere operati trattamenti o poste in essere situazioni che siano contrari al senso di umanità e che siano, comunque, pregiudizievoli della salute psichica e fisica dei detenuti e degli internati.

2. Tutti i detenuti e gli internati, compresi gli stranieri, anche se privi di permesso di soggiorno, hanno diritto alla assistenza sanitaria prevista dal Servizio sanitario nazionale e gestita dalle Regioni, senza differenza dalla assistenza sanitaria dello stesso Servizio nei confronti delle persone libere. Per gli stranieri non iscritti al servizio sanitario nazionale e per i cittadini italiani privi di residenza è competente il servizio pubblico del territorio in cui è posto l’istituto in cui sono detenuti.

3. Le Regioni definiscono, di concerto con i provveditorati regionali della Amministrazione penitenziaria, le modalità di attuazione di tale assistenza, sia generica che specialistica, secondo i principi della gratuità, della eguaglianza fra gli utenti e della continuità dei servizi attraverso la presa in carico dei singoli casi dall’inizio fino alla conclusione degli interventi di cura. La continuità dei servizi è assicurata sia attraverso il collegamento con il servizio che seguiva l’utente prima della detenzione, sia con quello che dovrà seguirlo successivamente alla conclusione della stessa.

4. Deve essere assicurato un adeguato intervento di medicina preventiva nei confronti dei singoli utenti. Devono essere inoltre assicurati la verifica del livello del rischio per la salute nelle situazioni detentive dei singoli istituti penitenziari e gli interventi adeguati per la eliminazione o, almeno, il contenimento del rischio stesso, attraverso la rimozione delle prolungate situazioni di inerzia, di riduzione del movimento e della attività fisica.

5. Negli istituti penitenziari deve essere assicurato, di concerto con l’area sanitaria generale, l’intervento multidisciplinare del dipartimento di salute mentale, che deve potere contare su strutture interne distinte ed adeguate, tanto ambulatoriali, che di permanenza breve o prolungata.

6. Deve anche essere attuato l’intervento di assistenza e cura del disagio personale dei detenuti e degli internati conseguente all’inizio e al proseguimento della reclusione. A tal fine devono essere coordinati tutti gli interventi degli psicologi operanti nei diversi servizi dell’istituto, compresi quelli che svolgono le attività di osservazione e trattamento, nonché quelli di cui ai commi 7 e 8. Devono anche essere mantenuti stretti contatti con il servizio di cui al comma 5. Tale intervento deve essere attivato fin dal primo momento della carcerazione e, se risulti utile, proseguito nel seguito.

7. E’ anche assicurato l’intervento multidisciplinare del dipartimento delle dipendenze da sostanze stupefacenti o psicotrope, nonché dei servizi alcoologici, che devono disporre e porre a disposizione delle persone tutti gli strumenti che favoriscano, in quanto possibile, lo svolgimento di progetti riabilitativi nei servizi pubblici o privati esterni.

8. Ai detenuti e agli internati sono assicurati inoltre tutti gli interventi, realizzati all’esterno per le persone libere, per migliorare la qualità e la pertinenza delle diagnosi e delle cure in ambito oncologico e nei confronti dei sieropositivi da HIV. Tali situazioni sono, comunque, tempestivamente segnalate alle autorità giudiziarie competenti a decidere sulla rimozione o sul differimento della situazione detentiva.

9. In ogni istituto o sezione di istituto penitenziario per donne deve essere assicurata l’assistenza sanitaria alle gestanti e alle puerpere. Tali situazioni sono, comunque, tempestivamente segnalate alle autorità giudiziarie competenti a decidere sulla revoca o sul differimento della situazione detentiva.

10. Alle madri è consentito di tenere presso di sè i figli fino all’età di tre anni. Per la cura e l’assistenza dei bambini sono organizzati appositi asili nido, ma è anche assicurato l’accesso ai corrispondenti servizi pubblici esterni. Tale situazione è, comunque, tempestivamente segnalata alle autorità giudiziarie competenti a decidere sulla rimozione o sul differimento della situazione detentiva medesima.

11. Negli ospedali psichiatrici giudiziari e nelle case di cura e custodia la direzione degli istituti appartiene al personale medico-psichiatrico. Lo stesso, con la collaborazione del personale paramedico, provvede alla gestione dei reparti di accoglienza, assistenza e cura degli istituti. Il personale che cura l’ordine e la disciplina interviene all’interno dei reparti predetti solo se richiesto dal personale sanitario.

12. I detenuti e gli internati possono richiedere di essere visitati o di fruire, all’interno dell’istituto, di interventi sanitari da parte del medico di famiglia o, comunque, di personale sanitario di fiducia, previo nulla osta, per gli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, della autorità giudiziaria procedente, e della direzione dell’istituto penitenziario, negli altri casi."

 

Dopo l’art. 11 sono aggiunti i seguenti articoli:

 

"Art. 11bis. (Organizzazione e svolgimento del servizio sanitario). (I commi 1, 2 e 3 sono uniformi ai commi 5,6 e 7 del testo vigente dell’art. 11)

 

1. All'atto dell'ingresso nell'istituto i soggetti sono sottoposti a visita medica generale allo scopo di accertare eventuali malattie fisiche o psichiche. L'assistenza sanitaria é prestata, nel corso della permanenza nell'istituto, con periodici e frequenti riscontri, indipendentemente dalle richieste degli interessati.

2. Il sanitario deve visitare ogni giorno gli ammalati e coloro che ne facciano richiesta; deve segnalare immediatamente la presenza di malattie che richiedono particolari indagini e cure specialistiche; deve, inoltre, controllare periodicamente l'idoneità dei soggetti ai lavori cui sono addetti.

3. I detenuti e gli internati sospetti o riconosciuti affetti da malattie contagiose sono immediatamente isolati. Nel caso di sospetto di malattia psichica sono adottati senza indugio i provvedimenti del caso col rispetto delle norme concernenti l'assistenza psichiatrica e la sanità mentale.

 

4. Fin dall’inizio, all’intervento sanitario si accompagna la presa in carico della persona che ne fruisce.

5. I servizi specialistici ed, in particolare, quelli di assistenza psichiatrica, delle tossicodipendenze e della alcoologia, operano una propria presa in carico e svolgono la loro attività in autonomia dal servizio sanitario generico."

 

"Art. 11 ter. (Assistenza in luogo esterno di cura. Modalità della sorveglianza). (Il testo dell’articolo è conforme ai commi 2, 3 e 4 del testo vigente dell’art. 119.

 

1. Ove siano necessari cure o accertamenti diagnostici che non possono essere apprestati dai servizi sanitari degli istituti, i condannati e gli internati sono trasferiti, con provvedimento del magistrato di sorveglianza, in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura. Per gli imputati, detti trasferimenti sono disposti, dopo la pronunzia della sentenza di primo grado, dal magistrato di sorveglianza; prima della pronunzia della sentenza di primo grado, dal giudice istruttore, durante l'istruttoria formale; dal pubblico ministero, durante l'istruzione sommaria e, in caso di giudizio direttissimo, fino alla presentazione dell'imputato in udienza; dal presidente, durante gli atti preliminari al giudizio e nel corso del giudizio gli atti preliminari al giudizio e nel corso del giudizio; dal pretore, nei procedimenti di sua competenza; dal presidente della corte di appello, nel corso degli atti preliminari al giudizio dinanzi la corte di assise, fino alla convocazione della corte stessa e dal presidente di essa successivamente alla convocazione.

2. L'autorità giudiziaria competente ai sensi del comma precedente può disporre, quando non vi sia pericolo di fuga, che i detenuti e gli internati trasferiti in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura con proprio provvedimento, o con provvedimento del direttore dell'istituto nei casi di assoluta urgenza, non siano sottoposti a piantonamento durante la degenza, salvo che sia necessario per la tutela della loro incolumità personale.

3. Il detenuto o l'internato che, non essendo sottoposto a piantonamento, si allontana dal luogo di cura senza giustificato motivo é punibile a norma del primo comma dell'articolo 385 del codice penale.

 

"Art. 11 quater. (Vigilanza sullo svolgimento del servizio sanitario).

 

"1. E’ istituita, negli istituti penitenziari compresi nel territorio di appartenenza di ogni ASL, una commissione per la vigilanza e la valutazione dei servizi relativi alla salute e alla assistenza sanitaria dei detenuti e degli internati.

2. La commissione è formata:

-da una persona, avente specifica competenza nel settore, designata dalle associazioni di volontariato che operano negli istituti penitenziari interessati;

da una persona designata dalla amministrazione penitenziaria;

da una persona designata dalla ASL di competenza.

3. La commissione opera con visite ordinarie semestrali negli istituti penitenziari e con visite straordinarie ove ne ravvisi la necessità. Le visite si svolgono senza preavviso, con la facoltà di svolgere accertamenti sulla situazione dei luoghi e sulla documentazione sanitaria, anche attraverso l’esame delle persone assistite e degli operatori sanitari.

4. La commissione verifica, oltre che la adeguatezza dei servizi relativi alla salute e alla assistenza sanitaria, anche la validità dei rapporti di collaborazione fra il personale dell’ASL e quello della Amministrazione penitenziaria.

