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La situazione di padre Saverio e i motivi delle minacce di morte rivolte a lui
Relazione degli avvenimenti del giorno 7 ottobre nelle Unità di detenzione degli adolescenti infrattori (UNIS e UNIP) - Cariacica - ES
Il 7 ottobre 2003, attorno alle 10.45 ricevetti una telefonata dal signor Toninho, direttore tecnico dell'ICAES, informandomi che era in atto una ribellione nella UNIS e UNIP. Gli adolescenti trattenevano cinque guardie carcerarie come ostaggi. Pur sapendo della mia insoddisfazione riguardo ad una seria politica di accompagnamento degli adolescenti infrattori, il signor Toninho mi chiedeva aiuto per risolvere il conflitto in atto. Andai subito all'unità di detenzione. Arrivando, incontrai il colonnello Rodrigues, che ha accompagnato con molta discrezione e rispetto tutte le fasi del dialogo con gli adolescenti. Appena seppi che gli adolescenti avevano assassinato uno degli altri detenuti, dissi che non avrei fatto nessuna negoziazione: quel crimine barbaro mi indignava e pregiudicava la lotta in favore di riforme pedagogiche e strutturali dentro l'unità. Alcuni adolescenti, serrando un coltello al collo delle guardie carcerarie, rivendicavano la presenza della stampa, di un giudice e del direttore dell'ICAES. Risposi che non ci sarebbe stata nessuna concessione e che l'unica promessa che avrei potuto fare era di seguire le perquisizioni da parte della truppa speciale perché non ci fosse violenza o umiliazioni. Inoltre, di fronte alle loro grida, dissi agli adolescenti che la Pastoral do Menor non sarebbe entrata nell'unità se non avessero consegnato immediatamente gli ostaggi e se non si fossero arresi. Arrivai a dire che avrei spaccato i lucchetti e sarei entrato personalmente nell'unità a ritirare gli ostaggi. Il signor Toninho e il colonnello Rodrigues hanno seguito tutti i miei discorsi con gli adolescenti all'interno. Dopo circa 15 minuti, attorno alle 11.50, gli adolescenti aprirono le porte, consegnarono gli ostaggi e mi lasciarono entrare. Entrai da solo. Chesi al colonnello Rodrigues di non accompagnarmi in questo primo momento. Davanti al corpo dell'adolescente assassinato mi indignai con loro. Dissi ancora una volta che non avrei mai accettato una barbarità come quella. Che la vita è un dono di Dio e nessuno ha il diritto di toglierla. Poi con calma dissi agli adolescenti di ritirarsi nelle loro celle e comunicai che ci sarebbe stata la perquisizione del Battaglione di Missioni Speciali. Mi accorsi subito che la ribellione aveva coinvolto solo alcune celle della UNIP. La UNIS e quattro celle della UNIP non avevano partecipato. Uscii dall'unità e chiesi che la truppa, nel fare la perquisizione, non esagerasse, non ordinasse agli adolescenti di denudarsi e che la perquisizione fosse fatta solo nella UNIP, in rispetto agli adolescenti che non si erano coinvolti. La truppa entrò nella UNIP e ordinò agli adolescenti, cella per cella, di mantenere le mani sulla testa e con la faccia contro la parete. Poi i soldati cominciarono a perquisire gli adolescenti, ordinando che, sempre a piccoli gruppi, andassero fino all'altra parete del cortile, togliendosi tutti i vestiti, rimanendo completamente nudi. Protestai, ricordando l'accordo che avevamo fatto. Il Sottosegretario di Giustizia mi disse di non interferire perché quelle erano le procedure della truppa. Feci registrare la mia protesta e rimasi in silenzio, seguendo seduto tutta la perquisizione. Pur già perquisiti, gli adolescenti dovettero restare seduti, con la faccia alla parete e le mani sulla testa, durante tutto il tempo di permanenza della truppa nell'unità. Terminata la perquisizione degli adolescenti della UNIP, fu la volta degli adolescenti delle altre unità che, pur non avendo partecipato alla ribellione, subirono lo stesso trattamento nel cortile della UNIP. Finita la perquisizione di tutti gli adolescenti, i soldati cominciarono quella delle celle. Come sempre, distrussero gli oggetti personali, buttando tutto per terra. Alla fine di tutto, insistetti per entrare nelle celle e constatare personalmente la confusione lasciata dai soldati. Al momento di ridistribuire gli adolescenti nelle celle, fu chiesta la presenza delle guardie carcerarie per annotare i nomi degli adolescenti, cella per cella. La guardia gridava il numero della cella e gli adolescenti che ci vivevano si alzavano, con le mani sulla testa. Fu lì che cominciò il maggior conflitto. Tutti i soldati che si trovavano nella UNIS si diressero fino alla UNIP e cominciarono a gridare ordinando agli adolescenti di correre, a gruppi, fino alle loro celle. Inoltre, alcuni soldati