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Il programma per la giustizia del Ministro Castelli
Presentato alla Commissione Giustizia della Camera in data 24 luglio e alla Commissione Giustizia del Senato in data 26 luglio 2001 Documento tratto dal Sito Internet www.giustizia.it
Una recente indagine demoscopica ha rivelato che
il 73% degli italiani è insoddisfatto di come oggi funziona la Giustizia nel
nostro Paese, mentre soltanto il 13% si dice, al contrario, appagato di come
stanno le cose. Questi dati non fanno altro che dare un volto statistico a un
sentimento assai diffuso, condiviso da cittadini, avvocati, magistrati.
Per quanto mi riguarda, la risposta è chiara. La
Casa delle Libertà si è presentata agli elettori con un preciso programma anche
su questa delicata materia e pertanto il Governo di cui mi onoro di fare parte
ha ora il dovere di realizzare le sue proposte programmatiche. Vi è stato in Italia un rapporto conflittuale e patologico tra potere politico e ordine giudiziario. Abbiamo visto casi di predominio della politica sulla magistratura per poi passare a vicende di pretese di dominio da parte di certa magistratura sulla politica. Abbiamo assistito nel corso degli anni '90 a un acutizzarsi del problema, con l'esplosione di un vero e proprio conflitto. Ed è indubitabile che una parte della magistratura, in questi anni, ha cercato di occupare spazi propri della politica, da un lato utilizzando anche articoli del codice penale figli di periodi storici che non ci appartengono più e quasi caduti nel dimenticatoio, dall'altro cedendo in alcuni casi alla tentazione di una spettacolarizzazione della giustizia. Tutto ciò ha finito per alimentare perplessità da parte dell'opinione pubblica su un tema tanto delicato come quello della Giustizia.
Oggi possiamo affermare che questa lotta, a tratti
condotta senza esclusione di colpi, ha rischiato di portare alla sconfitta di
tutti. Agli occhi del Paese, infatti, sia la politica che la magistratura hanno
perso credibilità. Prima ancora di parlare di efficienza ed efficacia del
sistema giudiziario, pertanto, occorre puntare al recupero del senso delle
istituzioni democratiche e del comune sentimento di Giustizia. I programmi
La giustizia civile
Le condanne sistematicamente e impietosamente
inflitte dalla corte di Strasburgo dicono che l'Italia è lontanissima dagli
standard europei per quel che riguarda la giustizia civile. Questo stato delle
cose, oltre che danneggiare l'immagine del nostro Paese a livello
internazionale, ha pesanti conseguenze per le relazioni personali, familiari,
commerciali e imprenditoriali. Lo sviluppo economico ne risente, perché
l'incertezza del diritto è una delle cause della scarsa capacità dell'Italia di
attrarre capitali dall'estero. Si parla di circa 3 milioni di procedimenti
arretrati, un dato che si commenta da sé.
Il codice pone il giudice al centro del processo
civile e tale impostazione è stata mantenuta anche dalle numerose novelle che
non hanno modificato l'originaria architettura processualistica.
Le linee programmatiche di intervento legislativo
sono volte a una forma di razionalizzazione del processo, delegando alle parti
stesse l'attività istruttoria e assicurando l'intervento del giudice, oltre che
nella fase decisoria, solo su specifiche istanze istruttorie formulate dalle
parti in relazione al materiale documentale avanzato. Appare inoltre necessaria la predisposizione di meccanismi patrimoniali dissuasivi della mancata ottemperanza delle decisioni e di incitamento all'adempimento spontaneo dell'ordine giudiziale. Conforme a questa impostazione è anche una rifinitura in senso limitativo delle ipotesi di esecuzione forzata.
L'accelerazione impressa al processo da tali
modifiche può essere agevolata anche facendo più ampio ricorso alla cooperazione
di profili professionali esterne all'amministrazione giudiziaria, come il notaio
o altre figure.
La giustizia penale
Un sistema di giustizia penale deve soddisfare due
esigenze: la difesa dei cittadini imputati di reato e la difesa della società
offesa dallo stesso reato. La prima è l'esigenza delle garanzie, la seconda è
l'esigenza della punizione. Considerate assieme, costituiscono l'esigenza della
Giustizia. Per raggiungerla, però, occorre stabilire tre certezze:
Se queste sono assicurate, viene anche
automaticamente assicurata la sicurezza.