5. La commissione adotta le sue conclusioni con apposita relazione, approvata, ove occorra, a maggioranza. Il dissenso rispetto alla stessa viene espresso con relazione di minoranza.

 

Art.12

Attrezzature per attività di lavoro di istruzione e di ricreazione

Negli istituti penitenziari, secondo le esigenze del trattamento, sono approntate attrezzature per lo svolgimento di attività lavorative, di istruzione scolastica e professionale, ricreative, culturali e di ogni altra attività in comune.

Gli istituti devono inoltre essere forniti di una biblioteca costituita da libri e periodici, scelti dalla commissione prevista dal secondo comma dell' articolo 16 .

Alla gestione del servizio di biblioteca partecipano rappresentanti dei detenuti e degli internati.

 

 

 

Capo III - Modalità del trattamento

 

Art.13

Individualizzazione del trattamento

Il trattamento penitenziario deve rispondere ai particolari bisogni della personalità di ciascun soggetto.

Nei confronti dei condannati e degli internati é predisposta l'osservazione scientifica della personalità per rilevare le carenze fisiopsichiche e le altre cause del disadattamento sociale. L'osservazione é compiuta all'inizio dell'esecuzione e proseguita nel corso di essa.

Per ciascun condannato e internato, in base ai risultati della osservazione, sono formulate indicazioni in merito al trattamento rieducativo da effettuare ed é compilato il relativo programma, che é integrato o modificato secondo le esigenze che si prospettano nel corso dell'esecuzione.

Le indicazioni generali e particolari del trattamento sono inserite, unitamente ai dati giudiziari, biografici e sanitari, nella cartella personale, nella quale sono successivamente annotati gli sviluppi del trattamento pratico e i suoi risultati.

Deve essere favorita la collaborazione dei condannati e degli internati alle attività di osservazione e di trattamento.

 

Capo III°
Modalita’ del trattamento

 

Nel comma 2 dell’art. 13, la parola "scientifica" è sostituita dalla parola "multidisciplinare".

 

Nell’art. 13, dopo il comma 5, è aggiunto il seguente:

 

"6. I condannati e gli internati, per la attuazione della finalizzazione costituzionale della pena e della misura di sicurezza alla rieducazione e alla risocializzazione, hanno diritto allo svolgimento della osservazione e alla predisposizione e successiva realizzazione, in costanza della collaborazione dell’interessato, del programma di trattamento previsto dai commi precedenti."

 

Art.14

Assegnazione, raggruppamento e categorie dei detenuti e degli internati

Il numero dei detenuti e degli internati negli istituti e nelle sezioni deve essere limitato e, comunque, tale da favorire l'individualizzazione del trattamento.

L'assegnazione dei condannati e degli internati ai singoli istituti e il raggruppamento nelle sezioni di ciascun istituto sono disposti con particolare riguardo alla possibilità di procedere ad un trattamento rieducativo comune e all'esigenza di evitare influenze nocive reciproche. Per le assegnazioni sono, inoltre, applicati di norma i criteri di cui al primo ed al secondo comma dell' articolo 42 .

É assicurata la separazione degli imputati dai condannati e internati, dei giovani al disotto dei venticinque anni dagli adulti, dei condannati dagli internati e dei condannati all'arresto dai condannati alla reclusione.

É consentita, in particolari circostanze, l'ammissione di detenuti e di internati ad attività organizzate per categorie diverse da quelle di appartenenza.

Le donne sono ospitate in istituti separati o in apposite sezioni di istituto.

 

 

Art.14-bis

Regime di sorveglianza particolare.

1. Possono essere sottoposti a regime di sorveglianza particolare per un periodo non superiore a sei mesi, prorogabile anche più volte in misura non superiore ogni volta a tre mesi, i condannati, gli internati e gli imputati:

a) che con i loro comportamenti compromettono la sicurezza ovvero turbano l'ordine negli istituti;

b) che con la violenza o minaccia impediscono le attività degli altri detenuti o internati;

c) che nella vita penitenziaria si avvalgono dello stato di soggezione degli altri detenuti nei loro confronti.

2. Il regime di cui al precedente comma primo é disposto con provvedimento motivato della amministrazione penitenziaria previo parere del consiglio di disciplina, integrato da due degli esperti previsti dal quarto comma dell'articolo 80.

3. Nei confronti degli imputati il regime di sorveglianza particolare é disposto sentita anche l'autorità giudiziaria che procede.

4. In caso di necessità ed urgenza l'amministrazione può disporre in via provvisoria la sorveglianza particolare prima dei pareri prescritti, che comunque devono essere acquisiti entro dieci giorni dalla data del provvedimento. Scaduto tale termine la amministrazione, acquisiti i pareri prescritti, decide in via definitiva entro dieci giorni decorsi i quali, senza che sia intervenuta la decisione, il provvedimento provvisorio decade.

5. Possono essere sottoposti a regime di sorveglianza particolare, fin dal momento del loro ingresso in istituto, i condannati, gli internati e gli imputati, sulla base di precedenti comportamenti penitenziari o di altri concreti comportamenti tenuti, indipendentemente dalla natura dell'imputazione, nello stato di libertà. L'autorità giudiziaria segnala gli eventuali elementi a sua conoscenza all'amministrazione penitenziaria che decide sulla adozione dei provvedimenti di sua competenza.

6. Il provvedimento che dispone il regime di cui al presente articolo é comunicato immediatamente al magistrato di sorveglianza ai fini dell'esercizio del suo potere di vigilanza.

 

 

La collocazione degli articoli 14bis, 14ter e 14quater è modificata con inserimento nel capo III° del titolo III°.

Art.14-ter

Reclamo

1. Avverso il provvedimento che dispone o proroga il regime di sorveglianza particolare può essere proposto dall'interessato reclamo al tribunale di sorveglianza nel termine di dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento definitivo. Il reclamo non sospende l'esecuzione del provvedimento.

2. Il tribunale di sorveglianza provvede con ordinanza in camera di consiglio entro dieci giorni dalla ricezione del reclamo.

3. Il procedimento si svolge con la partecipazione del difensore e del pubblico ministero. L'interessato e l'amministrazione penitenziaria possono presentare memorie.

4. Per quanto non diversamente disposto si applicano le disposizioni del Capo secondo-bis del Titolo secondo.

 

 

 

Art.14-quater

Contenuti del regime di sorveglianza particolare

1. Il regime di sorveglianza particolare comporta le restrizioni strettamente necessarie per il mantenimento dell'ordine e della sicurezza, all'esercizio dei diritti dei detenuti e degli internati e alle regole di trattamento previste dall'ordinamento penitenziario.

2. L'amministrazione penitenziaria può adottare il visto di controllo sulla corrispondenza, previa autorizzazione motivata dell'autorità giudiziaria competente.

3. Le restrizioni di cui ai commi precedenti sono motivatamente stabilite nel provvedimento che dispone il regime di sorveglianza particolare.

4. In ogni caso le restrizioni non possono riguardare: l'igiene e le esigenze della salute; il vitto; il vestiario ed il corredo; il possesso, l'acquisto e la ricezione di generi ed oggetti permessi dal regolamento interno, nei limiti in cui ciò non comporta pericolo per la sicurezza; la lettura di libri e periodici; le pratiche di culto; l'uso di apparecchi radio del tipo consentito; la permanenza all'aperto per almeno due ore al giorno salvo quanto disposto dall'articolo 10; i colloqui con i difensori, nonché quelli con il coniuge, il convivente, i figli, i genitori, i fratelli.

5. Se il regime di sorveglianza particolare non é attuabile nell'istituto ove il detenuto o l'internato si trova, la amministrazione penitenziaria può disporre, con provvedimento motivato, il trasferimento in altro istituto idoneo, con il minimo pregiudizio possibile per la difesa e per i familiari, dandone immediato avviso al magistrato di sorveglianza. Questi riferisce al ministro in ordine ad eventuali casi di infondatezza dei motivi posti a base del trasferimento.

 

 

Art.15

Elementi del trattamento

Il trattamento del condannato e dell'internato é svolto avvalendosi principalmente dell'istruzione, del lavoro, della religione, delle attività culturali, ricreative e sportive e agevolando opportuni contatti con il mondo esterno ed i rapporti con la famiglia.

Ai fini del trattamento rieducativo, salvo casi di impossibilità, al condannato e all'internato é assicurato il lavoro.

Gli imputati sono ammessi, a loro richiesta, a partecipare ad attività educative, culturali e ricreative e, salvo giustificati motivi o contrarie disposizioni dell'autorità giudiziaria, a svolgere attività lavorativa o di formazione professionale, possibilmente di loro scelta e, comunque, in condizioni adeguate alla loro posizione giuridica.

 

Nell’art. 15, il comma 2 è sostituito dal seguente:

 

"2. Per l’attuazione del programma di trattamento, ai sensi dell’art. 13, i condannati e gli internati hanno diritto a disporre degli elementi del trattamento di cui al comma precedente. Gli istituti penitenziari devono essere organizzati al fine di rendere tali elementi concretamente disponibili per gli interessati."

