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Istituzione del difensore civico regionale per le carceri
Relazione introduttiva
La presente proposta di legge regionale ha lo scopo di estendere le potenzialità dell’istituto del difensore civico, quale autorità super partes garante dell’imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione, anche in ambito carcerario. Detta proposta nasce, in particolare, dalla necessità di garantire un rapporto di trasparenza tra i detenuti e gli internati, o chi si trova comunque in condizioni, anche solo provvisorie, di ristrettezza della libertà personale, e tutte le pubbliche amministrazioni e/o i soggetti concessionari di pubblici servizi o convenzionati con enti pubblici, che, a vario titolo, interagiscono con l’amministrazione penitenziaria (ad esempio, in campo di assistenza sanitaria e sociale, di formazione professionale, di istruzione scolastica, di avviamento al lavoro dei detenuti, ecc.). Naturalmente deve essere subito chiarito che non si vogliono creare doppioni: restano giustamente ferme le competenze della magistratura di sorveglianza, per quanto attiene agli aspetti di tutela giurisdizionale connessi ai diritti dei detenuti e degli internati previsti dall’ordinamento penitenziario e penale (sostanziale e processuale). D’altro canto, nel rispetto della Costituzione vigente, eventuali modifiche in tali materie potrebbero essere apportate soltanto dal legislatore nazionale. Allo stesso modo, tale proposta prende atto dei limiti posti dalle Bassanini ai poteri dei difensori civici regionali, e rispetta quindi il dato giuridico, per il quale, in attesa dell’istituzione del difensore civico nazionale, la funzione di tutela civica regionale può rivolgersi anche alle amministrazioni statali periferiche, con l’esplicita esclusione, tuttavia, degli enti o organi operanti nei settori della giustizia, della difesa e della sicurezza. Conseguentemente il difensore civico delle persone private della libertà personale non può avere una interlocuzione diretta con l’amministrazione penitenziaria, poiché essa fa parte del plesso relativo al ministero di grazia e giustizia. Ad ogni modo, pur nel doveroso rispetto di questi limiti, si vuole istituire una figura ad hoc di difensore civico regionale, che si aggiunge organicamente a quella preesistente, pur essendo dotata di funzioni e poteri pressoché analoghi a quelli previsti dalla legge regionale della Lombardia 18 gennaio 1980, n. 7. Si vuole cioè definire un difensore civico "specializzato" a trattare, dall’angolo visuale delle garanzie di cui alla legge 241 del 1990 (anche per quanto concerne il diritto di accesso agli atti e ai documenti e i principi del giusto procedimento amministrativo), i casi attinenti ai rapporti tra le persone ristrette e le pubbliche amministrazioni, ovvero i gestori di pubblici servizi, che hanno a che fare con la vita quotidiana del carcere. In altri termini, un mediatore super partes, dotato di autorevolezza istituzionale, può efficacemente intervenire, d’ufficio o su istanza, al fine di migliorare una serie di interventi, posti in essere dagli enti operanti nella realtà degli istituti di pena. In definitiva, si propone uno strumento in più per garantire i diritti di cittadinanza anche nella realtà difficile e drammatica del carcere, e per facilitare il reinserimento sociale dei detenuti, voluto dalla Costituzione italiana, quale indispensabile mezzo di tutela della persona e di prevenzione e lotta alla criminalità.
Art.1 (Oggetto della legge) 1.E’ istituito il difensore civico regionale delle persone private della libertà personale, quale organo garante della imparzialità e del buon andamento di tutti gli enti pubblici, o gestori o concessionari di servizi pubblici, o convenzionati con enti pubblici, che, in ambito regionale, interagiscono con gli istituti di pena con sede in Lombardia, con la sola eccezione delle amministrazioni statali periferiche operanti nei settori della difesa, della sicurezza, e della giustizia, nel rispetto dei limiti previsti dall’art. 16, comma 1, della L. 127/97, così come sostituito dall’art. 2, comma 27, della L. 121/98.
Art.2 (Funzioni ed obiettivi)
1.A richiesta di chiunque vi abbia interesse, o anche d’ufficio, il difensore civico regionale delle persone private della libertà personale interviene presso gli enti, di cui all’art.1 della presente legge, al fine di:
Art.3 (Modalità di intervento)
b)comunicare il loro diniego motivato. 4. Il difensore civico delle persone private della libertà personale può convocare direttamente i funzionari, cui spetta la responsabilità della questione in esame, dandone avviso al responsabile del servizio o ufficio da cui dipendono; con le stesse modalità può procedere congiuntamente col funzionario o i funzionari interessati, entro un termine all’uopo fissato, all’esame della pratica o del procedimento. 5.Il difensore civico regionale delle persone private della libertà personale, nei casi di illegittima omissione dei provvedimenti dovuti, può chiedere all’autorità competente l’ottemperanza a quanto segnalato, rivolgendosi ai soggetti superiori gerarchicamente rispetto a quelli rimasti inerti. 6.In caso di riscontrata persistente inadempienza a quanto raccomandato, il difensore civico delle persone private della libertà personale emana una dichiarazione pubblica di biasimo, anche tramite i mass media. 7.Nei casi più gravi, il difensore civico regionale delle persone private della libertà personale può richiedere all’autorità competente l’attivazione di un procedimento disciplinare, il cui esito gli deve essere comunicato entro 30 giorni dall’emanazione del provvedimento definitivo.