La certezza del reato
Occorre definire precisamente la fattispecie di ciò che si ritiene costituisca reato sulla base di ciò che è realmente avvertito come offensivo dai cittadini. La penalizzazione eccessiva soddisfa solo esigenze emotive. Poiché la legislazione penale è ancora considerata come strumento primario di tutela della società e poiché il nostro codice è stato concepito in una stagione politica in cui i valori da tutelare erano assai diversi da quelli oggi avvertiti come tali, occorrono interventi sulla parte speciale del codice e sulla legislazione complementare, secondo i principi guida della proporzionalità e della sussidiarietà.
Occorre definitivamente abbandonare la strada di
un demagogico ricorso alla penalizzazione, più volto a soddisfare mere esigenze
emotive che a disporre risposte sanzionatorie efficaci. Per tornare a quanto sopra espresso e cioè ridefinire i reati in base a quanto effettivamente avvertito come offensivo dai cittadini, preannuncio di aver presentato al Consiglio dei Ministri un primo disegno di legge riguardante alcuni reati che sono ormai usciti dal comune sentire dei cittadini. Mi riferisco in particolare ai delitti contro la personalità dello Stato, nel cui ambito sono presenti una serie di fattispecie fortemente connotate ideologicamente, essendo finalizzate all'affermazione di valori conformi al contesto politico-ideologico in cui sono state pensate e approvate. Si tratta peraltro di un contesto non più attuale e poco sintonico con il quadro costituzionale repubblicano, che afferma al contempo valori legati all'essenzialità dello Stato e alle libertà individuali, tra cui spiccano massimamente quelle di associazionismo e di libera manifestazione del pensiero. Il bilanciamento tra tali valori implica l'esigenza di superare quelle fattispecie criminose che nella categoria dei reati sopra individuati privilegiano il primo dei due a scapito del secondo, rendendo punibili anche fatti che essendo frutto di manifestazioni di carattere politico e ideologico nell'ambito del libero associazionismo rappresentano opinioni che nell'attuale comune sentire non sono affatto ritenute manifestazioni criminose.
A sostegno di questa tesi, si possono citare
alcune recenti assoluzioni e soprattutto la sentenza della Corte Costituzionale
che ha dichiarato incostituzionale l'articolo 271 del codice penale.
La certezza del processo
Le continue modifiche legislative operate sul codice di procedura penale hanno finito per stravolgerne l'impianto originario. Le modifiche legislative in merito devono essere volte al riequilibrio delle due diverse esigenze: il diritto di difesa e quindi le garanzie processuali da un lato, l'efficienza della giustizia dall'altro.
Occorre ridefinire i rapporti fra polizia
giudiziaria e pubblico ministero, con ciò tracciando una netta linea di confine
fra investigazioni preventive e giudiziarie e prevedendo un notevole avanzamento
della soglia dell'intervento giudiziario.
La certezza della pena
Il motto del ministro vuole essere: "Dalla parte di Abele". Ciò significa garantire agli onesti cittadini che coloro i quali commettono reati, se condannati attraverso un equo processo, debbano scontare la pena che è stata loro comminata. E anche se questo non ripaga il cittadino per il danno subito, viene in questo modo appagata la sete di giustizia che in questo momento promana dalla società civile, una sete alla quale il Governo non può non dare una risposta. Tutto ciò, oltretutto, consentirebbe di attuare più compiutamente il dettato dell'articolo 27 della Costituzione, oggi sostanzialmente disatteso.
Per raggiungere gli obiettivi occorre intervenire sul piano delle sanzioni, attraverso la riduzione dell'area della sanzione detentiva, sviluppando il ricorso a pene non detentive come pene principali in modo da ottenere un'effettiva efficacia deterrente. E parallelamente rendere effettiva la pena detentiva al fine di ottenerne la certezza, operando anche sulla rimodulazione dei limiti edittali previsti, spesso sproporzionati rispetto alla condotta delittuosa posta in essere.