 

Art.16

Regolamento dell'istituto

In ciascun istituto il trattamento penitenziario é organizzato secondo le direttive che l'amministrazione penitenziaria impartisce con riguardo alle esigenze dei gruppi di detenuti ed internati ivi ristretti. Le modalità del trattamento da seguire in ciascun istituto sono disciplinate nel regolamento interno, che é predisposto e modificato da una commissione composta dal magistrato di sorveglianza, che la presiede, dal direttore, dal medico, dal cappellano, dal preposto alle attività lavorative, da un educatore e da un assistente sociale. La commissione può avvalersi della collaborazione degli esperti indicati nel quarto comma dell' articolo 80 .

Il regolamento interno disciplina, altresì, i controlli cui devono sottoporsi tutti coloro che, a qualsiasi titolo, accedono all'istituto o ne escono.

Il regolamento interno e le sue modificazioni sono approvati dal Ministro per la grazia e giustizia.

 

 

Art.17

Partecipazione della comunità esterna all'azione rieducativa

La finalità del reinserimento sociale dei condannati e degli internati deve essere perseguita anche sollecitando ed organizzando la partecipazione di privati e di istituzioni o associazioni pubbliche o private all'azione rieducativa.

Sono ammessi a frequentare gli istituti penitenziari con l'autorizzazione e secondo le direttive del magistrato di sorveglianza, su parere favorevole del direttore, tutti coloro che avendo concreto interesse per l'opera di risocializzazione dei detenuti dimostrino di potere utilmente promuovere lo sviluppo dei contatti tra la comunità carceraria e la società libera.

Le persone indicate nel comma precedente operano sotto il controllo dei direttore.

 

 

Art.18

Colloqui, corrispondenza e informazione

1 I detenuti e gli internati sono ammessi ad avere colloqui e corrispondenza con i congiunti e con altre persone, anche al fine di compiere atti giuridici.

2 I colloqui si svolgono in appositi locali sotto il controllo a vista e non auditivo del personale di custodia.

3 Particolare favore viene accordato ai colloqui con i familiari.

4 L'amministrazione penitenziaria pone a disposizione dei detenuti e degli internati, che ne sono sprovvisti, gli oggetti di cancelleria necessari per la corrispondenza.

5 Può essere autorizzata nei rapporti con i familiari e, in casi particolari, con terzi, corrispondenza telefonica con le modalità e le cautele previste dal regolamento.

6 I detenuti e gli internati sono autorizzati a tenere presso di sé i quotidiani, i periodici e i libri in libera vendita all'esterno e ad avvalersi di altri mezzi di informazione.

7 La corrispondenza dei singoli condannati o internati può essere sottoposta, con provvedimento motivato del magistrato di sorveglianza, a visto di controllo del direttore o di un rappresentante all'amministrazione penitenziaria designato dallo stesso direttore.

8. Salvo quanto disposto dall'articolo 18-bis, per gli imputati i permessi di colloquio fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, la sottoposizione al visto di controllo sulla corrispondenza e le autorizzazioni alla corrispondenza telefonica sono di competenza dell'autorità giudiziaria, ai sensi di quanto stabilito nel secondo comma dell'articolo 11. Dopo la pronuncia della sentenza di primo grado i permessi di colloquio sono di competenza del direttore dell'istituto.

9 Le dette autorità giudiziarie, nel disporre la sottoposizione della corrispondenza a visto di controllo, se non ritengono di provvedervi direttamente, possono delegare il controllo al direttore o a un appartenente alla amministrazione penitenziaria designato dallo stesso direttore. Le medesime autorità possono anche disporre limitazioni nella corrispondenza e nella ricezione della stampa.

 

 

Nell’art. 18, il comma 1 è così modificato: "1. I detenuti e gli internati hanno diritto ad avere colloqui, nel numero, con la durata e le modalità previste dal regolamento di esecuzione alla presente legge, nonché corrispondenza con i congiunti e con altre persone, anche al fine di compiere atti giuridici."

 

Nel comma 5 dello stesso articolo, dopo il testo vigente, è aggiunta la seguente proposizione: "Per ciascun colloquio ordinario non effettuato è concesso ai detenuti e agli internati un colloquio telefonico aggiuntivo, con le persone autorizzate, della durata di quindici minuti. La telefonata può essere effettuata con costo a carico del destinatario."

(modifica già della proposta Boato ed altri)

 

Nel comma 6 dell’art. 18, le parole "sono autorizzati" sono sostituite dalle parole "hanno diritto".

 

Art.18-bis

Colloqui a fini investigativi

1. Il personale della Direzione investigativa antimafia di cui all'articolo 3 del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, nella legge 30 dicembre 1991, n. 410, e dei servizi centrali e interprovinciali di cui all'articolo 12 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, nonché gli ufficiali di polizia giudiziaria designati dai responsabili, a livello centrale, delle predetta direzione e dei predetti servizi, hanno facoltà di visitare gli istituti penitenziari e possono essere autorizzati, a norma del comma 2, del presente articolo, ad avere colloqui personali con detenuti e internati, al fine di acquisire informazioni utili per la prevenzione e repressione dei delitti di criminalità organizzata.

2. Al personale di polizia indicato nel comma 1, l'autorizzazione ai colloqui é rilasciata:

a) quando si tratta di internati, di condannati o di imputati, dal ministro di grazia e giustizia o da un suo delegato;

b) quando si tratta di persone sottoposte ad indagini, dal pubblico ministero.

3. Le autorizzazioni ai colloqui indicate nel comma 2 sono annotate in apposito registro riservato tenuto presso l'autorità competente al rilascio.

4. In casi di particolare urgenza, attestati con provvedimento del ministro dell'interno o, per sua delega, dal capo della polizia, l'autorizzazione prevista nel comma 2, lettera a), non é richiesta, e del colloquio é data immediata comunicazione all'autorità ivi indicata, che provvede all'annotazione nel registro riservato di cui al comma 3.

5. La facoltà di procedere a colloqui personali con detenuti e internati é attribuita, senza necessità di autorizzazione, altresì al procuratore nazionale antimafia ai fini dell'esercizio delle funzioni di impulso e di coordinamento previste dall'articolo 371-bis del codice di procedura penale; al medesimo procuratore nazionale antimafia sono comunicati i provvedimenti di cui ai commi 2 e 4, qualora concernenti colloqui con persone sottoposte ad indagini, imputate o condannate per taluno dei delitti indicati nell'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale.

 

 

Art.19

Istruzione

Negli istituti penitenziari la formazione culturale e professionale, é curata mediante l'organizzazione dei corsi della scuola d'obbligo e di corsi di addestramento professionale, secondo gli orientamenti vigenti e con l'ausilio di metodi adeguati alla condizione dei soggetti.

Particolare cura é dedicata alla formazione culturale e professionale dei detenuti di età inferiore ai venticinque anni.

Con le procedure previste dagli ordinamenti scolastici possono essere istituite scuole di istruzione secondaria di secondo grado negli istituti penitenziari.

É agevolato il compimento degli studi dei corsi universitari ed equiparati ed é favorita la frequenza a corsi scolastici per corrispondenza, per radio e per televisione.

É favorito l'accesso alle pubblicazioni contenute nella biblioteca, con piena libertà di scelta delle letture.

 

Nell’art. 19, dopo il comma 4, è aggiunto il seguente:

 

"5. I detenuti e gli internati che ne facciano domanda hanno diritto alla iscrizione ai corsi di istruzione indicati nei commi precedenti, nel rispetto delle regole di ammissione agli stessi."

 

Art.20

Lavoro

Negli istituti penitenziari devono essere favorite in ogni modo la destinazione dei detenuti e degli internati al lavoro e la loro partecipazione a corsi di formazione professionale. A tal fine, possono essere istituite lavorazioni organizzate e gestite direttamente da imprese pubbliche o private e possono essere istituiti corsi di formazione professionale organizzati e svolti da aziende pubbliche, o anche da aziende private convenzionate con la regione.

Il lavoro penitenziario non ha carattere afflittivo ed è remunerato.

Il lavoro è obbligatorio per i condannati e per i sottoposti alle misure di sicurezza della colonia agricola e della casa di lavoro.

I sottoposti alle misure di sicurezza della casa di cura e di custodia e dell'ospedale psichiatrico giudiziario possono essere assegnati al lavoro quando questo risponda a finalità terapeutiche.

L'organizzazione e i metodi del lavoro penitenziario devono riflettere quelli del lavoro nella società libera al fine di far acquisire ai soggetti una preparazione professionale adeguata alle normali condizioni lavorative per agevolarne il reinserimento sociale.

Nell'assegnazione dei soggetti al lavoro si deve tener conto esclusivamente dell'anzianità di disoccupazione durante lo stato di detenzione o di internamento, dei carichi familiari, della professionalità, nonché delle precedenti e documentate attività svolte e di quelle a cui essi potranno dedicarsi dopo la dimissione, con l'esclusione dei detenuti e internati sottoposti al regime di sorveglianza particolare di cui all'art. 14-bis della presente legge.