battevano con forza il bastone per terra, come segno evidente di intimidazione. Reclamai dicendo che non c'era necessità che corressero. Chiesi che gli adolescenti potessero camminare e che i poliziotti smettessero di gridare. Fu lì che il tenente che comandava l'operazione mi chiese di allontanarmi, perché stavo disturbando il suo lavoro. Risposi che il suo lavoro non era di umiliare gli adolescenti, ma di perquisirli e rimetterli in cella, rispettando i limiti della legge. Il tenente chiese che io me ne andassi, ma non accettai. Lui uscì a chiamare il colonnello Rodrigues perché mi dicesse di andarmene. Il colonnello mi chiese molto educatamente di restare tranquillo. Il tenente disse che non avrebbe continuato l'operazione se io non fossi uscito. Inoltre ordinò agli adolescenti che ancora restavano nel cortile di alzarsi e andare alla parete, con le braccia stese verso l'alto. Decisi di sedermi e restare in silenzio, dicendo che avrei fatto una relazione su tutto quello che stava succedendo e che avrei informato le autorità dello Stato. Il tenente rispose che non gli interessava un bel niente di questa relazione e che avrei potuto inviarla a chiunque, perché non lo preoccupava. Rimasi seduto, davanti a quello spettacolo ridicolo dei poliziotti che gridavano all'orecchio degli adolescenti perché corressero fino alle loro celle. Il tenente, che aveva completamente perso il controllo di sé, passava di cella in cella e chiedeva agli adolescenti che già erano stati sistemati di starsene in piedi, con la faccia contro la parete di fondo della cella. A un certo punto tolse dalla cintura una bomboletta di spray irritante e cominciò a spruzzarlo nelle celle e contro gli adolescenti seduti nel cortile. Faceva lo stesso con quelli che, sotto le grida dei poliziotti, correvano fino alle loro celle. Davanti a quel gesto, tornai a protestare. Tutti i poliziotti coprivano la mia voce con le loro grida. I cani, mantenuti vicinissimi agli adolescenti, erano sempre più spaventati. Abbaiavano molto e tentavano di mordere gli adolescenti. Sollecitai il colonnelo Rodrigues perché facesse qualcosa, ma non fece nulla. Uscii per chiedere aiuto a Silvana (prsidente dell'ICAES) e al signor Toninho (direttore tecnico). Mi ascoltarono subito, ma quando arrivammo alla porta di entrata due poliziotti ci impedirono il passaggio dicendo che per ordine del tenente nessuno poteva entrare. l poliziotti stessi stavano uscendo dall'unità perché non sopportavano più il gas irritante. Gli adolescenti tossivano molto, alcuni di loro vomitavano. La mia gola era irritata e gli occhi rossi. Mi diressi con i direttori fino alla sala di coordinamento, da cui per telefono feci contatto con i rappresentanti di altri enti perché sollecitassero l'intervento delle autorità dello Stato. Arrivò così all'unità il Segretario e il Sottosegretario di Giustizia e in seguito la Segretaria di Azione Sociale.
Considerazioni finali
Condanno vigorosamente la morte di Ronilson, barbaramente assassinato da alcuni colleghi dell'unità di detenzione. Come dissi agli adolescenti, contesto tutti i tipi di violenza, indipendentemente dagli autori e dalle eventuali motivazioni. La situazione era già stata controllata prima dell'entrata della truppa. Gli adolescenti erano radunati nelle loro unità. Non ci fu scontro. Pertanto, la truppa doveva limitarsi a perquisire gli adolescenti e le loro celle. Durante tutta l'azione nelle unità, i poliziotti furono aggressivi, fecero uso di espressioni volgari, ironizzarono e umiliarono gli adolescenti. Quando stavano togliendosi i vestiti, un soldato umiliò un adolescente dicendo che aveva mutandine da donna. Durante l'operazione alcuni soldati facevano commenti a voce alta sullo Statuto dei Bambini e Adolescenti, sulle concessioni offerte agli adolescenti, sul ruolo delle organizzazioni di diritti umani, per provocarmi. Rispetto il diritto di ciascuno di manifestare la sua opinione, ma non erano quelli il momento e il luogo adatti. La truppa deve compiere il suo dovere nei limiti della legge, indipendentemente dal fatto che i soldati concordino o meno. Inoltre, per tutto il tempo il tenente diceva che una volta chiamata, la truppa deve agire a suo modo. La truppa non può agire nel modo che preferisce, ma in accordo con la legge. Nella legge non c'è spazio per violenza e umiliazione. I soldati sono agenti statali. Non possono perdere la dignità morale e soprattutto non possono assumere gli stessi atteggiamenti degli adolescenti. Anche se fossero davanti ad un "bandito" o ad un "animale", come dicevano per tutto il tempo, devono comportarsi come agenti dello Stato. Nessuno ha concesso alla truppa