La questione penitenziaria
Idealmente, il sistema carcerario è ispirato al
principio costituzionale (art. 27) che stabilisce che ogni pena deve tendere
alla "rieducazione del condannato". Nella pratica, la situazione è assai
diversa, perché nel corso degli anni, il sistema carcerario ha subito gli
effetti delle modifiche repentine e contraddittorie del sistema penale, il
quale, essendo ancora caratterizzato da un elevato tasso di casualità
sanzionatoria (fonte di vittimismo e di senso di ingiustizia fra i condannati),
è stato ora indirizzato all'introduzione di forti limitazioni alla possibilità
di accedere alle misure alternative, specie in dipendenza di particolari tipi di
reato che di volta in volta hanno prodotto allarme sociale, ora volto
all'espansione di tale prospettiva, ora usato come strumento di controllo di
fenomeni di devianza sociale o di emarginazione (tossicodipendenti e
clandestini). L'esito ultimo è il rischio di fallimento della Costituzione: la pena o non viene espiata o viene espiata in strutture, condizioni e forme che non rispondono al principio della rieducazione dei detenuti. L'attuale situazione penitenziaria si può riassumere in queste cifre: i posti disponibili, secondo gli attuali standard sono 45.000. Nella sua relazione programmatica, nel maggio 2000, il ministro Fassino dichiarava che la popolazione carceraria ammontava a 50.000 persone. Oggi il numero dei detenuti è di circa 57.000. La situazione dei penitenziari è variegata: a fronte di carceri di vecchia concezione e in condizioni al limite dell'accettabilità ci sono strutture di nuova costruzione e nuova concezione, predisposte anche a favorire l'attività di lavoro all'interno del penitenziario.
Ho verificato di persona la situazione in alcuni
penitenziari dove la criticità è maggiore e devo dire che alcune situazioni sono
al limite della sopportabilità. Mi domando come si sia potuto lasciare che la
situazione degenerasse fino a questo punto. Devo dire che le scelte dei governi
precedenti su questo fronte mi lasciano molto perplesso. Infatti, sono anni che
da un lato sentiamo dire che le carceri scoppiano (il che è vero), e dall'altro
mi sono trovato di fronte a un programma di chiusura di venti penitenziari
tuttora in funzione. Il caso di Pianosa, poi, mi pare clamoroso: ho potuto
verificare di persona che è stata abbandonata una struttura non solo
perfettamente funzionante, ma anche in grado, caso molto raro, di far lavorare i
detenuti. Non voglio pensare che sia stata creata una situazione insostenibile per poter giustificare indiscriminate amnistie. Questa strada non è percorribile, sia per rispetto degli onesti cittadini, sia perché il principio della certezza della pena è irrinunciabile per la Casa delle Libertà. Si deve però dare rapidamente una risposta al problema.
Sono impegnato personalmente su questo tema e tre
sono le strade che ho già individuato. In secondo luogo, si è deciso di studiare soluzioni differenti da quelle esistenti per quanto riguarda i tossicodipendenti, che, lo ricordo, rappresentano ben il 33% dell'intera popolazione carceraria. Ritengo sia possibile dare una risposta diversa dalla detenzione pura e semplice, raggiungendo il duplice scopo di alleggerire la pressione sui penitenziari e di dare una sia pur parziale soluzione alla piaga sociale rappresentata dalla droga.
In terzo luogo, si dovrà intervenire sull'altro
grande fattore di affollamento dei penitenziari: la presenza di molti
extracomunitari, attualmente 17.000 individui. Il Governo si sta ponendo il
problema di rimpatriare, dietro precise garanzie di rinuncia al reingresso
clandestino in Italia, i detenuti per reati lievi. Un obiettivo da raggiungersi
anche attraverso provvedimenti normativi e pesanti sanzioni. Esistono però, in
proposito, problemi di natura costituzionale, internazionale e giuridica di non
facile soluzione.