Art.4 (Collaborazioni)
Art.5 (Relazione al Consiglio regionale)
Art.6 (Disposizioni di chiusura e di coordinamento)
1. Per quanto concerne i seguenti aspetti della carica di difensore civico regionale delle persone private della libertà personale, ossia, designazione, ineleggibilità, incompatibilità, durata, revoca, diritti dei consiglieri regionali, trattamento economico, si applicano rispettivamente gli artt. 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 della legge regionale della Lombardia 18 gennaio 1980, n. 7 "Istituzione del difensore civico regionale lombardo". Assistenza sanitaria
Proposta di legge regionale in materia di tutela della salute delle persone ristrette negli istituti penitenziari della Lombardia
Relazione introduttiva
Il legislatore nazionale ha già avviato il percorso per il trasferimento delle competenze, in materia di assistenza sanitaria dei detenuti, dalla Amministrazione penitenziaria al Servizio sanitario nazionale, in modo tale da garantire livelli di tutela il più possibile omogenei anche nei confronti di chi, trovandosi in una situazione di ristrettezza della libertà personale, versa in condizioni di malattia. D’altro canto questa previsione non fa altro che porsi nella direzione di una migliore attuazione del principio universalistico contemplato dall’art. 32 della Costituzione, in tema di riconoscimento del diritto alla salute. Poiché la materia sanitaria appartiene alla competenza legislativa ed amministrativa concorrente di Stato e Regioni, il percorso individuato dal legislatore nazionale, per attuare detto trasferimento, prevede tappe intermedie, ed in particolare la gestione delle prestazioni sanitarie rivolte ai detenuti, avviata, in via sperimentale, da alcuni Servizi Sanitari regionali. Tuttavia, in attesa che si definiscano questi passaggi intermedi e questa fase sperimentale, nulla osta alla possibilità che in Lombardia venga avviato, mediante la presente proposta di legge, un diretto coinvolgimento delle Aziende Sanitarie Locali e delle Aziende Ospedaliere, in termini di strutture e risorse professionali, per garantire adeguate prestazioni, di prevenzione, cura e riabilitazione, e quindi migliori condizioni di tutela della salute alla popolazione carceraria. Lo strumento da utilizzare, proposto, è quello della convenzione, da stipularsi tra gli Istituti di pena e le ASL e/o le AO, a cura dei rappresentanti legali degli enti coinvolti, in modo da far fronte con maggiore efficacia, ed anche immediatamente, ai bisogni di salute delle persone detenute. Così facendo, non si anticipa il trasferimento istituzionale delle funzioni sanitarie, e si rispetta conseguentemente la tempistica prevista in sede di normativa nazionale; al tempo stesso, si fornisce, ai dirigenti responsabili delle amministrazioni penitenziarie della Lombardia, un utile mezzo per potersi avvalere, comunque, della esperienza, delle capacità professionali, delle strutture del servizio sanitario regionale, al fine di meglio garantire il principio costituzionale della tutela sanitaria, riconosciuto, come detto, quale diritto universale.
Art.1 (Finalità)
Art.2 (Strumenti)
Tutela del lavoro penitenziario
Proposta di legge regionale in materia di tutela del diritto al lavoro delle persone ristrette negli istituti penitenziari della Lombardia
Relazione introduttiva
Il motivo ispiratore della presente proposta è molto semplice: poiché il lavoro in carcere rappresenta un importante strumento di reinserimento sociale delle persone condannate, occorre garantirne lo sviluppo in concreto e non limitarsi alle enunciazioni di mero principio. La strada può essere quella di obbligare la Regione, nonché gli enti ed aziende da essa dipendenti, a riservare una quota dei propri acquisti e delle proprie forniture, per quanto concerne i negozi che non richiedono le procedure ad evidenza pubblica nella scelta dell’altro contraente, alla acquisizione di beni e servizi prodotti dal lavoro organizzato nelle carceri. In altri termini, garantendo un mercato a dette produzioni, si può stimolare in concreto lo sviluppo dell’attività lavorativa dei detenuti, che altrimenti rischierebbe di non aver sbocchi. In tale direzione si possono sviluppare i principi già previsti, in sede di legislazione nazionale, ed evidenziare l’obbligo, da parte delle Amministrazioni penitenziarie della Lombardia, nella persona dei rispettivi direttori, di promuovere la costituzione di cooperative di lavoratori detenuti, quali soggetti di diritto che contraggono direttamente le convenzioni (di acquisto e/o fornitura di beni e servizi) con le amministrazioni regionali committenti. Logicamente i direttori degli istituti di pena dovranno altresì controllare e garantire la fase esecutiva di dette convenzioni, al fine di assicurare il pieno sviluppo di questo strumento.
Art.1 (Finalità)
Art.2 (Strumenti)
1. Per garantire le finalità, di cui all’art. 1, la Regione, nonché gli enti ed aziende da essa dipendenti, devono riservare una quota, pari ad almeno il 10%, degli acquisti in economia e delle forniture e somministrazioni di valore inferiore alla soglia comunitaria, per le quali non è previsto l’obbligo della procedura ad evidenza pubblica nella scelta del contraente, ai beni e ai servizi prodotti dalle attività lavorative, che si svolgono negli Istituti penitenziari della Lombardia. 2. Nel rispetto dei principi previsti dalla legge 22 giugno 200, n. 193 (Norme per favorire l’attività lavorativa dei detenuti), le persone ristrette in istituti penitenziari, per accedere alla fornitura garantita di beni e servizi, di cui al primo comma del presente articolo, devono associarsi in cooperative sociali iscritte in apposito albo regionale e sottoscrivere convenzioni con le amministrazioni regionali committenti. 3. E’ compito dei Direttori degli istituti di pena della Lombardia promuovere la costituzione delle cooperative, di cui al comma secondo del presente articolo, e vigilare sull’esatto adempimento delle convenzioni.
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