Il collocamento al lavoro da svolgersi all'interno dell'istituto avviene nel rispetto di graduatorie fissate in due apposite liste, delle quali una generica e l'altra per qualifica o mestiere.

Per la formazione delle graduatorie all'interno delle liste e per il nulla-osta agli organismi competenti per il collocamento, è istituita, presso ogni istituto, una commissione composta dal direttore, da un appartenente al ruolo degli ispettori o dei sovrintendenti del Corpo di polizia penitenziaria e da un rappresentante del personale educativo, eletti all'interno della categoria di appartenenza, da un rappresentante unitariamente designato dalle organizzazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale, da un rappresentante designato dalla commissione circoscrizionale per l'impiego territorialmente competente e da un rappresentante delle organizzazioni sindacali territoriali.

Alle riunioni della commissione partecipa senza potere deliberativo un rappresentante dei detenuti e degli internati, designato per sorteggio secondo le modalità indicate nel regolamento interno dell'istituto.

Per ogni componente viene indicato un supplente eletto o designato secondo i criteri in precedenza indicati.

Al lavoro all'esterno, si applicano la disciplina generale sul collocamento ordinario ed agricolo, nonché l'art. 19 della legge 28 febbraio 1987, n. 56.

Per tutto quanto non previsto dal presente articolo si applica la disciplina generale sul collocamento.

Le amministrazioni penitenziarie, centrali e periferiche, stipulano apposite convenzioni con soggetti pubblici o privati o cooperative sociali interessati a fornire a detenuti o internati opportunità di lavoro. Le convenzioni disciplinano l'oggetto e le condizioni di svolgimento dell'attività lavorativa, la formazione e il trattamento retributivo, senza oneri a carico della finanza pubblica.

Le direzioni degli istituti penitenziari, in deroga alle norme di contabilità generale dello Stato e di quelle di contabilità speciale, possono, previa autorizzazione del Ministro di grazia e giustizia, vendere prodotti delle lavorazioni penitenziarie a prezzo pari o anche inferiore al loro costo, tenuto conto, per quanto possibile, dei prezzi praticati per prodotti corrispondenti nel mercato all'ingrosso della zona in cui è situato l'istituto.

I detenuti e gli internati che mostrino attitudini artigianali, culturali o artistiche possono essere esonerati dal lavoro ordinario ed essere ammessi ad esercitare per proprio conto, attività artigianali, intellettuali o artistiche.

I soggetti che non abbiano sufficienti cognizioni tecniche possono essere ammessi a un tirocinio retribuito.

La durata delle prestazioni lavorative non può superare i limiti stabiliti dalle leggi vigenti in materia di lavoro e, alla stregua di tali leggi, sono garantiti il riposo festivo e la tutela assicurativa e previdenziale. Ai detenuti e agli internati che frequentano i corsi di formazione professionale di cui al comma primo è garantita, nei limiti degli stanziamenti regionali, la tutela assicurativa e ogni altra tutela prevista dalle disposizioni vigenti in ordine a tali corsi.

Agli effetti della presente legge, per la costituzione e lo svolgimento di rapporti di lavoro nonché per l'assunzione della qualità di socio nelle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, non si applicano le incapacità derivanti da condanne penali o civili.

Entro il 31 marzo di ogni anno il Ministro di grazia e giustizia trasmette al Parlamento una analitica relazione circa lo stato di attuazione delle disposizioni di legge relative al lavoro dei detenuti nell'anno precedente.

 

Nell’art. 20:

 

Nel comma 2, la parola "remunerato" è sostituita dalla parola "retribuito".

 

Il comma 4 dell’art. 20 è sostituito dal seguente: "I sottoposti alle misure di sicurezza della casa di cura e di custodia e dell’ospedale psichiatrico giudiziario, compatibilmente con le loro condizioni, hanno diritto a svolgere attività lavorativa adeguata alle condizioni stesse, con conseguente diritto alla retribuzione in relazione alla quantità e alla qualità del lavoro svolto."

 

Nel comma 16 il primo periodo è sostituito dal seguente: "La durata delle prestazioni lavorative non può superare i limiti stabiliti dalle leggi vigenti in materia di lavoro e, alla stregua di tali leggi, sono garantiti il riposo festivo, le ferie annuali retribuite e la tutela assicurativa e previdenziale."

Non Art.20 - bis

Modalità di organizzazione del lavoro

1. Il provveditore regionale dell'Amministrazione penitenziaria può affidare, con contratto d'opera, la direzione tecnica delle lavorazioni a persone estranee all'amministrazione penitenziaria, le quali curano anche la specifica formazione dei responsabili delle lavorazioni e concorrono alla qualificazione professionale dei detenuti, d'intesa con la regione. Possono essere inoltre istituite, a titolo sperimentale, nuove lavorazioni, avvalendosi, se necessario, dei servizi prestati da imprese pubbliche o private ed acquistando le relative progettazioni.

2. L'amministrazione penitenziaria, inoltre, applicando, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'undicesimo comma dell'articolo 20 , promuove la vendita dei prodotti delle lavorazioni penitenziarie anche mediante apposite convenzioni da stipulare con imprese pubbliche o private, che abbiano una propria rete di distribuzione commerciale.

3. Previo assenso della direzione dell'istituto, i privati che commissionano forniture all'amministrazione penitenziaria possono, in deroga alle norme di contabilità generale dello stato e a quelle di contabilità speciale, effettuare pagamenti differiti, secondo gli usi e le consuetudini vigenti.

4. Sono abrogati l'articolo 1 della legge 3 luglio 1942, n. 971 , e l'articolo 611 delle disposizioni approvate con regio decreto 16 maggio 1920, n. 1908.

 

 

Art.21

Lavoro all'esterno

1. I detenuti e gli internati possono essere assegnati al lavoro all'esterno in condizioni idonee a garantire l'attuazione positiva degli scopi previsti dall'articolo 15. Tuttavia, se si tratta di persona condannata alla pena della reclusione per uno dei delitti indicati nel comma 1 dell'articolo 4- bis, l'assegnazione al lavoro all'esterno può essere disposta dopo l'espiazione di almeno un terzo della pena e, comunque, di non oltre cinque anni. Nei confronti dei condannati all'ergastolo l'assegnazione può avvenire dopo l'espiazione di almeno dieci anni.

2. I detenuti e gli internati assegnati al lavoro all'esterno sono avviati a prestare la loro opera senza scorta, salvo che essa sia ritenuta necessaria per motivi di sicurezza. Gli imputati sono ammessi al lavoro all'esterno previa autorizzazione della competente autorità giudiziaria.

3. Quando si tratta di imprese private, il lavoro deve svolgersi sotto il diretto controllo della direzione dello istituto a cui il detenuto o l'internato é assegnato, la quale può avvalersi a tal fine del personale dipendente e del servizio sociale.

4. Per ciascuno condannato o internato il provvedimento di ammissione al lavoro all'esterno diviene esecutivo dopo la approvazione del magistrato di sorveglianza.

4-bis. Le disposizioni di cui ai commi precedenti e la disposizione di cui al secondo periodo del comma sedicesimo dell'articolo 20 si applicano anche ai detenuti ed agli internati ammessi a frequentare corsi di formazione professionale all'esterno degli istituti penitenziari.

 

 

Art. 21-bis

Assistenza all'esterno dei figli minori

1. Le condannate e le internate possono essere ammesse alla cura e all'assistenza all'esterno dei figli di età non superiore agli anni dieci, alle condizioni previste dall'articolo 21.

2. Si applicano tutte le disposizioni relative al lavoro all'esterno, in particolare l'articolo 21, in quanto compatibili.

3. La misura dell'assistenza all'esterno può essere concessa, alle stesse condizioni, anche al padre detenuto, se la madre è deceduta o impossibilitata e non vi è modo di affidare la prole ad altri che al padre

 

 

Art.22

Determinazione delle mercedi

1. Le mercedi per ciascuna categoria di lavoranti sono equitativamente stabilite in relazione alla quantità e qualità del lavoro effettivamente prestato, alla organizzazione e al tipo del lavoro del detenuto in misura non inferiore ai due terzi del trattamento economico previsto dai contratti collettivi di lavoro. A tale fine é costituita una commissione composta dal direttore generale degli istituti di prevenzione e di pena, che la presiede, dal direttore dell'ufficio del lavoro dei detenuti e degli internati della direzione generale per gli istituti di prevenzione e di pena, da un ispettore generale degli istituti di prevenzione e di pena, da un rappresentante del ministero del tesoro, da un rappresentante del ministero del lavoro e della previdenza sociale e da un delegato per ciascuna delle organizzazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale.

2. L'ispettore generale degli istituti di prevenzione e di pena funge da segretario della commissione.

3. La medesima commissione stabilisce il trattamento economico dei tirocinanti.

4. La commissione stabilisce, altresì, il numero massimo di ore di permesso di assenza dal lavoro retribuite e le condizioni e modalità di fruizione delle stesse da parte dei detenuti e degli internati addetti alle lavorazioni, interne o esterne, o ai servizi di istituto, i quali frequentino i corsi della scuola d'obbligo o delle scuole di istruzione secondaria di secondo grado, o i corsi di addestramento professionale, ove tali corsi si svolgano, negli istituti penitenziari, durante l'orario di lavoro ordinario.