Ho intenzione di impegnarmi con determinazione per
dare ai detenuti la possibilità di lavorare. Il lavoro, a mio avviso, è un
vaccino importante contro la tendenza a delinquere e una valida medicina per
recuperare chi ha già sbagliato. Stare tutto il giorno in cella a far niente è
controproducente e si rischia di uscire dai penitenziari peggiori di come si è
entrati. È mia personale convinzione che la permanenza in cella senza svolgere alcuna attività durante la giornata non giovi al detenuto. Occorre stabilire il principio che la pena vada scontata con l'obbligo al lavoro. In tale prospettiva, si dovranno compiere i passi necessari per la rimozione degli ostacoli che ancora si frappongono al concreto conseguimento di questo obiettivo. Inoltre, il lavoro deve rispondere il più possibile ad un'effettiva utilità sociale, tale da costituire un concreto "risarcimento" che il condannato deve corrispondere alla società. All'effettuazione di un'attività lavorativa va principalmente connessa la possibilità di accedere alle pene alternative o alla liberazione anticipata e condizionale, cui dovrebbe essere riconosciuto il carattere di "liberazione per buona condotta", applicabile a tutti sulla base di presupposti definiti. Si devono finalmente definire i "circuiti penitenziari differenziati", con l'applicazione di regimi detentivi particolarmente rigorosi per certi criminali – in dipendenza del reato commesso o della condotta serbata in carcere – e meno severi per gli altri. Utile è anche un circuito per la custodia attenuta, destinato a soggetti di scarsa pericolosità e bisognosi di trattamento particolare (ad es. i tossicodipendenti o le persone con disturbi psichici), da collocare in strutture più "leggere", più rapidamente apprestabili, rette da un regime anche giuridico ad hoc. La stessa liberazione anticipata per buona condotta dovrebbe essere messa in relazione al regime detentivo.
La polizia penitenziaria
Si devono stimolare al massimo grado l'impegno e
il senso di responsabilità degli agenti, con un forte recupero del senso della
"appartenenza" al Corpo e della "gerarchia".
Il personale civile
Questo personale è attualmente inquadrato nel
"comparto Ministeri". Questa è una collocazione impropria da correggere, perché
non esalta la specialità tipica di un'attività che, per il fatto di svolgersi
all'interno delle mura carcerarie, necessita di una peculiare professionalità e
di una particolare dedizione.
I direttori penitenziari
Se va affermata la specialità di tutto il
personale penitenziario, a maggior ragione essa va sostenuta per il direttore
dell'istituto penitenziario, che per un certo numero di anni (1991-1999) è stato
inquadrato nel "comparto sicurezza" e ha goduto di un trattamento giuridico ed
economico identico a quello del pari qualifica della Polizia di Stato.
I minori
Il nuovo regolamento ministeriale prevede un
autonomo dipartimento per la giustizia minorile, ciò in segno dell'attenzione
particolare e della diversità della questione minori rispetto alla complessità
del mondo giudiziario. Affinché tale scelta non rimanga esclusivamente formale,
il Governo ritiene di dover prestare particolare attenzione e interesse a tale
materia, operando in maniera assolutamente pragmatica e quanto più possibile
scevra di incrostazioni ideologiche e posizione demagogiche.
Da tenere in assoluta evidenza, anche dopo i
recenti episodi che hanno portato questo argomento all'attenzione dell'opinione
pubblica, è la problematica legata alla maturità psicologica del minore e alla
sua responsabilità nei confronti della società. Altra tematica di forte impatto sociale e di estremo interesse è quella relativa alla testimonianza del minore, sia relativamente alla sua valenza probatoria, che non può essere affidata esclusivamente alla valutazione prettamente giudiziaria dei riscontri, sia soprattutto in relazione alle modalità di acquisizione, che devono il più possibile garantire non solo l'autenticità e la spontaneità della dichiarazioni, ma anche il reale impatto emotivo dell'esperienza testimoniale sul soggetto.
L'ordinamento giudiziario
La Magistratura deve essere ordinata in base a due principi: il principio della autonomia ed indipendenza, affinché il rispetto della legge sia garantito nei confronti di chiunque, e il servizio giustizia sia reso in tempi e modi adeguati. La carente applicazione di entrambi i principi registrata nel nostro Paese ha gravi conseguenze sul servizio, la cui qualità insufficiente è al centro delle lamentele dei cittadini e fonte di condanne da parte degli Organismi europei.