la licenza di punire. La punizione è di competenza della direzione dell'unità, in collaborazione con il giudice. Alla truppa compete il ruolo di evitare le fughe, calmare le ribellioni e realizzare le ricerche e le perquisizioni. Lo, a differenza di quello che fu riportato dalla stampa, non fui chiamato dagli adolescenti, ma dal direttore tecnico che, nell'ICAES, rappresenta lo Stato. Andai alle unità per compiere la missione di aiutare lo Stato a liberare gli ostaggi, evitando qualsiasi conflitto e soprattutto atti di violenza ai danni di chiunque. Compii la mia missione imponendo agli adolescenti la mia autorità morale. Gli adolescenti ascoltarono le mie richieste senza che occorresse negoziare con loro. Durante tutta la fase delle trattative nessun adolescente mi mancò di rispetto. Lo fecero, invece, agenti dello Stato (alcuni poliziotti della truppa) con un'azione volgare, violenta e truculenta davanti ai miei occhi, senza alcuna necessità, visto che gli adolescenti si erano già arresi. Devo ammettere che, se da un lato ci fu rispetto nei miei confronti da parte degli adolescenti che per i poliziotti sono "animali", dall'altro non posso dire lo stesso da parte di alcuni poliziotti militari. Infine voglio sottolineare che, in altre operazioni che ho accompagnato, la truppa si era comportata in modo eccellente. Pertanto, è possibile dislocare alle unità, quando fosse necessario, persone con un controllo emotivo sufficiente per compiere il loro valido compito nei limiti della legge. Questa esperienza mi ha dato la possibilità di verificare la verità delle dichiarazioni che gli adolescenti fanno riguardo al comportamento del Battaglione di Missioni Speciali, dichiarazioni che corrispondono anche a quelle fatte dal personale interno al sistema penitenziario. Da qui la necessità di stabilire che, quando possibile, membri di entità di difesa dei diritti della persona umana possano accompagnare l'azione della truppa per evitare eccessi e per preservare la truppa da false accuse degli adolescenti.
Vitòria, 8 ottobre 2003
Padre Savério Paolillo, Pastoral do Menor
Ecco la lettera da inviare alle autorità competenti, in cui comunichiamo che siamo a conoscenza dei fatti e chiediamo che la persona di padre Saverio venga protetta e le violenze della polizia vengano punite e arginate.
Ricordati di mettere la data e la provenienza, firma anche questa lettera, e poi inviala a:
Luiz Moulin gabinete@sejus.es.gov.br Rodney Miranda secretario@sesp.es.gov.br Paulo Hartung governador@es.gov.br Centro de Defesa dos Direitos Humanos: cddh@terra.com.br
Prezado senhor, estamos acompanhando com muita preocupayao a situayao de violência na UNIP e UNIS de Cariacica es e ficamos assustados pela impreparayao e agressividade fora dos limites da lei por parte do Batalhão de Missões Especiais na operação do dia 7 de outubro 2003. Estamos tambèm preocupados pela vida do pe. Xavier Paolillo, que recebeu outras ameayas de morte, provavelmente em seguida à atuac;;ao de defesa dos direitos hurnanos naquela e ern outras ocasioes. Pedimos portanto que as autoridades reajam e garantam a resolução nãoviolenta dos conflitos, protejendo avida de quern se oferece corno observador e rnediador nessas operações.
Gratos, esperamos urna resposta e urna ràpida mudanya.
Anche in seguito a questa denuncia (probabilmente la goccia che ha fatto traboccare il vaso), p Saverio si trova attualmente minacciato dl morte. La Pastoral do Menor e i Movimenti per i Diritti Umani, in riunione con la Segreteria di Giustizia, presentano proposte verso una soluzione pacifica dei conflitti nelle unità:
Le associazioni firmatarie di questo appello in favore di p Saverio e di queste proposte sono:
CJP - Comissão de Justiça e Paz da Arquidiocese de Vitòria, Pastoral Carcerària da Arquidiocese de Vitòria, Pastoral do Menor da Arquidiocese de Vitòria, Càritas Arquidiocesana de Vitòria, Missionàrios Combonianos, Centro de Defesa da Criança e Adolescente "Jean Alves da Cunha", Irmãs Milicianas, CDDH regional sul "Pedro Reis", Associação de Mães e Familiares de Vitimas da Violencia, Centro de Estudo da Cultura Negra, Conselho Estadual de Direitos Humanos, Comissão de Direitos Humanos da Assemblèia Legislativa, Comissão de Direitos Humanos da Camara Federal, Associação de Pastores Evangèlicos da Grande Vitòria, Aliança Evangèlica Brasileira, Conselho Nacional de Igrejas Cristãs, Comite pela ètica e combate à corrupyao de ltapemirim, Fòrum Evangèlico de São Gabriel da Palha, Movimento Trabalhadores Rurais Sem Temi, Movimento Nacional de Meninos e Meninas de Rua, Fòrum Reage Espirito Santo.
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