 

 

L’art. 22 è sostituito dal seguente:

 

"Art. 22. (Determinazione delle retribuzioni). 1. I detenuti e gli internati che svolgono attività lavorativa, anche in relazione all’obbligo previsto dalla legge, hanno diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro effettivamente prestato e al riconoscimento degli altri diritti inerenti al rapporto di lavoro, in osservanza al trattamento economico e normativo previsto, per attività lavorative corrispondenti, dai contratti collettivi di lavoro o da normativa equivalente.

2. Il trattamento normativo e retributivo per ciascuna categoria di lavoratori è determinato, in osservanza della disposizione del comma precedente, da una commissione composta: dal direttore generale del dipartimento della amministrazione penitenziaria, che la presiede, dal dirigente dell’ufficio del lavoro dei detenuti e internati dello stesso dipartimento, da un provveditore regionale della amministrazione penitenziaria, da un rappresentante del ministero del lavoro, da un rappresentante del ministero del tesoro o del ministero corrispondente e da un delegato per ciascuna delle organizzazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale.

3. La segreteria della commissione è organizzata presso il dipartimento della amministrazione penitenziaria.

4. Uniforme al comma 4 del testo vigente.

5.La commissione si riunisce ogni triennio per la revisione e l’adeguamento dei trattamenti normativi e retributivi, tenendo conto delle modificazioni intervenute per gli stessi nei contratti collettivi di lavoro o normativa corrispondente. Nei sei mesi precedenti alla scadenza del triennio, il direttore generale del dipartimento della amministrazione penitenziaria convoca la commissione, previa acquisizione presso gli organi competenti dei dati necessari per la revisione e l’aggiornamento delle precedenti deliberazioni. La commissione deliberà le variazioni almeno tre mesi prina della scadenza del triennio.

 

Art.23

Remunerazione e assegni familiari

(Abrogati i primi tre commi)

Ai detenuti e agli internati che lavorano sono dovuti, per le persone a carico, gli assegni familiari nella misura e secondo le modalità di legge.

Gli assegni familiari sono versati direttamente alle persone a carico con le modalità fissate dal regolamento.

 

 

Art.24

Pignorabilità e sequestrabilità della remunerazione

Sulla remunerazione spettante ai condannati sono prelevate le somme dovute a titolo di risarcimento del danno e di rimborso delle spese di procedimento. Sulla remunerazione spettante ai condannati ed agli internati sono altresì prelevate le somme dovute ai sensi del secondo e del terzo comma dell' articolo 2 .

In ogni caso deve essere riservata a favore dei condannati una quota pari a tre quinti. Tale quota non é soggetta a pignoramento o a sequestro, salvo che per obbligazioni derivanti da alimenti, o a prelievo per il risarcimento del danno arrecato alle cose mobili o immobili della amministrazione.

La remunerazione dovuta agli internati e agli imputati non é soggetta a pignoramento o a sequestro, salvo che per obbligazioni derivanti da alimenti, o a prelievo per il risarcimento del danno arrecato alle cose mobili o immobili dell'amministrazione.

 

Nella rubrica e nel corpo dell’articolo 24 la parola "remunerazione" è sostituita dalla parole "retribuzione".

 

I commi 2 e 3 dell’art. 24 sono sostituiti dai seguenti:

 

"In ogni caso deve essere riservata a favore dei condannati una quota pari a quattro quinti della retribuzione. Tale quota non è soggetta a pignoramento o a sequestro, salvo che per obbligazioni derivanti da alimenti o a prelievo per il risarcimento del danno arrecato alle cose mobili o immobili della amministrazione: in tal caso, comunque, resta riservata a favore dei condannati una quota pari a tre quinti della retribuzione."

 

Art.25

Peculio

Il peculio dei detenuti e degli internati é costituito dalla parte della remunerazione ad essi riservata ai sensi del precedente articolo, dal danaro posseduto all'atto dell'ingresso in istituto, da quello ricavato dalla vendita degli oggetti di loro proprietà o inviato dalla famiglia e da altri o ricevuto a titolo di premio o di sussidio.

Le somme costituite in peculio producono a favore dei titolari interessi legali.

Il peculio é tenuto in deposito dalla direzione dell'istituto.

Il regolamento deve prevedere le modalità del deposito e stabilire la parte di peculio disponibile dai detenuti e dagli internati per acquisti autorizzati di oggetti personali o invii a familiari o conviventi, e la parte da consegnare agli stessi all'atto della dimissione dagli istituti.

 

Nel comma 1 dell’art. 25 la parola "remunerazione" è sostituita dalla parola "retribuzione".

 

Art.25-bis

Commissioni regionali per il lavoro penitenziario

1. Sono istituite le commissioni regionali per il lavoro penitenziario. Esse sono presiedute dal provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria e sono composte dai rappresentanti, in sede locale, delle associazioni imprenditoriali e delle associazioni cooperative e dai rappresentanti della regione che operino nel settore del lavoro e della formazione professionale. Per il ministero del lavoro e della previdenza sociale interviene un funzionario in servizio presso l'ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione.

2. Le lavorazioni penitenziarie sono organizzate, sulla base di direttive, dai provveditorati regionali dell'amministrazione penitenziaria, sentite le commissioni regionali per il lavoro penitenziario nonché le direzioni dei singoli istituti.

3. I posti di lavoro a disposizione della popolazione penitenziaria devono essere quantitativamente e qualitativamente dimensionati alle effettive esigenze di ogni singolo istituto. Essi sono fissati in una tabella predisposta dalla direzione dell'istituto, nella quale sono separatamente elencati i posti relativi alle lavorazioni interne industriali, agricole ed ai servizi di istituto.

4. Nella tabella di cui al comma 3 sono altresì indicati i posti di lavoro disponibili all'esterno presso imprese pubbliche o private o associazioni cooperative nonché i posti relativi alle produzioni che imprese private o associazioni cooperative intendono organizzare e gestire direttamente all'interno degli istituti.

5. Annualmente la direzione dell'istituto elabora ed indica il piano di lavoro in relazione al numero dei detenuti, all'organico del personale civile e di polizia penitenziaria disponibile e alle strutture produttive.

6. La tabella, che può essere modificata secondo il variare della situazione, ed il piano di lavoro annuale sono approvati dal provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria, sentita la commissione regionale per il lavoro penitenziario.

7. Nel regolamento di ciascun istituto sono indicate le attività lavorative che possono avere esecuzione in luoghi a sicurezza attenuata.

 

 

Art.26

Religione e pratiche di culto

I detenuti e gli internati hanno libertà di professare la propria fede religiosa, di istruirsi in essa e di praticarne il culto.

Negli istituti é assicurata la celebrazione dei riti del culto cattolico. A ciascun istituto é addetto almeno un cappellano.

Gli appartenenti a religione diversa dalla cattolica hanno diritto di ricevere, su loro richiesta, la assistenza dei ministri del proprio culto e di celebrarne i riti.

 

Nel comma 4 dell’art. 26, dopo la parola "ministri" sono aggiunte le parole "o esponenti".

 

Art.27

Attività culturali, ricreative e sportive.

Negli istituti devono essere favorite e organizzate attività culturali, sportive e ricreative e ogni altra attività volta alla realizzazione della personalità dei detenuti e degli internati, anche nel quadro del trattamento rieducativo.

Una commissione composta dal direttore dell'istituto, dagli educatori e dagli assistenti sociali e dai rappresentanti dei detenuti e degli internati cura la organizzazione delle attività di cui al precedente comma, anche mantenendo contatti con il mondo esterno utili al reinserimento sociale.

 

 

Art.28

Rapporti con la famiglia

Particolare cura é dedicata a mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie.

 

L’art. 28 è sostituito dal seguente:

 

"Art. 28. (Diritto alle relazioni familiari e alla affettività).

1. I condannati e gli internati hanno diritto a mantenere le proprie relazioni familiari. Particolare cura è dedicata, anche con l’intervento degli operatori, a ristabilire o migliorare tali relazioni.

2. Particolare cura è altresì dedicata a coltivare i rapporti affettivi. A tale fine, i detenuti e gli internati hanno diritto ad una visita al mese, della durata minima di sei ore e massima di ventiquattro ore, delle persone autorizzate ai colloqui. Le visite si svolgono in locali adibiti o realizzati a tale scopo, senza controlli visivi ed auditivi."

(il comma 2 è della proposta Boato ed altri)

 

Art.29

Comunicazioni dello stato di detenzione, dei trasferimenti, delle malattie e dei decessi

I detenuti e gli internati sono posti in grado d'informare immediatamente i congiunti e le altre persone da essi eventualmente indicate del loro ingresso in un istituto penitenziario o dell'avvenuto trasferimento.

In caso di decesso o di grave infermità fisica o psichica di un detenuto o di un internato, deve essere data tempestiva notizia ai congiunti ed alle altre persone eventualmente da lui indicate; analogamente i detenuti e gli internati devono essere tempestivamente informati del decesso o della grave infermità delle persone di cui al comma precedente.