Risulta pertanto necessario una inversione di
tendenza che non può però essere ottenuta con interventi improvvisati o ancor
peggio col pensare a interventi di carattere punitivo contro la Magistratura.
Tenendo ferma questa idea occorre ripensare l'Ordinamento giudiziario
ispirandolo a tre linee di riforma:
La politica giudiziaria
Al fine di soddisfare alla raccomandazione numero 19 del 6 ottobre 2000 del Consiglio di Europa si prevede che, ogni anno, il Parlamento dedichi una sessione speciale ai temi della sicurezza e della giustizia in cui si discuta lo stato dell'una e dell'altra alla presenza dei Ministri dell'Interno e della Giustizia.
Raccordo tra magistratura e sovranità democratica
L'accresciuta complessità sociale, la necessità di
rappresentare le esigenze dei diversi operatori di giustizia, il crescente
interesse delle regioni per l'amministrazione della sicurezza e della giustizia
nel loro territorio, impongono un ampliamento della composizione dei Consigli
giudiziari con l'intervento delle Regioni cui deve spettare la nomina dei
componenti laici. Per il Consiglio Superiore della Magistratura premesso il mantenimento dell'attuale composizione del rapporto tra membri laici e togati si ritiene necessaria una diversa proporzione all'interno della componente togata fra giudici e pubblici ministeri in modo da rappresentare il rapporto numerico esistente fra le due componenti. Anche la diversa rappresentanza dei membri togati del Consiglio deve essere disposta attraverso una nuova legge elettorale finalizzata al premiare al massimo le caratteristiche culturali, professionali, morali, degli individui che saranno eletti. Relativamente all'aspetto disciplinare occorrerà discutere della necessità di scorporare l'Organo disciplinare dal Plenum del Consiglio al fine di renderlo effettivamente autonomo da tutte le possibile commistioni. Tale Organo dovrebbe comunque rispettare il principio di proporzione previsto per il Consiglio Superiore della Magistratura.
Efficienza del servizio e garanzie ai cittadini
Si tratta di una questione cruciale: tutti concordano che sia questo il nodo principale da sciogliere per un miglior funzionamento della giustizia. E se si parla di efficienza, la prima questione è quella relativa alla valutazione dell'attività del singolo magistrato e dei tribunali. È mia precisa convinzione che nessuna riforma potrà avere efficacia se prima non saremo stati in grado di individuare parametri per misurare oggettivamente il lavoro dei giudici. Ciò al fine anche di poter svincolare la carriera da meri parametri di anzianità, come accade tutt'oggi. Mi rendo conto perfettamente della estrema difficoltà dell'impresa, data la peculiarità dell'attività della magistratura. Ritengo, però, che questa questione non possa essere assolutamente disattesa ed è quella sulla quale mi attendo la più ampia collaborazione e il contributo di idee da parte della magistratura stessa. Da parte mia posso assicurare l'assoluta onestà di intenti, non essendo animato da nessuna altra motivazione se non quella di assicurare al Paese un servizio eccellente, che avrebbe come prima conseguenza quella di aumentare il prestigio della giustizia e anche della politica di fronte ai cittadini. Occorrono modifiche al sistema attuale di reclutamento dei magistrati impostate su criteri sostanzialmente nozionistici. Per una maggiore laicità della magistratura e la ricerca di una interrelazione tra le varie professioni giuridiche si può prevedere in sede di concorso l'attribuzione di punteggi aggiuntivi da assegnare a candidati già in possesso di determinati titoli o requisiti. Relativamente ai criteri di professionalità occorre una decisa linea di intervento finalizzata a garantire la qualità del servizio giustizia per i cittadini e i magistrati medesimi. Tra le ipotesi al vaglio, lo sganciamento della progressione economica - legata esclusivamente al criterio di anzianità e alla verifica periodica dell'inesistenza di demeriti - dalla progressione in carriera, che premessa la valutazione da parte del Consiglio Superiore e attribuendo un peso, almeno istruttorio, alle relazioni dei Consigli giudiziari ai fini di tali valutazioni, porti alla fissazione di criteri per l'individuazione dei requisiti necessari allo svolgimento della specifica funzione superiore richiesta dal magistrato. In relazione agli incarichi direttivi occorre prevederne, come già esiste per determinate funzioni, la temporaneità e la possibilità di prevedere una sola linea d'azione preceduta da una valutazione del lavoro svolto. Al fine di snellire il lavoro dei magistrati occorre prevedere una nuova figura di ausiliari dei giudici. Gli assistenti dovrebbero essere delegati all'attività di ricerca, elaborazione del materiale, esame della giurisprudenza. Tale figura dovrebbe essere introdotta anche mediante distacco di personale idoneo dalla pubblica amministrazione.
A garanzia dei cittadini e come posto dall'art.
111 della Costituzione, che prevede che il giudice debba essere terzo ed
imparziale appare non procrastinabile delineare una separazione tra giudici e
pubblici ministeri. Mantenendo un accesso unico in magistratura occorre
prevedere, dopo un percorso comune, l'immissione in due ruoli distinti.
L'organizzazione della Giustizia
La giustizia è una grande macchina che produce un servizio di fondamentale importanza in una società civile e democratica. E' pertanto fondamentale una organizzazione della "macchina" che le consenta di funzionare al meglio. La questione organizzativa è stata al centro della mia attenzione in questo primo mese al ministero. Abbiamo risolto alcuni nodi, ma molte altre questioni restano ancora sul tavolo.
A proposito dell'apertura delle nuove sedi decentrate del ministero, l'operazione sarà attuata (compatibilmente con le risorse disponibili) seguendo una nuova filosofia: saranno individuati spazi in altre città, oltre alla Capitale. In particolare, si sta pensando a una città del Nord e a una città del Sud del Paese. La convinzione è che alcune funzioni possano essere meglio espletate se più vicine al territorio. Uno snodo fondamentale per l'efficienza della macchina è indubitabilmente l'informatizzazione dell'intero sistema. Negli scorsi anni l'impegno finanziario su questo fronte è stato considerevole. Dalle prime verifiche effettuate, non sembra che le notevoli risorse impegnate siano state al momento effettivamente spese. Pertanto, il passo successivo sarà la verifica di quanto è stato effettivamente realizzato e la razionalizzazione di situazioni che ne presentano la necessità.
Per entrare nel concreto, si può dire che
particolare cura sarà dedicata al cosiddetto "processo telematico", mentre, per
quanto riguarda l'area penale, pur essendo in corso numerosi progetti di
informatizzazione non sembra, stando alle informazioni raccolte, che al momento
i sistemi già attivati funzionino in modo soddisfacente. In ogni caso, l'impegno
sarà quello di utilizzare al meglio le risorse disponibili, anche avvalendosi
della collaborazione del Ministero dell'Innovazione Tecnologica appositamente
costituito. La riorganizzazione del ministero Dando seguito alla riforma Bassanini, siamo impegnati nella riorganizzazione del ministero nei quattro dipartimenti previsti dalla legge. Tutto ciò ha rappresentato un gravoso impegno, che spiega il ritardo con cui mi presento al Parlamento per illustrare le linee programmatiche del Governo. Devo dire di essermi ritrovato con un ministero quasi completamente acefalo in tutte le sue direzioni generali. Se ciò da un lato mi consente di agire all'interno di quella filosofia dell'alternanza ormai accettata e auspicata da tutti, ponendo a capo dei dipartimenti figure nuove che agiscono in piena sintonia con il ministro applicando in modo convinto le linee programmatiche del Governo, dall'altro ha rappresentato un ulteriore gravoso sforzo che altri ministri non hanno dovuto affrontare.
Potenziamento dell'organico
Sono attualmente in corso due concorsi per uditore giudiziario, per un totale di oltre 700 posti complessivi. D'intesa con il Csm, inoltre, si prevede di dar corso a un nuovo bando per un totale di altri 1.000 posti.