 

 

Art.30

Permessi

Nel caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente, ai condannati e agli internati può essere concesso dal magistrato di sorveglianza il permesso di recarsi a visitare, con le cautele previste dal regolamento, l'infermo.

Agli imputati il permesso é concesso, durante il procedimento di primo grado, dalle medesime autorità giudiziarie competenti ai sensi del secondo comma dell'articolo 11 a disporre il trasferimento in luoghi esterni di cura degli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado. Durante il procedimento di appello provvede il presidente del collegio e, nel corso di quello di cassazione, il presidente dell'ufficio giudiziario presso il quale si é svolto il procedimento di appello.

Analoghi permessi possono essere concessi eccezionalmente per eventi familiari di particolare gravità.

Il detenuto che non rientra in istituto allo scadere del permesso senza giustificato motivo, se l'assenza si protrae per oltre tre ore e per non più di dodici, é punito in via disciplinare; se l'assenza si protrae per un tempo maggiore, é punibile a norma del primo comma dello articolo 385 del codice penale ed é applicabile la disposizione dell'ultimo capoverso dello stesso articolo.

L'internato che rientra in istituto dopo tre ore dalla scadenza del permesso senza giustificato motivo é punito in via disciplinare.

 

Il comma 2 dell’art. 30 è sostituito dal seguente:

 

"2. Analoghi permessi possono essere concessi per eventi familiari di particolare rilevanza."

(modifica della proposta Boato ed altri)

 

Art.30-bis

Provvedimenti e reclami in materia di permessi

Prima di pronunciarsi sull'istanza di permesso, l'autorità competente deve assumere informazioni sulla sussistenza dei motivi addotti, a mezzo delle autorità di pubblica sicurezza, anche del luogo in cui l'istante chiede di recarsi.

La decisione sull'istanza é adottata con provvedimento motivato.

Il provvedimento é comunicato immediatamente senza formalità, anche a mezzo del telegrafo o del telefono, al pubblico ministero e all'interessato, i quali, entro ventiquattro ore dalla comunicazione, possono proporre reclamo, se il provvedimento é stato emesso dal magistrato di sorveglianza, alla sezione di sorveglianza, o, se il provvedimento é stato emesso da altro organo giudiziario, alla corte di appello.

La sezione di sorveglianza o la corte di appello, assunte, se del caso, sommarie informazioni, provvede entro dieci giorni dalla ricezione del reclamo dandone immediata comunicazione ai sensi del comma precedente.

Il magistrato di sorveglianza, o il presidente della corte d'appello, non fa parte del collegio che decide sul reclamo avverso il provvedimento da lui emesso.

Quando per effetto della disposizione contenuta nel precedente comma non é possibile comporre la sezione di sorveglianza con i magistrati di sorveglianza del distretto, si procede all'integrazione della sezione ai sensi dell'articolo 68,terzo e quarto comma.

L'esecuzione del permesso é sospesa sino alla scadenza del termine stabilito dal terzo comma e durante il procedimento previsto dal quarto comma, sino alla scadenza del termine ivi previsto.

Le disposizioni del comma precedente non si applicano ai permessi concessi ai sensi del primo comma dell'articolo 30.in tale caso é obbligatoria la scorta.

Il procuratore generale presso la corte d'appello é informato dei permessi concessi e del relativo esito, con relazione trimestrale, degli organi che li hanno rilasciati.

 

Al comma 3 dell’art. 30bis le parole "alla sezione di sorveglianza" sono sostituite dalle parole "al tribunale di sorveglianza".

 

Il comma 4 dell’art. 30bis è sostituito dal seguente:

 

"4. Il Tribunale di sorveglianza, raccolte, se del caso, ulteriori documentazione e informazioni, applicati gli artt. 666 e 678 C.p.p., escluso il comma 3 dell’art. 666, provvede senza ritardo alla comunicazione della udienza alle parti e alla decisione. La Corte di appello provvede in camera di consiglio con le forme previste dall’art. 127 C.p.p.."

 

Art.30-ter

Permessi premio

1. Ai condannati che hanno tenuto regolare condotta ai sensi del successivo comma ottavo e che non risultano "socialmente pericolose",( inserite con articolo 1 d.l. 1991, n. 152 coordinato con la legge di conversione 1991, n. 203) il magistrato di sorveglianza, sentito il direttore dell'istituto, può concedere permessi premio di durata non superiore ogni volta a quindici giorni per consentire di coltivare interessi affettivi, culturali o di lavoro. La durata dei permessi non può superare complessivamente quarantacinque giorni in ciascun anno di espiazione.

2. Per i condannati minori di età la durata dei permessi premio non può superare ogni volta i venti giorni e la durata complessiva non può eccedere i sessanta giorni in ciascun anno di espiazione.

3. L'esperienza dei permessi premio é parte integrante del programma di trattamento e deve essere seguita dagli educatori e assistenti sociali penitenziari in collaborazione con gli operatori sociali del territorio.

4. La concessione dei permessi é ammessa:

a) nei confronti dei condannati all'arresto o alla reclusione non superiore a tre anni anche se congiunta all'arresto;

b) nei confronti dei condannati alla reclusione superiore a tre anni, salvo quanto previsto dalla lettera c), dopo l'espiazione di almeno un quarto della pena;

c) nei confronti dei condannati alla reclusione per taluno dei delitti indicati nel comma primo dell'articolo 4-bis, dopo l'espiazione di almeno metà della penale, comunque, di non oltre dieci anni;

d) nei confronti dei condannati all'ergastolo, dopo l'espiazione di almeno dieci anni.

5. Nei confronti dei soggetti che durante l'espiazione della pena o delle misure restrittive hanno riportato condanna o sono imputati per delitto doloso commesso durante l'espiazione della pena o l'esecuzione di una misura restrittiva della libertà personale, la concessione é ammessa soltanto decorsi due anni dalla commissione del fatto.

6. Si applicano, ove del caso, le cautele previste per i permessi di cui al primo comma dell'articolo 30; si applicano altresì le disposizioni di cui al terzo e al quarto comma dello stesso articolo.

7. Il provvedimento relativo ai permessi premio é soggetto a reclamo al tribunale di sorveglianza, secondo le procedure di cui all'articolo 30-bis.

8. La condotta dei condannati si considera regolare quando i soggetti, durante la detenzione, hanno manifestato costante senso di responsabilità e correttezza nel comportamento personale, nelle attività organizzate negli istituti e nelle eventuali attività lavorative o culturali.

 

Nell’art. 30ter.:

 

Al comma 1, le parole "socialmente pericolosi" sono sostituite dalle parole "di attuale e particolare pericolosità".

 

Dopo il comma 8 è aggiunto il seguente:

 

9. Ai condannati che hanno tenuto regolare condotta ai sensi del comma 8, il magistrato di sorveglianza può concedere, oltre i permessi di cui al comma 1, un ulteriore permesso di 10 giorni per ogni semestre di carcerazione per coltivare specificatamente interessi affettivi."

(modifica della proposta Boato ed altri)

 

Art.31

Costituzione delle rappresentanze dei detenuti e degli internati

Le rappresentanze dei detenuti e degli internati previste dagli articoli 12 e 27 sono nominate per sorteggio secondo le modalità indicate dal regolamento interno dell'istituto.

 

 

 

Capo IV - Regime penitenziario

 

Art.32

Norme di condotta dei detenuti e degli internati. Obbligo di risarcimento del danno

I detenuti e gli internati, all'atto del loro ingresso negli istituti e, quando sia necessario, successivamente, sono informati delle disposizioni generali e particolari attinenti ai loro diritti e doveri, alla disciplina e al trattamento.

Essi devono osservare le norme e le disposizioni che regolano la vita penitenziaria.

Nessun detenuto o internato può' avere, nei servizi dell'istituto, mansioni che importino un potere disciplinare o consentano la acquisizione di una posizione di preminenza sugli altri.

I detenuti e gli internati devono avere cura degli oggetti messi a loro disposizione e astenersi da qualsiasi danneggiamento di cose altrui.

I detenuti e gli internati che arrecano danno alle cose mobili o immobili dell'amministrazione penitenziaria sono tenuti a risarcirlo senza pregiudizio dello eventuale procedimento penale e disciplinare.

 

Capo IV°
Regime penitenziario

 

Nel comma 3 dell’art. 32, in fine, è aggiunta la seguente proposizione: "In relazione alle loro capacità possono collaborare alla definizione e alla attuazione di programmi di formazione o di lavoro."

 

Art.33

Isolamento

Negli istituti penitenziari l'isolamento continuo é ammesso:

1) quando é prescritto per ragioni sanitarie;

2) durante l'esecuzione della sanzione della esclusione dalle attività in comune;

3) per gli imputati durante la istruttoria e per gli arrestati nel procedimento di prevenzione, se e fino a quando ciò sia ritenuto necessario dall'autorità giudiziaria.

 

Nell’art. 33 il n.3 del comma unico è sostituito dal seguente:

 

"3) per gli imputati durante le indagini preliminari per un tempo limitato e breve e se vi sono ragioni di cautela processuale: sia il tempo che le ragioni indicati debbono essere specificati nel provvedimento della autorità giudiziaria procedente."