Ordini e professioni regolamentate
Gli ordini professionali esistenti rispondono
all'esigenza di garantire la qualità della prestazione professionale in un
"mercato", quale è quello dei servizi professionali, nel quale il rapporto tra
cliente e professionista è basato sulla "fiducia" del primo verso il secondo; la
funzione degli ordini è appunto quella di "proteggere" il cittadino, e non il
professionista. Il rischio che gli ordini si trasformino in corporazioni (nel senso deteriore del termine) va contrastato attraverso una verifica, sobria ed efficiente, del corretto svolgimento dei loro compiti; ad es. in materia di accesso, la presenza di professionisti nelle commissioni di esame previste per le abilitazioni professionali dall'art. 33, comma 5 cost. dovrà essere non esclusiva ma comunque significativa.
Professioni non regolamentate
Il livello di intervento pubblico dovrà essere minimo, esclusivamente formale, e potrà divenire più penetrante nel caso in cui a dette associazioni vengano attribuite potestà di certificazione professionale avente valore per il diritto interno o a livello comunitario.
Accesso
Nel ribadire che l'attività professionale è aperta a tutti (salve le rare eccezioni di presenza del "numero chiuso"), occorrerà sottolineare come la severità nell'accesso professionale non vada inteso come mezzo di tutela di interessi corporativi, certamente il problema non può essere affrontato senza tener conto della disciplina del tirocinio e, soprattutto, della riforma universitaria in via di attuazione.
Società tra professionisti
E' indubbia la necessità che l'attività svolta in comune tra più professionisti (regolamentati) disponga di uno strumento normativo più sofisticato degli attuali "studi associati" (che possono essere conservati con l'attuale disciplina): il ricorso a forme speciali di società, quelle tra professionisti (in sigla "stp") è generalmente condiviso, in considerazione delle caratteristiche proprie delle professioni rispetto alle imprese (alle esigenze delle quali sono ritagliate le società disciplinate dal codice civile).
I TEMPI
In modo del tutto innovativo rispetto al passato, la Casa delle Libertà si è impegnata anche al rispetto di un calendario, per dare concretezza alle proprie proposte programmatiche.
I primi 100 giorni
Tra i primi impegni di questo Dicastero c'è la riforma del diritto societario, con la riproposizione del testo della riforma studiata dalla commissione Mirone, fatto proprio dal Governo che lo ha adottato come una buona base di partenza. L'obiettivo è l'adozione prima della pausa estiva e l'entrata in vigore del testo entro la fine dell'anno. Il disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri, come naturalmente sapete, è all'esame della commissione Giustizia congiuntamente alla commissione Finanze. L'auspicio è che la riforma possa essere discussa e votata in aula prima della pausa estiva. Di concerto con il Ministero delle Pari Opportunità, inoltre, il Ministero della Giustizia è pronto a presentare un disegno di legge relativo a un fenomeno di estrema gravità sociale come quello della riduzione in schiavitù ai fini dello sfruttamento sessuale, tema per il quale è necessario prevedere autonome fattispecie penali oltre al coordinamento con le strutture nazionali ed europee. Il tema, già trattato nella precedente legislatura, sarà uno dei primi impegni del Governo, in totale spirito di collaborazione con quanti si sono già occupati di questi argomenti nel corso della scorsa legislatura.
I primi cinque mesi
Entro l'anno sarà presentato il progetto di riforma per l'elezione del CSM. L'obiettivo è quello di giungere all'approvazione della riforma entro il mese di aprile del prossimo anno. Nel corso della seconda parte del 2001 si giungerà inoltre alla presentazione di una legge per l'abolizione dei reati di opinione. La bozza del provvedimento è in fase di avanzata preparazione. Entro la fine dell'anno in corso, inoltre, saranno presentati i disegni di legge per l'abbreviazione dei tempi della giustizia civile e per la riforma dell'ordinamento giudiziario.
I prossimi anni
Contiamo, dal 2002, di giungere all'approvazione della riforma che porterà all'abbreviazione dei tempi della giustizia civile. Entro il 2003 abbiamo programmato di approvare la riforma del codice penale, mentre entro l'anno saranno presentati i 4 codici fondamentali nella loro nuova formulazione: codice civile, codice di procedura civile, codice penale e codice di procedura penale.
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