 

Art.34

Perquisizione personale

I detenuti e gli internati possono essere sottoposti a perquisizione personale per motivi di sicurezza.

La perquisizione personale deve essere effettuata nel pieno rispetto della personalità.

 

Nell’art. 34 è aggiunto il seguente comma in fine:

3. Dell’avvenuta perquisizione deve essere data adeguata documentazione.

 

Art.35

Diritto di reclamo

I detenuti e gli internati possono rivolgere istanze o reclami orali o scritti, anche in busta chiusa:

1) al direttore dell'istituto, nonché agli ispettori, al direttore generale per gli istituti di prevenzione e di pena e al Ministro per la grazia e giustizia;

2) al magistrato di sorveglianza;

3) alle autorità giudiziarie e sanitarie in visita all'istituto;

4) al presidente della giunta regionale;

5) al capo dello stato.

 

Nell’art. 35, dopo il comma unico del testo vigente, sono aggiunti i seguenti commi:

 

2. Il reclamo proposto al magistrato di sorveglianza può avere ad oggetto un provvedimento adottato, la omissione di un provvedimento richiesto o una situazione o una condizione del reclamante diversa da quella prevista dalla legge.

3. Il magistrato di sorveglianza provvede con ordinanza, nella quale, se accoglie il reclamo, indica quale debba essere la decisione o la condotta che la amministrazione penitenziaria deve tenere.

4. Il procedimento si svolge ai sensi degli artt. 666 e 678 C.p.p.. Il magistrato di sorveglianza fissa la data dell’udienza e ne fa dare avviso alle parti, compresa la direzione dell’istituto penitenziario interessata, che ha diritto a comparire ed è, comunque, invitata ad esprimere, se lo ritiene, le proprie osservazioni a proposito del reclamo. Il magistrato di sorveglianza può anche invitare la direzione a comparire per fornire i chiarimenti che si ritengono necessari. Nell’avviso di udienza deve essere specificato l’oggetto del reclamo.

5. Nel provvedere, il magistrato di sorveglianza, indica anche le situazioni di gestione degli istituti che condizionano il provvedimento reclamato, specificando tali condizionamenti e individuando a chi siano addebitabili.

6. Contro la ordinanza del magistrato di sorveglianza è ammesso ricorso per cassazione anche da parte della direzione interessata.

7. La amministrazione penitenziaria si deve conformare alla decisione adottata dal magistrato di sorveglianza.

8. Restano salve le disposizioni relative ai reclami di cui all’art. 69, comma 6.

 

Art.36

Regime disciplinare

Il regime disciplinare é attuato in modo da stimolare il senso di responsabilità e la capacità di autocontrollo. Esso é adeguato alle condizioni fisiche e psichiche dei soggetti.

 

 

Art.37

Ricompense

Le ricompense costituiscono il riconoscimento del senso di responsabilità dimostrato nella condotta personale e nelle attività organizzate negli istituti.

Le ricompense e gli organi competenti a concederle sono previsti dal regolamento.

 

 

Art.38

Infrazioni disciplinari

I detenuti e gli internati non possono essere puniti per un fatto che non sia espressamente previsto come infrazione dal regolamento.

Nessuna sanzione può essere inflitta se non con provvedimento motivato dopo la contestazione dell'addebito all'interessato, il quale é ammesso ad esporre le proprie discolpe.

Nell'applicazione delle sanzioni bisogna tener conto, oltre che della natura e della gravità del fatto, del comportamento e delle condizioni personali del soggetto.

Le sanzioni sono eseguite nel rispetto della personalità.

 

 

Art.39

Sanzioni disciplinari

Le infrazioni disciplinari possono dar luogo solo alle seguenti sanzioni:

1) richiamo del direttore;

2) ammonizione, rivolta dal direttore, alla presenza di appartenenti al personale e di un gruppo di detenuti o internati;

3) esclusione da attività ricreative e sportive per non più di dieci giorni;

4) isolamento durante la permanenza all'aria aperta per non più di dieci giorni;

5) esclusione dalle attività in comune per non più di quindici giorni.

La sanzione della esclusione dalle attività in comune non può essere eseguita senza la certificazione scritta, rilasciata dal sanitario, attestante che il soggetto può sopportarla. Il soggetto escluso dalle attività in comune é sottoposto a costante controllo sanitario.

L'esecuzione della sanzione della esclusione dalle attività in comune é sospesa nei confronti delle donne gestanti e delle puerpere fino a sei mesi, e delle madri che allattino la propria prole fino ad un anno.

 

 

Art.40

Autorità competente a deliberare le sanzioni

Le sanzioni del richiamo e della ammonizione sono deliberate dal direttore.

Le altre sanzioni sono deliberate dal consiglio di disciplina, composto dal direttore o, in caso di suo legittimo impedimento, dall'impiegato più elevato in grado, con funzioni di presidente, dal sanitario e dall'educatore.

 

 

Art.41

Impiego della forza fisica e uso dei mezzi di coercizione

Non é consentito l'impiego della forza fisica nei confronti dei detenuti e degli internati se non sia indispensabile per prevenire o impedire atti di violenza, per impedire tentativi di evasione o per vincere la resistenza, anche passiva, all'esecuzione degli ordini impartiti.

Il personale che, per qualsiasi motivo, abbia fatto uso della forza fisica nei confronti dei detenuti o degli internati, deve immediatamente riferirne al direttore dell'istituto il quale dispone, senza indugio, accertamenti sanitari e procede alle altre indagini del caso.

Non può essere usato alcun mezzo di coercizione fisica che non sia espressamente previsto dal regolamento e, comunque, non vi si può far ricorso a fini disciplinari ma solo al fine di evitare danni a persone o cose o di garantire la incolumità dello stesso soggetto. L'uso deve essere limitato al tempo strettamente necessario e deve essere costantemente controllato dal sanitario.

Gli agenti in servizio nell'interno degli istituti non possono portare armi se non nei casi eccezionali in cui ciò venga ordinato dal direttore.

 

 

Art.41-bis

Situazioni di emergenza

1. In casi eccezionali di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza, il ministro di grazia e giustizia ha facoltà di sospendere nell'istituto interessato o in parte di esso l'applicazione delle normali regole di trattamento dei detenuti e degli internati. La sospensione deve essere motivata dalla necessità di ripristinare l'ordine e la sicurezza e ha la durata strettamente necessaria al conseguimento del fine suddetto.

2. Quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica, anche a richiesta del Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia ha altresì la facoltà di sospendere, in tutto o in parte, nei confronti dei detenuti o internati per taluno dei delitti di cui al primo periodo del comma 1 dell'articolo 4-bis, in relazione ai quali vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un'associazione criminale, terroristica o eversiva, l'applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla presente legge che possano porsi in concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza. La sospensione comporta le restrizioni necessarie per il soddisfacimento delle predette esigenze e per impedire i collegamenti con l'associazione di cui al periodo precedente.

2-bis. I provvedimenti emessi ai sensi del comma 2 sono adottati con decreto motivato del Ministro della giustizia, sentito l'ufficio del pubblico ministero che procede alle indagini preliminari ovvero quello presso il giudice che procede ed acquisita ogni altra necessaria informazione presso la Direzione nazionale antimafia e gli organi di polizia centrali e quelli specializzati nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata, terroristica o eversiva, nell'ambito delle rispettive competenze. I provvedimenti medesimi hanno durata non inferiore ad un anno e non superiore a due e sono prorogabili nelle stesse forme per periodi successivi, ciascuno pari ad un anno, purchè non risulti che la capacità del detenuto o dell'internato di mantenere contatti con associazioni criminali, terroristiche o eversive sia venuta meno.

2-ter. Se anche prima della scadenza risultano venute meno le condizioni che hanno determinato l'adozione o la proroga del provvedimento di cui al comma 2, il Ministro della giustizia procede, anche d'ufficio, alla revoca con decreto motivato. Il provvedimento che non accoglie l'istanza presentata dal detenuto, dall'internato o dal difensore è reclamabile ai sensi dei commi 2-quinquies e 2-sexies. In caso di mancata adozione del provvedimento a seguito di istanza del detenuto, dell'internato o del difensore, la stessa si intende non accolta decorsi trenta giorni dalla sua presentazione.

2-quater. La sospensione delle regole di trattamento e degli istituti di cui al comma 2 può comportare:

a) l'adozione di misure di elevata sicurezza interna ed esterna, con riguardo principalmente alla necessità di prevenire contatti con l'organizzazione criminale di appartenenza o di attuale riferimento, contrasti con elementi di organizzazioni contrapposte, interazione con altri detenuti o internati appartenenti alla medesima organizzazione ovvero ad altre ad essa alleate;

b) la determinazione dei colloqui in un numero non inferiore a uno e non superiore a due al mese da svolgersi ad intervalli di tempo regolari ed in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti. Sono vietati i colloqui con persone diverse dai familiari e conviventi, salvo casi eccezionali determinati volta per volta dal direttore dell'istituto ovvero, per gli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, dall'autorità giudiziaria competente ai sensi di quanto stabilito nel secondo comma dell'articolo 11. I colloqui possono essere sottoposti a controllo auditivo ed a registrazione, previa motivata autorizzazione dell'autorità giudiziaria competente ai sensi del medesimo secondo comma dell'articolo 11; può essere autorizzato, con provvedimento motivato del direttore dell'istituto ovvero, per gli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, dall'autorità giudiziaria competente ai sensi di quanto stabilito nel secondo comma dell'articolo 11, e solo dopo i primi sei mesi di applicazione, un colloquio telefonico mensile con i familiari e conviventi della durata massima di dieci minuti sottoposto, comunque, a registrazione. Le disposizioni della presente lettera non si applicano ai colloqui con i difensori;

c) la limitazione delle somme, dei beni e degli oggetti che possono essere ricevuti dall'esterno;

d) l'esclusione dalle rappresentanze dei detenuti e degli internati;

e) la sottoposizione a visto di censura della corrispondenza, salvo quella con i membri del Parlamento o con autorità europee o nazionali aventi competenza in materia di giustizia;

f) la limitazione della permanenza all'aperto, che non può svolgersi in gruppi superiori a cinque persone, ad una durata non superiore a quattro ore al giorno fermo restando il limite minimo di cui al primo comma dell'articolo 10.

2-quinquies. Il detenuto o l'internato nei confronti del quale è stata disposta o confermata l'applicazione del regime di cui al comma 2, ovvero il difensore, possono proporre reclamo avverso il provvedimento applicativo. Il reclamo è presentato nel termine di dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento e su di esso è competente a decidere il tribunale di sorveglianza che ha giurisdizione sull'istituto al quale il detenuto o l'internato è assegnato. Il reclamo non sospende l'esecuzione. Il successivo trasferimento del detenuto o dell'internato non modifica la competenza territoriale a decidere.

2-sexies. Il tribunale, entro dieci giorni dal ricevimento del reclamo di cui al comma 2-quinquies, decide in camera di consiglio, nelle forme previste dagli articoli 666 e 678 del codice di procedura penale, sulla sussistenza dei presupposti per l'adozione del provvedimento e sulla congruità del contenuto dello stesso rispetto alle esigenze di cui al comma 2. Il procuratore generale presso la corte d'appello il detenuto, l'internato o il difensore possono proporre, entro dieci giorni dalla sua comunicazione, ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del tribunale per violazione di legge. Il ricorso non sospende l'esecuzione del provvedimento e va trasmesso senza ritardo alla Corte di cassazione. Qualora il reclamo sia stato accolto con la revoca della misura, il Ministro della giustizia, ove intenda disporre un nuovo provvedimento ai sensi del comma 2, deve, tenendo conto della decisione del tribunale di sorveglianza, evidenziare elementi nuovi o non valutati in sede di reclamo. Con le medesime modalità il Ministro deve procedere, ove il reclamo sia stato accolto parzialmente, per la parte accolta.

 

 

Art.42

Trasferimenti

I trasferimenti sono disposti per gravi e comprovati motivi di sicurezza, per esigenze dello istituto, per motivi di giustizia, di salute, di studio e familiari.

Nel disporre i trasferimenti deve essere favorito il criterio di destinare i soggetti in istituti prossimi alla residenza delle famiglie.

I detenuti e gli internati debbono essere trasferiti con il bagaglio personale e con almeno parte del loro peculio.

(Abrogati gli ultimi due commi)

 

L’art. 42 è sostituito dal seguente:

 

"1. I trasferimenti sono disposti per gravi e comprovati motivi di sicurezza, per esigenze dell’istituto legate a inagibilità di parti dello stesso o a impossibilità di ricezione del medesimo, per motivi di giustizia, di salute, di studio e familiari, motivi che vanno specificati nel provvedimento.

I detenuti e gli internati hanno diritto ad essere assegnati in un istituto prossimo alla residenza della famiglia e, comunque, compreso nella regione di residenza, salva la presenza di motivi contrari, legati al reato commesso o a situazioni di mantenimento o di possibile recupero di legami con la criminalità organizzata, che devono essere motivati.

3. Uniforme al comma 3 del testo vigente.

 

Art. 42-bis

Traduzioni

1. Sono traduzioni tutte le attività di accompagnamento coattivo, da un luogo ad un altro, di soggetti detenuti, internati, fermati, arrestati o comunque in condizione di restrizione della libertà personale.

2. Le traduzioni dei detenuti e degli internati adulti sono eseguite, nel tempo più breve possibile, dal corpo di polizia penitenziaria, con le modalità stabilite dalle leggi e dai regolamenti e, se trattasi di donne, con l'assistenza di personale femminile.

3. Le traduzioni di soggetti che rientrano nella competenza dei servizi dei centri per la giustizia minorile possono essere richieste, nelle sedi in cui non sono disponibili contingenti del corpo di polizia penitenziaria assegnati al settore minorile, ad altre forze di polizia.

4. Nelle traduzioni sono adottate le opportune cautele per proteggere i soggetti tradotti dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità, nonché per evitare ad essi inutili disagi. L'inosservanza della presente disposizione costituisce comportamento valutabile ai fini disciplinari.

5. Nelle traduzioni individuali l'uso delle manette ai polsi é obbligatorio quando lo richiedono la pericolosità del soggetto o il pericolo di fuga o circostanze di ambiente che rendono difficile la traduzione. In tutti gli altri casi l'uso delle manette ai polsi o di qualsiasi altro mezzo di coercizione fisica é vietato. Nel caso di traduzioni individuali di detenuti o internati la valutazione della pericolosità del soggetto o del pericolo di fuga é compiuta, all'atto di disporre la traduzione, dall'autorità giudiziaria o dalla direzione penitenziaria competente, le quali dettano le conseguenti prescrizioni.

6. Nelle traduzioni collettive é sempre obbligatorio l'uso di manette modulari multiple dei tipi definiti con decreto ministeriale. É vietato l'uso di qualsiasi altro mezzo di coercizione fisica.

7. Nelle traduzioni individuali e collettive é consentito, nei casi indicati dal regolamento, l'uso di abiti civili. Le traduzioni dei soggetti di cui al comma 3 sono eseguite, di regola, in abiti civili.

 

 

Art.43

Dimissione

La dimissione dei detenuti e degli internati é eseguita senza indugio dalla direzione dell'istituto in base ad ordine scritto della competente autorità giudiziaria o di pubblica sicurezza.

Il direttore dell'istituto dà notizia della prevista dimissione, almeno tre mesi prima, al consiglio di aiuto sociale e al centro di servizio sociale del luogo in cui ha sede l'istituto ed a quelli del luogo dove il soggetto intende stabilire la sua residenza, comunicando tutti dati necessari per gli opportuni interventi assistenziali. Nel caso in cui il momento della dimissione non possa essere previsto tre mesi prima, il direttore dà le prescritte notizie non appena viene a conoscenza della relativa decisione.

Oltre a quanto stabilito da specifiche disposizioni di legge, il direttore informa anticipatamente il magistrato di sorveglianza, il questore e l'ufficio di polizia territorialmente competente di ogni dimissione anche temporanea dall'istituto.

Il consiglio di disciplina dell'istituto, all'atto della dimissione o successivamente, rilascia al soggetto, che lo richieda, un attestato con l'eventuale qualificazione professionale conseguita e notizie obiettive circa la condotta tenuta.

I soggetti, che ne sono privi, vengono provvisti di un corredo di vestiario civile.

 

 

Art.44

Nascite, matrimoni, decessi

Negli atti di sto civile relativi ai matrimoni celebrati e alle nascite e morti avvenute in istituti di prevenzione e di pena non si fa menzione dello istituto.

La direzione dell'istituto deve dare immediata notizia del decesso di un detenuto o di un internato all'autorità giudiziaria del luogo, a quella da cui il soggetto dipendeva e al ministero di grazia e giustizia.

La salma é messa immediatamente a disposizione dei congiunti.

 

 

Capo V

Assistenza

 

Art.45

Assistenza alle famiglie

Il trattamento dei detenuti e degli internati é integrato da un'azione di assistenza alle loro famiglie.

Tale azione é rivolta anche a conservare e migliorare le relazioni dei soggetti con i familiari e a rimuovere le difficoltà che possono ostacolare il reinserimento sociale.

É utilizzata, all'uopo, la collaborazione degli enti pubblici e privati qualificati nell'assistenza sociale.

 

 

Gli art. 45 e 46 sono soppressi. La normativa relativa all’oggetto degli stessi è sviluppata nel titolo IV.

Art.46

Assistenza post-penitenziaria

I detenuti e gli internati ricevono un particolare aiuto nel periodo di tempo che immediatamente precede la loro dimissione e per un congruo periodo a questa successivo.

Il definitivo reinserimento nella vita libera é agevolato da interventi di servizio sociale svolti anche in collaborazione con gli enti indicati nell'articolo precedente.

I dimessi affetti da gravi infermità fisiche o da infermità o anormalità psichiche sono segnalati, per la necessaria assistenza, anche agli organi preposti alla tutela della sanità pubblica.

 

 

 

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